Senza informare i lettori del Corriere che è un collaboratore dell’ANVUR, Maurizio Ferrera chiede di non disturbare il manovratore. Chi critica si rende colpevole di benaltrismo e perfezionismo.
Il primo numero del 2013 della rivista Il Mulino è uscito con una sezione dedicata ai problemi della valutazione della ricerca. Sono apparsi i seguenti articoli:
Negli articoli apparsi su Il Mulino si avanzano critiche circostanziate al modo in cui le procedure di valutazione sono state introdotte nel nostro paese. Non si critica “la valutazione”, anzi. Si critica la via italiana a una cattiva valutazione, per la quale si deve ringraziare ANVUR e una pattuglia non tanto sparuta di docenti italiani, alcuni forse in buona fede ma inesperti di valutazione, altri forse convinti di trarre vantaggio, in termini di potere accademico, dalle nuove procedure. E si propongono anche delle misure molto concrete per evitare il disastro.
Sul Corriere della Sera del 25 febbraio, è apparso questo commento, a firma di Maurizio Ferrera, ordinario di Politiche Sociali del Lavoro presso l’Università di Milano.
Noto studioso nel suo campo, Ferrera, è stato cooptato da ANVUR nel Gruppo di lavoro di Area 14 chiamato a redigere la lista delle riviste di classe A e la lista delle riviste scientifiche per l’Abilitazione scientifica nazionale. Circostanza che Ferrera non specifica nel suo articolo. Dettaglio non irrilevante per i lettori del Corriere che pensano di trovarsi di fronte ad un parere terzo, mentre ai sensi del Codice Etico dell’ANVUR – sottoscritto da Ferrera – la pubblicazione dell’articolo deve avvenire negli interessi dell’agenzia e attenersi ai suoi indirizzi:
Nelle materie di competenza dell’Agenzia, i membri dell’Agenzia e, per quanto attiene le attività ad essa connesse, gli studiosi collaboratori esterni partecipano a convegni, seminari e simili, nonché pubblicano articoli su quotidiani o periodici solo quando la partecipazione o la pubblicazione avvengano nell’interesse dell’Agenzia.
Codice Etico ANVUR, art. 5, comma 1
I membri dell’Agenzia e, per quanto attiene le attività ad essa connesse, gli studiosi collaboratori esterni, nell’intrattenere eventuali rapporti con organi di stampa o con altri mezzi di informazione, devono attenersi agli indirizzi espressi dall’Agenzia
Codice Etico ANVUR, art. 6, comma 1
Per inciso, l’ANVUR non è nuova a farsi difendere in modo non pienamente trasparente dai suoi collaboratori. Per fare un esempio, il 2 settembre 2012 Andrea Graziosi, presidente del GEV 11 (Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche) aveva pubblicizzato attraverso il Sole24Ore un appello – firmato da numerose Società scientifiche dell’area 11 – contro il ricorso al TAR dei costituzionalisti. L’appello sembrava essere un’iniziativa spontanea che un collaboratore ANVUR portava all’attenzione dell’opinione pubblica per mostrare il sostegno della base. Peccato che un’analisi delle proprietà del file Word rivelasse che l’estensore dell’appello era proprio Andrea Graziosi, come da lui stesso successivamente riconosciuto.
Torniamo a Ferrera. Sul Corriere della Sera del 26 febbraio è apparsa una replica di Alberto Baccini e una controreplica dello stesso Ferrera:
1. Un riformismo che non rigetta mobbing e giustizia sommaria
Il prof. Ferrera rivendica il proprio riformismo scrivendo che i riformisti si sforzano di “cambiare le cose in modo pragmatico” e non si illudono di “passare dalla imperfezione alla perfezione nello spazio di un mattino“. Peccato che il consiglio direttivo dell’ANVUR non nasconda invece le proprie mire rivoluzionarie:
Le procedure di abilitazione costituiscono una vera e propria rivoluzione per l’accademia italiana
ha di recente affermato Sergio Benedetto. Proclami di tenore non propriamente riformista sono venuti anche da un altro collaboratore dell’ANVUR:
lasciamo che gli ordinari vecchi vadano in pensione, facciamo mobbing su quelli giovani ma mediocri o peggio per farli andare in pensione (p.es. tagliamoli fuori dalle commissioni di concorso e facciamone degli zombies). Quando poi i nostri colleghi avranno imparato ed il clima sarà cambiato, allora i soldi saranno ben spesi. In questo processo ci saranno delle ingiustizie? Purtroppo si, ma sempre meno di quelle che ci sono state finora con il sistema baronale tradizionale. Ci vorrà tempo? Certo, e tanto più quanto più quelli bravi, internazionali etc. si schiereranno con la maggioranza dei cialtroni e mediocri perchè colleghi (e per pregiudizi politici contro la Gelmini)”
Da più parti (qui, qui e qui) è stato segnalato all’ANVUR che questa bellicosa dichiarazione costituiva una violazione del Codice Etico. Pur essendo trascorsi sei mesi dalla denuncia, non risulta alcuna presa di posizione da parte dell’agenzia, che, in modo assai poco “riformista”, non rispetta nemmeno le sue stesse regole:
La violazione del codice etico, da chiunque denunciata, è accertata da un Collegio formato da almeno due membri del Consiglio Direttivo, di cui uno è il Presidente, in contraddittorio con l’interessato.
Codice Etico ANVUR, art. 8, comma 2
2. La valutazione “per prove ed errori”
Piuttosto che un cambiamento pragmatico, questi signori sembrano avere in mente una sorta di palingenesi rivoluzionaria, accompagnata da misure “energiche” per convincere i riottosi a non opporsi alla marcia del progresso. Come spiegare altrimenti il disinteresse di questi curiosi riformisti per le esperienze internazionali che avrebbero suggerito maggiore prudenza nell’uso degli indici bibliometrici? La risposta che ci è stata data tutte le volte che facciamo questa domanda è che loro adottano un approccio sperimentale:
per prove ed errori, imparando dall’esperienza
Che sarebbe come dire che un paese privo di una rete ferroviaria dovrebbe oggi sperimentare la locomotiva a vapore, prima di convincersi che ci sono modi più efficienti e meno inquinanti di far camminare i treni. Questo non è riformismo, ma un mix a nostro avviso indigeribile di argomento emergenziale (“abbiamo poco tempo“, “l’università italiana va salvata“, “dobbiamo agire in fretta“) e invito alle sole critiche “costruttive” (limitarsi alle virgole, please).
3. “ANVUR non potuto far altro” (cit)
Afferma poi Ferrera: “La base dati era l’unica disponibile”. In realtà, sono disponibili numerose liste di riviste scientifiche, costruite sulla base di definizioni corrette di cosa sia uno “scientific outlet”. In emergenza, sarebbe bastato prendere una di quelle (quella norvegese o quella australiana, ad esempio) ed integrare – se del caso – predisponendo una lista di riviste scientifiche italiane. Questo non avrebbe soddisfatto gli appetiti delle società scientifiche italiane probabilmente. Che si sono in grande maggioranza prestate al gioco.
Ferrara si domanda: “non è un’esagerazione dire che “ANVUR ha ucciso la valutazione” per sempre?“. Baccini nella lettera al Corriere non ha fatto quell’affermazione, ma ha scritto che gli errori tecnici di ANVUR rischiano di uccidere per sempre la valutazione. E’ stato Cassese a dire che ANVUR ha ucciso la valutazione e non per sempre.
4. I benemeriti volontari della valutazione
Infine sulla collaborazione: “esterna, temporanea e volontaria”. Ci soffermiamo solo sul carattere volontario. La retorica ANVUR è piena di buona volontà, di persone che si impegnano e lavorano anche in agosto. Ma forse è il caso di ricordare che chi ha fatto parte dei GEV e dei gruppi di lavoro, pur non percependo un compenso, ha avuto la possibilità di partecipare alla definizione in prima persona delle liste di riviste che sono servite a colorare i semafori di tutti i commissari e a determinare le mediane per tutti i candidati.
Esercitando un potere accademico enorme – forse superiore addirittura a quello dei commissari dell’abilitazione.
I commissari per l’abilitazione, va ricordato, svolgono anch’essi un lavoro gratuito e “volontario”: hanno fatto domanda per essere inseriti nelle liste dei sorteggiabili. Forse l’aggettivo volontario – che ricorda i volontari delle misericordie, negli ospedali, nella protezione civile e in generale nel terzo settore – non si addice né al mestiere del commissario né al mestiere che ha svolto il prof. Ferrera. Per favore evitiamo di usarlo da ora in poi.
5. Cosa ha fatto di tanto grave l’ANVUR?
Che cosa ha fatto di tanto grave l’Anvur? Si è permessa (orrore, orrore) di esprimere un giudizio sulle migliaia di riviste che compaiono sui curriculum dei professori. L’agenzia ha stabilito innanzitutto che non possono essere definiti lavori «scientifici» gli articoli su quotidiani, bollettini e newsletter. Ma perché i professori mettono nel curriculum simili bagatelle? Proprio così, a centinaia. Gli esperti Anvur hanno poi negato il bollino di scientificità a periodici di attualità e divulgazione, organi informativi o promozionali di partiti, associazioni, enti pubblici.
Con un completo ribaltamento della realtà, Ferrera fa credere al lettore del Corriere che l’ANVUR è stata criticata per aver negato la patente di scientificità agli articoli apparsi su:
- quotidiani
- bollettini
- newsletter
- periodici di attualità e divulgazione
- organi informativi o promozionali di partiti, associazioni, enti pubblici
Il lettore del Corriere viene indotto a pensare che l’ANVUR è stata contestata da chi voleva inserire nel proprio curriculum titoli dalla scientificità quanto meno dubbia. In realtà, è accaduto esattamente il contrario, dato che l’ANVUR si è coperta di ridicolo proprio perchè ha infilato nelle sue liste di riviste scientifiche tutte le tipologie di pubblicazioni che aveva detto di voler escludere:
- quotidiani: Sole 24Ore, Mattino di Padova, …
- bollettini, newsletter: Annuario del Liceo di Rovereto. Tribunale Ecclesiastico Regionale Calabro, La Circolare Tributaria, …
- periodici di attualità e divulgazione: Wired, Airone, Darwin, Diario della Settimana, …
- organi informativi o promozionali di partiti, associazioni, enti pubblici: Alternative per il Socialismo, Consultori Familiari Oggi, Cronache Parlamentari Siciliane, …
Il flop dell’ANVUR è stato talmente clamoroso da meritare un caustico articolo di Gianantonio Stella sulla prima pagina del Corriere della Sera, un articolo su Science ed una lunga riflessione sul settimanale internazionale Times Higher Education. Ma su tutto ciò Ferrera preferisce sorvolare.
Ferrera si fa anche portavoce dell’autodifesa più volte addotta dall’ANVUR:
L’agenzia ha stabilito innanzitutto che non possono essere definiti lavori «scientifici» gli articoli su quotidiani, bollettini e newsletter. Ma perché i professori mettono nel curriculum simili bagatelle? Proprio così, a centinaia.
L’ANVUR per bocca di Ferrera incolpa i soggetti valutati di essere responsabili di aver infarcito i siti docente di pubblicazioni non scientifiche. Eppure, l’ANVUR sa o dovrebbe sapere che le pagine personali CINECA sono pagine personali, non un’anagrafe della ricerca. Potrebbe anche sapere che alcuni atenei hanno raccomandato agli strutturati di inserire tutti i loro scritti sulla pagina CINECA. Il che è perfettamente ragionevole: infatti è del tutto sensato che un docente voglia tenere traccia di tutta la sua produzione – scientifica o meno – sulla sua pagina personale. Inoltre, è del tutto ragionevole che gli atenei vogliano monitorare anche prodotti divulgativi o che impattano sulla stampa. In proposito si parla di terza missione, tanto che si è detto che un articolo di giornale di un premio Nobel può essere molto più influential di un suo paper scientifico. Si tratta di considerazioni largamente condivise che dovrebbero essere ben note ad un’agenzia di valutazione come l’ANVUR, le cui argomentazioni sembrano condizionate dallo sforzo di imbastire una maldestra autodifesa.
Un’autodifesa tanto più maldestra quanto più contraddetta dalle precedenti dichiarazioni dell’ANVUR, che è sempre stata consapevole che il sito docente CINECA non è un’anagrafe nazionale della ricerca, al punto da usare questo argomento come scusa per le difficoltà incontrate nel calcolo delle mediane, scaricando la responsabilità sui ministri Gelmini e Profumo che non avevano dato ascolto ai suoi appelli:
Di necessità, il sito docente CINECA ha suffragato [sic] la mancanza dell’ANPRePS, e l’ANVUR non potuto [sic] far altro che utilizzare le informazioni ivi volontariamente inserite dai docenti.
Pertanto, nel momento in cui l’ANVUR si apprestava a certificare la scientificità delle riviste sapeva perfettamente che gli elenchi forniti dal CINECA richiedevano uno scrupoloso esame.
Messo alle strette dalla replica di Alberto Baccini, e non potendo negare gli svarioni dell’ANVUR, Ferrera cerca di minimizzare affermando che
Sulle riviste non scientifiche gli errori di giudizio sono stati meno dell’1 per cento sul totale
Questa giustificazione, già usata tempo fa da Stefano Fantoni, non è verificabile. Per calcolare la percentuale è necessario conoscere il numero delle riviste “errate” ed il numero delle riviste totali. Il secondo è noto, il primo no. L’unica cosa che possiamo dire è che Ferrera si sbaglia per difetto. Infatti, su ROARS sono state segnalate non meno di 211 “riviste pazze” (qui, qui e qui), pari all’1,3% delle 15.998 riviste esaminate dall’ANVUR. E dato che si trattava di verifiche a campione, questa è solo la punta dell’iceberg.
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Post scriptum: i lettori ci segnalano che anche dopo la scrematura delle liste (temporaneamente scomparse) da parte di ANVUR, continuano a essere ritenute scientifiche per l’area 13, fra le altre:
- Il giornale dell’arte
- La Finanza
- Marxismo Oggi
- Prato Storia e Arte
- Applicazioni Laser
- Industrie Alimentari
- Le strade
- Il Fisco
- Perfumer & Flavorist
- Rivista di Frutticoltura e ortofloricultura
- Rivista di suinicoltura
- Strade & Autostrade
- Tecnica Molitoria
- l’Ecole Valdotaine
- Quaderni dell’osservatorio elettorale
- Quaderni di Rassegna Sindacale. Lavori
- Autostrade
- Investor Relations
- La rivista dei combustibili e dell’industria chimica
- RAI
- Quaderni di lingue e letterature
- Libri e Riviste d’Italia
- Postumia
- Power UK
- Siti contaminati
- Student
- …
Comunque, ANVUR può stare tranquilla: siamo stanchi di emendare gli errori dell’Agenzia consentendole di rimediare – pur tardivamente – ai danni fatti. Lasciamo d’ora in avanti questo ingrato lavoro ai lettori.
Gravissimo quanto scrive Ferrera nel primo e nel secondo pezzo. Gravissimo che nasconde di avere fatto parte di un gruppo di lavoro anvur. Invito tutti a leggere questi due pezzi che dimostrano molta approssimazione e soprattutto arroganza e falsificazione della realta’. Tipico comportamento di coloro i quali si definiscono riformisti ma in realta’ usano solo l’argomento ex auctoritate. In questo sito, dettagliatissimi articoli hanno dimostrato l’inaffidabilita’ delle tecniche usate dall’anvur. Come si fa a dire pubblicamente, izn sostanza, che non c’era nulla di meglio? Volevo scrivere a Ferrera…ma visto il tono, penso che sia tempo sprecato. Mi limito a dire che verranno sommersi dai
ricorsi. Abbiamo solo iniziato.
Tra le tante: ferrera dice che l’anvur ha escluso la scientificita’ degli articoli pubblicati sui quotidiani. Ma, tra le tante, nell’elenco anvur, per l’area 13, delle riviste scientifiche c’e’ il sole 24 ore! Per favore, qualcuno lo puo’ dire all’interessato?
E’ la prova che queste campagne sono dirette dall’alto e diffuse attraverso una stampa consenziente, immorale e pilotata. Si autopromuovono e si autoincensano utilizzando affermazioni apodittiche, verità divine (anvuriche) non soggette a discussione.
Confesso che quando avevo letto l’articolo sul Corriere, non sapendo chi fosse Ferrera (ne’ sapendo cosa pubblicasse “Il Mulino”) avevo supposto fosse un giornalista e volevo scrivere a Sergio Romano per chiedergli di comunicare a questo
oscuro giornalista Ferrera “ma in che mondo vive ? non ha mai letto il sito ROARS e le (costruttive) critiche che li’ si trovano al caso delle ‘riviste pazze’ … di suinicoltura o altro … che a me risulta sia stato l’ANVUR a inserire negli elenchi, non la comunita’ scientifica o qualche comunita’ disciplinare”.
Per fortuna ho pensato di googlare il suo nome, cosi’ ho scoperto che lavora qui a Milano (nella stessa universita’ il cui pro-rettore Regini ha pubblicato “Universita’ malata e denigrata”).
Gli ho scritto lo stesso segnalandogli il mio disappunto e un po’ di riferimenti su ROARS. Ho avuto una gentile risposta del tenore “penso che l’ANVUR stia facendo un lavoro imperfetto ma utile. E ritengo esagerato accusarla di voler uccidere la valutazione.”
Ma solo il giorno dopo ho appreso dalla corrispondenza Baccini-Ferrera sul Corriere che si trattava di un “insider”.
Purtroppo e’ un pezzo che sia relativamente all’ operato dell’ anvur, sia piu’ in generale relativamente alla riforma Gelmini, si sente questo leit-motiv del “meglio nemico del bene”. E’ diventato stucchevole e costituisce una specie di cartina di tornasole per capire da che parte sta l’ interlocutore.
Mi chiedo chi sarebbe disposto a giustificare allo stesso modo un’ operazione mal riuscita per imperizia del chirurgo.