Cosa c’è di vero nelle seguenti affermazioni?
“i corsi devono essere ridotti, le università snellite, alcune chiuse”
“riversare più fondi in questo sistema è come buttarli al vento”
“abbiamo gli universitari più finanziati del mondo”
“la spesa per studente è la più alta al mondo dopo USA, Svizzera e Svezia”
“L’Italia è l’unico paese al mondo dove esistono i fuoricorso”
“non possiamo più permetterci un’università quasi gratuita”
“le università italiane sono cresciute troppo. Studiare per troppi anni non serve a nulla”
“che nell’università ci siano troppi professori è un fatto”
” l’università italiana non ha un ruolo significativo nel panorama della ricerca mondiale ”
“Italia maglia nera d’Europa. Il sistema della ricerca italiana – scientifica e umanistica – è crollato”
“Università italiana bocciata. Sorpassati anche dai turchi”
“L’Italia non ha un futuro nelle biotecnologie perché purtroppo
le nostre università non sono al livello, però ha un futuro nel turismo”
“Perchè pagare degli scienziati quando fabbrichiamo le più belle scarpe del mondo?”
Per rispondere, andiamo a vedere cosa dicono i numeri.
_______________________________________
Con la Legge di stabilità 2012, il calvario dell’università italiana giunge all’ultima stazione. La maggior parte degli atenei è ormai a rischio di default a causa della cura dimagrante imposta negli ultimi anni. Un indubbio successo della propaganda martellante che per anni ha denunciato i costi inusitati, l’irrilevanza scientifica e l’inutilità sociale dell’università italiana. Liberato da questa spesa parassitaria, il paese potrà finalmente risorgere investendo sul lavoro manuale, il turismo per i visitatori cinesi e indiani, senza scordare la fabbricazione delle “scarpe più belle del mondo”.
Nelle seguenti slides alcuni luoghi comuni di questa propaganda vengono messi a confronto con i fatti e con i numeri.
LINK: la presentazione in formato PDF
Dal Corriere del Veneto, lettera di Ilaria Capua,
virologa che ha contribuito in maniera determinante alla comprensione della influenza aviaria.
Il mio augurio al Veneto: sfrutta la tua tripla «A»
Venerdì scorso, scampato il pericolo della fine del mondo, mi hanno conferito la cittadinanza onoraria di Padova. Insieme a me, una donna che ha cercato di conoscere i limiti dell’infinito, Margherita Hack, ed un uomo dalle intuizioni geniali, che studia i numeri Massimo Marchiori. E i numeri in fondo sono la testimonianza dell’infinto. Chi lo avrebbe mai immaginato, il 27 febbraio del 1998 giorno in cui approdai in Veneto, quasi quindici anni fa. Per noi nati al di sotto del Po, dalle parti del Tevere, questo è un territorio lontano, dai contorni poco chiari – forse perché le giornate d’inverno sono spesso avvolte dalla nebbia. Si dice che i padovani, e i veneti, siano chiusi, difficili, diffidenti. Ci si immagina una regione fredda nei contenuti e nel contenitore, poco permeabile alle aspettative del forestiero. La realtà è diversa, ma forse occorre venire da fuori per rendersene conto al meglio.
Sono quasi quindici anni che vivo in Veneto, e visto che vanno di moda i rating delle agenzie, ho fatto un bilancio, ho fatto il mio rating personale. Senza ipocrisie. Tripla «A» per questa terra: «A» per apertura, «A» per ambizione, «A» per amicizia. Qui ho conosciuto l’apertura, la disponibilità, lo spazio. Ho trovato una mentalità che comprende la crescita e l’innovazione, che da spazio alle idee perché si concretizzino e vuole guardare avanti e non indietro. Nel 1998 eravamo un gruppetto di ragazzi volenterosi, oggi siamo una squadra di 75 persone che sono riconosciute come massimi esperti nella disciplina di riferimento e che compete per i finanziamenti a livello internazionale. Dubito che ciò sarebbe stato possibile in un altro ambiente. Ho conosciuto qui un territorio ambizioso, che non si inchioda davanti agli stereotipi e che si mette in discussione continuamente.
Un territorio che affronta i temi dell’era contemporanea con competenza e con una visione lungimirante, dall’ecosostenibilità alle politiche sull’immigrazione. Che vuole eccellere attraverso i suoi cittadini, i suoi talenti, il suo impegno nel sociale. Il Veneto mi ha soprattutto regalato degli Amici straordinari. Compagni di viaggio nelle difficoltà e nelle gioie, attraverso le piccole cose di ogni giorno ed il sostegno nei momenti di difficoltà. Ho fatto amicizia con persone mature, ma anche con miei coetanei e ragazzi giovani che potrebbero essere miei figli. Ho ricevuto sorrisi e attenzione, ascolto e consigli di persone che porterò sempre con me. Domani è la vigilia di Natale, gli auguri sono nell’aria e si intercalano alle parole di circostanza. Ai miei nuovi concittadini veneti, però, voglio fare un augurio speciale: in questi momenti difficili sfruttate le vostre tre «A». Accorgetevene e coltivatele, guardate alla storia delle vostre città e, soprattutto, guardatevi dentro. Attraverso l’apertura, una sana ambizione e l’amicizia potreste affrontare il nuovo anno con una speranza a lungo termine che vi porti, fra quindici anni a vivere in un Veneto ancora migliore. Un Veneto libero, che si apra e sappia interpretare i cambiamenti del mondo. Un Veneto che, nonostante la nebbia offra con gioia accoglienza ed affetto. Che in fondo, sono le cose che veramente contano nella vita.
Ilaria Capua
Grazie per la segnalazione della lettera di Ilaria Capua. Anche questo è un aneddoto, ma mostra che oltre alle ombre ci sono anche luci.
Ma quando diventeremo un paese normale??? Un paese dove il lavoro venga rispettato e opportunamente renumerato, un paese dove si hanno diritti e doveri e non punizioni e piaceri/cortesie, un paese dove non ci sono peccatori che meritano la punizione, ma individui che meritano rispetto e dignità. Quando???
In un paese normale ci si rende conto che la ricerca è VITALE e che la ricerca COSTA. Difronte a questa semplice verità ci sono solo due cose da fare: si INVESTE il più che si può e ci impegna al massimo e seriamente per aumentare l’EFFICIENZA. Ci si affida a gente in grado di analizzare la situazione e di prendere provvedimenti adeguati.
Bisonga innvestire sui gruppi di media-buona qualità per farli crescere, non solo sui gruppi eccellenti. Una società di pochi eccellenti e tanti mediocri è destinata a morire! Alimentare solo le eccellenze è suicida! Bisogna far crescere il più ampio numero possibile di gruppi di ricerca di media-alta qualità! Piani di finanziamenti che supportino l’innovazione sono fondamentali!!!
Cari amici di ROARS
vi scrivo solo per avvertirvi che l’esistenza del Regno dei Cieli non e’ affatto dimostrata. Pertanto lo smisurato sforzo che state facendo per guadagnarvelo, continuando a rispondere a persone che non hanno la minima intenzione di discutere seriamente ma intendono solamente continuare a sfogare le proprie (forse anche comprensibili) frustrazioni, potrebbe rivelarsi totalmente inutile
L’esistenza del Regno dei Cieli mi sembra molto più certa delle tesi di chi sostiene che l’università italiana non occupa un posto di rilievo nel panorama internazionale … almeno, non ci sono statistiche OCSE e Scopus che la smentiscano.
Da ateo convinto,sorvolo sull’esistenza del Regno dei Cieli. Per quanto riguarda la posizione dell’universita’ italiana nel panorama internazionale, e’ chiaro che, in termini assoluti, siamo in alto. Dopotutto siamo l’ottava economia mondiale!!!
Se pero’ paragoniamo l’universita’ italiana con un paese come la UK (simile size e GDP), allora la situazione non e’ cosi’ rosea. Ci sono anche paesi piu’ piccoli di noi che hanno un impatto maggiore (penso alla Svizzera o all’Olanda). Pero’ fate voi. Secondo me sottovalutare gli enormi problemi (soprattutto culturali) dell’Universita’ italiana non giova.
Mah, navigando in internet alla ricerca dei nicknames si fanno scoperte interessanti. Devo dire che neppure sapevo che esistesse in UK la Bangor University.
Pero’ con h-index 20 in certe tematiche in Italia secondo me non c’e’ nessuno. Nelle specifico mi sa che ha ragione samueleuk.
L’h-index di SM, alias SUK, è fra 21 (scopus) e 24 (google scholar).
Un suo quasi coetaneo, PO del suo settore, che l’ha anche segato in un concorso, ha h-index 13.
:-) o :-(
Tanto per dare i numeri.
Comunque non è vero che in Italia nessuno ha h-index 20 nel suo settore.
Un PO, Paolo C, in pensione da un pò, ha h-index 23 e un PO quasi da pensione ha h-index 19.
Un altro PO, che ha anche fatto domanda per commsario all’ASN ha h-index 9 (sic!).
Un altro PO, relativamente giovane, ha h-index 16.
Tutti dati Scopus.
Caro Paolo, ti correggo: quello che ha vinto il concorso da ordinario a cui ho partecipato ha un h-index di 6 e ha 62 anni. Io ne ho 43.
@Paolo: inoltre l’H index medio degli ordinari di scienze motorie (SSD M-EDF 01 e 02 sparsi in molti settori concorsuali) e’ di 11 con una eta’ accademica media di 30 anni. E ho escluso due ordinari che non hanno nessuna pubblicazione in Scopus (probabilmente umanisti o giuristi, in scienze motorie ci hanno infilato di tutto).
Ma almeno giova prendere atto che questa classe politica non cerca di riformarci, cerca di FARCI FUORI.
Oggi pomeriggio sono passato in biblioteca. Ho trovato Il Corriere della Sera abbandonato su un tavolo e quindi ho visto e letto un pezzo di Alesina e Giavazzi dove, tra le altre cose, si ripete il mantra seguente: “oggi l’università è pubblica e funziona male”. Interessanti, inoltre, sono le considerazioni sulla Bocconi.
http://www.corriere.it/editoriali/12_dicembre_27/troppo-stato-in-quell-agenda-alesina-giavazzi_8161faf2-4fec-11e2-a2f4-57facfb76e8a.shtml
Chi non fosse d’accordo, potrebbe forse provare a scrivere lettere cortesi al Corriere della Sera.
Cordiali saluti
Enrico Scalas
Ad esempio, l’affermazione di Alesina e Giavazzi che “l’università Bocconi non riceve sussidi pubblici” è falsa. Il DM495 del 21/11/12 assegna alla Bocconi un contributo di circa 15 milioni di Euro per l’anno 2012, che sono poco più di mille Euro per studente. (Fonti http://attiministeriali.miur.it/anno-2012/novembre/dm-21112012.aspx e
http://attiministeriali.miur.it/media/207112/assegnazione_2012.pdf). Più corretto sarebbe stato scrivere “l’università Bocconi riceve pochi finanziamenti statali.”
Più corretto sarebbe stato scrivere “l’università Bocconi riceve finanziamenti statali in varie forme”. Ma il modello così sarebbe caduto…
Si fa presto a ribattere ai tizi.
Secondo Academic Ranking of World Universities 2012
In ECONOMIA, la privata Bocconi risulta tra 101 e 150
http://www.shanghairanking.com/SubjectEcoBus2012.html
mentre
in FISICA le pubbliche Padova e Roma “La Sapienza” risultano tra 51 e 75, e le pubbliche Scuola Normale, Bologna, Pisa, Torino tra 76 e 100.
http://www.shanghairanking.com/SubjectPhysics2012.html
Inoltre, se andiamo a vedere i RISULTATI INTEGRATI su tutte le discipline si trova che le prime italiane nel mondo sono tutte pubbliche: Pisa, Roma “La Sapienza”, Milano Statale, Padova, Politecnico di Milano, Scuola Normale, Bologna, Firenze, Torino.
Tra le prime 500 la Bocconi non c’e’ (forse ha pochi studenti, boh). Tra le private italiane c’e’ la Cattolica, che e’ tra 401 e 501.
Onestamente mi aspettavo molto meglio dalla Bocconi.
Mi sembra che sia piuttosto scarsetta.
[…] di dati ed informazioni che deformano la realtà. Giuseppe de Nicolao ha recentemente raccolto una guida alla demistificazione delle leggende sull’università e la ricerca messe in giro da un gruppo di economisti di scuola neo-liberista, la maggior parte operanti in […]
[…] di dati ed informazioni che deformano la realtà. Giuseppe de Nicolao ha recentemente raccolto una guida alla demistificazione delle leggende sull’università e la ricerca messe in giro da un gruppo di economisti di scuola neo-liberista, la maggior parte operanti in […]
[…] di dati ed informazioni che deformano la realtà. Giuseppe de Nicolao ha recentemente raccolto una guida alla demistificazione delle leggende sull’università e la ricerca messe in giro da un gruppo di economisti di scuola neo-liberista, la maggior parte operanti in […]
[…] on http://www.roars.it Share this:Google +1FacebookTwitterLinkedInStumbleUponDiggRedditEmailStampaTumblrPinterestLike […]
[…] Fonte: ROARS.it […]
[…] per produzione scientifica e citazioni. Siamo sicuri che ci sia da ripartire daccapo? In realtà un ventennio di disinformazione su università e ricerca ci ha impedito di capire se, dove e come funziona il sistema di ricerca e […]
[…] il tema della qualità nell’università italiana, gli consiglio questa interessante lettura: https://www.roars.it/spesa-risultati-efficienza-miti-leggende-e-realta-delluniversita-italiana…. L’autore, Giuseppe De Nicolao, è un bravissimo docente, ordinario di Automatica […]
[…] Per rispondere, andiamo a vedere cosa dicono i numeri: Link Potete trovare la sua relazione con i dati sul blog: ROARS […]
[…] siano da anni sollevati e discussi da studenti, ricercatori e importanti attori – in primis ROARS – dell'Università italiana. E va rilevato come fino a non molti mesi fa l'occhio vigile della CRUI […]
[…] Storicamente, le dinamiche opache e inefficienti del sistema di reclutamento italiano derivano dalla tensione tra sistema nazionale e necessità delle sedi locali, che ha trovato un punto di incontro e di reciproca compensazione nelle relazioni interpersonali e nelle trattative tra docenti dello stesso ambito disciplinare. Troppo spesso, però, ci si limita a una molto più semplice invettiva contro la scarsa moralità di chi presiede allo svolgimento dei concorsi. Ora, finché si tratta di una liberatoria invettiva contro i “cattivi”, non c’è niente di male, e forse può essere utile per sfogarsi. Le cose però cambiano quando a far propria questa visione parziale e superficiale del problema è chi dovrebbe occuparsene seriamente per cercare di cambiare le cose, rendendo il nostro sistema di reclutamento più legittimo agli occhi dell’opinione pubblica e più efficiente nel soddisfare le esigenze di un sistema ormai da anni sotto sforzo e sotto pressione, che non può più permettersi di assegnare stipendi sicuri a chi non è in grado di contribuire in modo adeguato alla vita degli studi, rischiando di togliere risorse vitali per chi finora è riuscito, pur nelle strette di un contratto precario, di mantenere l’università italiana a un livello accettabile sul piano internazionale. […]
[…] Il 19 giugno a Roma si è tenuto il terzo congresso organizzato dai redattori del sito web Roars. Nonostante Roars si rivolga in teoria a un pubblico molto settoriale (i docenti universitari), dalla sua fondazione quattro anni fa ha avuto un numero di visite impressionante, quantificabile in circa dieci milioni, a dimostrazione di quanto l’università sia sentita come patrimonio pubblico. Sulle pagine web si sono succeduti una serie d’interventi tesi a ‘demistificare’ le leggende circolanti riguardo l’università italiana, di cui un sunto è qui. […]
[…] Il 19 giugno a Roma si è tenuto il terzo congresso organizzato dai redattori del sito web Roars. Nonostante Roars si rivolga in teoria a un pubblico molto settoriale (i docenti universitari), dalla sua fondazione quattro anni fa ha avuto un numero di visite impressionante, quantificabile in circa dieci milioni, a dimostrazione di quanto l’università sia sentita come patrimonio pubblico. Sulle pagine web si sono succeduti una serie d’interventi tesi a ‘demistificare’ le leggende circolanti riguardo l’università italiana, di cui un sunto è qui. […]
[…] Il 19 giugno a Roma si è tenuto il terzo congresso organizzato dai redattori del sito web Roars. Nonostante Roars si rivolga in teoria a un pubblico molto settoriale (i docenti universitari), dalla sua fondazione quattro anni fa ha avuto un numero di visite impressionante, quantificabile in circa dieci milioni, a dimostrazione di quanto l’università sia sentita come patrimonio pubblico. Sulle pagine web si sono succeduti una serie d’interventi tesi a ‘demistificare’ le leggende circolanti riguardo l’università italiana, di cui un sunto è qui. […]
[…] Il 19 giugno a Roma si è tenuto il terzo congresso organizzato dai redattori del sito web Roars. Nonostante Roars si rivolga in teoria a un pubblico molto settoriale (i docenti universitari), dalla sua fondazione quattro anni fa ha avuto un numero di visite impressionante, quantificabile in circa dieci milioni, a dimostrazione di quanto l’università sia sentita come patrimonio pubblico. Sulle pagine web si sono succeduti una serie d’interventi tesi a ‘demistificare’ le leggende circolanti riguardo l’università italiana, di cui un sunto è qui. […]