La recente stesura (19/5/2015) del DDL S. 1873 ha il merito di riproporre in sede legislativa la difficoltà della “figura” del ricercatore nella L.240. In effetti, la figura del ricercatore a tempo determinato (RTD) vede un continuo susseguirsi di interventi normativi. Un po’ come se nella progettazione di un motore dopo aver abbozzato il progetto, costruito e avviato il motore, si procedesse di continuo a cambiarne il sistema di alimentazione in corsa per far fronte ai malfunzionamenti. Per fare un esempio, ci sono pochi RTDa o assegnisti pre-240, che possono accedere ai bandi RTDb, mentre, dal punto di vista del curriculum e delle competenze scientifiche, ci sono numerosi ricercatori con le carte più che in regola per un ingresso in quel ruolo.
La recente stesura (19/5/2015) del DDL S. 1873 ha di sicuro il merito di riproporre – tra l’altro in sede legislativa – la difficoltà della condizione dei ricercatori e della “figura” del ricercatore nel regime della L.240.
Oggi la figura del ricercatore a tempo determinato (RTD) è elemento centrale del processo di reclutamento universitario – vista la sua funzione di traghettamento verso posizioni a tempo indeterminato – e allo stesso tempo la stessa figura assolve in modo disordinato e improprio (se non artificioso) il compito di supporto formale alla permanenza nei dipartimenti per tanti ricercatori attivi/interessati alla ricerca e/o diretti responsabili del funzionamento di corsi di laurea e di dottorato. Ricercatori il cui apporto al sistema universitario è vitale per la ricerca, e anche per la didattica, e che tuttavia vengono a trovarsi di fatto su di un binario morto a causa della fase di rodaggio della 240, rodaggio ancora in corso e che in particolare riguardo la figura degli RTD vede un continuo susseguirsi di interventi normativi. Un po’ come se nella progettazione di un motore dopo aver abbozzato il progetto, costruito e avviato il motore, si procedesse di continuo a cambiarne il sistema di alimentazione in corsa. E’ questo un tratto distintivo della attuazione della L. 240 e ciò vale anche per molti altri aspetti.
E´ appena il caso di ricordare che, secondo la L.240, esistono due tipi di RTD (“a” e “b”) e che per accedere a posti RTDb è necessario aver usufruito di i) un contratto RTDa, oppure ii) di tre anni di assegni di ricerca bandititi prima dell’entrata in vigore della legge 240. Condizione che andava ad includere anche i titolari di “nuovi” assegni (post L. 240) secondo una indicazione MIUR in data 6 agosto 2014 (prot. MIUR 0021700) in risposta a un quesito allora posto dall’Università di Roma “La Sapienza”. Fino ad arrivare alla sede TAR in cui prevale la interpretazione più restrittiva: gli assegnisti post legge 240, sono esclusi.
In questo scenario, il DDL recepisce la condizione di stallo che si sta generando in coincidenza della mancanza di figure “aventi titolo” (a fronte del numero di “aventi altri titoli”) per l’accesso alle posizione RTDb. Ovvero, dal punto di vista formale, ci sono pochi RTDa o assegnisti pre-240, che possono accedere ai bandi RTDb, mentre, dal punto di vista del curriculum e delle competenze scientifiche, ci sono numerosi ricercatori con le carte più che in regola per un ingresso in quel ruolo.
Tuttavia proprio per l’attuale impianto normativo a questi ultimi non è permesso neppure di partecipare ai concorsi RTDb: neppure nel caso avessero una abilitazione a I o II fascia.
Il DDL S. 1873 si propone quindi di superare tale nonsenso, consentendo agli abilitati la partecipazione ai bandi per RTDb.
Quella degli abilitati che non possono partecipare ad un bando per RTDb è una condizione sorprendente, già sottolineata dal CUN con la mozione del 28/1/2015, che nasce da un difetto di previsione della L. 240 e che va ad intersecarsi con la grave condizione di riduzione dell’organico come di nuovo richiamato dal CUN in più occasioni (Raccomandazione 29/4/2015; Mozione 9/4/2014).
Come accennato, fin dalla nascita l’RTD secondo la L. 240 si articola in due figure, RTDa e RTDb, molto simili dal punto di visto dei compiti istituzionale (in pratica identici da un punto di vista qualitativo, essendo prevista per entrambi ricerca e didattica e quindi distinti solo per aspetti quantitativi nel rapporto tra questi impegni) e profondamente diversi dal punto di vista dell’incardinamento, là dove gli RTDb transitano, su valutazione positiva dopo il triennio, nel ruolo di associato mentre la stessa valutazione positiva dopo il triennio da RTDa dà, al più, diritto ad una proroga biennale dopo di che il nulla. A meno che non ci siano concorsi disponibili.
E´quanto meno curioso che compiti sovrapponibili possano essere attribuiti a figure così diverse tanto da poter essere considerati, senza esagerare in approssimazioni, organico permanente i secondi e assegnisti i primi.
E tuttavia questo aspetto potenzialmente problematico potrebbe anche essere superato dalla saggezza con cui gli Atenei esercitano la propria autonomia e quindi regolamentano in dettaglio i carichi per le varie figure giuridiche; ma di fatto prevale la ricerca di soluzioni a basso costo. Si assiste quindi molto spesso ad un impegno in sostanza equivalente di RTDa e RTDb per quanto riguarda sia i carici didattici che di ricerca (si potrebbe aprire qui un ampio discorso sulla autonomia degli Atenei che se pienamente giustificata sul piano scientifico didattico, sembra un po’ meno urgente sul piano regolamentare … ma questo è un tema complesso e lo rimandiamo ad altra occasione).
“Difetti” di progettazione che appaiono ancora più evidenti appena si esamina il tema delle risorse. Come nasce un RTD ? su quali fondi ? e come incide sul contingente assunzionale (il serbatoio di punti organico a disposizione di ciascun Ateneo) ?
Anche da questo punto di vista si crea spazio per ulteriori ambiguità legate alla “fonte” delle risorse con cui gli RTDa sono reclutati. Senza entrare in dettagli si possono almeno elencare tre diverse tipologie di copertura: 1) risorse da FFO; 2) bandi ministeriali e/o europei; 3) fondi terzi (specifici progetti di ricerca finanziati).
La convergenza di queste differenti tipologia di finanziamento sulla stessa figura genera puntualmente grosse problematiche legate alla disparità di condizione dei singoli ricercatori.
L’ultimo esempio, in ordine di tempo, e che sta ora interessando molti ricercatori riguarda il biennio di rinnovo per i ricercatori finanziati su fondi FIRB. Dal punto di vista della L. 240 infatti ogni RTDa che riceva una valutazione positiva a fine triennio può essere rinnovato per un ulteriore biennio. Tuttavia, nella gran parte dei casi il progetto FIRB termina in un triennio ponendo il problema della mancanza di opportunità per il rinnovo stesso e disparità tra diversi soggetti con la stessa figura.
Ancora, nei casi in cui la copertura della posizione RTDa nasce da fondi terzi (ad es. un progetto di ricerca specifico) emergono ulteriore problematiche. Nella fase del concorso le necessità di ricerca per cui si apre il bando possono (devono) essere ricomprese nel bando stesso in difformità con la norma (L. 240) che prevede invece di non poter limitare i requisiti dei bandi per le posizioni universitarie al di la della indicazione del settore scientifico disciplinare. Inoltre, sempre nel caso di bandi su progetti di ricerca, la attività didattica può non esser ricompresa con ulteriore ricaduta poi nella programmazione nei dipartimenti dove non è uniforme il carico didattico attribuito a figure che, almeno nominalmente, paiono identiche. A questa condizione si cerca in sede locale di porre rimedio con specifici regolamenti sulla didattica con ulteriori ingolfanti procedure.
Ma non finisce qui, infatti su tutto questo intervengono i punti organico – consumati da tutti gli RTDa, a prescindere dalla origine delle risorse di finanziamento. Si tratta di una condizione fortemente distorsiva della distribuzione delle “risorse assunzionali” (i punti organico) che sono drenati in questo modo verso quei settori maggiormente in grado di attrarre risorse terze, con gravi ricadute sulla programmazione delle sedi in termini di copertura dei diversi settori scientifico-disciplinari.
RTD: di fatto una successione di disparità, distorsioni, intrecci ed ingolfamenti normativi. In sintesi un pasticcio normativo tanto più dannoso in quanto in un punto critico del percorso di ingresso nell’università.
Il superamento di questa condizione della figura RTD, con un intervento radicale di riforma dei ruoli e soprattutto del “preruoli” nell’università è inevitabile e ne sono la prova tanti segnali da fonti diverse:
- Lo stesso MIUR (programmazione personale 2015 – 10/2/2015) che per RTD concede il 100 % di turnover – ma “misto” ovvero per ogni RTDa che esce si puo assumere un RTDa o RTDb;
- Le sedi che con regolamenti interni di fatto rendono interscambiabili sul piano dei compiti didattici e di ricerca gli RTDa e RTDb;
- Il CUN che ha estesamente trattato il tema .
- la sede legislativa, con questo ultimo provvedimento ovvero il DDL S. 1873.
Una serie di azioni che evidentemente scaturiscono dalla necessità di superare le innumerevoli problematiche descritte, e che tuttavia costituiscono interventi episodici e non raccordati.
In tale scenario, la soluzione di consentire l’accesso ai concorsi RTDb a quanti in possesso di abilitazione è certo una misura positiva, ma solo come misura ponte nelle more di una sistemazione non più rinviabile dell’assetto giuridico dei ruoli universitari e in particolare di un riordino delle figure poste all’inizio della carriera: assegni di ricerca e ricercatori a tempo determinato.
Buonasera,
l’articolo riporta che tutti gli RTD-A assorbono punti organico, a prescindere dalla fonte di finanziamento del contratto (FFO o fondi esterni).
Chiedo all’autore o a chi è informato sulla questione se è possibile indicare in quale dispositivo è contenuto ciò.
Infatti, mi risulta che gli RTD-A finanziati su fondi esterni non “consumino” punti organico, però non ho ben seguito il dibattito negli ultimi mesi e potrei avermi perso qualcosa.
Grazie mille
Caro Prof. Pezzella,
la sentenza del TAR Toscana, in merito agli accessi alle posizioni di tipo B, esprime proprio il concetto di come la volontà del legislatore nei lavori camerali fu quella di formulare un percorso propedeudico per il raggiungimento della tenure. Quindi, come espresso dalla sentenza, sembra invece che proprio le due figure RTDa e RTDb siano legati.
https://docs.google.com/viewer?a=v&pid=forums&srcid=MDI4NTE3MzIyMDgxNDYyMTg4NjMBMTU4NjkwMDI4NTY2MzM3OTI1ODgBYTI0TDFmekI1MW9KATAuMQEBdjI
Infatti:
il percorso ipotizzato dalla 240/2010 e’
Dottorato–> RTD_A —>RTD_B—>Associato.
Gli assegni post-Gelmini tecnicamente non entrano in questo percorso. Sono posizioni di sola ricerca che non figurano come requisito da nessuna parte.
Di fatto il Postdoc e’ l’RTD_A, e l’Assistant Professor e’ l’RTD_B, che se poi prende l’abilitazione diventa Tenured.
La 240/2010 in fase di avvio doveva comunque gestire il contingente di Assegnisti 449/1997 e i vecchi RTD Moratti gia’ in essere, ed ecco che, come ha lucidamente spiegato Lilla, l’accesso agli RTD_B era stato aperto anche a loro equiparando la loro esperienza a quella di un RTD_A completato (che non poteva ancora esistere).
Il vero problema e’ che di RTD_B nell’intervallo 2011-2014 non se ne sono visti proprio.
Alcuni atenei (Sapienza su tutti) hanno prodotto il Regolamento per i bandi RTD_B solo nel 2014 (!!), con l’idea che finche’ non ci fossero stati RTD_A completati questi posti “non servivano”….
Molti “vecchi assegnisti” hanno dovuto accontentarsi di ulteriori Assegni 240/2010, (per i quali si e’ tentato di escluderli per anzianita’ in vari modi…), i piu’ fortunati di RTD_A, la stragrande maggioranza sono stati costretti ad abbandonare la carriera accademica.
Allo stesso tempo molti neo Dottori di Ricerca hanno scavalcato i vecchi Assegnisti, come succedeva per i vecchi RTI, con bandi ad hoc RTD_A con titoli e titoletti della ricerca che non potevano essere inseriti.
Ora che gli RTD_B cominciano a comparire ecco che i “giovani” RTD_A e Assegnisti 240/2010 reclamano la possibilita’ di accedervi e sostengono di aver piu’ diritto e titoli dei vecchi assegnisti. Per non parlare di chi grida allo scandalo perche’ un “vecchio assegnista” abilitato potrebbe diventare un Associato. Costore dimenticano che
a) i posti TD per definizione non danno nessun diritto alla progressione di carriera.
b) che il “vecchio Assegnista” potrebbe a questo punto vantare qualcosa come 10 anni di esperienza di ricerca (e didattica) postdoc.
Concordo su quanto scritto da molti utenti (Lilla, c_s, De Nicolao) sul problema dell’ASN, delle disparità di trattamento e considerazione delle diverse figure di ricercatore, ma c’è un nodo importante che a mio avviso viene trascurato nei commenti come nel post originale, ovvero che la gran parte di RTDa, e aggiungerei anche RTD Moratti, è stata bandita su fondi esterni (bando a progetto) e quindi non porta in dote alcun punto organico (e non come scrive Pezzella “…i punti organico – consumati da tutti gli RTDa, a prescindere dalla origine delle risorse di finanziamento). Il problema più grave qui è proprio la mancanza di risorse. In un bando per RTDb un RTDa su fondi esterni costa quanto un assegnista o un post-doc o un abilitato non strutturato e questo credo sia paradigmatico dello svuotamento del ruolo del RTDa e dell’uso improprio e indiscriminato che gli atenei hanno fatto di questa figura. Servono a mio avviso punti organico dedicati ai bandi RTDb distribuiti con un piano straordianrio, altrimenti le risorse attuali porteranno inevitabilmente al collasso degli RTDa attuali e futuri con un impoverimento degli atenei senza precedenti.
Una cosa che so di Pezzella (tanto per riprendere il titolo che annuncia già l’evidente quanto irritante “sufficienza” della conoscenza dell’argomento): non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.
Ringrazio i colleghi C_S, Barbagallo, Spergiari, Lilla ed ecolombo per i loro interventi precisi e chiari (ma questo è in chiaro caso di problemi di “comprensione del testo”, eppure non mi pare si stia scrivendo in una lingua straniera…). Credo sia opportuno riferire a tutti i colleghi RTD cosa pensano di noi al CUN (che a questo punto è l’acronimo di Conoscenza Univoca Negativa).
In relazione al commento di F5 e di altri – Il “Punto Organico” è una entità la cui definizione è come dire “indiretta” non essendo il suo uso universitario stabilito da alcuna legge.
Il costo in p.o. cui si fa riferimento nell’articolo è anche esso una deduzione indiretta dalla nota MIUR sulla programmazione 2015
http://www.codau.it/…/PUNTI_ORGANICO_E_PROGRAMMAZIONE…
dove (note 2, 3 nel testo) si fa riferimento ai punti organico derivanti da cessazioni di posizioni su fondi esterni (nota 2) e al costo in punti organico delle posizioni RTDa da aprire (nota 3) senza distinguere tra posizioni aperte su fondi “interni” o “esterni”.
Da che si deduce che posizioni su fondi esterni sono “costate” p.o. e il consumo di p.o. nella apertura di nuove posizioni non prevede distinzioni in funzione dei fondi.
Fino a piu chiare e stingenti indicazioni MIUR.
http://www.codau.it/risorse/note_circolari/PUNTI_ORGANICO_E_PROGRAMMAZIONE_ASSUNZIONI_2015.pdf
A questo punto posso affermare che invece di “DUE O TRE COSE CHE SO DEGLI RTD” il titolo del pezzo dovrebbe essere: “QUATTRO O CINQUE COSE CHE NON HO CAPITO DEGLI RTD”.
Secondo me tutto l’articolo si basa su un’ipotesi errata, ovvero quella di pochi RTDa (quasi 4000 se non sbaglio) e assegnisti pre-240 (non so esattamente i numeri ma penso non siano poi così pochi) che potrebbero partecipare a bandi RTDb. Quindi la proposta di poter fare partecipare ai bandi RTD-b gli assegnisti post-240 anche se abilitati appare pretestuosa, nonché sospetta (a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca!).
Inoltre vorrei ricordare a tutti i lettori di ROARS come l’abilitazione non sia neanche lontanamente garanzia di qualità (si vedano i cahiers de doléances) anche se, passata la tempesta, ora in molti la usino come una sorta di diritto acquisito per richiedere accessi in ruolo e/o promozioni.
E qui la butto sulla provocazione: dato che gli RTD sono nati per sostituire di fatto gli RTI e che, secondo qualcuno, l’abilitazione è garanzia di qualità, perché non dare agli RTD l’opportunità di partecipare alle chiamate ex art.24? Immagino che molti sarebbero contrari, perché, loro si, hanno un diritto acquisito mentre gli RTDa (che ancora sono giovani con un età media di 39 anni!!!) possono continuare a lottare per avere accesso all’università!
In conclusione, la proposta fatta in quest’articolo è completamente insensata e non ha alcuna base giuridica, e di fatto accontenterebbe solo qualche assegnista post-240. Ma forse questo è l’obiettivo, non tanto nascosto!
Complimenti caro collega cspampin, il tuo discorso non solo non fa una piega ma denuncia chiaramente i contenuti volontariamente “deviati” e “discriminanti” dell’articolo di Pezzella. Oltre a sottolinearne la malafede, cosa che fa pure c_s, il tuo commento dimostra com’egli, ed altri, abusa della propria posizione per diffondere un discorso fin troppo personale e “classista” (“baronale” oserei dire, o sbaglio?). Ripeto, BRAVO! Ecco una “cosa” in più che Pezzella può aggiungere al suo non sapere “cose” sugli RTD (semmai ha l’umiltà di farlo). Da tre giorni leggo commenti che mi fanno capire la gravità della situazione al CUN, visto che chi dovrebbe “decidere” per noi non la pensa in questo modo… A questo punto, se si dovessero applicare queste “libere interpretazioni” per incentivare e/o fuorviare i colleghi del CUN a votare cose assurde, quanto lesive, in commissione reclutamento, contro di noi, provvederemo a usare l’articolo e il dibattito qui divulgato per denunciare pubblicamente un chiaro abuso da parte dei “colleghi”.
Come si dice a Roma (sede del CUN): è facile fare il …. col …. degli altri.
Ops, una “cosa”, in più da aggiungere alle tante cose da sapere, con noi NON funziona!
Le accuse di malafede sono fuori di luogo, questo è un posto dove se si discute, si discute civilmente, altrimenti si va altrove. In particolare quando si è un cuor di leone anonimo.
Non esistiamo, siamo RTDA… o no? Perché dovremmo avere una faccia, un nome? (Siamo esterni, non valiamo p.o, non esistiamooooo…) Quando saremo alla vostra ALTEZZA certo, con piacere, la battaglia sarà tra pari. Comunque vi abbiamo letti TUTTI e credo concordiamo TUTTI che di “faccia” ne basta una, quella tosta di chi si ostina a ribadire concetti assurdi e ripeto DISCRIMINANTI. Mi spiace ma se in tanti abbiamo reagito spiegando tante cose, punto per punto, e in 3 non avete capito…, io al posto vostro una domanda me la farei… Ah, e non accetto lezioni di democrazia, dove e cosa dire, da chi IMPONE la propria opinione senza riguardo per la legge, deviandone volutamente lo spirito (seppur non condiviso), usando il problema RTDA per tutelare la propria “divina” categoria. Comunque io posso pure non intervenire più, quello che doveva venire fuori è venuto fuori, e questo è quello che conta. Sono soddisfatto. Obiettivo raggiunto! INDIGNATEVI piuttosto per l’ASN bloccata… per i problemi veri che ledono sul serio tutti destini dei colleghi (divini e non), dall’ALTO dei vostri poteri e interventi giudiziosi, ben formulati e autorevolmente firmati.
No, guardi lei esiste, e proprio perché esiste, con nome e cognome, le suggerisco di moderare i toni. Se leggesse questo sito, anziché usarlo come suo personale luogo di deposizione di sostanze di scarto, saprebbe che ci siamo sempre occupati dei problemi che lei menziona.
Si vede infatti (ho scritto bene?).
Ho sempre apprezzato chi, usando un nickname, accusa gli altri di essere in malafede e di diffondere volontariamente “deviati” e “discriminanti”. Come fare a non ammirare chi esprime posizioni coraggiose mettendoci la faccia?
Cari Proff. Banfi e De Nicolao, se il commento sull’anonimato si riferisce a me, vorrei farvi notare come ci sia una corrispodenza univoca tra il mio nickname e il mio nome e cognome (tra l’altro in passato ho anche postato direttamente il mio CV su ROARS) che evito di mettere in chiaro per via dell’indicizzazione. Infatti vorrei evitare che i miei studenti (che ne dica Pezzella anche gli RTDa ne hanno, nonostante si ostini – bisognerebbe che mettesse in chiaro se è una posizione personale o se la esprime come membro del CUN – a considerarci degli assegnisti ben pagati) vedano qual è il mio pensiero sull’universitá italiana, in netto contrasto con quanto cerco di trasmettere loro tutti i giorni.
Tornando all’articolo il mio post vuole solo mettere in evidenza come, secondo me (parlo solo ed esclusivamente a titolo personale), l’articolo sia completamente sensa senso e non proponga alcun soluzione efficace per risolvere il problema degli RTD, ma aggiunga solo ulteriore confusione. Inoltre lo ritengo pretestuoso (e sinceramente non riesco a comprenderne il senso) perchè volto a generare solo una guerra tra poveri (RTDa e assegnisti) e mi chiedo perché si ponga solo il problema di come fare transitare gli assegnisti a RTDb e non di come fare transitare gli RTDa ad una posizione stabile (per esempio associato). Allora viene naturale sospettare che ci siano interessi personali (mal costume italico quello di usare cariche ufficiali per idee/convinzioni personali e non per il greater good come direbbero gli americani), ma magari questa è la mia chiave di lettura che potrebbe essere completamente errata.
Quindi la mia domanda è perchè quella proposta quando ci sono migliaia di RTDa che non aspettano altro che poter passare al livello successivo? Infine immagino che l’età media degli assegnisti post 240 sia molto piu bassa di quella degli RTDa, quindi non potrebbero seguire il percorso previsto dal legislatore?
E ripeto la mia domanda, perché?
No il commento si riferisce a tale “deduzioni logiche”.
confermo
Grazie eccomi… Il problema è il nome o il CONTENUTO?
Ho detto e ripeto che ho ammirazione per chi accusa gli altri di malafede riparandosi dietro un nickname. Decisamente fuori moda metterci la faccia e io ho la massima stima per chi segue lo spirito del tempo.
l’ésprit du temps?
Suggerirei di evitare l’uso di parafrasi più o meno sottili per “dirsene quattro”!
Riportando al tema dell’articolo, la mia domanda (che è quella di un bambino che si affaccia alla vita, come io neonato in un’università di veteranii) semplice e diretta, rimane: perché?
Mi associo alla domanda di cspampin e anch’io chiedo perché quella proposta quando ci sono migliaia di rtd a pronti a passare a rtd b?
Come già qualcuno ha scritto i passaggi sono chiari. A >B > associato ( se abilitato).
Per chi ancora non se ne fosse accorto l’esperimento sociale è già in atto e i commenti, talvolta esasperati, di qualcuno rispetto all’indifferenza di chi invece dovrebbe ascoltare e prestare attenzione al grido disperato di aiuto che sta emergendo da questa discussione animata, a mio avviso sono comprensibili. Anzi, mi stupirei del contrario! La discussione è inevitabilmente animata visto che stiamo parlando del NON futuro di una intera generazione!
La nostra generazione è stata travolta dalla 240 e le nostre figure “diversamente” strutturate (=rtda) sono la maggiore stortura causata dalla 240. Lo sapevamo tutti che sarebbe successo. . e adesso lo stiamo vivendo. Non spostiamo il problEma da un’altra parte mettendo altra carne sul fuoco.
Ci hanno già cambiato le carte in tavola la prima volta, non c’è piaciuto, abbiamo protestato (eh già, qualcuno di noi è sufficientemente vecchio da essere salito sui tetti), ma abbiamo dovuto ingoiare il rospo.
Adesso che siamo parte di questo sistema malato, perché non c’era altro modo, stiamo subendo anche la follia dell’asn poiché per la stabilizzazione dobbiamo passare attraverso questo.
Ma al solito abbiamo ingoiato il rospo e speriamo che la folle macchina riparta in modo cadenzato ed equo.
Per chi non l’avesse ancora chiaro l’asn per gli strutturati a tempo indeterminato rappresenta la possibilità di una (giusta e meritata) progressione di carriera, per noi, rappresenta il futuro.
Perché cambiare le carte in tavola un’altra volta? Perché non pensare a tutelare il futuro di noi diversamente strutturati?
È vero il posto rtd b in questo momento rappresenta la salvezza di molti precari. Vi siete chiesti il perché? Il precario abilitato (assegnista, docente a contratto) che ha un con tratto con un ateneo per legge non può partecipare ai concorsi per esterni. Se partecipa al concorso libero non ha speranza di farcela, perché in genere c’è l’rti abilitato interno a concorrere, quindi ecco che sono tutti pazzi per l’rtd b!
A questo punto, dati alla mano, quanti sono questi assegnisti post- Gelmini, docenti a contratto, altri, abilitati pronti a concorrere? Di che ordine di grandezza stiamo parlando? Non credo proprio che siano 15.000, se lo sono.. ma che bello.. viviamo nel paese delle meraviglie! Se sono pochi.. scusate.. la domanda nasce spontanea. . e forse qualche ragionevole dubbio..
Chi legge tragga le dovute conclusioni.
(Scusate se trovate errori di battitura, scrivo dal telefono e combatto col t9)
Scusate ho seguito tutto il post.
Alla Sapienza i bandi RTD_B recitano come segue:
cioe’ mettono dentro tutti, compresi gli Assegnisti post-Gelmini.
E’ lecito un bando di questo tipo o no?
———————
Art 2
Requisiti per l’ammissione alla procedura:
Hanno titolo a partecipare alla procedura selettiva:
coloro che sono in possesso del diploma di laurea in ( …. )
coloro che sono in possesso di dottorato di ricerca;
Fino al 31.12.2015, si prescinde dal possesso del titolo di dottore di ricerca ai sensi dell’art. 29, comma 13 della legge n. 240/10 purchè si sia in possesso della laurea magistrale o equivalente, unitamente ad un curriculum scientifico professionale idoneo allo svogimento dell’attività di ricerca.
coloro che hanno usufruito dei contratti di tipologia A) di cui alla L. 30.12.2010 n. 240, ovvero, per almeno tre anni anche non consecutivi, di contratti ai sensi dell’art. 1 comma 14 della Legge 230/2005, ovvero di assegni di ricerca ai sensi dell’art. 51 c. 6 della L. 27.12.1997, n. 449, s.i.m. o ai sensi dell’art. 22 della legge n. 240/10, o di borse post-dottorato, ai sensi dell’art. 4 della Legge 30.11.1989, n. 398, ovvero di analoghi contratti, assegni o borse in atenei stranieri. La durata dei contratti di cui all’art. 1 comma 14 della legge n. 230 del 2005 può essere cumulata con i periodi di attività svolti nell’ambito di assegni di ricerca ai sensi dell’art. 51 c. 6 della L. 27.12.1997, n. 449, s.i.m. o di borse post-dottorato, ai sensi dell’art. 4 della Legge 30.11.1989, n. 398, ovvero di analoghi contratti, assegni o borse in atenei stranieri.
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Avrei un dubbio, relativo all’art.29 comma 13 della 240/2010, riguardante la norma transitoria per cui “Fino all’anno 2015 la laurea magistrale o equivalente, unitamente ad un curriculum scientifico professionale idoneo allo svolgimento di attività di ricerca, e’ titolo valido per la partecipazione alle procedure pubbliche di selezione relative ai contratti di cui all’articolo 24”. Questo non dovrebbe, in linea teorica (anche se solamente fino al 31/12/2015) permettere un accesso più ampio ai RTDb, senza perciò essere legati al dilemma assegni pre/post Gelmini?
Grazie per le delucidazioni.
Credo si riferisca al requisito del Dottorato. Se leggi bene la norma il transitorio prevede la deroga al dottorato fermo restando gli altri requisiti richiesti.
Sulla base di queste ambiguità a Cagliari hanno bandito dei posti RTDb in cui si andava in deroga ai famosi 3 anni di RTDa o assegno. E guarda caso ha vinto gente che quei requisiti, più stringenti, non li soddisfava!
La storia è piena di bandi illegittimi e di commissioni che non se ne accorgono!
Quindi quella della Sapienza è un’ulteriore interpretazione…
Art. 24 comma 2 “ammissione alle procedure dei possessori del TITOLO di dottore di ricerca o titolo equivalente, ovvero, per i settori interessati, del diploma di specializzazione medica, nonche’ di eventuali ulteriori requisiti definiti nel regolamento di ateneo, con esclusione dei soggetti già assunti a tempo indeterminato come professori universitari di prima o di seconda fascia o come ricercatori, ancorche’ cessati dal servizio;”
Art. 29 “Fino all’anno 2015 la laurea magistrale o equivalente, unitamente ad un curriculum scientifico professionale idoneo allo svolgimento di attività di ricerca, e’ TITOLO valido per la partecipazione alle procedure pubbliche di selezione relative ai contratti di cui all’articolo 24″
Il titolo di accesso è una cosa. I requisiti, un’altra. Almeno secondo quello che ho capito.
Art. 24 comma 3.
” I contratti hanno le seguenti tipologie:
a) contratti di durata triennale prorogabili per soli due anni, per una sola volta, previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte, effettuata sulla base di modalità, criteri e parametri definiti con decreto del Ministro; i predetti contratti possono essere stipulati con il medesimo soggetto anche in sedi diverse;
b) contratti triennali non rinnovabili, riservati a candidati che hanno usufruito dei contratti di cui alla lettera a), ovvero, per almeno tre anni anche non consecutivi, di assegni di ricerca ai sensi dell’articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, o di borse post-dottorato ai sensi dell’articolo 4 della legge 30 novembre 1989, n. 398, ovvero di analoghi contratti, assegni o borse in atenei stranieri.”
Se ho capito bene: titolo di accesso è il Dottorato. Fino al 2015 il Dottorato può essere sostituito da ciò che trovi nella norma transitoria. Ma i requisiti, non cambiano.
Magari mi sbaglio.
Sicuramente è variamente interpretabile.
Dimenticavo. Io ho conseguito l’abilitazione da non “diversamente” strutturata. Credo che a seguito della discussione emerga chiaramente che gli RTD possano essere ritenuti dei “diversamente” strutturati. Ovviamente a convenienza.
ovviamente questo commento stava in coda a qualche altro commento. Scusate se è finito qui.
La figura RTDa comporta diversi problemi strutturali (ben analizzati da Pezzella) che suggeriscono un suo superamento. In particolare:
1. Rendono possibile sostenere l’offerta didattica con figure precarie e “sacrificabili” (leggi: non c’è obbligo di rinnovo).
2. La possibile copertura tramite fondi esterni condiziona l’entry point del reclutamento a fattori esogeni (settori con maggiore o facilità di fundraising) con tutte le distorsioni che ne conseguono sullo sviluppo dei dipartimenti e sulla scelta dei temi di ricerca.
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La sostenibilità didattica dovrebbe dipendere dalle figure a tempo indeterminato o che sono inserite in una “tenure-track” (come RTDb o il professore Junior proposto dal CUN). Rendere sostenibile la didattica con figure senza garanzia di tenure-track e per di più finanziabili con fondi extra-FFO rende il sistema ancora più instabile e pregiudica la governabilità del reclutamento. Non è difficile prefigurarsi gli esiti a medio-lungo termine, tutt’altro che auspicabili.
Da molti anni negli Atenei la “sostenibilita’ della didattica” dipende da figure interne-precarie (assegnisti, dottorandi, che spesso insegnano gratis) e da figure interne/esterne reclutate a contratto con retribuzioni ridicole (fino anche a 25 euro lordi a ora di lezione).
Se nessuno si scandalizza e si preoccupa che una quota incredibile di didattica istituzionale si regga in questo modo, perche’ l’obbligo didattico per un RTD_A dovrebbe rendere il sistema instabile?
Ah be’, certo, quindi apriamo la tenure agli assegnisti che invece fanno didattica a contratto o in nero e possono essere reclutati su qualsiasi tipo di fondo!
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Per la sostenibilità dei corsi direi che si è andati ben oltre, l’avete scritto anche qui:
https://www.roars.it/non-docenti-di-riferimento/
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Diciamo che ci sono tante cose che dovrebbero essere superate ormai, ma a quanto pare non si fa che aumentarle. Senza razionalizzazione e senza visione del futuro, lo ripeto.
Ma certo, magari è un’idea personale come per altre questioni.
Ripeto, prima di chiudere, anche il mio in bocca al lupo agli RTDa: che non siano l’ennesima vittima sacrificale di quest’università allo sbando.
Qui non si apre nulla se non tramite concorso. Il punto è ammettere ai concorsi RTDb chi magari ha il titolo di RTDa perché lavorava su un argomento specifico (che era proprio quello di un bando RTDa finanziato su fondi esterni) ed escludere chi non ha quel titolo ma è ugualmente (o più valido) e che, eventualmente, ha anche un’abilitazione scientifica (la quale fa riferimento al settore concorsuale e non a specifici temi di ricerca). Mettere come “conditio sine qua non” per accedere alla tenure un titolo il cui accesso ha delle potenziali restrizioni tematiche ed è più facilmente accessibile agli allievi di gruppi scientifici finanziariamente ricchi finisce per favorire l’effetto San Matteo.
Caro Prof. de Nicolao nonostante condivida la sua analisi, ritengo che sottolineare come l’analisi di Pezzella sia stata ben fatta sia tendenzioso. In uno spazio di confronto tra ricercatori come quello offerto (con grande merito da parte vostra) su ROARS ritengo che il cameratismo sia da evitare perché potrebbe solo confemare l’idea che tanti hanno dell’universitá italiana. A volte sarebbe utile oltre che apprezzabile ammettere quando si sbaglia. L’analisi fatta da Pezzella non è ben fatta per nulla, perché parte da un dato completamente errato, ovvero quelli di pochi RTDa (oppure sul ruolo e funzioni istituzionali degli RTDa come da commento iniziale del Prof. Banfi) e certamente, prima di imbarcarsi in analisi approfondite è necessario verificare la correttezza delle ipotesi/assunzioni iniziali. Io se in un articolo scientifico sbaglio quelle,i reviewer mi mandano indietro l’articolo senza neanche leggere il resto. Fare le barricate solo per proteggere l’onore non ha proprio senso.
“L’analisi fatta da Pezzella non è ben fatta per nulla, perché parte da un dato completamente errato, ovvero quelli di pochi RTD”
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Se si legge attentamente, Pezzella scrive una cosa un leggermente diversa:
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“ci sono pochi RTDa o assegnisti pre-240, che possono accedere ai bandi RTDb, mentre, dal punto di vista del curriculum e delle competenze scientifiche, ci sono numerosi ricercatori con le carte più che in regola per un ingresso in quel ruolo”
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La valutazione di Pezzella è che il numero di chi avrebbe le carte regola (e magari non ha avuto l’opportunità di accedere ad un ruolo RTDa fosse anche solo perché lavora in settori carenti di fondi esterni) è persino maggiore degli RTDa che allo stato presente possono accedere ai bandi (fosse anche solo perché hanno avuto la sorte di lavorare esattamente su uno dei temi di un bando finanziato su fondi terzi e che perciò tagliava fuori colleghi anche più titolati ma la cui ricerca verteva su altri argomenti). Come tutti gli argomenti si può dissentire, ma non credo che sia liquidabile con atteggiamento di sufficienza.
E’ chiaro che con “aprire” intendevo far partecipare al concorso.
Questo discorso dei fondi esterni mi convince fino ad un certo punto.
Sulla tematicità della ricerca: gli assegnisti sono reclutati su temi specifici.
Per prendere l’abilitazione in un settore basta aver pubblicato in maniera congruente al settore, non importa su quanti argomenti.
E di nuovo: un RTDa pagato su fondi esterni non porta in dote il suo budget, a meno che l’azienda non decida di pagargli lo stipendio a vita. Può accedere al concorso RTDb ma nel suo caso l’ateneo deve stanziare gli 0.5 po necessari. E’ dunque sfavorito rispetto agli RTDa pagati dall’ateneo. Questo meccanismo contrasta molto fortemente il supposto effetto San Matteo.
Se poi proprio si vuole eliminare questa terribile concorrenza dei gruppi ricchi, basta proporre di non far più finanziare gli RTDa su fondi esterni.
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Infine, ma si era già detto anche questo, gli assegni di ricerca sono contratti con poche tutele e malpagati. Non andrebbero incoraggiati.
L’assegnista valido può ottenere un contratto RTDa quando c’è disponibilità di budget di ateneo per il suo settore, come si è fatto per gli altri.
Per avere un numero maggiore di bandi RTDb servono più risorse.
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Questo, lasciando il meccanismo delle due figure a e b della Gelmini.
Se si vuole discutere nel merito di variare le figure proposte, credo si debba aprire un post che, appunto, parli di questo senza mettere in mezzo gli assegnisti.
Caro De Nicolao, cosa propone quindi lei per gli RTDa in carica e su fondo di Ateneo? Li mandiamo a casa??
Auspico che preveda di bandire un numero di posti RTDb almeno pari a quelli RTDa che gravano su fondi di Ateneo (attenzione che in ogni caso è un concorso aperto). E tuttavia sappiamo che esistono anche RTDa non su fondi di ateneo. Vincolare l’intera programmazione RTDb sugli RTDa esistenti metterebbe le strategie di reclutamento in balia dei successi/insuccessi del fundraising. Gli RTDa su fondi di ateneo dovrebbero avere sempre un follow up di tipo RTDb (ma mi spaventa l’idea che in molti casi ciò non accada perché è più conveniente imbottirsi di RTDa per garantire la didattica rimandando la detonazione a 3+2 anni dopo). Nel caso di un abilitato che non è stato RTDa, è cmq assurdo che possa concorrere per un posto da PA e non da RTDb.
Il dibattito – come auspicato – si sta sviluppando e credo si possa a provare fare un primo punto.
1) una serie di commenti (presumibilmente di colleghi RTDa), sebbene in modo confuso, sostiene la appropriatezza della chiusura dei bandi per RTDb ai soli RTDa – a discapito di assegnisti ed altre figure – ed inoltre presenta una lettura in generale positiva della attuale architettura dei ruoli secondo la 240.
2) esiste una componente di RTDa (non facilmente identificabile tra i commenti, ma che si esprime con numerosi documenti es ARTeD) che lamenta storture della figura RTDa.
3) è un dato che numerosi colleghi, RTD come assegnisti, sono in procinto di uscire da un percorso universitario come testimoniato anche da recenti comunicati e lettere.
Si tratta di un classico scenario di guerra tra poveri che si intravede sulla frontiera di un ennesimo accumulo emergenziale di figure precarie.
E`chiaro a tutti – certo a chi scrive – che per molti colleghi si tratta di una questione vitale, di cosa puo essere o non essere il proprio futuro e questo spiega il “tono” di certi commenti (ed allo stesso tempo il motivo per cui non è opportuno darvi seguito), ma è altrettanto chiaro che la situazione resta quella descritta e non sono le condizioni personali (cui va tutto il rispetto dovuto) a poter spingere per un giudizio di merito positivo sulla attuale organizzazione dei ruoli e preruoli.
La condizione di sottofinanziamento del sistema è stata centrale nel generare questo stato, ma la previsione di due figure del tutto diverse (“a” e “b”) per ruolo, bandi, copertura (per un RTDb su fondi terzi servono 15 anni di copertura), ma di fatto identiche per impegno e allo stesso tempo tra loro slegate da vincoli numerici… ebbene questa previsione ha dato un contributo critico per la emergenza e la frustrazione.
Oggi una emergenza esiste e va affrontata, ma se non si modifica il piano normativo domani avremo una emergenza al quadrato.
Intenzione dell’articolo (senza sottovalutare emergenza oggi) è appunto focalizzare su questo secondo aspetto. Finché: 1) saranno prevedibili bandi da RTDa su fondi terzi dove il profilo del candidato si specifica al di la dell’SSD (previsione questa che la 240 pone per tutte le altre figure); 2) non si pone un – per quanto minimo – vincolo di rapporti numerici tra RTDa e RTDb banditi; 3) l’impegno didattico per gli RTDa non si norma al livello nazionale ma è lasciato in funzione delle scelte strategiche dei singoli contratti… finché la situazione resta questa i primi e piu danneggiati saranno proprio quei colleghi che si chiamano RTDa, su cui – al risparmio – finirà col gravare sempre piu il peso degli atenei e sempre piu in assenza di prospettive di ruolo a tempo indeterminato.
Esattamente. Avremo un’emergenza al quadrato.
Mi faccia capire: il suo articolo mira a dare un contributo o a fare un esperimento sociologico (guerra tra poveri)?
Sul fatto che i commenti siano confusi, mi pare naturale visto che siamo in un forum e ognuno esprime commenti a titolo personale. Per una lettura più lineare e comprensibile le consiglio di leggere il documento su ARTeD (che immagino abbia visto) in merito.
Sui numeri – un dato indicativo e parziale (solo area 1, fonte MIUR ad oggi)
RTD (tutte tipologie): 156 – Assegnisti: 574
Numero di RTD di tipologia a con triennio completato (quindi in grado di partecipare ad un bando RTDb oggi) è stimabile intorno al centinaio in base al numero di RTDa a tre anni dalla 240 (31/12/2013): 112.
In merito alla “considerazione” degli RTDa come assegnisti, non è ne una visione personale ne tantomeno una posizione del CUN. Piuttosto si tratta del risultato della somma di norme e condizioni.
Personale è la totale refrattarietà a scale valoriali in funzione dei ruoli per chi opera nell#Univertisà.
Su proposta dellàrticolo questa è ben chiaramente diversa dalla previsione del DDL (visto positivamente come misura ponte) ed è invece centrata sulla ipotesi CUN di professore Iunior.
Il mio personale parere, per quel che vale, è espresso qui:
http://www.ius-publicum.com/repository/uploads/25_03_2015_19_51-Banfi.pdf
Certo il numero sugli RTD è assai parziale, quasi assimilabile ad un exit poll. Comunque, apprezzo il suo tentativo di fare chiarezza, così come il suo (vostro) prossimo articolo sullo stato degli RTDa. Ma stavolta si documenti per bene con numeri reali alla mano e qualora le servisse aiuto (e se i miei commenti non l’abbiano troppo infastidita) i miei contatti può trovarli in rete o provare ad avviare un colloquio serio e costruttivo con varie associazioni RTD…
È una buona, pacifica e costruttiva idea.
Dati a me noti al 24 marzo scorso
tipo B 331 in servizio
tipo A 2675 in servizio
assegnisti circa 15.000.
Per le fonti ho postato prima il link.
Deduzioni logiche infatti. Non ho nessun problema a capire che iscrivendomi lo faccio con il mio indirizzo di posta elettronica, anche se sono un rtda, ci arrivo… Capisco che vedere che tutti non approvano le vostre “2 o 3 cose sugli rtd” possa essere fastidioso ma io non posso farci nulla. Altri colleghi, di certo meno “cretini” e “ciarlatani” di me, e me ne scuso, hanno provato con mezzi e discussioni convincenti a spiegarvi le nostre ragioni e che questa vostra volontà di aggiungere carne sul fuoco, con gli assegnisti, è il vero aumentare al quadrato il problema. Molti di noi sono già stati dottorandi, docenti a contratto, assegnisti… e conoscono benissimo i percorsi. Comunque se volete proseguire a fare muro contro muro, lascio il posto a chi forse con modi più gentili avrà la voglia e la pazienza di farlo.
No, guardi, muro contro muro noi non lo facciamo affatto. E’ lei che è partito a botte di malafede, faccia tosta, e altri apprezzamenti del genere. Si rilegga.
La ringrazio per avermelo fatto notare. Apprezzo molto si stia parlando finalmente del problema degli RTD, e ci rendiamo tutto conto che è un problema spinoso e totalmente ormai alla deriva… In tutto questo, sarò ingenuo (più che cretino), mi sarei aspettato maggiore ascolto, accoglienza di idee e riflessioni, compatezza e solidarietà… Volevo solo dire che non avete dimostrato alcuna permeabilità alle molte considerazioni molto serie (non come le mie), e mi spiace si sia persa anche questa preziosa occasione. Buona notte
Caro Pezzella, è doveroso chiarire che per accedere ad un contratto di RTDb il ricercatore TDa non deve completare il triennio. La Legge è chiara: b) contratti triennali non rinnovabili, riservati a candidati che hanno usufruito dei contratti di cui alla lettera a). Quindi usufruire di un contratto di cui alla lettera a) non significa che deve completare il triennio. RTDa potrebbe diventare di tipo b anche subito. In Italia ci sono stati casi del genere e molti Atenei sono pronti a bandire posti di tipo B per RTDa in possesso di abilitazione senza che essi abbiano completato i tre anni. Questo perchè in alcuni Atenei i RTDa gravano sul fondo di Ateneo costando quindi gia 0,5 p.o. Il passaggio a RTDb quindi impegnerebbe solo 0,2 p.o. dal terzo anno di RTDb. Era giusto una considerazione per aiutarla a fare bene i calcoli sui papabili a RTDb. In tal modo, fin da subito tutti gli RTDa in corso potrebbero accedere alle selezioni per RTDb.
Questa poi…
Il triennio dell’RTD_A deve essere completato.
Anche chi ha scritto il DDL lo sa, infatti tentano di mettere mano anche a quel requisito, stravolgendolo come dice lei.
“Che hanno usufrito” in italiano e’ passato prossimo. Chi ha un contratto da RTD_A in essere, non “ha usufruito” ma “sta usufruendo”. E siccome il contratto e’ triennale, se uno per dire si licenzia dopo 20 giorni, comunque non potra’ dichiarare di “aver usufruito” del contratto RTD_A.
Altrimenti il legislatore avrebbe ragionato cosi’:
Per questi posti nuovi che ho appena inventato chiamandoli RTD_A basta un giorno di contratto per accedere all’RTD_B, mentre per gli RTD Moratti, per gli assegni vecchi, per i Postdoc all’Estero, ah no, questi non li ho inventati io, non valgono niente e quindi, minimo minimo, devono aver fatto 3 anni di contratto per avere questo privilegio che ad un solo giorno di RTD_A si concede…
Questa interpretazione non ha certamente trovato applicazione nel mio Ateneo (UniBO), ed è di assoluta rilevanza chiarire il punto.
Ho comunque dei dubbi sul fatto che “aver usufruito di un contratto” significhi semplicemente “aver sottoscritto un contratto”.
Nella mia lettura, e nel contesto dell’articolato, “aver usufruito” significa averlo “portato a termine”.
Caro lett962, per i ricercatori Moratti l’accesso ai RTDb è specificato leggasi:
devono aver “usufruito per almeno tre anni dei contratti stipulati ai sensi dell’articolo 1, comma 14, della citata legge n. 230 del 2005” (art. 29, comma 5°, della Legge Gelmini).
Per i ricercatori RTDa non è specificato:riservati a candidati che hanno usufruito dei contratti di cui alla lettera a) .Adesso, se io faccio un anno di RTDa e poi mi licenzio, nessuno può dirmi che non ho usufruito di un contratto RTDa. certo è spinosa come faccenda, ma tutto ciò apre potenziali scenari come miriadi di ricorsi ai vari TAR.
Caro Ignazio,
forse a causa della sua giovane eta’ le sfugge un particolare.
I contratti RTD Moratti 2005 avevano durata “massima triennale”, ma potevano essere anche contratti annuali o biennali, e poi rinnovabili fino ad un massimo di 6 anni.
Per questo la 240 specifica che il candidato deve aver usufruito di “almeno 3 anni di RTD Moratti”.
Se avesse scritto solo “aver usufruito” avrebbe incluso anche coloro che ne avessero usufruito solo per un anno, o per due, e non era appunto cio’ che voleva fare.
Questo ad ulteriore conferma che l’RTD_A — che e’ triennale per definizione — deve essere stato completato per poter partecipare ad un bando RTD_B.
E’ tutto chiarissimo, bisogna solo essere molto ben informati, leggere con attenzione tutte le leggi e le normative pre 2010 che la 240/2010 cita qui e la’.
I ricorsi, mi creda, li rischiano e di brutto tutti gli Atenei che ammettono ed ammetteranno ai bandi RTD_B, RTD_A non completati e Assegnisti 240/2010.
Caro lett962,
grazie per: “la sua giovane età”. Mi sento ancora più giovane.
L’interpretazione giuridica è un processo ermeneutico!! Chissà quale sarebbe l’esito del ricorso.
E se il RTDa fosse abilitato?
La mia è stata una provocazione che però potrebbe aprire altri scenari. Io direi che bisogna lavorare per il bene di tutti cercando di non avere teorie che vanno solo in un senso. Bisogna informarsi e dialogare con le figure esistenti ancor prima di fare proposte, anche per un nuovo tipo di reclutamento. Ad esempio informarsi sulle condizioni in cui si trova la sudetta figura, se funziona, cosa va bene e cosa va male, etc. Personalmente non penso che sia opportuno che dei Ricercatori a tempo indeterminato al CUN decidano delle sorti dei precari e soprattutto dei Ricercatori a tempo determinato.
“non penso che sia opportuno che dei Ricercatori a tempo indeterminato al CUN decidano delle sorti dei precari e soprattutto dei Ricercatori a tempo determinato.”
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Pezzella ha scritto un articolo, non ha deciso sorti di precari. Se poi ci si riferisce al CUN, è nelle funzioni dell’organo svolgere un ruolo consultivo.
> e se l’RTDA fosse abilitato?
ancora?
e se un dottorando fosse abilitato?
L’abilitazione non e’ un titolo sufficiente per partecipare ai bandi RTDB
E’ un requisito necessario per partecipare ai bandi per PA.
Caro Pezzella,
Visti i toni accesi del dibattito, le chiedo: perché in fase di formulazione di questa proposta non sono state coinvolte le diverse associazioni che lei cita e non è stata concordata insieme a loro una proposta più strutturata e con un respiro più ampio?
Qualcuno si ricorda che esiste anche la popolazione degli RTD Moratti (230/05), sicuramente oltre un migliaio di RTD, la maggior parte dei quali scaduta e in corso di sopravvivenza con mezzi di sussistenza (spesso indegni) in attesa di concorsi RTD-B? Scusatemi se avendo visto solo ora il post non riesco a approfondire tutta la discussione che avete fatto, ma concordo con il collega che purtroppo in generale per l’intero mondo accademico (e credo anche per quello parlamentare) si può solo parlare di “4-5 cose che non ho capito degli RTD”….
Intervengo nella discussione premettendo che non sono riuscita a leggere tutti i commenti che sono stati postati fino a questo momento.
La mia sensazione è che, a fronte del fatto che sono state sollevate questioni estremamente importanti, nessuna valida soluzione è stata fin qui proposta per superare lo stallo derivante dalla mancata completa attuazione della legge Gelmini.
Piuttosto che immaginarsi tutti esperti legislatori, dovremmo cominciare a riflettere sul fatto che esiste una legge (che piaccia o meno), alla quale tutti siamo soggetti. Tale legge disegna un preciso percorso accademico che un rtd in questo momento non può percorrere per il semplice fatto che:
1. l’asn non parte con cadenza annuale COME PREVISTO DALLA LEGGE
2. la spending review (in tutte le sue forme) connessa con altre valutazioni di convenienza e economica degli atenei, ostacola la possibilità che vengano banditi posti di tipo b
3. Il piano straordinario associati non è riuscito ad assorbire il cd. precariato storico
Mi fermo a questo, ma si potrebbe continuare….
Di fronte a un simile scenario, di tanti pareri si parla, ma l’unica azione concreta che è stata intrapresa è la presentazione di un disegno di legge che propone l’equiparazione degli assegnisti post Gelmini ai rtd ai fini dell’accesso ai posti di tipo b.
Scusate l’espressione colloquiale: MA CHE C’ENTRA????????? Nulla che abbia a che fare con questioni molto più urgenti e sensate.
È evidente che in Italia l’era delle leggi ad personam non è ancora finita…. Si segue sempre la stessa strategia: usiamo un problema vero per sensibilizzare l’ “elettorato” ma facciamo passare una legge che ne risolve un altro o forse nessuno, ma si limita ad accontentare qualcuno. Sto fantasticando naturalmente: MI PIACCIONO ANCORA LE FIABE.
Cmq, questo modo di creare empatia e ottenere consenso sulla base di false informazioni (probabilmente perché si è male informati, non voglio pensare che vi sia mala fede) è da condannare.
Venendo al merito della discussione, mi soffermo su alcuni punti.
La legge Gelmini ha equiparato (ai fini dell’accesso ai concorsi per posti di tipo b) il precariato storico (che ha avuto possibilità d’accesso alle due giornate di abilitazione) alla nuova figura di rtda. Fin qui non mi pare che ci siano state irragionevoli discriminazioni. Resta il problema della differenza di assorbimento dei punti organico tra soggetti finanziati si fondi esterni e di fondi interni. Questione ancora irrisolta.
La legge ha poi introdotto una “nuova” figura di assegnista DIVERSA dalla figura del rtd. Questa diversità non è qualcosa di impalpabile, ma si tocca con mano. Non si può quindi immaginare nessuna equiparazione tra assegnisti e rtda.
Il tanto evocato principio di uguaglianza nel ddl, senza voler scomodare autorevole dottrina costituzionalista, fonda un principio di disuguaglianza: non possono essere trattate allo stesso modo situazioni DIVERSE. E cosa accomuna un assegnista a un rtd? NULLA.
Qualcuno lo sa che un dottorando senza borsa potrebbe essere contemporaneamente assegnista? Immagina se passasse questo disegno di legge: con tre anni di carriera accademica gli assegnisti si mettono alla pari rispetto a uno che ha fatto un concorso di ricercatore (rtda) e non si è limitato a presentare un progettino di ricerca …
Immaginate in tre anni quante tappe ha bruciato… e quale e quanta maturità scientifica può aver acquisito….
Di basso profilo (inutile direi) il discorso sui numeri. I rtd sono pochi e quindi ….. DIMENTICHIAMOCI DI LORO!!!
La legge Gelmini è entrata in vigore da 4 anni, peraltro in un contesto di tagli alla ricerca. Quanti potevano essere? Non ho i numeri alla mano ma cosa importa? Siamo l’unica categoria di ricercatore IN VIGORE. Il sistema deve fare i conti con noi. Un’etichetta vuota? No, assolutamente!!! Una figura disegnata nei minimi dettagli con una scadenza entro la quale conseguire il titolo di accesso al ruolo dei PA. Questo passa il governo…., sempre che l’asn riparta …
Ulteriore questione. Ho letto che secondo qualcuno il rtdb è un P.A. a rate. Errato!!! Non facciamo passare l’idea che per accedere al posto di rtdb sia richiesta l’asn. Non è assolutamente così: l’asn può essere conseguita dopo, se la si consegue … ma soprattutto se l’asn riparte. Ad ogni modo la corsa all’asn non è per l’accesso al posto di rtdb, visto che vi si può accedere senza, ma è per l’accesso al ruolo dei P.A. Quindi, a parte il problema delle risorse, oggi nulla dovrebbe impedire agli atenei di bandire posti di tipo b.
Ma qui torna una questione. Il rtd ha una legittima aspettativa di poter conseguire l’asn entro i tre anni. E se l’asn non viene bandita che fine fa?
Allora la questione calda è l’asn. Qualcuno di voi sa quali sono gli organi da cui dipende che l’asn riparta? Sono tanti e forse anche il CUN ha qualche ruolo in questa procedura (ma potrei sbagliarmi). Sarebbe pertanto auspicabile che chi di dovere palesi pubblicamente quale scala di priorità intenda seguire, così almeno sappiamo dov’è che si incrina il processo e a chi addebitare le relative responsabilità. Portiamo avanti proposte di leggi di equiparazione o attuiamo una legge in vigore da oltre 4 anni?
Scusate se mi dilungo. Si potrebbe proseguire all’infinito, per cui mi fermo qui. Vorrei solo dire che il transitorio non sono gli rtda. I nuovi ricercatori costituiscono la figura introdotta da una legge (non transitoria) che non viene correttamente e integralmente applicata.
Piuttosto che pensare a ulteriori stravolgimenti della legge bisognerebbe lavorare in tempi rapidi per rendere operativa TUTTA la legge Gelmini. Inoltre bisogna intervenire massicciamente sul sistema delle risorse e operare una ragionevole ripartizione che non penalizza i meritevoli.
Purtroppo non riusciamo a superare la logica emergenziale che contraddistingue la nostra politica e utilizziamo inglesismi vuoti.
RICORDATE PERO’QUESTO: UN RTI HA AVUTO ED HA A DISPOSIZIONE UN TEMPO NON DETERMINATO PER CONSEGUIRE I REQUISITI DI ACCESSO AL RUOLO DEI P.A. UN RTD HA I GIORNI CONTATI. QUALSIASI MODIFICA LEGISLATIVA CHE NELL’UNIFICARE, EQUIPARARE, MODIFICARE LE FIGURE RIDUCA I TEMPI DI “DURATA” DI UN RTD NON FA CHE DANNEGGIARCI ULTERIORMENTE ….
Ne approfitto per chiedere se qualche componente del CUN sa dirci se possiamo legittimamente sperare che l’asn riparta in tempi non esageratamente troppo lunghi (non può dirsi ragionevoli, perché la ragionevolezza è stata già calpestata) o se prima dobbiamo dar fiato e voce agli assegnisti post Gelmini quale condicio sine qua non?
Cara Valentina, complimenti per la disamina. Se è vero (e caspita se è vero) che ogni popolo ha i politici che merita, la tua analisi (assieme a quella di altri colleghi) lascia ben sperare per il futuro (locuste – cit. Repubblica – permettendo). Per quanto riguarda il presente, beh, la situazione è sotto gli occhi di tutti e, forse, lo stato attuale in cui versa l’università italiana non è dipeso solo (anzi) da fattori esterni alla stessa (gli ultimi tre inquilini del MIUR mi pare ne siano figli).
In merito alla tua considerazione sullo stato attuale dell’ASN, sulla quale non posso che esprimere consenso oltre che preoccupazione, mi sorge un sospetto: siamo sicuri che questo blocco non sia particolarmente incoraggiato per evitare di immettere nuova concorrenza e per “sistemare” qualche illustre assegnista abilitato? E ROARS (anche se forse toccherebbe a enti istituzionali quali il CUN) invece di fare quadrato su articoli di dubbia qualità e sostenere proposte ad personam (grazie per il suggerimento Valentina) dovrebbe denunciare giornalmente e in qualunque sede il vergognoso ritardo che di fatto sta bruciando generazioni di ricercatori validissimi!
“ad personam”?
>>Qualcuno lo sa che un dottorando senza borsa potrebbe essere contemporaneamente assegnista?
Tenga presente che attualmente un RTD_A potrebbe essere un neolaureato magistrale con qualche santo in paradiso che gli ha confezionato il titolo del concorso su fondi esterni (per fargli bruciare moltissime tappe..) e che non ha neanche dovuto scrivere un progettino di ricerca.
E il DDL li ammette a concorrere per l’RTD_B anche se titolari di RTD_A da pochi giorni.
Quasi quasi preferisco l’assegnista da 3 anni.
Ma di cosa ci vogliamo sorprendere?
Nei concorsi RTI dei “bei tempi andati” non mancavano dottorandi senza pubblicazioni e senza didattica che vincevano il concorso “serissimo” con due scritti ed un orale.
Questo DDL, forse senza rendersene conto, rischia di farci tornare indietro piu’ che farci andare avanti.
Lett962 ha scritto:
“Tenga presente che attualmente un RTD_A potrebbe essere un neolaureato magistrale con qualche santo in paradiso che gli ha confezionato il titolo del concorso su fondi esterni (per fargli bruciare moltissime tappe..) e che non ha neanche dovuto scrivere un progettino di ricerca.”
Ma scherziamo????
Per accedere ad un RTDa serve il dottorato ed un certo numero di pubblicazioni…sicuramente più di 10. Altro che i “vecchi concorsi”…
Ma cosa dici? Noi siamo quelli che entrano così, senza arte ne parte, senza merito, tanto da essere equiparati quasi ai un laureato con la triennale… (Scusate l’esagerazione – ma è questo il pensiero…). Loro sono quelli che si sono confrontati con procedure trasparenti e fissate per legge… In effetti, sono proprio figli del merito e dall’alto della loro superiorità sono in grado di giudicare.
Caro Andrea,
io non scherzo, e lei si sbaglia.
Con la 240/2010 sotto mano puo’ facilmente verificare che
a) Fino al 31.12.2015, si prescinde dal possesso del titolo di dottore di ricerca ai sensi dell’art. 29, comma
13 della legge n. 240/10 purchè si sia in possesso della laurea magistrale o equivalente, unitamente ad
un curriculum scientifico professionale idoneo allo svolgimento dell’attività di ricerca.
b) la legge non fissa alcun numero minimo di “pubblicazioni” necessarie per accedere ai bandi RTD_A.
Non faccia confusione, specialmente per chi legge, tra il singolo bando della sua universita’, del suo dipartimento e del suo settore, cio’ che stabilisce la 240/2010 e gli ulteriori eventuali requisiti eventualmente introdotti dai singoli Regolamenti d’Ateneo.
La 240/2010, cosi’ come diversi regolamenti di ateneo, non fissano alcun numero minimo di pubblicazioni per la partecipazione alle selezioni per RTD_A.
La 240/2010 indica al piu’ quanto segue per i bandi rispetto al numero massimo:
“possibilità di prevedere un numero massimo, comunque non inferiore a dodici, delle pubblicazioni che ciascun candidato può presentare”
Caro Lett962,
Un “curriculum idoneo” intende un periodo di attività di ricerca almeno analogo a quello del dottorato, come è sempre stato, anche nei vecchi concorsi.
Riconosco che ha ragione sulla questione pubblicazioni (anche se la sfido a trovare un bando RTDa in cui non siano state chieste pubblicazioni)
Nei vecchi concorsi per l’accesso era richiesta solo la conoscenza della lingua italiana. Non scherzi lei. Conosco diversi dottorandi che sono diventati RTI e chissa’ quanti laureati hanno avuto la stessa fortuna.
“Curriculum idoneo” non significa niente, significa che e’ tutto lasciato al giudizio della commissione e se il concorso e’ “cucito” su qualcuno con il titolo della ricerca, (cosa che nei vecchi concorsi non era possibile, ma “cucivano” in altro modo…), anche qualche mese di dottorato puo’ diventare sufficiente.
http://www.unimi.it/cataloghi/valutazioni_comparative/Bando_RTD_26_posti_marzo2015.pdf
Scusate se ripeto la domanda. Ma vi chiedo: di che ordine di grandezza stiamo parlando? Dati alla mano, quanti sono questi assegnisti post- Gelmini, docenti a contratto, altri, abilitati pronti a concorrere?
Nel 2012 gli RTDa risultavano essere 1.116 (Fonte: Rapporto ANVUR sullo stato del sistema universitario e della ricerca, p. 242)
Nel 2013 gli assegnisti erano 16.031, età media 34 anni, con un 13% over 40 (ibidem, p. 245).
Gli abilitati non in ruolo nella prima tornata ASN erano 6.729 (https://www.roars.it/asn-2012-ecco-le-statistiche-finali-diverse-da-quelle-anvur/)
Quando parla di abilitati non in ruolo ovviamente si riferisce anche agli RTDA e ai Moratti, mi sbaglio?
Sappiamo come sono distribuiti questi 6729 abilitati? Ovvero, una parte sarà costituita da rtd e rtd Moratti, un’altra parte dal “precariato” storico con assegni pre Gelmini (ce ne sono tanti in giro e pronti a partecipare ai concorsi rtdb), una parte da ex docenti a contratto sfortunati che non hanno avuto la fortuna di avere 3 anni di assegni pre-gelmini, una parte da dipendenti di enti pubblici (CNR & co), una parte, a questo punto penso veramente minima, di assegnisti post Gelmini.
Quanti sono i post-Gelmini abilitati?
Pensiamo invece al precariato storico. A salvare quella generazione di ex giovani che sono stati abilitati MA che sono ancora fuori dal sistema, e purtroppo lo resteranno ancora per poco. Facciamo in modo che i concorsi liberi siano veramente aperti a tutti. Bandiamo i concorsi esterni.