Più volte su ROARS il tema dell’Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN) ha trovato uno spazio di analisi introdotto da un titolo mitologico: già questo dà un’idea della collocazione normativa della ASN nello scenario legislativo universitario. Basti citare Achille e la Tartaruga I e II o la Tela di Penelope.
A pochi giorni da un termine che in molti iniziavano a credere non sarebbe mai arrivato (il termine dei lavori per le commissioni, appunto) proviamo a capire quale rivoluzione ci aspetta. Se la ASN cambierà per sempre il volto del reclutamento universitario o se sarà “tanto rumore per nulla”.
Come ormai quasi tutti sanno la 240/2010 stabilisce che oggi per essere professore universitario si debbano vincere dei concorsi locali di ateneo (regolati dagli artt. 18 e 24 della stessa legge). La stessa 240, inoltre, limita la partecipazione a tali concorsi locali cui possono partecipare, oltre ai vecchi candidati “idonei” delle precedenti tornate concorsuali antecedenti la riforma, solo coloro che abbiano superato una valutazione nazionale: la abilitazione scientifica.
In pratica per entrare all’università si deve fare un concorso locale e per partecipare a questo concorso si deve aver superato un vaglio nazionale.
Questa organizzazione a due tempi avrebbe dovuto garantire merito, qualità, imparzialità, e così via. Attraverso idee semplici ma al tempo stesso “geniali” come il sorteggio dei commissari per le commissioni che si sarebbero fatte carico della valutazione nazionale per le abilitazioni; o anche la definizione a monte dei criteri e parametri con cui le stesse commissioni avrebbero dovuto operare.
Almeno questo diceva la politica. Altri (Consiglio di Stato in primis, ma anche il CUN) esprimevano non pochi dubbi sulla tenuta di un meccanismo bicefalo potenzialmente utile, ma bisognoso di norme snelle affiancate da un sistema di pesi e contrappesi.
I ministri, Gelmini prima e Profumo dopo, ignorarono tutti questi allerta. Risultato: il processo ASN avanza “spedito”. Dopo “appena” tre anni ecco il risultato (o meglio un trailer del risultato, visto che per i risultati ci vuole ancora un po’ e non usciranno contemporanea in tutta le sale … pardon, in tutti i settori concorsuali): una riproposizione con variazioni sul tema della “logica concorsuale”, come emerge da recenti articoli sulla stampa e dalle informazioni, ufficiose ma circolanti in pubblico, in merito ai lavori di numerose commissioni. Di fatto in alcuni SSC si è generata una selezione puntuale degli abilitati, condizionando, al di la del mandato abilitativo, i concorsi locali fino a renderli in alcuni casi irrilevanti – per es. in presenza di un unico abilitato per settore e fascia in una data sede, o anche di più abilitati ma tutti appartenenti allo stesso gruppo di ricerca.
Si potrebbe ribattere: “nulla di nuovo andiamo avanti”. Sarebbe un grave errore: infatti la logica della scelta comparativa (ovvero la “logica concorsuale” in cui si valuta tra candidati diversi chi è più adatto ad un ruolo) applicata ad un meccanismo che concorso non è (la ASN appunto dove si deve valutare il candidato con un riferimento assoluto di competenza e capacità e non rispetto ai suoi competitori per una posizione universitaria) crea distorsioni enormi in particolare per quanto riguarda la capacità dei dipartimenti universitari di programmare la propria attività, contribuendo ad affossare una sistema di per sé già reso debole da anni di pessime politiche esterne e da problemi interni.
Poteva andare diversamente? Forse no perché il sistema a doppio passaggio, ASN nazionale/concorso locale, nel nostro ordinamento nasce con un difetto genetico – un peccato originale: voler essere un argine alle cattive pratiche (da cui i sorteggi, le mediane, ecc.) senza voler limitare in nulla l’arbitrio totale delle pratiche concorsuali accademiche: insomma limitare senza limitare. E tutto questo con numeri, parametri e regole nidificate: niente responsabilizzazione, nessuna interlocuzione con le comunità, tutto affidato a cinque sorteggiati da una lista di autocandidati purché con le mediane a posto (a meno di errori di calcolo). Insomma, molto probabilmente non poteva andare diversamente.
In ogni caso, come ottenere tutto questo ? come “limitare senza limitare”? Ecco che dopo mediane, sorteggi, criteri e parametri – a smentire tanto “rigorismo normativo” arriva la nota del ministro Profumo stimolata dalla estemporanea (rispetto al quadro normativo) mozione Gelmini (PDL) Mazzarella (PD) – per ridare ai commissari quanto le norme precludono.
L’opportunità riscuote la perplessità dell’ANVUR e viene interpretata da varie commissioni attraverso la adozione di criteri vaghi sul sito ASN cui fanno seguito difficoltà interpretative (anche per i candidati relativamente al possibile ritiro delle domande) e una dilatazione dei tempi di valutazione sorprendente tanto da richiedere ben due DPCM di proroga per arrivare ad un qualche risultato. E alla base, una nota che non è né una legge né un decreto e non ha quindi il conseguente valore normativo; ma lo sapevano i commissari del settore 13 B3 – “Organizzazione Aziendale”, di recente apparso nelle cronache di stampa? E quelli degli altri settori?
Insomma, la ASN come mela proibita della Gelmini? La tentazione per i cinque sorteggiati tra gli autocandidati di condizionare un intero SSC, di fare concorsi là dove erano chiamati a valutare profili? E quante commissioni saranno cadute in tentazione? E cosa capiterà a chi mangia la mela? Forse quanto accaduto alla commissione 12/C1 “Diritto costituzionale”?
È profonda convinzione di chi scrive che non esistano i buoni e i cattivi: non ne esistono tra le commissioni così come non esistono candidati buoni o candidati cattivi – esiste invece un problema di condivisione, accessibilità, e conseguente interpretazione delle norme. Problema che emerge chiaramente quando i fatti relativi ad un processo ampio ed articolato come la ASN, vengono esaminati nel loro insieme – esame tentato in queste righe. Ed è un problema della intera comunità universitaria, non di questo o quel settore concorsuale con più o meno abilitati o con le valutazioni dei dipartimenti più o meno svuotate.
Alla luce di tutto questo assume particolare valore la indicazione del Ministero: ”L’esperienza maturata nella prima tornata richiede per il futuro una riflessione sull’intero processo, allo scopo di introdurre semplificazioni e miglioramenti…”. È opportuno che tale indicazione non rimanga solo in forma di parole su di un sito web.
Sono usciti i risultati del settore concorsuale 03/C1.
Credo bisogna riflettere su delle questioni ben precise per poter affrontare il problema del ricorso collettivo.
1) I cosiddetti parametri non dichiarati, da quello che si evince dai vari giudizi, sono dei parametri ad personam. é simpatico notare nei giudizi dei miei colleghi, esprimere parere positivo su tutto, e poi concludere con “limitato” per dire che non è idoneo.
2) Il fatto che la commissione sia stata poco chiara nell’esprimere i loro cosiddetti parametri, è un modo per fare poi quello che gli pare facendosi forza del decreto ministeriale che gli attribuisce pieno potere..
3) Abbiamo partecipato comunque ad un concorso dove a priori conoscevamo la poca chiarezza dei parametri (cosa che potrebbe giocare a nostro sfavore).
Sono pienamente d’accordo nel fare un ricorso collettivo, ma rimango dell’idea che bisognava fare la stessa cosa che hanno fatto quelli del settore 11/C3 per bloccare il tutto.
A chi sapeva di ottenere l’abilitazione, non aveva e non ha nessun interesse a difendere un settore disciplinare proprio in quel momento, altrimenti che “italiani” saremmo? Chi ha cercato di giocarsi la sua carta vincente, perchè dovrebbe firmare? Purtroppo è un sistema corrotto che o lo combatti denunciando o non hai altre vie d’uscita.
Io leggo il mio giudizio e cosa dovrei pensare insieme ai miei collaboratori? Che chi oggi ci ha giudicato dice a dei ricercatori in primis, e a dei precari come me dopo, che non abbiamo abbastanza asterischi? Cosa dovremmo dire se penso che chi ci ha giudicato ha l’asterisco su molti dei miei lavori? é paradossale vero? ma è così. Mors tua vita mea. E non diventa paradossale che nel settore concorsuale 11/C3 a denunciare il tutto sia stato il commissario estero? Possiamo solo sperare che siano quelli delle altre nazioni a salvarci, perchè i nostri splendidi commissari poco si sono occupati di pensare al settore concorsuale e ai danni che facevano. Secondo tutti voi è facile ottenere un giudizio positivo perchè si hanno tre parametri su tre, nel pieno precariato, senza saper nulla negli anni di eventuali parametri da raggiungere per poi partecipare ad una cosiddetta abilitazione, e scoprire che ti definiscono anche “limitata”. Io credo che l’unico limite è il nostro sistema, che ha distrutto ogni possibilità di democrazia, meritocrazia e legalità.
La cosa che ci chiedevamo con i colleghi accanto “SIAMO IN GRADO DI FOCALIZZARE BENE IL PUNTO DEBOLE DELLE MODALITà DI GIUDIZIO ADOTTATE?”. Questo è il punto su cui riflettere..
Monica
Non sono un esperto, ma la butto lì, tanto per avviare la riflessione: i criteri devono essere chiaramente enunciati nel verbale della riunione preliminare. Nella stesura dei giudizi devono quindi essere puntualmente applicati, in maniera precisa e sistematica, a tutti i candidati. Se ciò non avviene, gli atti possono essere impugnati.