Segnaliamo le due mozioni CRUI del 23 maggio, indirizzate all’attenzione del nuovo esecutivo. Molti i temi toccati: abilitazione scientifica nazionale, autonomia universitaria, diritto allo studio, dottorato di ricerca, edilizia, FFO, fondo arredi, IMU, lettori, fondo missioni, PRIN, punti organico,  semplificazione normativa, Servizio Sanitario Nazionale, turnover, università non statali, università telematiche, valutazione.

Documento CRUI per il nuovo Governo

(Assemblea del 23 maggio 2013)

           La CRUI intende portare all’attenzione del nuovo Governo e, in modo particolare, del nuovo Ministro dell’istruzione, Università e Ricerca, prof. Maria Chiara Carrozza, alcune questioni che rappresentano urgenze imprescindibili sulle quali adottare i necessari provvedimenti. Lo stato dell’Università italiana è drammatico dopo quattro anni di tagli, malgrado l’applicazione della Riforma Gelmini. Si sono accumulati tali e tanti problemi che serve un’immediata inversione di tendenza. La CRUI chiede dunque con forza che l’Università entri immediatamente nell’agenda politica del Governo.

          Su un piano generale i problemi che attengono a possibili interventi sul sistema universitario e della ricerca sono quelli segnalati più volte dalla CRUI nei propri documenti, da ultimo nella delibera del 15.2.2012 ripresa nel documento consegnato alla stampa dal titolo “Sei proposte per il futuro del Paese”.

           Dette questioni si incentrano su 4 macro-aree fondamentali:

           (1) recupero dell’autonomia costituzionalmente garantita, specie per quanto concerne i rapporti che intercorrono tra Università e Ministero delle Finanze (il cui ‘bollino’ sembra oramai necessario su qualunque provvedimento del MIUR che attenga gli Atenei, a patto che concerna questioni finanziarie). Non è pensabile che il sistema universitario veda costantemente violata la propria autonomia finanziaria sancita da una Legge dello Stato (la L. 168/1989) ogni qualvolta si intendano effettuare prelievi o limitazioni di spesa più o meno mascherati nelle diverse leggi di stabilità, ultimi dei quali quello relativo ai capitoli degli arredi (vedi qui punto 11), ai fondi per missioni (ignorando evidentemente qual è il compito precipuo delle Università, ossia la ricerca, punto 10) o al controllo della Corte dei Conti (punti 12 e 13). Il concetto di “valutazione” inserito tra gli elementi-guida del progetto di riforma che ha dato vita alla Legge 240/2010, ed ampiamente condiviso in linea di principio,  fino ad oggi si è tradotto nella introduzione di una “valutazione ex ante”, una imposizione impropria di natura meramente burocratica che ben poco ha a che fare con la ricerca e il sostegno della qualità. Viceversa è indispensabile investire fortemente e prevalentemente sulla “valutazione ex post”, sulla valutazione di risultato, unica possibilità di offrire alle iniziative e ai lavori migliori di proporsi e di realizzarsi, senza incorrere nel sistematico filtro in ingresso (vedi punti 6, 7 e 8). Nella linea del necessario riconoscimento dell’autonomia alle Università, a fronte anche di specificità individuali, appare essenziale l’eliminazione del vincolo dei punti-organico e l’adesione esclusiva ai criteri finanziari previsti dalla legge 240/2010 (vedi punto 3). Le Università devono vedere difesa la loro autonomia, costituzionalmente garantita, da interventi generici nei confronti della pubblica amministrazione, pur essendo, ovviamente, amministrazioni pubbliche.

           (2) soluzione delle questioni che concernono il turnover, il cui blocco ha determinato un invecchiamento degli organici che non ha paragoni al mondo e l’esclusione di una generazione di giovani meritevoli che sono costretti a emigrare, e questo quando da più parti si reclama giustamente l’assoluta priorità del problema occupazionale [cfr. qui i punti 3, 4 e 5];

           (3) semplificazione delle procedure amministrative in aree strategiche quali la programmazione didattica (AVA è un sistema troppo rigido, specie in materia di pianificazione degli organici), la programmazione finanziaria (con il gravame della nuova contabilità economico-patrimoniale), i diversi ‘cicli’ della performance previsti dalle norme CIVIT in applicazione del D.Leg. 150/2009 (‘legge Brunetta’), le questioni attinenti ai meccanismi abilitativi [cfr. qui i punti 6 e 7].Le Università vogliono regole semplici e stabili, la burocrazia sta soffocando ogni sforzo di innovazione e cambiamento;

           (4) soluzione definitiva e con respiro pluriennale (almeno un triennio) delle questioni della programmazione finanziaria delle Università (inclusa quella edilizia) e del diritto allo studio, sottraendole al continuo braccio di ferro di fine anno al momento della stesura della Legge di stabilità, restituendo garanzie e certezze alle Università per la compilazione dei propri bilanci e chiarendo in maniera definitiva le questioni che attengono alle Università telematiche e al SSN [cfr. qui i punti 1, 2, 14, 15, 16, 18 e 19]. Le Università possono programmare se lo Stato programma. Da tempo lo Stato fa vivere le Università alla giornata. Con delibera a parte la CRUI segnala la vicenda inaccettabile del calcolo dell’IMU.

           Dette questioni si ripartiscono a loro volta in 19 punti, ciascuno dei quali potrebbe equivalere a un provvedimento normativo (per lo più decreti ministeriali).

           I punti sono:

          1. Questione finanziaria: la situazione dell’FFO 2013 è insostenibile, registrando un calo medio di sistema rispetto al solo 2012 (anno in cui era stato in parte ripristinato il ‘taglio’ frutto del combinato delle LL. 133/2008 e 126/2008) del 4,6%, dunque il taglio più pesante subito dal sistema delle Università italiane da quando vige l’autonomia finanziaria. Rispetto al 2009 (ca. 7,450 mln di euro) l’FFO 2013 è di 6,690 mln di euro con una decurtazione cumulata che sfiora l’11%. Il D.M. di riparto dell’FFO 2013 (alla Corte dei Conti) divide l’attribuzione della quota consolidabile da quella premiale, in quanto si riconosce la necessità che la seconda (la premiale) sia distribuita al lordo dell’incremento di ca. 300 mln di euro che mancano per riallineare il 2013 al 2012. I costi del personale a oggi ammontano a circa il 95% dei trasferimenti dallo Stato; il decremento dell’FFO porterà la metà degli Atenei nella situazione di default rispetto ai limiti dell’82% (personale+indebitamento) previsti dal D.Leg. 49/2012, col blocco del reclutamento e la depressione degli Atenei virtuosi. Si è ancora in attesa della definizione del costo-standard previsto dall’art. 5 della L. 240/2010.

           2. Diritto allo studio: il finanziamento del diritto allo studio per il 2014 è a percentuali ridicole e la copertura dei ‘capaci e meritevoli’ per l’anno in corso è attorno a una media nazionale del 60%. A ciò si aggiunga che manca una qualunque politica seria della residenzialità universitaria, la sola che garantirebbe la sostenibilità per le famiglie di studenti che si iscrivono alle Università. Grave appare la situazione delle Università non statali con riferimento all’obbligo di restituzione delle tasse e contributi agli studenti aventi diritto. Appare indispensabile un provvedimento di ordine finanziario che porti ad almeno 150 milioni  di euro il contributo dello Stato al Diritto allo studio per il prossimo triennio; ciò consentirebbe di raggiungere un totale di ca. 450 mln di euro di contributi a livello nazionale (comprensivi di tasse e quota regionale) senza necessariamente elevare la tassa minima e attenendosi alle somme del 2010-2011. Vanno deliberati quanto prima i LEP e va riavviata una politica di investimenti sulle residenze universitarie rifinanziando la L. 338/2000.

           3. Turn-over: la questione del reclutamento è soggetta a un vincolo introdotto dal D.L. 95/2012 convertito nella L. 135/2012 (art. 14 c. 3), vincolo che ha inopinatamente ristretto i margini (puramente meritocratici) che erano stati introdotti dal D.Leg. 49/2012 di poche settimane prima. Il vincolo diviene tanto più preoccupante se si pensa all’imminente chiusura delle procedure per l’abilitazione nazionale che, almeno nel caso dei docenti di I fascia (reclutamento fermo da quasi sei anni) nonché dei giovani ricercatori a tempo determinato, necessiterà dell’impiego, per l’appunto, di risorse degli Atenei da turn-over. Peraltro c’è da osservare che l’attuale vincolo che scaturisce dall’art. 4 del D.Leg. 49/2012 per cui tutti gli Atenei che presentino un rapporto tra professori ordinari e professori superiore al 30% sono costretti a programmare un posto da ordinario (inclusi gli ‘interni’) e simultaneamente un posto di ricercatore di tipo b) è giugulatorio. Infatti, tutti gli Atenei (con una sola eccezione) presentano un rapporto largamente superiore al 30%: visto il costo di un ricercatore di tipo b), ciò equivale a cancellare qualunque assunzione per docenti di prima fascia. Per sostenere in ogni caso assunzioni di ricercatore di tipo b) si dovrebbe prevedere, con un impegno di 70 mln di euro, un contingente aggiuntivo di 1000 posti di ricercatore da distribuirsi meritocraticamente fra gli Atenei. Visto poi che l’art. 29 c. 9 della L. 240/2010 vincolava de facto il piano straordinario degli associati al regime transitorio di sei anni previsto dall’art. 24 c. 6 della L. 240/2010 per i ricercatori ‘interni’ a tempo indeterminato (una volta abilitati), dovrebbe esser previsto il secondo triennio di applicazione del piano per il 2014-2016 (con un impegno a regime pari a ca. 100 mln di euro). La sentenza n. 83 della Corte Costituzionale che abroga l’art. 25 della L. 240/2010 può a sua volta costituire un problema ulteriore in quanto, come erroneamente asserisce la stampa, ha suscitato l’attesa  di una reintroduzione sic et simpliciter del biennio ex art. 16 del D.Leg. 503 del 1992.

           4. Proroga punti-organico. Attualmente le disponibilità di punti-organico delle Università (incluse quelle a valere sul piano straordinario degli associati) scadono il 30.6.2013. Considerato che per quella data le abilitazioni non si saranno concluse è urgente provvedere alla proroga già prevista dalla Legge di Stabilità al 31.12.2013. Contemporaneamente vanno chiarite le modalità di utilizzo di punti che si rendano disponibili a séguito di chiamate di interni (il secondo o il terzo bando sui residui può svolgersi dopo il 31.12.2013?).

           5. Proroga lavori commissioni per abilitazione. A oggi la scadenza è il 30.6.2013 ma il lavoro che attiene alle commissioni è tale da richiedere assolutamente un’ulteriore proroga.

           6. Autonomia e didattica: il sistema AVA in applicazione del D.Leg. 47/2012 è farraginoso e pesantemente vincolato a norme di carattere burocratico che pesano sugli Atenei già alle prese con la contabilità economica e con gli adempimenti previsti per i Nuclei di Valutazione, i Presidi di qualità etc.

           7. Semplificazione delle abilitazioni e loro eventuale contingentamento: le procedure di cui al D.P.R. 76/2012 che regola il meccanismo delle commissioni è assai complicato e, per molti versi, non chiarissimo (mediane/non-mediane etc.) specie per quanto attiene alla individuazione delle famose riviste di tipo A. Inoltre viene il legittimo dubbio che, vista la complessità delle regole e vista la scarsità delle risorse (vedi punti 1, 3 e 4), pochissimi siano coloro che prenderanno poi effettivamente servizio.

            8. Dottorati di ricerca: si segnala una criticità che rischia di colpire pesantemente gli Atenei, medi o di medie dimensioni; essa discende da quanto previsto dall’art. 4, comma 1, lett. c) ossia il fatto che, nel caso di dottorati consorziati, ciascun Ateneo deve mettere a disposizione per ciascun anno del ciclo n. 3 borse piene retribuite.che significano un investimento su 3 anni di ben 500.000 euro. E’ del tutto evidente che una tale interpretazione condurrebbe inevitabilmente alla cassazione di dottorati presso le piccole sedi a tutto vantaggio dei grandi Ateneie comunque un sovrainvestimento su dottorati che invece richiedono minori risorse anche in relazione agli sbocchi professionali come è nello spirito del decreto. In tale àmbito ancor più precarie appaiono le condizioni di sopravvivenza dei dottorati umanistici. Si richiede, infine, una deroga ai tempi di deliberazione dei regolamenti dei dottorati rispetto a quanto previsto dal D.M. 45/2013.

           9. Mobilità interateneo: l’art. 7 c. 3 della L. 240/2010 che prevedeva «l’incentivazione della mobilità universitaria è altresì favorita dalla possibilità che il trasferimento di professori e ricercatori possa avvenire attraverso lo scambio contestuale di docenti in possesso della stessa qualifica tra due sedi universitarie consenzienti» è stato cassato con l’art. 49 c. 1 lett. c) del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5 convertito nella L. 35/2012 con conseguenze pesanti sulla razionalizzazione dell’offerta formativa interateneo.

           10. Fondo missioni: le Università hanno difficoltà a impiegare i fondi di ricerca sul capitolo missioni, specie se si tratta di missioni su fondi PRIN. Esiste un vincolo previsto dall’art. 16, c.12, quarto periodo, del D.L.31 maggio 2010, n.78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n.122, come modificato dall’art.29, c.15 della Legge 30 dicembre 2010, n.240 che recita «e quelle effettuate dalle università e dagli enti di ricerca con risorse derivanti da finanziamenti dell’Unione Europea ovvero di soggetti privati». Il periodo dell’articolo dovrebbe essere sostituito con le parole «e quelle effettuate dalle università e dagli enti di ricerca per la realizzazione di specifici progetti, con risorse derivanti da finanziamenti dell’Unione Europea ovvero di soggetti privati e pubblici».

           11. Fondo arredi: l’art 1, cc.141 e 142 della Legge di stabilità 2013 ( prevede una limitazione della spesa per arredi al 20% della spesa media sostenuta ai medesimi fini nel 2010 e 2011 e un conseguente versamento allo Stato delle conseguenti economie entro il 30 giugno 2013. La norma va abrogata in quanto danneggia non solo le economie degli Atenei (sottraendo loro fondi che, spesso, non derivano da trasferimenti dallo Stato ma da progetti regionali, internazionali etc.), ma, di fatto, va contro le esigenze dell’utenza sia studentesca sia dei docenti (aule, laboratori etc.).

           12. Controllo Corte dei Conti: oggi le Università, in patente contraddizione con il dettato autonomistico, sono obbligate dall’art.3, c.1 della legge 14 gennaio 1994, n.20 lettere f bis) e f ter), (lettere inserite dall’art.17, c.30 del D.L.78/2009, convertito in Legge 102/2009) a sottoporre al controllo di legittimità della Corte dei Conti gli atti e contratti di cui all’art.7, c.6 del D.lgs.165/2001 e gli atti e contratti concernenti studi e consulenze di cui all’art.1, c.9 della legge 23 dicembre 2005, n.266. La conseguenza è un impressionante rallentamento delle procedure a scapito dei giovani reclutati e dell’impiegabilità degli stessi fondi di ricerca. L’articolo in oggetto andrebbe semplicemente cassato in quanto incompatibile con quanto prevede l’autonomia finanziaria e contabile degli Atenei di cui all’art. 6 della L. 168/1989.

           13. Controllo giudiziale: Sono pervenute a molti Atenei, da parte delle Sezioni Giurisdizionali della Corte dei Conti competenti, richieste in ordine all’anagrafe degli agenti contabili ed alla resa del conto giudiziale (artt. 44 e segg. del T.U. 1214/1934 delle leggi sulla Corte dei Conti e gli artt. 27 e segg. del Regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei Conti n. 1038/1933). Si tratta in sostanza di un meccanismo di controllo sulle finanze degli Atenei. Il MIUR dovrebbe chiarire se le disposizioni di armonizzazione dei sistemi contabili delle amministrazioni pubbliche, contenute nella legge Legge 31 dicembre 2009, n. 196 ‘Legge di contabilità e finanza pubblica’  e nei relativi decreti attuativi,  comportino il venir meno tout court  dell’autonomia finanziario-contabile prevista per le università dalla  legge 168/89 e, per l’effetto, l’obbligo anche per gli Atenei di attenersi alle indicazioni della Corte dei Conti  in materia di conto giudiziale.

         14. Università non statali: il sistema universitario non statale, regolato dalla Legge 243 del 1991, si fonda sul principio della parità tra insegnamento statale e non statale. La citata legge pone esclusivamente il vincolo di adeguamento alle norme generali dettate dallo Stato in materia di ordinamenti universitari “in quanto compatibili”. La contropartita a vantaggio del sistema non statale è il riconoscimento del valore legale del titolo di studio, che lo Stato concede a verifica del rispetto da parte degli Atenei non statali dei principi costituzionali e delle leggi specifiche in materia di ordinamento accademico. Nel recente passato si è sempre più alzata la soglia di vincoli, requisiti e regole da parte dello Stato verso le Università non statali, mentre si è sempre più ridotta, fino a raggiungere tagli intorno al 60%, la contribuzione statale verso gli stessi. Si segnala, come già fatto in sede di Assemblea CRUI del 21.3.2013, l’opportunità di riconsiderare la parte del piano triennale 2013-2015 laddove prevede la possibilità di istituire fino a 3 nuovi Atenei non statali in Italia, considerando tale previsione contraddittoria e incomprensibile alla luce degli orientamenti generali previsti dal Piano che esclude l’istituzione di nuovi Atenei statali.

           15. Università telematiche: le Università telematiche sono al centro di varie polemiche: non ne esiste una programmazione controllata, i vari piani triennali (l’ultimo, in corso di approvazione presso la Corte dei Conti) ne hanno consentito e ne consentono tuttora una loro ‘trascrizione’ come Università non-statali, con allineamento dei requisiti della didattica, a discapito della competizione sia con le attuali Università non-statali (pescando sullo stesso fondo della L. 243/91, pesantemente decurtato) sia con quelle statali; non esiste un regime autorizzatorio di questi Atenei a livello regionale né una incisività nella loro valutazione da parte dell’ANVUR. Negli ultimi dieci anni sono nate ben 11 Università telematiche, tutte non statali. Di fronte a questa evidenza è chiaro che è fuorviante dire che in Italia ci sono troppe Università.

           16. Fondo edilizia: il fondo per l’edilizia universitaria è stato praticamente azzerato da diversi anni con deleteri affetti sulle infrastrutture degli Atenei. La piccola quota 2012 (inferiore ai 20mln), come è giusto, è stata per lo più impiegata per le Università che avevano subito il terremoto dell’Emilia-Romagna.

           17. PRIN: sia la consistenza sia le modalità di distribuzione dei PRIN sono oggetto di moltissime critiche. Quanto al finanziamento la quota distribuita quest’anno (in realtà PRIN 2012, D.M. 28 dicembre 2012 n. 957/ric) è stata di appena 38mln di euro a fronte dei 175mln dello scorso anno (D.M. 27 dicembre 2011 n. 1152/ric, modificato dal D.M. 2/ric. del 12/01/2012, che, tuttavia, vedeva accorpati i fondi due esercizi finanziari). Una quota di 150mln di euro sembra l’unica accettabile per progetti che attengono all’indispensabile ricerca di base. Le procedure vanno semplificate al massimo consentendo a chiunque di fare domanda e spostando la selezione a livello MIUR, evitando l’inutile ricorso al passaggio attraverso gli Atenei e le restrizioni a figure specifiche del personale. Andrebbe rafforzato il meccanismo del parziale scarico delle spese stipendiali per i coordinatori nazionali a valere sui finanziamenti degli Atenei presso cui risultano incardinati.

            18. Lettori di scambio: il dettato dell’art. 26 della L. 240/2010 è rimasto senza seguito normativo con gravi ripercussione sulla disciplina dei lettori di scambio e dei nostri rapporti con gli Enti esteri che li finanziano.

           19. Problematiche del Servizio Sanitario Nazionale: manca ancora il Decreto Interministeriale (di cui esiste una bozza mai portata a compimento) di cui all’art. della L. 240/2010 che dovrebbe novellare le discipline di cui al D.Leg. 517/1999. Esiste una criticità grave sulle Scuole di Specializzazione di Medicina che va sanata né, in particolare, la soluzione intrapresa per la questione del “San Raffaele” può dirsi accettabile. Deve essere varato il Decreto Interministeriale per il quale occorrerebbe si avviasse una rapida revisione in congiunto con la CRUI (in generale è sconsigliabile che  problematiche che riguardano il SSN vengano trattate senza un diretto coinvolgimento della CRUI). Quanto alle Scuole, oltre a una revisione della normativa di accesso e di distribuzione sul territorio nazionale, deve esser previsto un rifinanziamento di approssimativamente 80 mln di euro per mantenere il numero dei contratti dello scorso anno (circa 5.000). Nel 2014, a finanziamento attuale, le borse non potranno essere infatti più di 2.000. A parte sono state già segnalate le criticità relative ai tirocini e alle sedi decentrate per le lauree Sanitarie.

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Mozione CRUI sull’IMU

(Assemblea del 23 maggio 2013)

L’Assemblea della CRUI, riunitasi il giorno 23 maggio 2013, ha preso in considerazione con viva preoccupazione le norme che fanno riferimento all’imminente pagamento dell’acconto IMU. Si rileva preliminarmente come, ancora una volta, le finalità caratterizzanti il sistema universitario, ossia la didattica e la ricerca, non siano tenute in alcuna considerazione al momento di individuare quei servizi pubblici che debbano essere esentati dal pagamento dell’imposta. E ciò, per di più, dopo che le finanze delle Università hanno già subito in soli quattro anni un ‘taglio’ che sfiora oramai il 15%.

Nello specifico si osserva quanto segue. Per quanto riguarda l’esenzione oggettiva di cui all’art. 7, lettera i) del D. Lgs 504/1992, istitutivo dell’ICI, disposta per gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’art. 87, comma 1, lettera c), del TUIR (enti non commerciali, comprendenti le Università) e destinati esclusivamente allo svolgimento, con modalità non commerciali, di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222, l’espressa previsione della destinazione ad attività solo didattiche male si addice alla natura specifica degli Atenei deputati anche, parallelamente, in via istituzionale e con modalità non commerciali, allo sviluppo della ricerca scientifica, funzione questa inscindibilmente connessa con la prevista attività didattica. A conferma dell’intima connessione dei due tipi di attività, si rammenta la delibera Corte dei Conti, Sez. Centrale del controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato n. SCCLEG/12/2011/PREV del 14.7.2011, che esclude dal controllo preventivo esercitato dalla Corte stessa sia gli incarichi di docenza, già espressamente previsti con deliberazione della Sezione di controllo n.20/09 del 12 novembre 2009, che ogni fattispecie intimamente e strettamente connessa ad essa (studio e ricerca).

Ove si dovesse diversamente concludere per l’esclusione delle attività di ricerca istituzionale, per mancato espresso riferimento della ricerca dal novero delle attività oggettivamente non sottoposte all’IMU, si fa notare come una specifica distinzione degli spazi utilizzati, necessaria al fine della corretta sottoposizione al previsto obbligo impositivo, risulterebbe estremamente difficoltosa, atteso che tutte le attività istituzionali si svolgono in modo promiscuo ed indistinto rispetto agli spazi degli Atenei. Le stesse considerazioni sulla difficoltà di individuare separatamente, con propria rappresentazione catastale, gli spazi immobiliari destinati ai vari compiti degli Atenei investono, altresì, l’esecuzione non prevalente di attività di ricerca con natura commerciale svolta dai Dipartimenti universitari, per la quale, invece, la tassazione IMU sarebbe espressamente prevista. In tali casi di utilizzazione mista i criteri di esenzione parziale indicati nel Regolamento del Ministero dell’Economia e delle Finanze a decorrere dall’anno 2013, risultano, per le peculiarità che caratterizzano le varie sedi, tutti di difficile applicazione.

Pertanto la CRUI, tenuto conto che le Università sono Enti non commerciali dediti in via prevalente all’attività didattica, attività quest’ultima da intendersi nella sua accezione più ampia che ricomprende la ricerca in quanto funzione intimamente connessa e funzionale alla didattica in senso stretto, chiede che venga riconsiderata la posizione degli Atenei in merito al pagamento dell’IMU e che, nelle more, si autorizzi la sospensione di detto pagamento da parte del Università.

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2 Commenti

  1. La questione fondi missioni dovrebbe essere affrontata immediatamente dall’attuale governo. Così come un’integrazione al finanziamento PRIN 2012. Su punti come questi ci si gioca la credibilità. Se non c’è la volontà e la capacità di un intervento rapido su punti come questi, è davvero difficile aspettarsi di più.

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