Riceviamo e pubblichiamo questa lettera di Adriana Brancaccio e Petronia Carillo.
Ci pare importante far notare come a questo punto vi siano già tre ricorsi avverso il sistema delle abilitazioni. Oltre a quello dell’AIC, ve n’è uno presentato dagli Storici delle Matematiche e infine quello di cui si parla in questa lettera, sottoscritto da 130 docenti.
Diviene ancora più urgente avviare una approfondita riflessione, al fine di evitare potenziali esiti catastrofici che, con gran spreco di danaro pubblico, bloccherebbero per lungo tempo il reclutamento.

Affondate le mediane!

Centotrenta tra professori associati e ricercatori di molte aree bibliometriche, appartenenti agli atenei di diverse regioni, hanno deciso di provare ad affondare le “abilitazioni mostro” chiedendo l’annullamento del DM 76 [1] e l’immediata sospensione del bando.

Il ricorso affronta uno dei problemi chiave insiti nelle nuove procedure di abilitazione scientifica, la trasformazione degli indicatori previsti dalla 240 in soglie di accesso.

La storia è questa. La legge 240 [2], pur contestata per altri  aspetti, prevedeva una abilitazione nazionale volta ad accertare la qualificazione scientifica, in cui i candidati venissero giudicati individualmente mediante valutazione analitica dei titoli presentati (per i quali, si badi bene, era previsto un eventuale tetto massimo e non minimo! Legge 240/2010 Art 16, comma 3, lettera b ). Come dire, ciascuno ha diritto a sottoporsi al giudizio, e il giudizio verrà emesso valutando il singolo caso. La commissione giudicatrice, nel fare tale valutazione, avrebbe dovuto agire conformemente a dei criteri da definirsi con successivo regolamento. Il regolamento è proprio il famigerato DM 76 [1]. Ebbene, in tale decreto sono stati inseriti degli indicatori bibliometrici (tra l’altro discutibilissimi) arbitrariamente posti come soglia al di sotto della quale non si ha diritto ad accedere all’abilitazione. Come se non bastasse, il valore numerico degli indicatori è stato calcolato dall’ANVUR, per sua stessa ammissione, in modo difforme dal dettato del regolamento e basandosi su dati errati [3,4].

Le recenti dichiarazioni di ANVUR relative alla non vincolatività del criterio delle mediane non sono altro che dichiarazioni, come tali prive di valore giuridico. E in ogni caso, se pure il criterio delle mediane dovesse – peraltro solo per i candidati – essere inteso come uno fra i parametri a disposizione delle commissioni, ciò non ne cancellerebbe in alcun modo l’irragionevolezza, tanto più ora, poiché la stessa Agenzia ha in buona sostanza dovuto ammettere che si tratta di criteri sostanzialmente inapplicabili.

Nel ricorso viene contestata l’arbitraria trasformazione degli indicatori di qualità della produzione scientifica – previsti dalla legge 240/2010 nell’ambito della valutazione analitica delle pubblicazioni e dei titoli – in soglie di accesso alla procedura di abilitazione, l’eccesso di delega all’ANVUR per l’individuazione delle soglie (DM 76, Allegato A, numero 4), l’assenza di trasparenza nell’operato dell’ANVUR [5,6] e gli eclatanti errori nei calcoli delle mediane [7].

La sezione campana del CoNPAss ha condiviso l’iniziativa ed ha fornito supporto nella raccolta delle firme nella propria regione. Questi i motivi del ricorso predisposto dagli Avv.ti Paparella e Picone di Napoli:

  1. Illegittimità degli artt. 3,4,5,6,7 e Allegato A, del DM 76/2012. Violazione ovvero errata o falsa applicazione delle disposizioni contenute nell’art. 16 della L 240 del 30/12/2010 e nell’art. 8, comma 4, del D.p.r. 222 del 14/9/2011.
  2. Illegittimità degli articoli 3,4,5,6,7 e dell’Allegato A del DM 76/2012. Eccesso di potere per sviamento, ingiustizia manifesta, illogicità, disparità di trattamento, travisamento ed errata valutazione dei fatti, difetto di istruttoria.
  3. Illegittimità della Delibera ANVUR n. 50 del 21 giugno 2012, dell’Atto ANVUR di Normalizzazione degli indicatori per l’età accademica, del 13 agosto 2012,  dell’Atto ANVUR Documento di accompagnamento mediane dei settori bibliometrici del 13 agosto 2012 e relative tabelle contenenti i valori degli indicatori bibliometrici così come modificati in data 27 agosto 2012. Violazione ovvero errata o falsa applicazione dell’art. 2 commi 138-140, D.L. 3 ottobre 2006 n. 262, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2006 n. 286
  4. Illegittimità della Delibera ANVUR n. 50 del 21 giugno 2012, dell’Atto ANVUR di Normalizzazione degli indicatori per l’età accademica, del 13 agosto 2012,  dell’Atto ANVUR Documento di accompagnamento mediane dei settori bibliometrici del 13 agosto 2012 e relative tabelle contenenti i valori degli indicatori bibliometrici così come modificati in data 27 agosto 2012. Violazione ovvero errata o falsa applicazione dell’art. 16 della L 240/10, dell’artt. 4 e 8 del D.p.r. 222/11. Eccesso di potere per sviamento, ingiustizia manifesta, illogicità, disparità di trattamento, travisamento ed errata valutazione dei fatti, difetto di istruttoria.
  5. Illegittimità del Decreto direttoriale del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca, n. 222 del 20 luglio 2012. Violazione ovvero errata o falsa applicazione delle disposizioni contenute nell’art. 16 della L 240 del 30/12/2010 e all’art. 8, comma 4 del D.p.r. 222 del 14/9/2011. Illegittimità derivata.
  6. Illegittimità dell’intera procedura per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale indetta con Decreto direttoriale del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca, n. 222 del 20 luglio 2012. Illegittimità dell’Atto ANVUR del 14 settembre 2012 Sul calcolo delle mediane per l’abilitazione nazionale. Violazione dei principi di trasparenza, imparzialità e buon andamento.

[1] Decreto Ministeriale 7 giugno 2012 n. 76. http://attiministeriali.miur.it/anno-2012/giugno/dm-07062012.aspx

[2] Legge 30 dicembre 2010, n. 240 http://www.camera.it/parlam/leggi/10240l.htm

[3] Sul calcolo delle mediane per l’abilitazione nazionale, Consiglio Direttivo ANVUR. 14 settembre 2012. http://www.anvur.org/sites/anvur-miur/files/mediane_spiegate_definitivo_14_settembre_2012.pdf

[4] La leggenda delle mediane fluttuanti. Giuseppe De Nicolao https://www.roars.it/?p=12317

[5] CoNPAss. Il CoNPAss chiede trasparenza sui criteri per l’abilitazione nazionale. 30 agosto 2012. http://conpass.tumblr.com/post/30504812652/il-conpass-chiede-trasparenza-sui-criteri-per

[6] CUN. Mozione sulla trasparenza in merito alle procedure di abilitazione scientifica nazionale. Adunanza del 12 settembre 2012. http://www.cun.it/media/117288/mo_2012_09_12.pdf

[7] Abilitazioni e Mediane: “ANVUR non potuto fare altro”. Profumo sotto accusa? Redazione ROARS. https://www.roars.it/?p=12265

 

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25 Commenti

  1. Sì appunto, il problema è quello del reclutamento che tutti questi ricorsi riusciranno a imbrigliare per altri anni. Un rimedio peggiore del male, un muoia Sansone con tutti i filistei perché veramente coloro che fanno o commissionano questi ricorsi – ipotizzo – o sono già docenti che hanno fijnito la carriera o sono persone che non hanno i requisiti per approfittare del bando e temono di rimanere esclusi dalle abilitazioni.
    Se si blocca, anziché eventualmente ottenere emendamenti, questo bando, ci facciamo veramente del male.
    Duanelli

  2. Qui non si tratta di “muoia Sansone con tutti i filistei”. La colpa è esclusivamente della gestione scellerata delle operazioni di abilitazione da parte di ANVUR: basti pensare alla questione h_c index contro h index normalizzato per età accademica: se un candidato si trova a dover essere penalizzato dall’adozione di h_c (totalmente irregolare, come ampiamente discusso in questo sito) cosa deve fare? Deve far valere i propri diritti di fronte alla Legge oppure no?

    • Giustissimo, è lecito far valere i diritti di ciascuno. Ad esempio di coloro i quali hanno indici sbagliati a causa di manchevolezze nei DB. Li si lede un diritto (il soggetto è effettivamente sopra mediane ma per errori non a lui imputabili è classificato erroneamente). Ma come si può dire che usa h_c invece leda un diritto? Quale? h_c è un indice normalizzato. Lo scandalo (?) è che l’uso di (h-index/età accademica) (peraltro tale formula è stata ‘ipotizzata’ dato che non è mai comparsa in documenti ufficiali che io sappia) era una furbata. Semplicemente nei SSD dove la fascia superiore è più anziana e pure produttiva negli ultimi anni h_c >> h-index/età. Il fatto è che un articolo di un PO(PA) di 2 anni fa sarebbe stato penalizzato (normalizzato) in modo diverso per un articolo di 2 anni fa di un RU(PA) più giovane. Da cui più facile per tutti superare le mediane.

      Ora la domanda è: quale dei due ha più senso? Perché irregolare? Perché non compare l’età accademica nella formula?

      Perfetto: S(t-i) = 4*# citaz/(età accademica – (t_i – t_1))
      t_i= i-mo paper
      t_1= primo paper in assoluto considerato (il più vecchio)

      Questa è una normalizzazione per età accademica, dato che ‘normalizzare per y’ vuol dire fare x/y sempre e comunque. Il decretp diceva solo ‘normalizzare’ non come

  3. Non è così. Ci sono pesanti responsabilità del Ministro.
    La Legge Gelmini recita:

    Art. 16, comma 3. I regolamenti di cui al comma 2 prevedono: a) l’attribuzione dell’abilitazione con motivato giudizio fondato sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche, PREVIA SINTETICA DESCRIZIONE DEL CONTRIBUTO INDIVIDUALE ALLE ATTIVITA’ DI RICERCA E SVILUPPO SVOLTE, ed espresso sulla base di criteri e parametri differenziati per funzioni e per area disciplinare, definiti con decreto del Ministro;

    Ora qui siamo nel campo del buon senso: se bisogna valutare gli individui, ciò non può che essere fatto sulla base di ciò che essi INDIVIDUALMENTE hanno fatto contribuendo ai lavori presentati.

    Ora nei parametri del DM 76 non c’è alcun riferimento al contributo individuale ai lavori che determinano le mediane e questo è in evidente contrasto con la legge. Ammettiamo pure che l’ANVUR abbia preso una cantonata nel non indicare tra i parametri il contributo individuale; il fatto è che il Ministero con il DM 76 HA FATTO PROPRIA L’IMPOSTAZIONE ANVUR assumendosene la piena responsabilità.
    Mi stupisco come questa gravissima distorsione, che rappresenta un vulnus esiziale delle procedure di abilitazione in atto, non sia anch’esso oggetto del ricorso.

    • Qui si confonde sempre superamento mediane con abilitazione. La procedura prevede invio di N pubblicazioni che verranno valutate in merito al CONTRIBUTO INDIVIDUALE ALLE ATTIVITA’ DI RICERCA E SVILUPPO SVOLTE. Quindi l’uso delle mediane non contraddice il punto.

    • Il punto è che si escluderebbero a priori dei candidati sulla base di criteri che non tengono conto del contributo individuale. È del tutto sensato dubitare della coerenza di questo criteri con la L. 240 che non parla di esclusioni a priori e menziona il ruolo del contributo individuale.

    • Come si determina, in generale, il contributo individuale?
      L’ordine degli autori? Non credo, ogni gruppo ha i suoi metodi per questo. Come si fa a distinguere in un articolo a più mani chi ha contribuito a cosa? Impossibile, di fatto, leggendo i singoli articoli. O no?

      La storia del contributo individuale è fortemente discutibile.

    • @meccanico
      direi che è molto più discutibile essere abilitato perché si firmano gli articoli scritti da altre k persone.

      E’ stato detto fino alla nausea: chi lavora da solo o in gruppi poco numerosi è pesantemente penalizzato dai criteri “bibliometrici” che NON tengono conto del numero di coautori.

    • @meccanico
      un contributo si può anche dedurre leggendo il CV, gli articoli e guardando in generale alle competenze di quel candidato. Se escludi il candidato a priori perchè non ha i numeri tipici di chi produce in gruppo (anzi i numeri sarebbero quelli del leader di quel gruppo perchè le mediane sono del ruolo superiore) non fai alcuna valutazione dell’apporto individuale.

    • Credo che il metodo giusto per bilanciare le differenze tra chi lavora da solo e chi in gruppi grandi è quello di pesare ciascun lavoro dividendo le citazioni e ogni altro suo peso bibliometrico per il numero degli autori. Similmente andrebbero eliminate le autocitazioni e aggiunto un elemento di premialità per la presenza di autori stranieri.

      In ogni caso, non si tratta di individuare il contributo indivituale che, ripeto, è impossibile da quantificare da parte di chiunque, a volte anche da parte degli autori stessi.

      Pensate a cosa accadrebbe nel caso di un articolo presentato in Curriculum da un assegnista per diventare ricercatore, da un ricercatore per divenire associato e da un associato per essere promosso ordinario. Ciascuno di questi co-autori individuerebbe il proprio come contributo fondamentale. Un grande casino e un pericoloso spazio di creatività valutativa lasciato alle commissioni. Dividere per il numero di autori è la soluzione più immediata ed efficace. Idealmente, io eviterei di dividere per i co-autori stranieri o, addirittura, aggiungerei premialità nel caso di presenza di co-autori stranieri.

      Ricordo di nuovo l’esempio reale di un candidato ordinario con 12 lavori e uno con 40 lavori prestigiosissimi e con felloship IEEE. La commissione ha giudicato idoneo il primo e non il secondo creando grande scandalo in tutto il SSD. Tra le motivazioni addotte rientravano anche quelle di valutazione del contributo individuale. Attenzione, una vergogna simile così come le assurde valutazioni basate su prove orali potrebbero ripetersi.

    • @StefanoF
      1. Nel caso presentato, il numero di co-autori era paragonabile se non uguale. La qualità delle riviste del secondo, elevatissima.

      2. Come sopra. Il contributo individuale chi e come lo si può identificare. Se il problema è bilanciare le differenze tra gruppi piccoli e grandi è sufficiente dividere per il numero di co-autori.

      3. I co-autori stranieri non si trovano sotto i cavoli. Avere la capacità di affiliarsi a gruppi importanti all’estero è una importante qualità.

      4. Per quanto riguarda la possibilità (ampiamente documentata) di truffa legata alle prove orali, segnalo a titolo di esempio:

      ‘Era il migliore, l’ abbiamo fregato’
      http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2004/06/26/era-il-migliore-abbiamo-fregato.html
      Un piccolo estratto:
      Gli aveva dato «sufficiente», scrivendo che la relazione (prova orale) era «estremamente approfondita, tecnica… più adatta a un uditorio di eruditi che a studenti del terzo anno di medicina… monotona… poco accattivante».

      Praticamente, l’ha fregato dicendo che era stato troppo bravo. Bah, francamente, le prove orali io non le rimpiango per nulla.

      Se le comunità scientifiche fossero serie, basterebbe una presentazione delle attività scientifiche di ciascun candidato di 10 minuti e concorsi locali. Così accade in quasi tutti i paesi “evoluti”. Purtroppo, in Italia un sistema simile scatenerebbe il far west con mogli, amici e parenti in cattedra così come accaduto in passato.

      Invece che pensare di cambiare il sistema di selezione inserendone uno nuovo, basterebbe apportare miglioramenti e raffinamenti a quello attuale che non credo vada nella direzione sbagliata. Non dimentichiamoci che si sta parlando di abilitazioni e che i candidati abilitati dovranno affrontare anche le selezioni locali.

  4. @meccanico
    Faccio notare che ci sono sentenze del TAR e del Consiglio di Stato che hanno dato ragione a ricorrenti in quanto il vincitore della procedura di valutazione presentava articoli con molti co-autori da cui non era possibile dedurre quale fosse il suo contributo.

    Mi stupisco di dover spiegare questa cosa che, a torto, ritenevo fosse talmente lapalissiana da non meritare ulteriori commenti.

    Non so se ci fosse il grande scandalo di cui parla (perchè non conosco la vicenda), ma, in linea del tutto teorica, se un candidato con 12 articoli fosse singolo autore e un candidato con 40 articoli fosse co-autore insieme con, mettiamo, altri 4 autori mi sembra logico ritenere più qualificato il candidato con 12 lavori (ovviamente a parità di qualità dei lavori presentati) perchè lo dice il buon senso e una piccola operazione aritmetica.

    Mi perdoni ma se io faccio una misura di un certo tipo per colleghi che poi mi inseriscono come co-autore (doverosamente) il mio contributo, come esperto di quel tipo di misura, dovrebbe essere facilmente desumibile.
    E’ proprio questo il trucco: non definire alcun fattore di proprietà significa attribuire ogni articolo IN TOTO a TUTTI GLI AUTORI. Non le pare insensato?

    Eppoi la legge mi sembra scritta in modo chiaro (almeno per il comma che ho riportato): i parametri del ministero in base ai quali si attribuisce l’abilitazione devono riferirsi al contributo individuale.
    Qui si parla di abilitazioni dei singoli, non di esami di gruppo!

    • Certo! Ma se facciamo questo le mediane sarebbero grandemente modificate. La domanda è: come mai non ci hanno pensato?

    • Rispondo qui a StefanoL perchè i messaggi di risposta diretta non vengono visualizzati:

      1. Nel caso presentato, il numero di co-autori era paragonabile se non uguale. La qualità delle riviste del secondo, elevatissima.

      2. Come sopra. Il contributo individuale chi e come lo si può identificare. Se il problema è bilanciare le differenze tra gruppi piccoli e grandi è sufficiente dividere per il numero di co-autori.

      3. I co-autori stranieri non si trovano sotto i cavoli. Avere la capacità di affiliarsi a gruppi importanti all’estero è una importante qualità.

      4. Per quanto riguarda la possibilità (ampiamente documentata) di truffa legata alle prove orali, segnalo a titolo di esempio:

      ‘Era il migliore, l’ abbiamo fregato’
      http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2004/06/26/era-il-migliore-abbiamo-fregato.html
      Un piccolo estratto:
      Gli aveva dato «sufficiente», scrivendo che la relazione (prova orale) era «estremamente approfondita, tecnica… più adatta a un uditorio di eruditi che a studenti del terzo anno di medicina… monotona… poco accattivante».

      Praticamente, l’ha fregato dicendo che era stato troppo bravo. Bah, francamente, le prove orali io non le rimpiango per nulla.

      Se le comunità scientifiche fossero serie, basterebbe una presentazione delle attività scientifiche di ciascun candidato di 10 minuti e concorsi locali. Così accade in quasi tutti i paesi “evoluti”. Purtroppo, in Italia un sistema simile scatenerebbe il far west con mogli, amici e parenti in cattedra così come accaduto in passato.

      Invece che pensare di cambiare il sistema di selezione inserendone uno nuovo, basterebbe apportare miglioramenti e raffinamenti a quello attuale che non credo vada nella direzione sbagliata. Non dimentichiamoci che si sta parlando di abilitazioni e che i candidati abilitati dovranno affrontare anche le selezioni locali.

    • Trovo alquanto scorretto portare ad esempio i verbali di una inchiesta giudiziaria (un famigerato concorso di Cardiologia) come esempio di un tipico concorso italiano. Tralasciando il fatto che se mi parli di IEEE ti occupi di tutt’altro.

      Il tuo argomento è anche quello di parecchi troll: banalmente “E’ tutto uno schifo”.
      Però -ovviamente- il tuo capo, i tuoi maestri, docenti, amici e coautori hanno raggiunto le loro attuali posizioni in modo pulito. Questo vale a fortiori per te (qualunque sia il tuo status, assegnista o associato, dei passaggi/concorsi/prove dovrai pur averli fatti).

      Dovresti rileggerti: rivendicare che il lavoro di career building venga rispettato è una cosa.
      Associarti ai suddetti troll nella diffamazione su larga scala di chi lavora nell’Università è tutt’altro.

      PS Lasciamo perdere la questione dei coautori internazionali perchè suona semplicemente ridicola (come considerare “abilitante” la didattica estera e non quella nostrana. Ah, scordavo, quella è legge, ora).

    • Ripeto: la prova didattica per associato prima bisogna sostenerla. Poi se ne può parlare. Idem per l’esposizione dei titoli.

  5. 12 a 40? Detto così non vuol dire nulla.
    Quando è accaduto il fatto? Quanti coautori avevano l’uno e l’altro?

    Valutare il contributo individuale è indispensabile.
    Avere coautori stranieri non è di per sé indice di qualità superiore. Indica sicuramente buoni rapporti internazionali, questo sì.
    E probabilmente attesta l’entrata in un “citation ring” che attesta la tua eccellenza bibliometrica. Infatti la via dei career builders professionisti oggi è proprio quella di trovare coautori internazionali ai loro rampolli che, a leggere i CV, sembrano tutti pronti per il Nobel.
    A questo proposito, le tanto vituperate prove orali (presentazione titoli e prova didattica) sono alquanto dirimenti riguardo i curriculum “placcato oro”. Prima di parlare di assurdità prova a fare una lezione davanti a 5 ordinari. Poi ne riparliamo.

    PS Conosco Fellow IEEE non proprio ineccepibili. diciamo così.

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