Sono arrivate le pagelle della VQR: ogni docente può vedere i voti ottenuti dai “prodotti della ricerca” di cui era coautore. C’è chi ha fatto l’en plein e chi è rimasto deluso. Molti vorrrebbero saperne di più: la peer review ha affiancato la valutazione bibliometrica? c’è stato contrasto tra i revisori? è stato il GEV a dire l’ultima parola? Ma è inutile chiedere chiarimenti: l’ANVUR “non fornirà altre informazioni”. E adesso? I colleghi “triple-one” appenderanno la pagella fuori dalla porta, mentre  gli “asini” rosicheranno in silenzio?

20 settembre 2013: il giorno dei risultati individuali VQR. Sulla propria pagina Cineca (pardon, loginmiur) tutti possono vedere i “voti” ottenuti nell’esercizio di valutazione nazionale.

Una tabellina parecchio scarna, sotto la quale l’ANVUR precisa che nel girone infernale della valutazione all’italiana non si ha diritto a ulteriori spiegazioni:

L’ANVUR non fornirà altre informazioni … si raccomanda quindi di non richiederle.

Al vigile urbano che ha scritto quanto sopra (senza offesa per la categoria dei “ghisa” o “pizzardoni”) ricordiamo che è sempre possibile richiedere l’accesso agli atti. Non dubitiamo che molti, incuriositi dalle proprie valutazioni, vorranno saperne di più.

A parte questo, quali scenari ci attendono nella sciagurata concomitanza di “fine lavori” (?) dell’ASN ed esiti VQR?

Vedremo candidati abilitati sventolare le loro valutazioni individuali VQR per il dipartimento nella speranza di una chiamata? E altri tacere intimiditi perché non hanno fatto “strike” (1+1+1)?

O peggio ancora, troveremo candidati “triple-one” nella VQR che faranno ricorso argomentando in tal modo contro l’eventuale mancato conseguimento dell’abilitazione?

Quanti scenari affascinanti si profilano per la valutazione all’italiana.

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126 Commenti

  1. Una chicca. Ho preso tre 1 nelle mie tre pubblicazioni. Includendo anche quelle dichiarate da coautori, ho preso sette 1, uno 0.8 e uno 0.5.

    Lo 0.8 già lascia perplessi: è un bel lavoro multidisciplinare tra strutturisti e astrofisici con 40 citazioni. Ma vabbè, non gli sarà piaciuto…

    Lo 0.5 invece è proprio inquietante: un mio coautore ha dichiarato (per sbaglio) una delle tre pubblicazioni già dichiarate da me, e che aveva preso 1. La stessa pubblicazione (incidentalmente con IF 7.6, 42 citazioni, e una storia editoriale lusinghiera e più unica che rara) valutata “eccellente” e “limitata” nella stessa pagina. Schizofrenico, no ?

    • E’ possibile che la seconda valutazione della pubblicazione come “limitata” (0.5), per un co-autore, dipenda proprio dal fatto che la pubblicazione era già stata valutata per l’autore principale?

    • Attenzione, se c’è stato conflitto di co-autoraggio (i.e. due autori afferenti alla stessa struttura hanno presentato lo stesso prodotto), il valore viene dimezzato. Su come poi questo appaia nelle pagine di Loginmiur, potreste chiedere info ad AVNUR o CINECA, perché in teoria avreste dovuto vedere entrambi il punteggio 0,5 (anzi, stando al rapporto finale ANVUR: 0,25).
      E’ anche possibile che comunque il prodotto sia stato conteggiato come 0,5 a livello di dip.to/di struttura. Chiaro che è comunque importante avere dei dati coerenti sulle proprie pagine personali…

  2. Permettetemi comunque ancora una volta di ringraziare ROARS. Questa storia dello zero alla monografia l’ho presa maluccio (per fortuna so già di essere stata abilitata alla prima fascia altrimenti sarei anche preoccupatissima per quello).

    Grazie a ROARS e a tutti voi, mi sento invece semplicemente vittima di un sistema assurdo che si sapeva sin dall’inizio che non avrebbe potuto funzionare bene.

    Torno dietro la lavagna sui ceci! Ma in allegra compagnia!

    • Sì, sei in allegra compagnia: io nel 2005 ho pubblicato un libro (di 265 pagine) in inglese, che dopo un severo referaggio è stato pubblicato a Stanford da CSLI: un editore accreditato presso la Stanford University (pubblica, fra l’altro, la Stanford Encyclopedia of Phulosophy). Il libro ha ricevuto un certo numero di recensioni molto positive (un paio addirittura entusiastiche) su. Un autore inglese, considerato uno dei massimi esperti nel settore, ha scritto che tutti coloro che si interessano del tema del volume (i fondamenti della probabilità)dovrebbero leggerlo, e in alcune università americane è stato adottato nei corsi avanzati di filosofia della scienza. Ebbene: il referee della VQR lo ha valutato “sufficiente”….che dire? La cosa migliore mi pare sia “no comment”. Qualsiasi ipotesi sulle cause di questo giudizio quantomeno sorprendente sarebbero molto avvilenti – per il valutatore, s’intende. Ma la conclusione che se ne trae è davvero molto amara, per chiunque abbia a cuore il futuro dell’università italiana.

  3. Ho saputo che anche altri colleghi di scienze della terra che hanno presentato lavori per la vqr pubblicati sulle Special Publications of the Geological Society of London (che ribadisco essere ritenuta una sede prestigiosa e non la gazzetta di Sloane square) in tempi diversi, su argomenti diversi, hanno preso zero nella vqr. Strano…
    Mah!

  4. Penso che mi risolverò a chiedere al Tar del Lazio l’accesso agli atti della valutazione e il nome dei valutatori della mia VQR.
    Non che io sia insoddisfatto del generoso giudizio (non sto ironizzando) riservatomi dall’illustre Agenzia, che conta nel suo direttivo, nelle vesti di Vice-Presidente, anche la Professoressa Luisa Ribolzi, autrice dell’indimenticabile volume: Il manuale di Nonna Papera (Mondadori).
    Se farò questo passo sarà solo per chiedere all’Anvur di uniformarsi alle regole del nostro diritto amministrativo, secondo le quali una valutazione di un dipendente pubblico priva dei verbali di valutazione e del nome del valutatore deve considerarsi carta straccia.
    Se a qualcuno va bene, a 60 anni, dopo 30 anni di servizio, ricevere una pagellina fatta di buono, eccellente, accettabile, limitato, compilata non si-sa-bene-da-chi, mi dispiace ma io non sono tra quelli.

    • Ecco la prima versione dei dati biografici di Luisa Ribolzi (prima che Nonna Papera venisse espunta)

    • I 3 manuali delle giovani marmotte li ho tutti. Quello di nonna papera mi manca.

      Ha fatto male ad espungere. Per coerenza ANVUR doveva invece aggiungere il numero di copie vendute. Se sono sopra 10000 ha tutta la mia ammirazione (il mio libro piu’ venduto ha ventuto circa 600 copie).

    • Il punto non è Nonna papera in se. Una nonna, per definizione, dovrebbe essere in pensione a rendere serene le giornate di Qui, Quo e Qua, affogare Ciccio di torte ecc. ecc.
      E invece che ti combina nonna? Si becca un bel contratto, sottaendo denari al suo Ateneo che potevano essere spesi molto meglio per: Borsa dottorato, Assegno Ricerca, Ricercatore, borse collaborazione studenti. In più, siccome con la magra pensione di Ordinario proprio non ce lapuò fare si becca pure qualcosa (credo) nel valutare le opere altrui… In ottima compagnia peraltro. Ogni buon ordinario certico.cupolato che si rispetti mantiene onorari ed uffici a casa madre …
      Io cerco di non turpiloquire, ma non è per nulla facile …

    • Su come si spendono i soldi pubblici si puo’ disquisire per ore.

      Diversi anni fa ero borsista postdottorato in scadenza. Quelli del mio gruppo dicevano che il rinnovo non era sicuro per mancanza di fondi.

      Dopo pochi giorni vedo arrivare un nuovo mega computer per il gruppo, costato 60 mila euro circa.

      E’ un capitolo di spesa diverso, mi dissero.

      Da allora ho capito che in Italia i soldi ci sono: basta essere nel capitolo di spesa giusto…

    • @ Eugenio di Rienzo:

      http://www.urp.it/Sezione.jsp?idSezione=803

      Quindi gli atti si devono chiedere all’ANVUR. Possono dare una risposta negativa solo se i documenti sono coperti da divieto di divulgazione.
      Secondo l’art. 12 del decreto ministeriale del 15 luglio 2011 che disciplina la VQR, l’identità dei valutatori è coperta da anonimato, ma non le valutazioni.
      http://www.anvur.org/attachments/article/122/vqr_d.m._n._17_del_15_07_2011_firmato.pdf
      Nello stesso decreto ci sono tutti i parametri, compresa la spiegazione di 1, 0,8, 0,5 e 0.

  5. @Eugenio Di Rienzo I valutatori mascherati, direi incappucciati, sono uno scandalo culturale e giuridico. Ho reso pubblici su Roars (post del 20 sttembre a “VQR classifiche ed errori di misura”) i titoli sottoposti alla valutazione e la pagellina ricevuta. Molti colleghi hanno fatto lo stesso. Forse si potrebbe percorrere una strada più semplice dei ricorsi: chiedere che tutte le pagelline, siano accessibili a chi vuole. Per la ricerca, insisto, non può esserci privacy

    • In area fisica, matematica e altre, e’ una procedura consolidata che i giudici di un lavoro scientifico siano ANONIMI. E’ la prassi utilizzata da riviste quali la Americal Physical Society.

      Anche riviste quali Nature and Science seguono questa prassi.

      Tutti i miei articoli su rivista sono stati analizzati da dei giudici anonimi scelti dalla comitato scientifico della stessa rivista.

      Solo di un mio articolo, pubblicato su Journal of Structural Geology nel 2000, conosco uno dei referee, che volle palesarsi. Ma nelle riviste di fisica non e’ cosi.

    • Idem per Area Medica/Biologica/Bioinformatica/Biostatistica/Ecologica (quelle che so per esperienza). Il referaggio è ANONIMO. Poi capita d’incrociare qualcuno che si conosce (rarissimo nella mia esperienza) o di intuire chi possa essere in campi molto specialistici. Ma siamo all’anedottica. L’anonimato per il peer-review è essenziale. La privacy sulle valutazioni NO…

  6. Anche nelle riviste di storia (quelle di fascia A in Italia) i referee sono rigorosamente anonimi, e anche all’estero. Una rivista non italiana su cui ho pubblicato gestiva addirittura i referaggi su una piattaforma destinata a garantire l’anonimato.
    C’è però d’altra parte il fatto che molte di queste riviste a fine anno pubblicano tutti assieme i nomi dei revisori che hanno revisionato gli articoli, che quindi risultano in solido responsabili.

    • La sensibile differenza è che chi manda un articolo ad una rivista si sottopone volontariamente alle regole che essa stabilisce; altrimenti cambia rivista o pubblica sul giornalino della Parrocchia. Qui invece tutti noi di punto in bianco siamo stati sottoposti al giudizio di un’agenzia di nominati non si sa da chi.

      Non è una differenza piccola.

    • Ma chi sono i revisori dell’anvur e dei gev? Sono stati presi fra gli stessi che hanno sottoposto prodotti della ricerca alla vqr? Questo potrebbe nascondere un enorme conflitto di interessi.

    • @ THOR:
      Sì: I revisori dei GEV sono stati a loro volta valutati. Parola di revisore / valutato. Sinceramente pensavo che la cosa fosse di dominio pubblico.

    • @Gresbeck
      Sono anch’io iscritto fra i revisori e infatti quando non partecipo al bando FIRB/PRIN posso ricevere progetti da valutare (è successo e non c’è in questo caso conflitto di interessi).
      Stranamente per la vqr, dove ci sarebbe stato più bisogno di valutatori, non mi hanno coinvolto. Sarà per la prossima volta, mi piacerebbe dare un contributo.

  7. Ha ragione Sandy ovviamente. Il referaggio anonimo di riviste a cui tutti ci sottoponiamo non ha niente a che fare con la triste “macchina da guerra” dell’anvuriana VQR, che alla fine delle fini porterà soldini a certi Dipartimenti e a certe Università,mettendo in piedi classifiche a dir poco discutibili e prontamente diffuse a mezzo stampa di regime.

    • Se in certi settori umanistici e medici italiani ci sono guerre tra bande, non sarebbe meglio ELIMINARE completamente il ruolo dei giudici?

      Non e’ meglio definire un algoritmo bibliometrico e poi attenersi scrupolosamente ad esso?

    • In gran parte dei settori umanistici la copertura dei database è inadeguata e i risultati inutilizzabili.

    • LS:Non e’ meglio definire un algoritmo bibliometrico e poi attenersi scrupolosamente ad esso?
      In questo caso avremmo risparmiato un po’ di soldini. Non solo, ma la scelta dei tre lavori sarebbe stata automatica. Quanti hanno pensato di inviare buoni lavori e poi se li sono visti giudicare sommariamente (o somaramente…)?

    • Io ho definito un mio ALGORITMO BIBLIOMETRICO e poi ho scelto i prodotti in base ad esso.

      Evidentemente i miei giudici hanno seguito un algoritmo molto simile al mio.

      Il mio algoritmo e’ semplice:

      i) solo pubblicazioni indicizzate ISI WoK:

      ii) solo pubblicazioni con tantissime
      citazioni (tenendo conto dell’anno di pubblicazione, mai sotto 30);

      iii) solo lavori con pochi autori, possibilmente solo con 1 autore o 2 autori.

      iv) solo lavori in riviste con alto IMPACT FACTOR (mai sotto 2).

      v) nessun libro.

    • forse sono stata fraintesa: stavo commentando il commento di Luca Salasnich sui revisori delle riviste di fisica e di matematica.
      E pensavo si capisse che ritengo opportuno che la lista dei revisori sia pubblica.
      Per esempio, mi consta che le società scientifiche di Storia stanno chiedendo che sia resa pubblica la lista dei revisori di area 11.

  8. Quando ero dottorando, il prof con cui lavoravo mi disse, a proposito di un suo articolo:

    “E’ un lavoro fondamentale, pensa che mi hanno scritto in un centinaio per avere un reprint del lavoro. Ho nel cassetto le lettere con le richieste”.

    Era prima di Internet, di ISI WoK e di SCOPUS.

    Ora si puo’ scoprire se VERAMENTE quel lavoro scientifico
    pubblicato su rivista con referaggio era ed e’ di interesse (cioe’ CITATO) per altri lavori scientifici pubblicati su riviste con referaggio.

    Vi lascio immaginare cosa si scopre di quel articolo…

  9. è tutto da vedere se il principio dell’anonimato dei referees reggerebbe al vaglio giudiziale: esso è frutto della meccanica trasposizione nel campo amministrativistico di un principio del tutto legittimo in sede privatistica (vedi riviste), ma che contrasta con i principi fondamentali – costituzionali come legislativi ordinari – di necessaria responsabilità e trasparenza della azione amministrativa.

    Chi avesse voglia di: a. chiedere l’accesso ex art. 22 l. 241/1990 ai nomi dei propri referees, ad es. al fine di esercitare il diritto di azione giudiziale (questa è la motivazione sempre più forte per un’istanza di accesso); b. impugnare il diniego che certamente opporrebbe l’ANVUR, potrebbe facilmente mettere in crisi l’intero sistema, peralatro denso di lati oscuri (anche io sono iscritto all’albo revisori miur, eppure nesssuno mi ha contattato per questo esercizio di valutazione: perché? chi decide? con quali criteri?).

    Un sistema del genere, del resto, si presta ad esplosivi conflitti di interesse e contraddizioni giuridiche: ad es., come si garantisce il diritto di far valere una causa di ricusazione?

    Mi chiedo come al ministero posssano essere tanto giuridicamente incompetenti ad emanare discipline così strampalate….

  10. A proposito dei referee sarebbe meglio un atteggiamento pragmatico. Ogni valutazione ha per costruzione limiti e inconsistenze strutturali. Nel caso di cui stiamo discutendo, l’errore è, semplicemente, il voler rifare inutilmente una valutazione di cose gia` valutate, prima dai referees delle riviste, e poi dal “mercato” tramite le citazioni. Se si crede alla bibliometria (IF, h-index, etc.) come l’ANVUR (nominalmente), i numeri sono tutto quel che serve. Riconvocare i referee è sia uno spreco che una fonte di confusione e inconsistenze, dato che le ulteriori valutazioni possono differire dal risultato acquisito: qualcuno che si crede autorizzato a impugnare la matita rossa si trova sempre.

    Ad esempio, il lavoro che segnalavo esser stato valutato in modo inconsistente, ha IF e citazioni ampiamente di classe “1” (o A, o quel che è), e dal punto di vista dei dati è buono, punto. Inutile fare confusione consultando altri che possono avere opinioni fantasiose oppure ruggini con i valutati o altro. Solo nei casi dubbi (alto IF, basse o nulle citazioni, ad esempio) si dovrebbe ricorrere a ulteriori revisori, che si prendano la briga di leggere e valutare con onestà il merito.

    Se poi uno alla bibliometria non crede, si prenda la responsabilità di ri-valutare ab initio il tutto con un numero congruo di referee qualificati, in modo da fare emergere un consenso (come succede, o almeno dovrebbe) nelle valutazioni delle riviste. Cosa difficile, ovviamente, data la mole di materiale.

    Sarebbe anche bello evitare dietrologie inutili. Io per esempio ho, come tutti, presentato prodotti vqr, e ne ho anche valutati (nel panel di fisica coordinato da Parisi). Ho diritto allo stipendio come agente dei servizi deviati ? Sarebbe una soddisfazione per uno incapace costituzionalmente di lobbying e old-boy-networking come me.

    • ..che si prendano la briga di leggere e valutare con onestà il merito…
      Appunto, per dimostrarlo però si deve scrivere un referto e non un semplice numero.

    • Il caso alto IF, basse o nulle citazioni non è strano, basta che il lavoro sia di pregio, ma su un tema non mainstream.

      Più da osservare al microscopio, invece, un lavoro con basso IF o nullo e molte citazioni, che potrebbero essere frutto di scambi compiacenti. La ASN attuale, ad esempio ignora totalmente questa possibilità, di fatto incentivando enormemente il ricorso alla policy di scambio di citazioni. In uno dei primi documenti si diceva che in futuro una mediana sarebbe stata realizzata basandosi su IF. Aspettiamo fiduciosi.

    • “Il caso alto IF, basse o nulle citazioni non è strano, basta che il lavoro sia di pregio, ma su un tema non mainstream.”
      Concordo, infatti trovo inusuale mettere un voto senza un giudizio scritto da cui si possa capire se il revisore quel lavoro lo ha saputo leggere.

  11. Premetto che al tempo della somministrazione dei risultati all’ANVUR creai una serie di scripts (Perl) per simulare il calcolo bibliometrico, e quindi attribuire le famose A,B,C,D (diventate poi numeri 1,0.8,0.5,0). Ho fatto tali calcoli per diverse persone. Ora non ho letto tutti i commenti ma delle pubblicazioni che ho calcolato io allora non c’è stato alcuno scostamento strano: come lo calcolai io è poi risultato. Ovviamente ciò vale per i campi bibliometrici (degli altri non so alcunché). Ora riportare “sensazioni a pelle”, tipo “l’articolo è stato pubblicato sulla rivista X con alto IF e ha ottenuto Y citazioni” significa poco: il calcolo prendeva in considerazioni i parametri IF & Citaz dei papers entro Subject Categories JCR e anno. Quindi alto IF significa poco se poi è tra i più bassi della relativa SC, idem per le citaz. Una rivista con IF=3 in campo Fisica vale tantissimo, per un Cardiologo è robetta. Idem per le citaz. 42 citaz non sono poche né tante, dipende dall’anno in cui fu pubblicata (se fosse ad es 2005 42 non sono poi così tante) e dalla SC. Infine dal bando VQR risulta EVIDENTE (poi non so se realmente applicato) che SOLO nei casi con indici IF & Citaz INCONSISTENTI si sarebbe proceduto ad invio a ‘revisore’ (io stesso ne ho valutati diversi). Quindi un A,A sarebbe stato A=1 punto e basta.

    • beh, per la fisica PRL (if 7.6) è una rivista molto su, e 40 citazioni sono parecchie. ricordo che l’IF (2-8 per tipiche riviste di fisica) somiglia al nnumero di citazioni medio dopo due anni. estendendo a 8 anni di età del lavoro, assumendo che sia un long seller, avrsti qualcosa come 30. ovvio, in certe aree biomediche è diverso.

      il criterio if / citazioni inconsistenti= referaggio non è stato applicato sempre, esperienza personale.

  12. Vista l’arroganza dell’Anvur sarebbe utile che Roars pubblicasse un semplice “manualetto” di istruzioni per facilitare il lavoro di chi, a buon diritto, vuole richiedere l’accesso agli atti: come fare per ottenere i nomi dei commissari e le valutazioni dettagliate di ogni singola pubblicazione (ammesso che esistano). Poi inondiamo di raccomandate la pretenziosa Agenzia e vediamo come se la cavano.

    • Caro Tonello,
      sono alla seconda mail all’ANVUR. Faccio notare che, almeno dalla mia personale pagina Cineca Docenti, è scomparsa, grazie ad una rivoluzionaria tecnologia anvuriana che noi umani non possediamo, la possibilità di inviare e-mail di commento e/o di richieste di chiarimenti.

      Penso che il debito pubblico italiano potrà essere risanato dalle accise sulle raccomandate…

      cari saluti a tutti….

      P.S. una risata li seppellirà…

  13. Carissimi, non sono un leguleio, ma vorrei semplicemente ricordare che la vqr interessa le strutture (università, Istituti di ricerca, CNR, etc) e non i singoli ricercatori. Per tali motivi l’accesso agli atti può essere riconosciuto ai rappresentanti legali degli Istituti e delle Università e non ai singoli ricercatori di cui è stato valutato il prodotto. Questo per evitare spese inutili (raccomandate, avvocati amministrativisti, etc.) e per riportare il dibattito nei limiti giusti e razionali.

  14. @Nicola Ferrara: capisco l’obiezione (che certo ANVUR non mancherà di sollevare), ma così si confonde tra legittimazione al ricorso, ed invece legittimazione all’accesso. Il ricercatore sarà pure titolare di un diritto ad essere riconosciuto nella propria effettiva capacità scientifca; ebbene, questo diritto – se si può dubitare che consenta un ricorso diretto contro la valutazione dell’anonimo pubblico ufficiale di ANVUR – mi pare ben legittimi almeno all’accesso agli atti (compreso il nome del valutatore), al fine di tutelare, anche in sede giudiziale (ad esempio, per estremizzare, in sede di denuncia per abuso di ufficio contro il valutatore che abbia agito per inimicizia), la propria aspettativa ad esssere riconosciuto nel proprio esatto valore scientifico. Del resto, basta leggere l’art. 22 l. 241/1990 (“Al fine di assicurare la trasparenza dell’attivita amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale e’
    riconosciuto a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti il diritto di accesso ai documenti amministrativi, secondo le modalita’ stabilite dalla presente legge”) per capire come la legittimazione all’accesso sia ben più ampia di quella al ricorso.

    • Io ho scritto una mail all’ANVUR chiedendo come accedere agli atti (ho preso zero anch’io in maniera veramente inspiegabile). Non mi hanno risposto. Se non mi rispondono, farò una raccomandata.
      So che in area non bibliometrica ogni lavoro è stato valutato da due valutatori che almeno in teoria erano ignari l’uno dell’altro ed appartenevano a atenei diversi fra loro e diversi da quello del valutato, individuati attraverso le parole chiave.

    • @indrani, @Sandy;a tutti gli zeri del mondo…
      … dimenticavo: ad Alberto Baccini

      Carissimi, devo in primo luogo scusarmi con la redazione di ROARS perché ho perso una magnifica occasione per tacere (e, quindi, niente scrinsciot)visto e considerato che, nella concitazione del momento, non mi ero compreso con il mio coautore di altro ateneo. Un BELLO ZERO anche lui per lo stesso lavoro e non 0.8 come da me dichiarato. Ergo, il punteggio assegnato ad un certo lavoro (perlomeno il nostro), per quanto strano possa sembrare, sembra essere internamente coerente.
      Ora la domanda che, mi pare, molti si pongono è: come hanno fatto gli anvuriani a fare i conti? Ciò che sembra ovvio, ovvero ricevere un UNO (sono il più fico di tutti e i miei lavori non possono prendere meno), già lo è meno quando ti becchi uno 0.8. Il “non gli sarà piaciuto” è inammissibile. Nel senso che il criterio di valutazione ò è quantitativo o è qualitativo. Come dite? non ho capito niente? sai che novità…
      Grazie alla cortesia di una collega, che mi ha incrociato su queste pagine, e che desidero ringraziare anche pubblicamente, ho capito alcune cose di cui, in precedenza, nemmeno avevo realizzato l’esistenza. La prima cosa è che esiste un quadrato magico attraverso il quale gli anvuriani fanno i conti: percentili, quartili, correzioni per la costante universale di planck, numero di citazioni desunta da un qualche database (non è dato sapere quale, possiamo solo fare congetture) e, alla fine, esce fuori il voto.
      La seconda cosa è: la collega, che sa usare il quadrato magico, si è presa la briga di rifare i conti per me: ne è uscito un bello 0.5 che è sempre meglio di 0 (almeno per l’onore). Il punto è che, sembrerebbe, che questo bel punteggio dipende anche fortemente dal blocco di riviste in cui è inserita la tua. Nel mio caso neuroscienze. E siccome, in quel blocco, il Journal of Neuroscience Methods, se la batte con giornali che hanno IF stratosferici, eccolo li, il gioco è fatto… frega nulla che, all’epoca, i commenti dei referees e ddell’editor erano entusiastici… siccome li conservo da qualche parte, che dite, li spedisco all’anvur? Non saprei come fare però, perché, come già vi ho segnalato in precedenza, è sparita la casella di posta dal sito cineca docente… almeno dal mio… che bizzarra coincidenza…
      terzo punto: qualcuno di noi, effettivamente, parla l’anvuriano… perché non siamo stati dotati tutti di un manualetto interpretativo del gergo? Almeno, forse, avremmo fatto diversamente i conti per VQR e ASN….
      AAHHHH, ho capito: troppo facile, non c’è mica gusto così…
      Saluti a tutti

    • Peccato. Il caso, se si trattava di errore, era molto interessante. Così siamo invece nell’ordinaria amministrazione. Aggiustamenti da quadrati magici! Di cui non conosceremo mai particolari. Siccome tutti ci credono, forse possiamo solo rassegnarci.

    • Alberto, a mio malevolo modo di vedere credo che il termine più corretto, per qualificare l’accademia, non sia rassegnazione ma utilitarismo.
      Intendo dire che l’accademia italiana, come forse quasi tutto il nostro tessuto sociale, è permeato dall’idea del proprio tornaconto immediato.
      Si spara ad alzo zero, a chiacchiere, ma non si fa mai nulla di concreto. Non è questo il modo, secondo me di non essere rassegnati: certamente, però, anche un bello sciopero ad oltranza,per esempio, avrebbe un costo che pagherebbero gli scioperanti. Siamo disposti a pagare di persona nell’interesse sovrano della cultura e della democrazia? Siamo disposti a rinunciare a qualcosa, nell’immediato, per raccogliere frutti migliori e più abbondanti più in la nel tempo? Io credo di stare preparando, nell’inazione, un futuro terribile per i miei – nostri – figli.
      Ecco, sulla possibilità che in Italia, oggi, si possa intraprendere una qualche azione sensata e guidata dalla logica e dalla cultura per attuare una revisione della coscienza comune, sono piuttosto disilluso, ma non rassegnato. Il fatto che un sito come ROARS, e non solo, sia vivo e vitale mi fa ancora sperare.

    • Credo che nella maggior parte dei casi di revisione (soprattutto ad opera di italiani e nei settori biblio) abbia contato il numero di citazioni sul giudizio finale. Poi bisognerebbe chiedersi se ci sono state vendette per giudizzi su FIRB e PRIN passati. Il problema è comunque dei dipartimenti e non dei singoli. Alla prossima VQR (se ci sarà) sarà bene che i dipartimenti agiscano al loro interno con qualche citazione di cortesia.

    • pardon.. giudizi..
      Tornando sull’argomento, ritengo che con questo tipo di valutazioni fatte tutte dentro il proprio ssd si rischia l’effetto contrario a quello voluto, diciamo un certo provincialismo.

  15. E’ area non bibliometrica, ma siccome mi mette in sospetto che due articoli simili e pubblicati su stessa rivista ricevano tale disparità di trattamento, vorrei anch’io mandare la raccomandata. A chi si potrebbe indirizzare?
    Grazie

  16. @ Alberto Baccini. Neanche io mi rassegno. Almeno nei settori non bibliometrici non mi riesce di credere alla favola dei valutatori anonimi che giudicano in totale autonomia. I GEV, come minimo, hanno “modulato” i giudizi secondo criteri mafiosi e politici. Con risultati diversi: così, per il poco che so, in area 14 i voti sono stati particolarmente severi (anche per ordinari da non buttar via) e molto, molto indulgenti in alcuni settori dell’area 11. Perché? Volendo, c’è una spiegazione per tutto. Ma il gossip accademico dovrebbe avere poco a che fare con la valutazione della ricerca. E’ la macchina che non funziona, a cominciare dai conflitti d’interesse.

    • @marielladimaio in effetti nei settori non bibliometrici si è riprodotta la peer review all’italiana che abbiao visto all’opera nei prin negli anni scorsi. E non c’era da dubitarne molto, vista l’intesa cordiale tra società scientifiche e anvur. Nei bibliometrici si è prodotta la bibliometria dei quadrati magici -e quando si è apssati per peer review chissà cosa è successo. Il sistema per rendere tutto opaco ed incomparabile tra aree e credo tra settori all’interno della stessa area. Assenza di una agenzia indipendente, assenza di una comunità scientifica rappresentata in sede di valutazione, inadeguatezza tecnica di chi ha disegnato e coordinato la VQR. Ecco il disastro. che ci è costato non poco…

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