Si è scritto spesso della diversità nella comunicazione dei risultati della ricerca fra le diverse comunità scientifiche, ma mai questa diversità è stata così stridente come nella vicenda della valutazione della ricerca in Italia. Nelle scienze dure è privilegiato l’articolo su rivista nelle sue diverse forme: articolo, abstract, lettera, review, commento, tutte comprese nello stesso contenitore, nella maggior parte dei casi identificato da un ISSN, in lingua inglese e dotato di IF. Gli studiosi delle scienze umane hanno invece sviluppato – all’interno delle macrotipologie articolo, saggio o monografia – dei generi letterari veri e propri, che hanno una loro storia ed un loro prestigio.
Si pensi alle curatele di atti per gli archeologi, frutto della ideazione, organizzazione e realizzazione di un progetto di ricerca vero e proprio; o alle recensioni in ambito letterario, spesso saggi corposi; o alle note a sentenza in ambito giuridico, un genere glorioso coltivato in Italia con particolare rigore nel Foro Italiano: si distingue tra nota redazionale (spesso non firmata e senza titolo), che serve a ricostruire lo stato di autorevolezza della pronuncia, e nota di commento (generalmente con titolo e firma dell’autore), dedicata all’approfondimento.
Di questi generi e della loro storia non c’è traccia nei vari documenti dell’ANVUR. Nella delibera 50 del 21/06/2012 si dice chiaramente che, ai fini del calcolo degli indicatori nei settori non bibliometrici e ai sensi dell’allegato B del decreto abilitazione, verranno considerate le seguenti categorie di pubblicazioni scientifiche incluse nel sito docente:
a) Libri (se dotati di ISBN): Monografia o trattato scientifico, Concordanza, Edizione critica (anche di partiture musicali), Pubblicazione di fonti inedite, Commento scientifico, Traduzione di libro
b) Articoli su rivista: Articoli in rivista
c) Capitoli su libro (se dotato di ISBN): Contributo in volume (capitolo o saggio), Voce (in dizionario o enciclopedia), Prefazione o postfazione.
Le curatele non costituiscono libro….
La cosa appare particolarmente grottesca perché quando prendiamo la lista delle riviste di fascia A nei SC 10/D1, D3 e D4 troviamo la Bryn Mawr Classical review http://bmcr.brynmawr.edu/index.html, che è una prestigiosa rivista di sole recensioni, così come pure Gnomon.
E’ vero che non tutte le note a sentenza hanno lo stesso valore scientifico, e lo stesso vale per le recensioni, che possono avere anche carattere più divulgativo, ma questo non appare un buon motivo per fare di tutta l’erba un fascio. Chi scriveva una nota a sentenza del genere argomentativo, spesso di lunghezza anche notevole, e la inseriva fra le proprie pubblicazioni era probabilmente orgoglioso di definirla come nota. Ora però ci sta ripensando, e sono in molti che stanno riclassificando le loro note come articoli, perché appare inaudita la loro esclusione dal calcolo degli indicatori (almeno di quelli individuali, perché quelli del SC sono ormai già stati calcolati).
In alcuni paesi si sta cercando di analizzare le recensioni e di utilizzarle alla stregua di citazioni. Da noi invece, oltre a ricatalogare, nell’immediato, le recensioni in articoli, un ricercatore ci penserà bene a dedicarsi alla stesura di questo genere, preferendone altri, magari le pre- o postfazioni.
Sarebbe interessante capire sulla base di quali ragionamenti e quali competenze sul campo alcuni generi sono stati considerati prodotti scientifici ed altri no.
Un altro tema che riguarda gli umanisti è quello delle liste di riviste. Attualmente e dopo parecchi giorni dalla pubblicazione delle mediane e delle mediane versione 2 è stata pubblicata la lista delle riviste di fascia A. I vari documenti però parlano di catalogazione delle riviste scientifiche in fascia A, B, e C. Nell’allegato B del decreto 76 sta scritto:
a) le riviste di classe A sono quelle, dotate di ISSN, riconosciute come eccellenti a livello internazionale per il rigore delle procedure di revisione e per la diffusione, stima e impatto nelle comunità degli studiosi del settore, indicati anche dalla presenza delle riviste stesse nelle maggiori banche dati nazionali e internazionali; b) le riviste di classe B sono quelle, dotate di ISSN, che godono di buona reputazione presso la comunità scientifica di riferimento e hanno diffusione almeno nazionale; c) tutte le altre riviste scientifiche appartengono alla classe C.
Alla categoria C appartengono dunque le riviste considerate scientifiche ma prive di ISSN. Nel documento di accompagnamento alle mediane troviamo scritto:
Si è ottenuto dal CINECA una lista per ogni SSD dei settori non bibliometrici che riporta il nome e il codice ISSN di ciascuna delle riviste inserite nel sito docente dai professori ordinari e associati e dai ricercatori, per il periodo 2002-2012, alla data dell’8 luglio 2012. La lista è stata integrata attraverso segnalazioni di inserimenti fino al 15 luglio 2012 (data di chiusura delle operazioni di aggiornamento del sito docente). Ulteriori segnalazioni di riviste su cui hanno pubblicato studiosi italiani, ma non registrate per varie ragioni nel sito docente, sono state prese in considerazione dal Gruppo di lavoro, compatibilmente con i tempi della procedura.
Quindi nel calcolo delle mediane si sono prese in considerazione solo le riviste dotate di ISSN (fascia A e B secondo l’allegato B del decreto). Ma allora la fascia C conterà o non conterà per il calcolo delle mediane individuali? A che pro definire una fascia C se poi non viene utilizzata?
Verrà mai pubblicata questa lista la cui composizione è certamente più difficoltosa delle prime due perché ogni titolo dovrebbe essere esaminato nel dettaglio? [nel frattempo, è stata pubblicata non senza suscitare diverse critiche, N.d.R] In attesa di chiarimenti i più intraprendenti si stanno organizzando per rinnegare tipologie fino a ieri importanti o ripubblicare i propri lavori sotto altra veste (basta un ISBN), cercando di adeguarsi a modelli che non sono quelli della propria comunità scientifica. I meno intraprendenti restano invece a guardare attoniti, non capendo cosa sta succedendo. Mai come in queste vicende della VQR e delle abilitazioni si sente la mancanza di un umanista nel consiglio direttivo dell’agenzia nazionale. Mai come ora risulta chiara la confusione derivante dal fatto che non c’è stata una definizione chiara delle diverse tipologie di comunicazione dei risultati della ricerca e che dovrebbe invece essere la base da cui partire.
Già, il fatto che nei magnifici sette del Consiglio Direttivo Anvur non ci fosse un umanista era la prima cosa che avevo notato, ma considerando chi c’era al governo allora e quale fosse il retroterra culturale del Ministro mi pareva ozioso sollevare la questione. Il peccato originale della nomina politica dell’Anvur si comincia a mostrare in tutta la sua portata.
Concordo pienamente. Anche se aggiungo che un umanista che capisse qualcosa di valutazione e di fairness sarebbe preferibile.
La mancanza di un “umanista” si appalesa anche nello stile (e negli errori di sintassi) dei documenti ANVUR.
L’articolo di Paola Galimberti è a dir poco impeccabile e condivisibile in toto. Ma non chiederei la presenza di un umanista nel consiglio direttivo dell’Agenzia. Immagino chi potrebbero mettere, visti i Gev. Leggete piuttosto sul Sole di oggi la notizia di una “mozione tri-partisan” (PD, UDC e udite,udite, Gelmini) per abolire il valore vincolante delle mediane. Sarà un bel pasticcio, di fatto si riaprono le candidature dei commissari. Tutto, ma non le dimissioni dell’Anvur.
Cara Mariella, è da vedere. Il testo della mozione non dice nulla sui commissari. Di certo sconfessa duramente l’operato di ANVUR. Più tardi lo pubblicheremo.