Una nuova specie d’intellettuali-scienziati è apparsa da qualche tempo a questa parte sui maggiori mezzi d’informazione, siano essi quotidiani, trasmissioni televisive o siti di “approfondimento”. E’ onnisciente perché la nuova specie d’intellettuali-scienziati è fatta da economisti che, magari dall’alto della loro cattedra made in Usa, discetta su qualsiasi campo dello scibile umano, dalla finanza alla politica, dalla moralizzazione della vita pubblica (con tanto di controllo dell’attività delle mogli dei ministri) all’organizzazione della ricerca scientifica e universitaria. In questi ultimi tempi è difficile non aver notato l’attivismo di Luigi Zingales che, oltre a presentarsi come un intellettuale-scienziato, ha vari altri ruoli: è consigliere di Matteo Renzi ed è uno degli animatori del nuovo movimento politico di Oscar Giannino, formato, guarda caso, da parecchi economisti e che ha, guarda sempre il caso, parecchi punti in comune con quello di Renzi.

Ma questa nuova (?) “rivoluzione liberale” da quali basi parte? Vediamo ad esempio, quali sono i tre punti, secondo Luigi Zingales, per cui l’epocale riforma Gelmini, che avrebbe finalmente introdotto il merito nell’università,  è “di gran lunga la migliore riforma fatta dal governo Berlusconi”. “Il primo riguarda l’introduzione di un sistema di “up or out” per i ricercatori: o vengono promossi entro un certo numero di anni o vengono licenziati.”  A due anni dall’introduzione della riforma Gelmini ci sono solo i ricercatori licenziati: gli altri in pratica non sono stati mai assunti dalle università. Pazienza se c’è qualcosa che non ha funzionato, e pazienza se a farne le spese sono un paio di generazioni di giovani ricercatori: cose che capitano.

Il secondo passo rivoluzionario della riforma Gelmini consiste nell’introduzione di una differenziazione di stipendio basato sul merito e non sull’anzianità.”. E chi non sarebbe d’accordo a premiare il merito e non l’anzianità? Purtroppo nella riforma Gelmini questo è assente e più che un passo rivoluzionario questa è propaganda di regime: stessi slogan preconfezionati usati dalla Gelmini. “Il terzo passo avanti effettuato dalla riforma è proprio sulla governance. Innanzitutto, si impone un limite al mandato dei rettori, forzando un salutare ricambio”. Questa supposta innovativa e draconiana misura è del tutto inventata in quanto il limite del mandato già era presente negli statuti delle università. Inoltre, non solo i rettori sono stati i principali supporters della Legge Gelmini, ma, guarda caso, stanno ancora tutti al proprio posto. Si sa però che l’università è sempre stata una materia ostica, soprattutto per chi la vede da fuori. Passiamo ad un argomento più semplice.

Siamo nel 2003 all’inizio del secondo governo Berlusconi e il Prof. Zingales si cimenta in una dotta dissertazione su “Potere economico e potere mediatico”. Il concetto espresso fa venire in mente Johnny Stecchino quando apprende che a Palermo c’è un grande problema: il traffico! Forte di una poderosa serie di dati statistici, il prof. Zingales rileva che i media in Italia sono anomali perché le proprietà dei gruppi industriali raggiungono il 100% della stampa, e perché lo Stato possiede il 50% dei canali Tv contro la media del 38% in altri paesi: ed ecco far capolino lo Stato corrotto e parassita. Forse ci si dimentica il piccolo dettaglio che in Italia un solo gruppo possiede il restante 50% della Tv e buona parte dei giornali ed esprime anche il capo del governo. Ma in confronto alla vittoria del mercato sullo Stato (corrotto e parassita) cose volete che importi chi sia il privato proprietario della televisione? D’altronde ci sarebbero da considerare dettagli ben più rilevanti per uno che sta al fianco di Oscar Giannino, editorialista di Panorama, altro settimanale in mano di chissà quali privati, che, come se niente fosse, dichiara oggidiciotto anni di centro destra hanno un bilancio eticamente disastroso e politicamente impresentabile…”.

Si dirà che l’università e i media italiani sono dei problemi troppo complicati per un accademico americano, che vive in un paese in cui tutto è più semplice, c’è il bianco e c’è il nero e magari (ogni tanto e senza esagerare) anche delle regole. Allora, diamo un’occhiata all’articolo scientifico più citato del prof. Zingales il cui inizio recita: “…gli autori si chiedono se i settori industriali che hanno relativamente più bisogno di finanza esterna si sviluppano molto più velocemente in paesi con mercati finanziari più sviluppati. Trovano che sia così in un grande campione di paesi durante tutti gli anni ottanta…” Il che è come dire “gli autori si chiedono se le automobili che hanno bisogno di benzina si sviluppano molto più velocemente in paesi con pompe di benzina. Trovano che sia così in un grande campione di paesi durante tutti gli anni ottanta”. Questa è la “scienza” che ha dato supporto alla finanziarizzazione dell’economia, il cui effetto più strepitoso, la crisi economica attuale, non è stata certo prevista da cotanti scienziati.  Questo articolo ha ricevuto migliaia di citazioni e i più maliziosi potrebbero anche concludere che ci sia un problema sociologico non banale con la carriera accademica in economia.

Come aveva notato Enzo Marzo, direttore della rivista (ovviamente sovversivia) Critica Liberale, “Tuttavia un merito ce l’ha Berlusconi: è stata la cartina di tornasole per far emergere quanto fosse illiberale la cultura “liberale” ufficiale. Quelli che noi abbiamo definito i “liberaloidi” hanno mostrato di essere del tutto estranei alla cultura liberale europea e americana. Reduci di un moderatismo opportunista e senza valori, infatuati di un liberismo anarchico e asociale, hanno fatto finta di credere che un cialtrone monopolista –  che chiunque avrebbe potuto riconoscere a occhi chiusi come tale – non fosse nientepopodimeno che il messia di una rivoluzione liberale o di un liberalismo di massa. E cosi gli hanno offerto fino all’ultimo coperture ideologiche e  ministri, hanno demonizzato gli avversari e hanno sostenuto senza arrossire la leggenda di un mitico programma liberale berlusconiano che il destino cinico e baro, e forse il comunismo internazionale, per due decenni gli ha impedito di realizzare. Sono queste colpe storiche che affossano e delegittimano il “liberaloidismo” per sempre.

Tuttavia, invece di essere stati affossati, i “liberaloidi” vivono e lottano con noi, occupando tutto lo spazio mediatico e politico, con in più la beffa del penoso spettacolo dell’arretrata “sinistra” italiana che corre dietro a un “innovatore” che nei mitici Usa è il riferimento del conservatore Romney ed è incensato dall’estrema destra di Sarah Palin. Ma, infatti, non siamo il paese del Gattopardo?

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62 Commenti

  1. Sono contento che cominci a circolare l’idea che una parte consistente dei cosiddetti lavori scientifici pubblicati in area economica non valgono la carta su cui sono scritti (il fatto che poi gli autori siano stimati pensatori che influenzano mercati e governi spiega molto su come siamo arrivati allo stato di cose attuale).
    Non molto tempo fa mi era capitato per le mani un articolo pubblicato a tre nomi, economisti illustri fra i quali un premio nobel. Ho cancellato dalla mia memoria quei nomi e il titolo del lavoro ma ricordo le imprecisioni, le assunzioni non giustificate e i non sequitur, tali da lasciare qualunque scienziato “vero” a bocca aperta.
    Gli autori, a partire da un banale esperimento di simulazione al computer, volevano giustificare la superiorità di un modello economico su altri, già a dirlo così sembra stupido, ma a leggerlo era pure peggio.
    L’economia, come scienza sociale, ha già di per sé grossi limiti, ma qui stiamo arrivando alla barzelletta. In effetti non stupisce se gli stessi economisti vorrebbero fare piazza pulita dei propri colleghi nell’accademia.

  2. Anche l’autore del post non è male quanto a onniscenza. In particolare, oltre che fisico, è un esperto di sociologia dell’accademia, e di teoria economica. Tuttavia, (senza aver letto più dell’abstract dell’articolo scientifico più citato di Zingales, e tantomeno dunque condividerne i contenuti) gli si potrebbe obiettare che le pompe di benzina si possono usare (in prima approssimazione) solo per riempire il serbatoio delle automobili, ed in loro assenza le automobili difficilmente si potrebbero utilizzare. Inoltre, nessuno ha mai accusato le pompe di benzina di causare la pomperizzazione dell’economia, e quindi le crisi economiche. Le imprese (i settori industriali) invece possono (almeno in teoria) svilupparsi anche senza avere a disposizione strumenti finanziari sofisticati, i quali potrebbero anche ragionevolmente essere una delle cause dell’attuale crisi economica. Ecco dunque che, secondo me, ci potrebbe ben essere un senso comune nell’indagine cui allude l’abstract di cui sopra, per riconoscere il quale non sembra necessario condividere il credo liberaloide attribuito a Zingales (ma forse occorre deporre preventivamente un po’ di prosopopea da tuttologo).

    • Quanto scritto in quell’articolo sembra una tautologia: diverso e più interessante (o perlomeno sorprendente) sarebbe stato, per rimanere nella metafora, se si fosse trovato che le pompe di benzina danno impulso allo sviluppo di biciclette o dei calessi. Comunque non sono esperto nè di economia nè di sociologia dell’accademia quanto piuttosto di statistica e, un minimo, di valutazione. Per quanto riguarda la prima va detto che ogni campo ha i suoi standards e che però ogni tanto si raggiunge il limite del buon senso (i fit sono fit anche se riguardano l’economia). Per quanto riguarda la seconda, sicuramente come spiega Gillies per capire la valutazione va capita la sociologia (e magari anche un po’ di psicologia): d’altronde ci dovrà pure essere un motivo per spiegare il paradosso del RAE/2008 “… in the 2008 RAE, economics turned out to be the research area which was accorded the highest valuation of any subject in the UK, even though economists were then under attack for failing to predict the global financial crash which had occurred a few months earlier. One aim of the paper is to explain this economics anomaly in research assessment. ” O no? Infine mi diletto in così alte letture dopo aver studiato un bel po’ di articoli di commento e di analisi dell’università e della ricerca italiane, cosa che posso dichiarare di conoscere senza essere onniscente. E visto il livello di manipolazione dei dati e luoghi comuni e slogan vuoti che ho trovato in questi scritti, mi è venuto naturale chiedermi che razza di “scienziati” sono questi: probabilmente era una domanda retorica.

    • Caro Sylos Labini, a proposito delle domande retoriche: chi (anche se lo volesse) potrebbe difendere l’economia contro la statistica? Tuttavia l’utilizzo di argomentazioni di “fitness” non dispensa dalla considerazione dei nessi di causazione. I problemi degli economisti accademici italiani (scarsa presenza nei repertori internazionali, scarsissima prestazione citazionale) non sono in generale condivisi da quelli che lavorano per la Regina d’Inghilterra. E l’attuale crisi economica, esplosa nel 2007, sembra difficilmente utilizzabile per corroborare le tesi di Gillies che si rifiscono ad un esercizio di valutazione conclusosi nel 2008 (RAE2008). Ma la pianto qui, non conoscendo abbastanza i metodi di valutazione (e tantomeno la psicologia). Grazie dell’attenzione.

    • sono un economista, riporto un episodio raccontatomi da Frank Hahn, non nobel ma sicuramente fra i più influenti economisti mainstream del novecento. chiamato dal governo inglese a far parte di un panel per la discussione di alcune misure di riordino del finanziamento della ricerca, si chiede cosa ci sta a fare quando vede l’altissima qualità dei colleghi di altre discipline chiamati nel panel, lui che non si è mai occupato dell’argomento. scopre poi che senza il suo contributo il panel non sarebbe riuscito a produrre qualcosa di coerente da far approvare al governo: “it was very easy because nobody had a framework in which to think”. con sua grande sorpresa viene richiamato più volte a svolgere lo stesso ruolo.
      se vuoi usare l’economia come il vero scienziato DR pensa gli economisti facciano (e come gente come Zingales tende a fare) ovviamente rischi di deragliare (e di far deragliare chi ti acolta). ma altrimenti è uno strumento di comprensione della realtà estremamente potente, offre un punto di vista che ogni policy-maker dovrebbe tenere in considerazione in mezzo ad altri. è un peccato che SL abbia fatto di tutta erba un fascio nel suo post.
      ps: capisco che anche roars voglia crescere, ma vediamo di non imitare gli economisti di NfA …

    • Non capisco il senso del commento. Quale sarebbe l’erba di cui ho fatto un fascio? La mia e’ una critica ben precisa e penso motivata ma comunque con un obiettivo facilmente identificabile. O forse a Palermo il problema e’ il traffico?

    • @carlo
      sono in difficoltà di fronte alle tue argomentazioni.
      Gli economisti, in quanto dotati di un “framework in which to think” (e “common sense” non ce lo vogliamo aggiungere?) sono autorizzati a condurre esperimenti scientifici fatti male dai quali ricavare conclusioni non realmente suffragate dai fatti?
      Ma forse è un problema solo mio, la cosa vista nel contesto del debito framework mentale ha sicuramente senso…
      Se avessi più tempo mi piacerebbe aprire un reale dibattito scientifico sull’articolo in qestione.

  3. @ carlo

    beh, sì, ma non credo che Sylos-Labini volesse dire che studiare economia è inutile… Quanto meno io non ho colto questo messaggio.

    Quanto invece al fatto che un buon numero di economisti mainstream, forti dell’affinità tra il senso comune dell’italiano medio ed alcune generiche tesi liberiste si impanchi nel ruolo di antropologo e filosofo della storia, questa è una sgradevole verità, gravida di conseguenze culturalmente nocive.
    L’economia, come ogni scienza, ama la semplificazione perché ciò rende manipolabili le relazioni reali di cui si occupa. Il problema, ben noto, è che mentre le semplificazioni operative di altre scienze si esercitano su oggetti inerti, quelle dell’economia si esercitano su soggetti viventi, cui spesso le astrazioni in questione stanno strette (si pensi come archetipo allo scambio di battute, quantomai attuale, per cui “A lungo termine i mercati ritrovano sempre l’equilibrio.” – “A lungo termine saremo tutti morti”).

    • diciamo che ho letto questa frase troppo maliziosamente
      “Questa è la “scienza” che ha dato supporto alla finanziarizzazione dell’economia, il cui effetto più strepitoso, la crisi economica attuale, non è stata certo prevista da cotanti scienziati. Questo articolo ha ricevuto migliaia di citazioni e i più maliziosi potrebbero anche concludere che ci sia un problema sociologico non banale con la carriera accademica in economia”
      cordialmente, Carlo Zappia

    • A mio parere c’e’ problema non banale con le previsioni in economia (partendo dal fatto che in fisica ad esempio una teoria che non prevede “giusto” e’ una teoria da buttare). La gran parte degli economisti non ha saputo prevedere la piu’ grande crisi economica dell’ ultimo secolo e questo a mio avviso dovrebbe segnalare un problema fondamentale di un certo approcccio alla disciplina. Pero’ so bene che un’altra parte, minoritaria, ha previsto, nel senso di aver identificato per tempo le cause strutturali, che il sistema economico, principalmente US, si trovava in una situazione di critica instabilita’.

      Per chi fosse interessato stiamo organizzando un convegno sul concetto di previsione e su come questo e’ declinato nei diversi campi (inclusa economia) http://denali.phys.uniroma1.it/~prevederefuturo/.
      A questo link http://denali.phys.uniroma1.it/~prevederefuturo/index.php?show=letture ci sono un po’ di approfondimenti

    • Una vecchia battuta (un po’ logora) dice che prevedere è difficile, soprattutto il futuro. Il convegno sembra interessante: però è forse utile sottolineare che una bella parte degli economisti non si preoccupa di prevedere le crisi perché professionalmente impegnata in altri aspetti del funzionamento delle economie (magari meno rilevanti). Ma neppure tutti i fisici saranno responsabili della scoperta dei neutrini che viaggiano più veloci della luce, o no?
      Fuori dalle battute, anche studiare (prevedere) le conseguenze dell’adozione di certi meccanismi istituzionali (tipo la creazione di una agenzia di valutazione della ricerca) sembra avere una certa rilevanza scientifica (anche se non se ne occupano solo gli economisti, e magari loro non se ne occupano bene).

    • completamente d’accordo, la mia e’ una critica (reiterata tra l’altro http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08/16/navigando-nella-follia-dei-mercati-finanziari/326528/) a chi si dimentica di fare i test sulle assunzioni fondamentali della teoria economica ….
      la teoria dovrebbe essere sottopposta a test emperici, e soprattutto gli assunti di questa. L’osservazione (sbagliata) dei neutrini superluminari e’ interessante a questo riguardo: infatti andava contro la teoria dominante (relativita’) e se fosse stata confermata l’avrebbe messa in crisi, aprendo le porte a varie altre teoria che, partendo da assunzioni diverse, avrebbero potuto spiegare il fenomeno. Poi pero’ l’osservazione si e’ rilevata sbagliata le assunzioni della relativita’ ristretta in accordo con i dati finora raccolti e le teorie superliminal posso essere dimenticate. E’ mai successo una cosa del genere in economia? Questo e’ il problema …

    • Un problema è che falsificare una teoria nelle scienze sociali è relativamente difficile (non solo perché, per parafrasare Keynes, non sono molti quelli disposti a cambiare idea dopo i 20 o 30 anni). Oso sperare che i modelli che si svilupperanno in macroeconomia in futuro daranno uno spazio maggiore agli aspetti finanziari e non prenderanno per scontate fluttuazioni dei valori dei titoli così limitate come quelle utilizzate in finanza negli ultimi anni. Aspettarsi che le assunzioni di agenti rappresentativi ottimizzanti su un orizzonte infinito siano immediatamente abbandonate è al di là di quanto appare realistico. Tuttavia l’approccio “comportamentalista” che sembra svilupparsi vigorosamente (e che peraltro non conosco: sono troppo vecchio) sembra essere in linea con l’idea di sostituire assunzioni empiricamente molto dubbie.

    • si’ e’ vero l’approccio comportamentalista e’ piu’ sensato che idolatrare l’equilibrio dei mercati e le fluttuazioni gaussiane (che in finanza non si sono mai viste come neppure e’ chiaro cosa voglia dire “equilibrio”….). pero’ c’e’ sempre un problema macro-economico che trascende l’aspetto tecnico e che riguarda la visione politica e sociale che e’ sottointesa da certe assunzioni ….

  4. il problema non è questo. Noi dobbiamo parlare di mediane e di RTD AD PERSONAM

    quindi ripropongo con copia-incolla un mio intervento sul post di ieri, sperando di innescare una discussione utile:

    RTD: i bandi attulamente per 3A e 3B sono ad personam, AD PERSONAM, con la commissione nominata dal rettore su suggerimento del prof. interno che ha chiamato il concorso, con dei criteri ad personam (tra un pò scriveranno “bando riservato a chi è alto tra 1,80 e 1,84 m.).

    A giugno era pronto il “DECRETO MERITO PROFUMO”, ma è stato tolto la notte prima del CDM, e questo conteneva una graduatoria di ateneo per RTD per macroaree…..non se ne è saputo più nulla (tanto per capirci lo stesso decreto bloccava l’ablitazione nazionale di adesso).

    Vogliamo di questo, per favore, s è stato giusto o sbagliato toglierlo, cari fequentatori del sito (comunque molto prezioso!)

    Vi stanno bene questi RTD AD personam?
    Esprimetevi, date un contributo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

    Caro ROARS, promuoviamo la graduatoria per Ateneo o nazionale RTD che metta fine ai bandi ad personam attuali!

    altrimenti uno rischia di essere fuori dall’abilitaizioni (per discrezionalità commissione nemica alla scuola di appartenenza) e fuori dagli RTD pur avendo un curriculum superiore a quello richiesto per RTD AD PERSONAM.
    Sei d’accordo Roars?
    grazie,
    Anto

    • I bandi ad personam sono illegali e per questo c’è il magistrato. Al contrario, alcune definizioni molto generali delle qualifiche richieste sono legali e, in linea di principio, anche opportune. Se di tali definizioni si abusa rendendole specifiche, rientriamo nel primo caso. Non vedo che ci sia molto altro da dire, ma forse sbaglio.

  5. @Andrea Zhok:

    grazie per il contributo, almeno se ne inizia a parlare.
    Il ricorso può essere fatto per i requisiti ad personam e hai pienamente ragione.

    La commissione totalmente interna non può essere oggetto di contestazione al TAR, perchè è prevista dalla legge.

    Soluzioni

    1)Decreto ministeriale (che può essere fatto in 10 minuti) nel quale si dice che la commissione è esterna e sorteggiata. Lo fece in parte la Gelmini nell’autunno 2008, e partirono i concorsi con il sorteggio di un membro, il tutto con un DM.

    2)Graduatoria per ateneo o abilitazione nazionale ricercatori, con mediane o con requisiti minimi es: mimino una monografia ecc….ma questo è solo un esempio.
    Anche questo si può fare con un DM, perchè non c’è bisogno di cambiare la legge gelmini (che richiederebbe un procedimento parlamentare ordinario e troppo lungo e impossibile).

    Queste sono le mie soluzioni, e le vostre?
    Grazie per il contributo!

  6. Il top degli articoli di Zingales :-) per me rimane questo: http://www.nytimes.com/2012/06/14/opinion/the-college-graduate-as-collateral.html?_r=0 un vero capolavoro: propone di modificare il sistema anglosassone dei debiti per pagare le universita’, con il pagamento di una percentuale fissa del stipendio non fino a esaurimento debito, ma *per tutta la vita*. Z. sente la necessita’ di spiegare “This is not a modern form of indentured servitude”, ma questo non e’ vero: la convenzione ONU contro la schiavitu’ nell’elenco delle diverse forme di schiavitu’ mette anche il caso un cui un pagamento venga effettuato non fino a esaurimento del debito ma per tutta la vita. Quindi ne’ gli USA ne’ l’Italia possono applicare la proposta di Zingales, in quanto stati firmatari della convenzione ONU contro la schiavitu’; e’ impressionante che Z. non si sia reso conto che vendere una parte di se’ e del proprio futuro con un “equity contract” e’ *illeggittimo* nei paesi che rispettano uno standard minimo di civilta’.

    • Magari se ne rende conto e non vede il problema. In fondo, potrebbe replicare, cosa c’è di male in una policy che probabilmente soddisfa le preferenze di un largo numero di persone (quelli che vogliono laurearsi e quelli che non vogliono dare un contributo alle lauree altrui attraverso le tasse)? Francesco Sylos Labini ha ragione quando dice che spesso ci sono premesse non esaminate nel ragionamento di alcuni degli economisti. Ma non si tratta solo – come dice Francesco – di premesse empiriche. L’economia ha anche premesse normative di cui si dovrebbe tener conto nel discutere le proposte di policy.

  7. No, guardate che qui c’è proprio un’incomprensione di fondo. Gente come Zingales, e ce ne sono tanti, non è che non si rendano conto che alcune forme di scambio implichino di fatto la schiavitù; il punto è che nell’ottica della libertà di contratto ritengono che vietare la vendita di sé o dei propri organi sia semplicemente una limitazione alla razionalità economica. Dopo tutto, direbbero, se qualcuno ritiene di vendere se stesso per ciò che lui ritiene essere un’adeguata contropartita, perché mai lo stato dovrebbe impicciarsi di una libera transazione tra privati consenzienti? Temo che chi non conosca quell’ambiente culturale non riesca chiaramente a figurarsi quale sia il livello di serena abiezione cui si riesce a giungere nel nome di un’idea astratta di razionalità economica.

    • Quella di Zhok è una caricatura della nozione di libertà di contratto. Io dedico ogni anno 2 ore di lezione a spiegare ai miei studenti perché molti economisti standard (sinceramente non credo che Zingales si occupi di questi temi) ritengono che la vendita degli organi, dei figli, ma finanche un accordo transattivo tra due persone che stanno divorziando con figli minori, NON sia auspicabile. E lo faccio usando gli strumenti standard della teoria microeconomica standard. Citando economisti standard. Spesso questi esempi sono nei manuali di microeconomia undergraduate, nel capitolo dedicato alle esternalità.

    • E’ una caricatura nel senso che rischia di scambiare il metodo dell’economia con quello che talora fanno alcuni economisti …
      Sono temi complessi, e sarebbe meglio non lasciare nel vago i riferimenti a premesse normative e assunzioni imprecisate.
      Il mio riferimento preferito su questi temi è Kaushik Basu, 1999. “Child Labor: Cause, Consequence, and Cure, with Remarks on International Labor Standards,” Journal of Economic Literature, American Economic Association, vol. 37(3), pages 1083-1119, September.

    • @ Paolo Bertoletti

      Capisco la suscettibilità per il sentirsi coinvolto in quanto economista in modelli di pensiero economico che magari si sono sempre osteggiati. Ovviamente, come in ogni scienza, anche in economia esistono molte posizioni diverse, ed esistono posizioni magari semplicistiche e di successo mediatico, ed altre più raffinate e per addetti ai valori. Tuttavia credo che non sia corretto dare l’impressione che la linea di pensiero che, approssimativamente, discende da Hayek e Friedman sia oggi una minoranza accidentale e scarsamente influente. Ebbene, per quella linea di pensiero la ‘caricatura’ di cui sopra è solo un’estremizzazione, tutt’altro che assurda, eventualmente criticabile solo in termini di discutibile efficienza.

    • Caro Andrea, ha ragione Paolo Bertoletti: nn si può scambiare il metodo dell’economia con quello che fanno alcuni economisti. Prendi proprio il caso forse più eclatante della law and economics. Alcuni sostengono che la pena di morte è efficiente, ma altri con gli stessi metodi! sostengono che è inefficiente e quindi non desiderabile. Dire che tutti i gatti sono grigi non aiuta. Io credo che si debba fare un lavoro di fino e distinguere ciò che è “scienza” da ciò che scienza non è.

    • Caro Alberto,
      qui la discussione sarebbe lunga ed interessante. Capisco il tuo punto. Il mio punto, in una battuta da blog, è che tanto dichiarare la pena di morte giusta perché efficiente quanto ingiusta perché inefficiente sono, da un certo punto di vista, entrambi giudizi fuorvianti che non fanno spazio per nozioni come dignità, diritti, valori non negoziabili, ecc. Mi rendo conto comunque che qui la discussione richiederebbe un’altra sede.

    • Ci vorrebbero un’altra sede e gli interlocutori giusti (io non sarei tra quelli). Però bisogna stare attenti a distinguere l’influenza delle linee di pensiero, e tra scuole. Per dire, Kaushik Basu è Chief Economist of the World Bank.

      Per FSL (dalla sua pagina in wikipedia): Kaushik Basu […] In an autobiographical essay he noted that finishing school in 1969 he was caught in a dilemma. His father wanted him to study physics. But those were revolutionary times and he wanted to study nothing. They settled on economics as half-way comprise between physics and nothing.

  8. Sono d’accordo con Andrea e Paolo, il tema è molto interessante e sarebbe bello riprenderlo in modo più disteso. Che ne direste di un seminario apposito a Milano? “Politiche, principi e razionalità economica”. Tanto per ricordarci che occuparsi dell’Anvur non è un destino ineluttabile. Aggiungo che comunque condivido la perplessità manifestata da Alberto e da Paolo riguardo alla tendenza che molti hanno – sia a sinistra sia a destra, vedi certe cose che dice Tremonti, tanto per fare un esempio – a imputare all’economia, as if there was such a thing, cose che andrebbero imputate agli economisti, o meglio ad alcuni economisti. Una domanda interessante sarebbe: “come mai le voci dissenzienti tra gli economisti si avvertono così poco?”. Forse ha a che fare con il fascino delle soluzioni semplici?

    • Caro Mario,
      grazie dell’invito, ma come scrivevo più sopra non credo di essere l’interlocutore adatto. Se organizzate un seminario però vengo certamente a sentirvi.
      Ne approfitto per fare pubblicità ad un’iniziativa che si terrà a Pavia nella Facoltà di Economia: il 30 ottobre 2012, alle ore 11, nella nostra Sala Lauree i proff.
      Donald Gillies e Grazia Ietto-Gillies parleranno sul tema: “Peer review e Research Assessment systems”.

  9. Il bello di questi nuovi guru è che hanno realizzato la perfetta Wertfreheit weberiana, nel senso che possono sparare cazzate a destra e a manca senza vincoli, neppure quelli del common sense. Ma la cosa che colpisce di più + la disinvoltura con la quale in pochi minuti cucinano ricette per problemi complicati. Sempre della serie “assume we have a can opener”. G

    • Non so voi, ma quando leggo gli editoriali di certi filosofi o sociologi (magari tedeschi, che parlano di “società fluide”, “società del rischio”, ecc), di cazzate ne vedo volare tante. E lo stesso per certi filosofi, medici…
      Il problema di (alcuni) economisti è che hanno perfezionato uno stile discorsivo che sfrutta la cazzata per fare irritare il lettore e quindi attirare l’attenzione. Non sono gli unici cultori di questo stile, lo fanno anche biologi come Dawkins, filosofi come Singer, e la lista potrebbe continuare a lungo. Ma qui si entra nell’ambito della comunicazione e dei media, dove la scienza c’entra poco mentre la questione vera è la comunicazione (o sfruttamento) della scienza per la manipolazione del dibattito pubblico. Bisogna esserne consapevoli ed evitare di inventarsi stereotipi ingenui che fanno soltanto il gioco del provocatore.

  10. @ Francesco Guala
    Descrizione impeccabile. Solo, siamo sicuri che quella è mera ‘comunicazione’, mentre quello che fanno quelli meno adusi alle soluzioni retoriche sia ‘the true thing’? Non essendo personalmente incline all’uso retorico della provocazione, mi piacerebbe pensare così, ma non riesco mai a convincermi del tutto…

  11. Questo articolo rappresenta esattamente quello che non scriverei mai. Il tono e’ spocchioso, l’appello socratico ad essere consapevoli di quello che non si sa completamente disatteso.

    Il legame tra l’articolo “financial dependence and growth” di Zingales e la spinta da parte degli economisti alla “finanziarizzazione dell’economia” e’ perlomeno ardito, per usare un eufemismo che mi costa fatica.

    L’autore non ha chiaramente capito per quale ragione il pezzo di Zingales e’ cosi’ innovativo e dunque cosi’ citato. Dovrebbe trovarsi degli economisti migliori a cui chiedere lumi. Da domani mi mettero’ senza tema a discettare di fisica delle galassie.

    • Caro Puglisi,
      Intervengo solo su una questione di metodo. Discutere, anche aspramente, è lecito. Pretendere di avere il monopolio esclusivo della discussione su temi che riguardano la vita quotidiana di tutti, no. Quindi, benvenute le critiche nel merito, francamente meno sensato mi pare rivendicare il monopolio del pensiero in ambiti come quello delle scienze umane e sociali.

  12. Caro Banfi, non riesco ad individuare alcun punto nel mio commento in cui rivendico un “monopolio della discussione”. Sostengo solamente che -prima di discettare di un certo tema, ad esempio il valore scientifico di “Financial Dependence and Growth”- sarebbe buona cosa avere fatto “i compiti a casa”, ovvero verificato quale sia il grado di innovatività del pezzo in questione rispetto al tema che si prefigge di affrontare.

    Trovo il pezzo di Sylos Labini intellettualmente qualunquistico e scarsamente informato. Ripeto: senza avere fatto i compiti a casa, mi metterò anch’io a disquisire di temi su cui non ho nessuna o pochissima preparazione.

    • I temi che ho toccato nell’articolo sono tanti. A quanto pare la critica che mi si rivolge non riguarda né il supporto del Zingales alla legge Gelmini, né il problema delle TV (in questi casi chi non ha fatto i compiti a casa mi sembra chiaro chi sia). Per quanto riguarda l’articolo sul legame tra crescita e finanziarizzazione, non c’è bisogno di un phD in economia per capire che la tesi sostenuta è tautologica: si sarebbe potuto trovare il contrario?

    • Comunque visto che mi si da del qualunquista disinformato, firmandosi con nome e cognome, eccoci qui. Iniziamo a discutere dell’articolo sulla legge Gelmini (poi passiamo a quelle delle TV, e poi a quello della finaziariazzazione):

      Chi è qualunquista disinformato? Non penso che qualcuno con un minimo di conoscenza possa sostentere che la legge Gelmini ha rivoluzionato l’università per i tre motivi illustrati da Zinagles. Sbaglio? Perchè?

  13. @Sylos Labini:

    Zingales può essere accusato di tutto tranne che di essere filoberlusconiano. All’interno di “Fermare il Declino” è senz’altro tra quelli che sono schierati più a sinistra.

    Non capisco come si possa sostenere che l’analisi empirica di Financial Dependence and Growth sia tautologica. The proof of the pudding is in the eating: come si fanno a sapere quali saranno i risultati di un’analisi statistica di regressione prima di averla effettuata???

    Sulla Riforma Gelmini si può essere in accordo o in disaccordo: a me non dispiace, è forse l’unica cosa decente che ha fatto il governo Berlusconi.

    E dal punto di vista generale: l’acrimonia nei confronti dei liberali di sinistra non mi sembra che porti molto lontano.

    • riccardo.puglisi: “All’interno di “Fermare il Declino” è senz’altro tra quelli che sono schierati più a sinistra”

      Sarah Palin’s favorite Italian economist
      http://www.examiner.com/article/sarah-palin-s-favorite-italian-economist

      Se quelli più a sinistra di “Fermare il Declino” sono gli economisti preferiti della destra americana rappresentata da Sarah Palin, non oso pensare dove si collochino quelli un po’ più a destra di Zingales.

    • Io lo trovo, in certi punti, addirittura intellettualmente disonesto. Precisiamo.
      Partiamo dalla Gelmini: non ho capito l’obiettivo della critica: si intende criticare l’idea di università che ha in mente LZ e che traspare dai 3 punti del suo articolo o si sta criticando il fatto che la riforma G. non ha prodotto i 3 punti citati da LZ? Nel primo caso non vedo problemi: punti di vista diversi perfettamente comprensibili. Nel secondo, mi sembra sia una cantonata di LZ: o ha letto male la riforma o la riforma stessa è stata recepita e applicata male.
      Il problema dell’articolo, comunque, è dopo: non si può creare una caricatura di un personaggio da un articolo solo. Zingales, per chi lo conosce, è ferocemente critico nei confronti di situazioni di monopolio, duopolio nel caso della televisione, e non è affatto vero che ritiene lo stato come unico problema (anche se è vero che da un lato è lo stato a controllare il 50% della tv, e dall’altro sono le leggi dello stato che determinano che il restante 50% sia controllato da un industriale che governava lo stato stesso). Non esiste un mercato televisivo e Zingales sa benissimo che è a causa degli “stupri” Berlusconiani, da lui più volte criticati.
      Successivamente, è azzardato giudicare papers di una materia che non si conosce e dopo aver letto a mala pena l’abstract, se mi permette.
      Infine, l’accostamento con Romney e Palin che fa è falso e indice di una retorica che mira a screditare l’avversario non per quello che pensa ma per i nomi a cui sarebbe accostato. Innanzitutto non ho visto endorsments a Romney, e secondariamente è Palin che ha apprezzato alcune cose dette da Zingales in merito a un suo punto di vista specifico riguardo alla differenza tra pro business e pro market policies(e che lo stesso LZ ha scoperto casualmente durante un programma tv di cui era ospite), non certo il contrario!

    • @Puglisi “Sulla Riforma Gelmini si può essere in accordo o in disaccordo: a me non dispiace, è forse l’unica cosa decente che ha fatto il governo Berlusconi. ”

      La questione non è essere in accordo o in disaccordo con la riforma Gelmini, quanto piuttosto argomentare il proprio punto di vista portando dati e fatti veri e non dati e fatti inventati. Ora, come ho scritto nel mio pezzo, le ragioni per le quali Zingales sosteneva che la riforma Gelmini fosse un’ottima riforma erano solo slogan, gli stessi slogan della Gelmini: questo è il problema.

      “come si fanno a sapere quali saranno i risultati di un’analisi statistica di regressione prima di averla effettuata???”

      Dipende dalla domanda che si pone e visto il genere di domanda posta nell’articolo l’unica risposta possibile non poteva che essere quella trovata.

      “E dal punto di vista generale: l’acrimonia nei confronti dei liberali di sinistra non mi sembra che porti molto lontano.”

      Non ho nessuna acrominia verso i liberali di sinistra, figuriamoci, anche se mi sembra alquanto difficile inserire Zingales in questa categoria. La mia critica è verso punti precisi da cui, certo, ne esce un desolante quadro generale.

    • @Paternoster. Oltre che qualunquista disinformato sarei dunque anche intellettualmente disonesto. Questo tipo di linguaggio è degno di ben altri siti e dunque non sarà tollerato oltre: qui si discute in maniera anche aspra ma senza scendere nell’insulto personale – si può sempre andare su forum in cui queste espressioni non solo sono benvenute ma anche necessarie.

      “O ha letto male la riforma o la riforma stessa è stata recepita e applicata male.”

      Quale parte della riforma ho letto male?

      “Non esiste un mercato televisivo e Zingales sa benissimo che è a causa degli “stupri” Berlusconiani, da lui più volte criticati.”

      Ho scritto che è alquanto sorprendente fare un’analisi dei media italiani nel 2003 senza nemmeno citare il problema del conflitto di interessi del presidente del consiglio. Che oggi si critichi l’ex presidente del consiglio è altra cosa.

      “Successivamente, è azzardato giudicare papers di una materia che non si conosce e dopo aver letto a mala pena l’abstract, se mi permette.”

      Ma lei come si permette di dire che io ho letto solo l’abstract?

      “Infine, l’accostamento con Romney e Palin che fa è falso e indice di una retorica che mira a screditare l’avversario non per quello che pensa ma per i nomi a cui sarebbe accostato. Innanzitutto non ho visto endorsments a Romney, e secondariamente è Palin che ha apprezzato alcune cose dette da Zingales in merito a un suo punto di vista specifico”

      Come ho scritto il problema allarmante che noto è che l’estrema destra americana sia entusiasta delle posizioni di Zingales. Ho citato fonti ben precise a cui posso aggiungere anche questa: http://www.examiner.com/article/sarah-palin-s-favorite-italian-economist:

      “Sarah Palin tries to get some mileage out of economic theory and, in particular, appears to be lavishing the most extravagant praise onto an Italian scholar, Luigi Zingales, faculty at the University of Chicago Booth School fo Business and co-author of “Saving Capitalism from the Capitalists,”

    • @Labini Non mi riferivo a lei in merito alla riforma G., mi riferivo a Z., criticandolo appunto.
      Non è da oggi che Z. critica la struttura dei media italiani, suvvia. E non è corretto pensare che il suo “pensiero” escluda i conflitti di interesse. Se c’è una cosa che Z. stressa, da anni, come uno dei mali maggiori della nostra economia e di quella americana, è proprio il conflitto di interessi a tutti i livelli: grandi imprese, settore finanziario, governo.
      Sul paper sorvolo, è meglio.
      Ha invece letto “Saving Capitalism from the capitalists?”, perchè altrimenti la discussione ha poco senso. Parte da una visione dello spaccato politico americano abbastanza preconfezionata e ricama una maglia da conservatore per Zingales, quando chiunque sa che su molti piani le idee di Z. sono anni luce lontane da quelle dei conservatori (che han poco a che fare con i “liberali” o “libertarian”).

    • Le critiche che ho avanzato, siano esse sbagliate o giuste, sono comunque critiche avanzate con onestà intellettuale e citando fatti ben precisi, riguardino esse la riforma Gelmini, le TV o la finaziarizzazione. Si può discutere nel merito, e nel merito rispondo, ma se mi si dice che sono intellettualmente disonesto che cosa posso rispondere? Comunque ribadisco: criticare oggi Berlusconi è scontato, lo fanno tutti finanche Giannino che scrive sui media di Berlsuconi da tempo, criticarlo appena rieletto nel 2003 era questione diversa. E scrivere un articolo sui media italiani nel 2003 e non citare Berlusconi e il conflitto d’interessi è semplicemente indegno.

  14. Possiamo metterci a discutere sulla Legge Gelmini, su cui non mi sono espresso in prima battuta. In ogni caso, resto del parere che la discussione di Financial Dependence & Growth è qualunquistica e disinformata per le ragioni esposte sopra, soprattutto per il collegamento con la spinta degli economisti alla finanziarizzazione dell’economia. Sul punto ha veramente “toppato”, c’è poco da dire.

    Ed ha altrettanto toppato sulla collocazione ideologica di Zingales.

  15. @De Nicolao

    Mi spiace ma questa argomentazione ha poco senso. Il giudizio di Sarah Palin è pressoché irrilevante per valutare la posizione ideologica di Zingales. Lei ha letto qualche paper o libro di Zingales? Trovo perlomeno “arrischiato” basarmi sul giudizio della Palin per fornire conclusioni su Zingales senza avere letto i suoi testi.

    • Io ho letto il suo ultimo libro in inglese. La posizione che difende non mi pare affatto di sinistra. Si tratta di una sorta di market populism, una cosa non nuova. Che sia meno di destra di altri aderenti al movimento di Giannino e’ possibile, ma tutto sommato poco interessante visto che comunque deve condividere le linee generali del loro progetto politico.

    • “Il giudizio di Sarah Palin è pressoché irrilevante per valutare la posizione ideologica di Zingales.”

      Più che sembrare irrilevante, a me suscita dei legittimi interrogativi. Se Zingales è “tra quelli che sono schierati più a sinistra [All’interno di “Fermare il Declino”]”, vedo le seguenti alternative:

      1. Sarah Palin ha visto giusto e “Fermare il Declino” si colloca pertanto su posizioni ancora più a destra di Sarah Palin
      2. Sarah Palin ha preso un abbaglio, ma deve esserci qualcosa nelle posizioni di Zingales che tocca le corde dell'[ultra]destra.

      Oppure non è vero che Zingales è tra quelli che sono schierati più a sinistra all’interno di “Fermare il Declino”.

      Io non ho valutato la posizione ideologica di Zingales, ma mi sono limitato a constatare che chi lo colloca tra i più a sinistra di “fermare il declino” deve tener conto della sua popolarità presso la destra americana (“Sarah Palin’s favorite Italian economist”) e dell’endorsement di Zingales a favore di Romney (“We Would Be Better Off Had Romney Been President” by L. Zingales, http://www.bloomberg.com/news/2012-09-23/we-would-be-better-off-had-romney-been-president.html). Sto semplicemente elencando dei fatti. Sono aperto a tutte le interpretazioni. Potrebbe anche darsi che la destra americana abbia preso una sbandata per un economista di sinistra.

  16. Caro Puglisi,
    ella assercisce: “E dal punto di vista generale: l’acrimonia nei confronti dei liberali di sinistra non mi sembra che porti molto lontano.”
    Si riferisce a John Rawls o ai neoliberali della (pseudo)-“terza via,” Tony Blair in testa?
    Dopodiché non esistono santuari e chi entra nel dibattito politico deve accettare critiche magari condite con l’aceto dell’acrimonia. La storia del neoliberalismo (il termine riduttivo liberismo è già stato ripudiato dallo stesso Hayek) di sinistra l’abbiamo già sentita e ci sembra, oggi più che mai, un indigesto ossimoro.
    Mi permetto di consigliarle la lettura, a integrazione di quella delle opere del prof Zingales, del libro:
    Johanno Bockman, Markets in the name of socialism: the lesf-wing origins of neoliberalism, Stanford University Press.

    • Uno può essere liberale e di sinistra, ma liberista di sinistra, se le parole hanno un senso, è un ossimoro. E ciò, per inciso, non dipende da alcuna esoterica verità della scienza economica, ma da un rispetto minimo della storia del pensiero.

  17. @Giannozzi grazie assai per il link al pezzo di Zingales su Romney, non l’avevo visto. Inserirei senz’altro Zingales tra i delusi di Obama. Non sono d’accordo con tutto il pezzo ma sul pragmatismo di Romney ci sono pochi dubbi.

    @Codognato: e’ vero che c’e’ una varieta’ di posizioni che possono essere collocate all’interno del liberalismo di sinistra. Il confronto andrebbe forse fatto tra Rawls e Giddens, ma in ogni caso e’ sensato. Sul fatto che il liberalismo di sinistra sia un indigesto ossimoro non sono evidentemente d’accordo, ma de gustibus. Grazie infine per il suggerimento di lettura.

    @Sylos Labini: sulla questione della riforma Gelmini non entro perche’ il mio tempo e’ limitato (come quello di tutti, of course). Sulla tautologia continua a non capire: vi sono alcune correlazioni nei dati la cui assenza sarebbe stupefacente, quindi ci si avvicina alla tautologia (anche se tautologia e’ concetto del tutto inadatto), ma le correlazioni parziali su cui si fonda il pezzo di Zingales sono tutto tranne tautologiche. E: ha presente la letteratura su finanza e crescita prima di Zingales? Infine la posizione alla “Stefano Fassina” secondo cui bisogna innanzi tutto schierarsi contro il neoliberalismo (invece di essere d’accordo sul tema della giustizia sociale) sara’ una delle ragioni per cui il centro-sinistra rischia di non vincere le prossime elezioni. PS: anch’io trasmigro da un settore all’altro (da economia a scienze politiche), ma diciamo che il passo e’ un po’ piu’ breve che tra astrofisica ed economia.

    • @ riccardo puglisi

      liberismo di sinistra è un ossimoro, non liberalismo (prima di essere in accordo o disaccordo è buona regola accertarsi dell’oggetto su cui il giudizio è espresso). Il liberismo, che è un altra espressione per liberoscambismo, è una posizione eminentemente economica, relativa alla sola questione della limitazione (rigettata) delle transazioni consensuali di tipo economico. Il liberalismo è una posizione concernente i diritti, che pone in primo piano diritti soggettivi basati sulla libertà dell’individuo. Gran parte dei cosiddetti neoliberisti (o, più correttamente neoconservatori) sono liberisti sul piano economico, ma ferocemente antiliberali sul piano dei diritti (e infatti negli USA sono supportati dai gruppi religiosi radicali).

      Quanto al fatto che il neoliberismo abbia in agenda la giustizia sociale (come si evince dalla sua frase), questa mi pare una simpatica battuta.

      E, peraltro, il centrosinistra potrebbe perdere le prossime elezioni per molti motivi, ma un minimo di realismo mi fa escludere che ciò possa accadere per una posizione polemica nei confronti di posizioni neoliberiste (almeno così come percepite dall’elettore medio).

    • Penso che il campo in genere, e in particolare chi ha sostenuto con articoli come quello citato, la finanziarizzazione dell’economia, dovrebbe fare i conti con la peggiore crisi economica dell’ultimo secolo, sulle cause che l’hanno generata e sulla incapacità di averla prevista, sulle fluttuazioni dei mercati finanziari che non sono Gaussiane, e sul concetto di equilibrio usato a sproposito.

      Non vedo cosa c’entrino le posizioni di Fassina (che tra l’altro non conosco) con questa discussione.

      Io non trasmigro da nessun settore, sono esperto di astrofisica e sistemi complessi, conosco po’ cosa siano le fluttuazioni e l’equilibrio in un sistema non banale, conosco un po’ anche come si fanno i fit statistici ed infine conosco un po’ un po’ di logica elementare e forse ho un po’ di cultura di base anche economica.

    • Caro Riccardo,

      A me non pare una questione di gusti. Le posizioni di Zingales sull’eguaglianza sono piuttosto simili a quelle di diversi libertari contemporanei, alcuni dei quali (penso ai cosiddetti Left-Libertarians) sostengono di essere di sinistra. Tuttavia, i loro argomenti sono ampiamente contestabili, e contestati, in una seria discussione accademica in corso da anni. In particolare, Rawls e diversi altri autori contemporanei suggeriscono diverse buone ragioni per cui l’eguaglianza di opportunità come intesa dai libertari non è sufficiente a garantire una effettiva parità tra i cittadini. Aggiungo che gli argomenti di Rawls sono ampiamente discussi anche nella letteratura economica, anche se non sempre gli economisti sembrano afferrarne tutte le implicazioni. Questo non è necessariamente un problema se le tesi di Rawls vengono evocate in via incidentale, o semplicemente per abbellire un paper con una citazione colta, ma lo diventa se si propongono tesi normative (e il libro di Zingales, pur essendo scritto per un pubblico non accademico, è indiscutibilmente un esercizio di teoria politica normativa).

      Per quel che riguarda Giddens, non mi pare che i suoi lavori più politici contengano nulla che si possa anche lontanamente paragonare a Rawls. Quindi eviterei di fare quel confronto per il bene di Giddens, che ha scritto diverse cose serie e interessanti quando fa il suo mestiere.

      Su Tony Blair, evocato da Giulio Codognato in un suo commento precedente, il discorso sarebbe lungo. Posso solo dire che, leggendo quel che scrive nella sua autobiografia, non si possono che nutrire seri dubbi sul fatto che egli abbia mai aderito seriamente a principi che si possano considerare di sinistra (sia pure nelle varianti liberal, socialdemocratica e socialista riformista). Blair è una sorta di cristiano-sociale, i cui istinti sono spesso più vicini a quelli di un conservatore che a quelli di un socialista-liberale. Lo dico con un certo rammarico, avendo brindato alla sua vittoria, quando stavo nel Regno Unito, nel corso di una delle nottate politicamente più eccitanti della mia vita. Come possa accadere che uno con quelle idee diventi leader di uno dei principali partiti socialisti europei è una questione interessante, su cui varrebbe la pena di riflettere, anche perché potrebbe diventare presto di attualità anche da noi.

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