La recente stesura (19/5/2015) del DDL S. 1873 ha il merito di riproporre in sede legislativa la difficoltà della “figura” del ricercatore nella L.240. In effetti, la figura del ricercatore a tempo determinato (RTD) vede un continuo susseguirsi di interventi normativi. Un po’ come se nella progettazione di un motore dopo aver abbozzato il progetto, costruito e avviato il motore, si procedesse di continuo a cambiarne il sistema di alimentazione in corsa per far fronte ai malfunzionamenti. Per fare un esempio, ci sono pochi RTDa o assegnisti pre-240, che possono accedere ai bandi RTDb, mentre, dal punto di vista del curriculum e delle competenze scientifiche, ci sono numerosi ricercatori con le carte più che in regola per un ingresso in quel ruolo.
La recente stesura (19/5/2015) del DDL S. 1873 ha di sicuro il merito di riproporre – tra l’altro in sede legislativa – la difficoltà della condizione dei ricercatori e della “figura” del ricercatore nel regime della L.240.
Oggi la figura del ricercatore a tempo determinato (RTD) è elemento centrale del processo di reclutamento universitario – vista la sua funzione di traghettamento verso posizioni a tempo indeterminato – e allo stesso tempo la stessa figura assolve in modo disordinato e improprio (se non artificioso) il compito di supporto formale alla permanenza nei dipartimenti per tanti ricercatori attivi/interessati alla ricerca e/o diretti responsabili del funzionamento di corsi di laurea e di dottorato. Ricercatori il cui apporto al sistema universitario è vitale per la ricerca, e anche per la didattica, e che tuttavia vengono a trovarsi di fatto su di un binario morto a causa della fase di rodaggio della 240, rodaggio ancora in corso e che in particolare riguardo la figura degli RTD vede un continuo susseguirsi di interventi normativi. Un po’ come se nella progettazione di un motore dopo aver abbozzato il progetto, costruito e avviato il motore, si procedesse di continuo a cambiarne il sistema di alimentazione in corsa. E’ questo un tratto distintivo della attuazione della L. 240 e ciò vale anche per molti altri aspetti.
E´ appena il caso di ricordare che, secondo la L.240, esistono due tipi di RTD (“a” e “b”) e che per accedere a posti RTDb è necessario aver usufruito di i) un contratto RTDa, oppure ii) di tre anni di assegni di ricerca bandititi prima dell’entrata in vigore della legge 240. Condizione che andava ad includere anche i titolari di “nuovi” assegni (post L. 240) secondo una indicazione MIUR in data 6 agosto 2014 (prot. MIUR 0021700) in risposta a un quesito allora posto dall’Università di Roma “La Sapienza”. Fino ad arrivare alla sede TAR in cui prevale la interpretazione più restrittiva: gli assegnisti post legge 240, sono esclusi.
In questo scenario, il DDL recepisce la condizione di stallo che si sta generando in coincidenza della mancanza di figure “aventi titolo” (a fronte del numero di “aventi altri titoli”) per l’accesso alle posizione RTDb. Ovvero, dal punto di vista formale, ci sono pochi RTDa o assegnisti pre-240, che possono accedere ai bandi RTDb, mentre, dal punto di vista del curriculum e delle competenze scientifiche, ci sono numerosi ricercatori con le carte più che in regola per un ingresso in quel ruolo.
Tuttavia proprio per l’attuale impianto normativo a questi ultimi non è permesso neppure di partecipare ai concorsi RTDb: neppure nel caso avessero una abilitazione a I o II fascia.
Il DDL S. 1873 si propone quindi di superare tale nonsenso, consentendo agli abilitati la partecipazione ai bandi per RTDb.
Quella degli abilitati che non possono partecipare ad un bando per RTDb è una condizione sorprendente, già sottolineata dal CUN con la mozione del 28/1/2015, che nasce da un difetto di previsione della L. 240 e che va ad intersecarsi con la grave condizione di riduzione dell’organico come di nuovo richiamato dal CUN in più occasioni (Raccomandazione 29/4/2015; Mozione 9/4/2014).
Come accennato, fin dalla nascita l’RTD secondo la L. 240 si articola in due figure, RTDa e RTDb, molto simili dal punto di visto dei compiti istituzionale (in pratica identici da un punto di vista qualitativo, essendo prevista per entrambi ricerca e didattica e quindi distinti solo per aspetti quantitativi nel rapporto tra questi impegni) e profondamente diversi dal punto di vista dell’incardinamento, là dove gli RTDb transitano, su valutazione positiva dopo il triennio, nel ruolo di associato mentre la stessa valutazione positiva dopo il triennio da RTDa dà, al più, diritto ad una proroga biennale dopo di che il nulla. A meno che non ci siano concorsi disponibili.
E´quanto meno curioso che compiti sovrapponibili possano essere attribuiti a figure così diverse tanto da poter essere considerati, senza esagerare in approssimazioni, organico permanente i secondi e assegnisti i primi.
E tuttavia questo aspetto potenzialmente problematico potrebbe anche essere superato dalla saggezza con cui gli Atenei esercitano la propria autonomia e quindi regolamentano in dettaglio i carichi per le varie figure giuridiche; ma di fatto prevale la ricerca di soluzioni a basso costo. Si assiste quindi molto spesso ad un impegno in sostanza equivalente di RTDa e RTDb per quanto riguarda sia i carici didattici che di ricerca (si potrebbe aprire qui un ampio discorso sulla autonomia degli Atenei che se pienamente giustificata sul piano scientifico didattico, sembra un po’ meno urgente sul piano regolamentare … ma questo è un tema complesso e lo rimandiamo ad altra occasione).
“Difetti” di progettazione che appaiono ancora più evidenti appena si esamina il tema delle risorse. Come nasce un RTD ? su quali fondi ? e come incide sul contingente assunzionale (il serbatoio di punti organico a disposizione di ciascun Ateneo) ?
Anche da questo punto di vista si crea spazio per ulteriori ambiguità legate alla “fonte” delle risorse con cui gli RTDa sono reclutati. Senza entrare in dettagli si possono almeno elencare tre diverse tipologie di copertura: 1) risorse da FFO; 2) bandi ministeriali e/o europei; 3) fondi terzi (specifici progetti di ricerca finanziati).
La convergenza di queste differenti tipologia di finanziamento sulla stessa figura genera puntualmente grosse problematiche legate alla disparità di condizione dei singoli ricercatori.
L’ultimo esempio, in ordine di tempo, e che sta ora interessando molti ricercatori riguarda il biennio di rinnovo per i ricercatori finanziati su fondi FIRB. Dal punto di vista della L. 240 infatti ogni RTDa che riceva una valutazione positiva a fine triennio può essere rinnovato per un ulteriore biennio. Tuttavia, nella gran parte dei casi il progetto FIRB termina in un triennio ponendo il problema della mancanza di opportunità per il rinnovo stesso e disparità tra diversi soggetti con la stessa figura.
Ancora, nei casi in cui la copertura della posizione RTDa nasce da fondi terzi (ad es. un progetto di ricerca specifico) emergono ulteriore problematiche. Nella fase del concorso le necessità di ricerca per cui si apre il bando possono (devono) essere ricomprese nel bando stesso in difformità con la norma (L. 240) che prevede invece di non poter limitare i requisiti dei bandi per le posizioni universitarie al di la della indicazione del settore scientifico disciplinare. Inoltre, sempre nel caso di bandi su progetti di ricerca, la attività didattica può non esser ricompresa con ulteriore ricaduta poi nella programmazione nei dipartimenti dove non è uniforme il carico didattico attribuito a figure che, almeno nominalmente, paiono identiche. A questa condizione si cerca in sede locale di porre rimedio con specifici regolamenti sulla didattica con ulteriori ingolfanti procedure.
Ma non finisce qui, infatti su tutto questo intervengono i punti organico – consumati da tutti gli RTDa, a prescindere dalla origine delle risorse di finanziamento. Si tratta di una condizione fortemente distorsiva della distribuzione delle “risorse assunzionali” (i punti organico) che sono drenati in questo modo verso quei settori maggiormente in grado di attrarre risorse terze, con gravi ricadute sulla programmazione delle sedi in termini di copertura dei diversi settori scientifico-disciplinari.
RTD: di fatto una successione di disparità, distorsioni, intrecci ed ingolfamenti normativi. In sintesi un pasticcio normativo tanto più dannoso in quanto in un punto critico del percorso di ingresso nell’università.
Il superamento di questa condizione della figura RTD, con un intervento radicale di riforma dei ruoli e soprattutto del “preruoli” nell’università è inevitabile e ne sono la prova tanti segnali da fonti diverse:
- Lo stesso MIUR (programmazione personale 2015 – 10/2/2015) che per RTD concede il 100 % di turnover – ma “misto” ovvero per ogni RTDa che esce si puo assumere un RTDa o RTDb;
- Le sedi che con regolamenti interni di fatto rendono interscambiabili sul piano dei compiti didattici e di ricerca gli RTDa e RTDb;
- Il CUN che ha estesamente trattato il tema .
- la sede legislativa, con questo ultimo provvedimento ovvero il DDL S. 1873.
Una serie di azioni che evidentemente scaturiscono dalla necessità di superare le innumerevoli problematiche descritte, e che tuttavia costituiscono interventi episodici e non raccordati.
In tale scenario, la soluzione di consentire l’accesso ai concorsi RTDb a quanti in possesso di abilitazione è certo una misura positiva, ma solo come misura ponte nelle more di una sistemazione non più rinviabile dell’assetto giuridico dei ruoli universitari e in particolare di un riordino delle figure poste all’inizio della carriera: assegni di ricerca e ricercatori a tempo determinato.
Caro prof. Pezzella, sono ricercatore, anche se TD, e quindi commento come tale:
BACKGROUND:
Le 2 o 3 cose che sa sugli RTD sono errate. Questo è stato messo in evidenza da molti colleghi che hanno già commentato il suo intervento:
– i possibili candidati alle posizioni RTDb NON SONO POCHI. Ci sono alcune migliaia di RTDa (“Moratti”, “Gelmini” scaduti e non), alcune migliaia di ex Assegnisti “pre-Gelmini”, più un numero imprecisato di colleghi che hanno saggiamente espatriato ma, siccome a noi italiani la pastasciutta piace, meno saggiamente cercheranno di tornare grazie a questi concorsi.
– non tutti i RTDa impegnano p.o. Anzi, la grande maggioranza ha una posizione finanziata su fondi esterni e quindi NON IMPEGNA p.o.. Non è uguale dappertutto, ma, per farle un esempio, in Sapienza, solo il 10% circa dei RTDa è su FFO e impegna p.o. Solo qualche mese fa la percentuale era ancora inferiore.
– i RTDa NON SONO “assegnisti evoluti”; la legge lo mette bene in chiaro, come già eviscerato dai colleghi. E’ vero che questa definizione circola…ma circola solo all’occorrenza. E’ capitato, ad esempio, di sentire lo stesso strutturato dire “ti considero un mio pari, visto che diventerai associato” e in un’altra occasione “siete solo assegnisti che fanno didattica”…. a seconda della convenienza del momento, appunto.
IPOTESI:
Sulla base di queste evidenze, si possono formulare due ipotesi alternative:
a) il prof. Pezzella è in malafede
b) il prof. Pezzella è disinformato
DISCUSSIONE:
Fra le due ipotesi, non so quale sia la peggiore, visto che il prof. Pezzella ci rappresenta al CUN. Quasi quasi preferirei la prima. Mi unisco alla richiesta fatta da altri di esplicitare se il pesniero espresso in questo articolo sia personale del prof. Pezzella o sia da intendere come “emanazione” dl pensiero del CUN. Cambia di poco, ma cambia.
Sulla base del quadro generale, l’idea di “allargare” l’accesso ai concorsi RTDb a figure non specificamente comprese nella legge (assegnisti “post-gelmini”, RTDa in corso, abilitati senza altri titoli) sembra davvero grottesco. Purtroppo proprio l’Ateneo in cui lavoro (non mi permetto di dire “cui appartengo”) si è fatto promotore di questa linea d’azione, a suon di richieste di pareri al MIUR. Come è gia stato detto, il paradosso di questa politica sarà che un collega fresco di dottorato avrà diritto a partecipare ad un concorso che gli “garantirebbe” l’associatura dopo tre anni. E non capisco come i RTI possano accettare questo dopo che hanno visto come il fumo negli occhi che l’associatura la prendessero le categorie di cui sopra (RTDa e assegnisti “pre-gelmini”) che pure hanno ormai un’anzianità scientifica e accademica di tutto rispetto.
Possibile che gli Atenei Italiani abbiano assunto tanti RTDa, selezionandoli con un concorso quasi “da PA” e che ora cerchino altrove i nuovi futuri PA?
Questo “allargamento” potrebbe pure essere tollerato (sulla base della consapevolezza che un RTDa o “vecchio” assegnista dovrebbero avere un CV superiore a quello di un “nuovo” assegnista), se però i concorsi fossero realmente APERTI….e non indirizzati con linee di ricerca che più specifiche non si può, e se il numero di questi concorsi fosse adeguato. Invece l’ultima previsione di FFO per il 2015 dipinge un quadro desolante di poche decine di posizioni RTDb attivabili in tutta Italia. Se l’RTDa è una figura “ad esaurimento” (indipendentemente da come verrà riformato l’accesso in ruolo, questo è evidente), perché non prevedere un “piano straordinario” anche per loro?
CONCLUSIONI:
I dati in nostro possesso non ci permettono di determinare con rigorosità scientifica se le tesi sostenute dal prof. Pezzella siano determinate da malafede o da disinformazione. La buona fede potrebbe però essere chiarita dal prendere atto, alla luce delle evidenze fornite da molti, delle inesattezze scritte e da un conseguente corrigendum.
Malafede? E sei il secondo a usare questa parola oggi… Mi spiace ma temo si stia delineando chiaramente il drammatico quadro della situazione e stia venendo a galla una verità preoccupante. Spero chi legge e ci “giudica” faccia ammenda. Stiamo fornendo informazioni, aggiungendo tanti elementi al puzzle RTD, e non erano solo 2 o 3 pezzi, e mi auguro il Prof. Pezzella abbia la voglia di confrontarsi con noi per capire meglio ancora, se necessario, il nostro percorso articolato ma definito (da una legge). In questo momento il dialogo è necessario e speriamo sia all’altezza della funzione che ricopre al CUN. Perché così dovrebbe fare.
Mi sembra che Pezzella stia rispondendo e con stile molto migliore di buona parte dei suoi interlocutori.
Questo è vero e ve ne do atto. Ognuno si sconvolge per quello che ritiene significativo: chi per la forma o lo stile e chi per il contenuto… Pazienza, c’è chi subisce il problema e c’è chi ne parla con toni pacati e signorili… Forse molti di noi si aspettavano semplicemente maggiore serietà e responsabilità nei contenuti e nel rappresentare un ruolo (del CUN) che credevamo vicino e più comprensivo. Possiamo sempre dialogare, lo spero con serenità e serietà, ma il dialogo presuppone l’ascolto (e la parte lesa siamo noi e non voi). Siamo a 100 commenti e ancora non lo vedo. Io vorrei sentire nelle vostre parole solidarietà, alleanza, coraggio …. Perdonatemi il triste paragone ma mi sembrate quasi quei francesi alla frontiera che respingono quei poveri rifugiati (però noi siamo colleghi vostri e viviamo nello stesso paese con una legge che dice essere “uguale per tutti”). Non è mai tardi per riflettere e iniziare un percorso sensato. Grazie
Qui si discute di allargare l’insieme di persone che possono presentarsi ad un concorso RTDb, non di effettuare respingimenti. È comprensibile che chi possiede o possiederà a breve un titolo che, in virtù della 240/2010, è un lasciapassare obbligatorio per presentarsi a quel tipo di concorso non gradisca un incremento dei possibili concorrenti, ma da qui ad evocare i rifugiati ce ne passa.
Vorrei far presente ai colleghi ricercatori che la corsa ad una cattedra dovrebbe essere discussa sulla base della valutazione dei meriti specifici di un candidato e non sulla base dell’anzianità lavorativa o di discriminazioni derivanti da leggi totalmente assurde.
In fase concorsuale è molto semplice valutare se un dottorando è capace o meno di fare didattica!
La questione è che, come al solito, ci si nasconde dietro un dito, ignorando il problema reale: l’assenza di meritocrazia.
Conclusioni. Si faccia una legge che permetta a chiunque di accedere ai concorsi RTD-A e B, ma includendo nei criteri selettivi obbligatori tutti i parametri di merito possibili: capacità di svolgere una ricerca in autonomia, capacità di attrarre risorse, valutazione della ricerca pregressa (valutando il ruolo effettivo del candidato nelle pubblicazioni), capacità di svolgere in autonomia la didattica prevista per il ruolo, etc. etc.
Esiste una tecnica argomentativa che partendo da sole tesi favorevoli al risultato che si vuole provare, precede con metodo scientifico alla verifica di quale delle tesi scelte descrive meglio la condizione in oggetto.
Tale procedura sposta l’attenzione dai presupposti – che si da per assodati – alla dimostrazione, finendo con portare le tesi desiderate con un corredo di scientificità…
Sono sorpreso di trovare un simile argomentare nel 2015 e per di piu sulle pagine di ROARS – forum di scrittori e lettori presumibilmente tutti esperti di logica formale, di comunicazione … e di università.
Giusto per fare un esempio (ogni riferimento a persone o fatti e casuale e puo dipendere da mancanza di fntasia di chi scrive):
Tesi: Pezzella ha dati errati o imbroglia; dimostrazione …; risultato.
Prima della tesi ci sono pero i fatti.
# Un fatto è che pochi o molti non è un termine assoluto (non esiste uno standard di numerosità cui riferirsi) ma dipende dal bilancio di esigenze in campo. Dal punto di vista del sistema nel suo complesso – e in funzione delle esigenze dei vari ssd – quanti possono partecipare oggi ad un concorso RTDb non sono molti se confrontati con quanti hanno titoli ma non “titolo”.
Dal punto di vista (che merita enorme rispetto voglio ribadirlo) di chi è RTD e che sa di avere poche o nulle possibilità quanti possono partecipare ad un bando RTDb sono molti. E’ un punto di vista importate per i colleghi e per l’universitá ma di fatto (per motivi innumerevoli e su cui si puo discutere) non è il punto di vista che trova spazio nelle politiche di reclutamento.
Come osservato piu sopra da De Nicolao, nell’articolo non si afferma che gli RTDa sono pochi (punto). Leggere quello che non è scritto per farne poi la base di una dimostrazione non è fare buona scienza… Al piu è fare cattiva politica, cattiva nel senso che è destinata ad infrangersi contro i fatti – come è il caso – piu sopra – dove si ipotizzava che la 240 non richiedesse il completamento del triennio RTDa per partecipare ai bandi RTDb.
# Un fatto è che “l’uso” dei p.o. non è normato da leggi ma da circolari MIUR e l’ultima disponibile – operativa per il 2015 – non contempla apertura di posizioni senza copertura di p.o. (si veda commento di F5 piu sopra).
Aggiungo che non ho letto nei commenti delibere di alcun CDA che nel 2015 abbia aperto posizioni RTD senza copertura di p.o.
***
La situazione di tanti colleghi RTDa è davvero difficile e – ripeto, parlando a titolo personale ma anche di componente CUN – la emergenza del sistema è costantemente denunciata. La richiesta di un piano straordinario di ricercatori è una altra costante.
Ma non basta – non basta se non si cambia la norma come è evidente da quanto si legge nel commento sopra:
” Possibile che gli Atenei Italiani abbiano assunto tanti RTDa, selezionandoli con un concorso quasi “da PA” e che ora cerchino altrove i nuovi futuri PA?”
Risosta: SI … ed è pure ragionevole perchè, con totale rispetto per tutti i colleghi RTDa, di fatto molto spesso si è usato lo strumento RTDa tutt’altro che per avviare un giovane collega verso posizioni permanenti. E’ una cosa positiva ? NO, ma errori, novità della figura, impreparazione del sistema, anche ovviamente interessi di parte … molteplici fattori hanno prodotto questo stato di cose, e tuttavia uno è stato determinante per il danno creato: la norma che regolamenta la figura dell’RTDa … la 240.
Questo vuole essere lo spirito dell’articolo – nessun esperimento sociologico, ne terzi fini autocontraddittori tra l’altro – ma far ragionare su come stanno le cose, su come incida una norma e su come superarla per l’interesse innanzitutto di chi oggi e domani tale norma subisce.
E un possibile superamento è nella proposta CUN del professore iunior.
Tutto questo premesso, tengo a chiarire che CERTAMENTE chi oggi subisce la condizione a conto alla rovescia da RTDa merita tutta la nostra attenzione ed ha la mia (per quanto possa contare) solidarietà. Ma questi colleghi oggi saranno aiutati solo da una vera iniezione di risorse nel sistema e non certo dalla difesa della 240.
Ne tantomeno dalla chiusura dei bandi per RTDa …
” Possibile che gli Atenei Italiani abbiano assunto tanti RTDa, selezionandoli con un concorso quasi “da PA” e che ora cerchino altrove i nuovi futuri PA?”
mi scuso era:
Ne tantomeno dalla chiusura dei bandi per RTDb ai soli RTDa…
” Possibile che gli Atenei Italiani abbiano assunto tanti RTDa, selezionandoli con un concorso quasi “da PA” e che ora cerchino altrove i nuovi futuri PA?”
Gentile Dott. Pezzella,
credo che esistano veramente pochi precari della ricerca, siano essi assegnisti, RTD, o “diversamente precari”, che intendano difendere la legge 240. Personalmente ritengo che sia una legge pessima, della quale non salverei nulla.
Vorrei chiarire che quando in un mio precedente post ho sollevato delle obiezioni alla modifica che si vorrebbe introdurre con il DDL S. 1873, non intendevo assolutamente difendere la dinamica di reclutamento introdotta dalla 240.
Il mio intento era solo di far notare come tale modifica (nella stesura disponibile online) permette anche ad assegnisti NON ABILITATI, di accedere a posizioni di tipo RTDb.
Ripeto quanto scritto in precedenza: se viene data la possibilità di far accedere ai bandi RTDb anche gli assegnisti post-Gelmini, nel lungo periodo quale università continuerà a bandire posizioni di RTDa (che lo ripeto, sono più costose, incidono sui punti organico, richiedono un “impegno” almeno triennale, ma danno un po’ più di garanzie ai precari)?
In attesa di un riassetto completo delle figure pre-ruolo, che tutti auspichiamo (ma che potrebbe richiedere tempi molto lunghi), non vorrei che si riuscisse nel difficile intento di peggiorare la legge 240.
Caro Pinchera come sottolineato nell’articolo e ripetuto piu volte nei commenti – il difetto della attuale condizione trova la prima origine nei compiti uguali e prospettive diverse di “a” e “b”.
Semplifico, gli assegnisti non possono realmente essere utilizzati al “posto degli RTDb” cosa invece possibile per gli RTDa.
A dispetto di apparenti garanzie in piu, bandire RTDa è a danno chi poi prende queste posizioni utili a coprire esigenze strutturali e formali ma “senza impegno”. Copertura non immediata, se non impossibile, con gli assegnisti.
Se dopo gli assegni si fosse di fronte alla “tenure” direttamente (proposta professore Iunior) questo sarebbe davvero a garanzia di tutti – soprattutto dei diretti interessati.
Io mi arrendo. Lei va spedito come un treno con questa litania. Buon viaggio
La tenure track all’amatriciana, come è stata chiamata, prevedeva un percorso di 3(+2)+3 anni per avere casomai la tenure finale da PA.
La differenza da a e b era (parlo già al passato, mi pare ormai si demolirà anche questo esperimento, è il “come” sta avvenendo che mi preoccupa o mi rassicura invece: non cambia mai nulla) che l’ “a” doveva farsi le ossa, dal punto di vista scientifico soprattutto, mentre il “b” doveva completare l’ossatura e poi certificarla con l’ASN.
Il percorso diviso tendeva a precarizzare maggiormente questo percorso, e a fornire più candidati (comunque RTDa, quindi con tutele e mansioni simili) per il ruolo seguente, nel quale si poteva effettivamente accedere alla tenure tramite ASN.
Non si prevedeva un abuso del ruolo, data la differenza di costo rispetto all’assegnista. E in effetti i numeri dicono che gli RTDa non sono una valanga.
.
I dati ASN 2012 parlano di 6000 abilitati a PA precari, ma bisogna vedere poi quanti di questi sono assegnisti pre-Gelmini, gente che sta all’estero con altri (magari fior di) contratti, ricercatori CNR (che erano presenti in grande numero) ecc… Cioè, il dato va considerato criticamente, com’è ovvio.
Mi sorprende che a monte di un decreto del genere allora non ci siano questi numeri e queste analisi per giustificarne l’urgenza casomai.
Chiaramente è ironico, perché chi si è sciroppato consigli per più di un decennio sa bene cosa succede quando arriva la torta da spartirsi ogni anno e tutti vogliono stare in prima fila e sono pronti a sgomitare e a “chiagnere” perché c’è chi si è preso un pezzo di torta in più, levandoglielo anche quando non ha ragione.
Non so perché, ma qualcosa mi dice che senza il vincolo “RTDb/2 PO” questo decreto e tutti i discorsi ai quali ora assistiamo sui massimi sistemi non ci sarebbero stati.
Ma, per carità, col beneficio del dubbio.
Ad maiora, come si dice!
Caro Pezzella,
rileggendo i vari post mi sorge una domanda: se la proposta legislativa nasce dal presupposto di ampliare i requisiti di partecipazione agli rtdb a chi ha già conseguito l’abilitazione, il che porta comunque a delle storture rispetto alla ratio di una norma che fa acqua da tutte le parti, a che serve aggiungere anche gli assegnisti post-Gelmini? La condizione del conseguimento dell’abilitazione includerebbe già tutti, se la proposta di modifica è orientata a dare più opportunità ai “precari” non strutturati.
A mio avviso sono due cose distinte. Non aggiungo altro sull’incongruenza di aggiungere gli assegnisti post Gelmini, poichè altri prima e meglio di me hanno sviscerato il problema.
Il ragionevole dubbio di Lilla è lo stesso di tutti noi. Anch’io ho chiesto il dato scomposto. 6900 abilitati non strutturati non significa niente, ma soprattutto non è detto che si parli di precari.
Francamente, dei precari non è mai importato molto a nessuno.
Ritorna una “difesa” della 240:
“La differenza da a e b era (parlo già al passato, mi pare ormai si demolirà anche questo esperimento, è il “come” sta avvenendo che mi preoccupa o mi rassicura invece: non cambia mai nulla) che l’ “a” doveva farsi le ossa, dal punto di vista scientifico soprattutto, mentre il “b” doveva completare l’ossatura e poi certificarla con l’ASN.
Il percorso diviso tendeva a precarizzare maggiormente questo percorso, e a fornire più candidati (comunque RTDa, quindi con tutele e mansioni simili) per il ruolo seguente, nel quale si poteva effettivamente accedere alla tenure tramite ASN.
Non si prevedeva un abuso del ruolo, data la differenza di costo rispetto all’assegnista. ”
240 che allo stesso tempo si definisce alla amatriciana
non è chiaro allora cosa ci sia da difendere nella attuale impostazione
Perchè (per chi) è meglio che esista una fiugra con compiti di fatto identici a figure altre, ma da queste distinta per la mancanza di aspettative quantificabili (anche minime) di accesso tempo indeterminato ?
Che il re sia nudo l’abbiamo capito da tempo. È però interessante vedere i vari tentativi di arrampicarsi sugli specchi.
Per quel che vale il mio parere, le argomentazioni di Pezzella sono tutt’altro che arrampicate sugli specchi. Del tutto comprensibile il tentativo di evitare l’allargamento della platea dei potenziali concorrenti, ma le criticità di sistema evidenziate da Pezzella sono reali.
Caro Pezzella,
bisogna farsene una ragione. Nessuno difende la 240, ma una volta che in giro ci sono diverse creature da essa generata che facciamo? Facciamo finta che non esistano? Svuotiamo di significato il loro ruolo? O tutti insieme – specialmente confrontandosi coi diretti interessati – si cerca di trovare e proporre delle soluzioni che però cerchino anche di evitare macelleria umana gratuita sule persone?
Mi spiace dirlo, ma chi ha un contratto a tempo indeterminato difficilmente potrà comprendere ( ad eccezione di Lilla) le ragioni di chi vive senza sapere cosa sarà del proprio futuro, di chi deve trottare ogni giorno tra ricerca e didattica. Per questo è necessario un confronto. Quanto prima. Anziché proporre chissà per quale ragione la modifica di un articolo di legge.
a quel punto. Cassiamole proprio queste figure ripristiniamo l’rti.
Gli RTDa non sono i soli a trovarsi in quelle condizioni e le stesse identiche parole potrebbero essere pronunciate da chi, pur avendo capacità, esperienza e titoli, non può accedere alle procedure RTDb.
Lo stesso discorso vale per i PA? Noooo, quelli non si toccano, sono SOLO per gli ELETTI. Eppure tanta gente ha i titoli, l’esperienza… Comodo davvero fare dell’etica sindacalista con chi sta sotto e conservare gelosamente lo status quo dei propri privilegi. DNA batonale non mente… Negate sfacciatamente il ruolo e l’iter. La discussione sta diventando davvero ridiicola e imbarazzante. Noi abbiamo lo stesso tempo vostro a disposizione per dedicarci a sterili discussioni. Invito i colleghi a proseguire il discorso in altre sedi e con persone più idonee sia a capire, prendere atto e disposte a un sincero e serio cambiamento. Come si dice in questi casi: è stato in piacere… capire 2 o 3 cose (che a dire il vero già sapevamo). Esternarli è stato un bene. Questo l’unico dato positivo. Almeno sappiamo che il Prof. Pezzella e i suoi amici non sono i nostri migliori interlocutori.
Alessandro, per me si continuano a mescolare i piani del discorso.
Vogliamo parlare di a e b e del professore junior? Va bene, facciamolo.
Qui invece mi pare che si parli di un’interpretazione della legge Gelmini, non sempre supportata da fatti o argomenti convincenti, per difendere un decreto che è uscito fuori all’improvviso senza una vera ragione. E che, per tutti i motivi detti, non sembra casomai per nulla costituire un miglioramento della suddetta legge.
Benché, ribadisco, la cosa non mi stupisca più di tanto. I know my chickens :-)
“Del tutto comprensibile il tentativo di evitare l’allargamento della platea dei potenziali concorrenti, ma le criticità di sistema evidenziate da Pezzella sono reali.”
Eh no, caro Giuseppe DN, quest’affermazione fa veramente un torto grosso a tutti gli RTDa e non soltanto a loro.
Chi in questi 5 anni si è adeguato alle regole procurandosi un contratto RTDa è allora un ricco o un fesso. Con “ricco” si intende poi qualcuno che ha trovato un fondo esterno, senza considerarne l’impegno e la fatica e il fatto che comunque avrebbe dovuto difendere il suo candidato per avere gli 0,5 po.
Dei fessi cosa dobbiamo dire?
Non ho nulla da guadagnarci in questa discussione, ma naturalmente non sono anche qui, su questo sito, a scrivere solo per tirare acqua al mio mulino. Grazie c_s per dirlo. E non sono l’unica, perché ho almeno due colleghi che in queste uniche due tornate di concorsi avute finora si sono messi da parte per chiedere delle posizioni RTDa. Dando un contratto degno e la possibilità di carriera ai oro precari.
Sono fessi.
Per non dire degli RTI come me, esclusi dai contratti RTDb, forse perché i diritti ormai li hanno stramaturati? Ma sono d’accordo e non chiederei di mettermi in competizione con gli RTDa in questo modo.
Sono in fila e aspetto diligente, come altri. Ma è vero, io ho un posto a tempo indeterminato e aspetto i miseri 0,2 solo perché, considerando anche gli stipendi bloccati, ormai sono diventati troppi i diritti negati.
Se fossi già PA non chiederei nulla.
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Mi spiace, dunque, ma stavolta dissento completamente dalla linea di ROARS e anche da certi argomenti, fortemente ingiusti a mio parere, che si stanno utilizzando.
Complimenti Lilla. Con due semplici righe, hai saputo riassumere quello che molti di noi, in modo confuso (per dirla alla Pezzella, dall’alto del suo piedistallo), stanno cercando di dire, ma che viene respinto con ostinazione.
Domanda: perché mai un abilitato non strutturato dovrebbe voler competere per un posto rtd b quando può direttamente accedere ai concorsi per associato?
Caro LAB potresti darci il tuo punto di vista?
Forse perché finora la maggior parte dei concorsi “liberi” sono stati vinti da rti?
E allora il problema vero sono le risorse.
Sperò che invece ci possiate fornire i dati dettagliati dei 6900 abilitati non strutturati. .
Il tema che affronta l’articolo (come riportato in un precedente commento di chi scrive 14-6 e nello stesso commento cui fa seguito questa lista di risposte):
“Detto questo – e premetto che ci sta tutta la sensibilità alle risorse (Il CUN da anni le chiede) e alle condizioni personali – il tema che si pone nell’articolo è il fallimento normativo, il fallimento della (ipoetica) “ratio del legislatore”.”
“Questo vuole essere lo spirito dell’articolo – nessun esperimento sociologico, ne terzi fini autocontraddittori tra l’altro – ma far ragionare su come stanno le cose, su come incida una norma e su come superarla per l’interesse innanzitutto di chi oggi e domani tale norma subisce.
E un possibile superamento è nella proposta CUN del professore iunior.”
La chiusura dell’articolo dice chiaramente che serve una revisione organica dei meccanismi che precedono il “tempo indeterminato”.
Interpretazioni della 240 da parte di chi scrive non compaiono, a meno che non si intenda per “interpretazione” la elencazione dei guasti prodotti
In non pochi commenti – non di chi scrive – compaiono riferimetni alla ratio della legge
Leggendo molti dei commenti all’articolo (che condivido, sostanzialmente, in toto) mi cadono veramente le braccia…
La legge 240 ha tantissimi problemi su cui siamo credo tutti d’accordo. Il problema maggiore è quello del sotto (inesistente) finanziamento e del blocco in ingresso di giovani ricercatori.
Detto questo, faccio veramente fatica a seguire i ragionamenti di chi si trova ad avere una posizione da RTDa e che si oppone contro una parte grottesca della norma che tutela “pseudo-categorie” (A.R. pre Gelmini e RTDa attuali) che si differenziano solo per norme e molto poco per contenuto. A maggior ragione data l’assoluta non linearità dei percorsi in Italia e la coesistenza di un sacco di figure precarie nate con normative diverse e con ruoli sovrapponibili.
Tanto per farvi il mio esempio personale: ho una posizione “formale” di assegnista 240 dal 2012. Attualmente sono a Stanford con una individual fellowship Marie Curie fino al 2016 (visto che i contratti RTD per tutta una serie di ragioni sono in pratica incompatibili con le Marie Curie) e ho l’abilitazione per il mio settore.
Quando ho raccontato ad un collega che al mio ritorno in Italia probabilmente non avrei potuto partecipare a concorsi tenure track da assistant professor pur avendo l’abilitazione a professore associato ci ho messo circa un ora a spiegarli la situazione.
Caro LAB,
innanzitutto complimenti per i risultati conseguiti.
ci dicono di non fare esempi personali poichè il tuo o ad esempio il mio caso possono costituire delle eccezioni rispetto al sistema.
Ad esempio io ho conseguito l’abilitazione da nn strutturata e nello stesso anno ho preso servizio come rtda, non ho i requisiti per rtdb (perché nel mio dipartimento molti assegni pre gelmini erano su fondi esterni ed il mio settore non ne aveva) e nel frattempo che li conseguo, partecipo ad un concorso e prendo servizio come rtdb mi scade l’abilitazione.
Quindi prescindendo dal tuo o dal mio caso, il discorso secondo me deve essere impostato da un punto di vista generale e quanto più imparziale. Come dicevo in uno dei miei precedenti commenti io sarei la prima a beneficiare di questa proposta normativa. Ma non la condivido, non ne condivido le ragioni e non condivido la non volontà di un confronto con le figure interessate.
Detto questo, in bocca al lupo a tutti noi.
Ne abbiamo veramente bisogno.
Scusate la punteggiatura… il t9 del telefono è un incubo
Caro LAB,
ci sono molte cose difficili da spiegare ai colleghi esteri sullo stato dell’università italiana.
Io, per esempio, ho dovuto spiegare come la commissione (del SSD 09/H1 in cui ti sei abilitato) mi abbia negato l’abilitazione a PA nonostante avessi in comune oltre il 90% di articoli con un altro candidato abilitato a PO
(tra l’altro io superavo ampiamente le mediane di PO).
Ho dovuto spiegare come mai, io con un CV di tutto rispetto sia stato “bocciato” (SSD 01/B1)e come un altro candidato con paio (veramente un paio) di articoli su rivista sia stato abilitato e pochi mesi dopo abbia vinto un posto di associato.
Oppure ho trovato (e trovo tuttora) difficoltà a spiegare come la commissione 01/B1 mi abbia negato l’abilitazione nonostante i giudizi individuali dei commissari molto positivi(migliori di molti abilitati)
e la risposta del presidente della commissione , in pieno stile baronale, per giustificare la “schifezza” sia stata “il giudizio collegiale non è la media dei giudizi individuali, ma rappresenta il report di una discussione nella quale emerge una posizione maggioritaria che viene assunta dalla commissione nella sua interezza e che non necessariamente si rappresenta come composizione lineare dei pareri dei singoli.”
Come lo spieghi questo a un collega estero?
Penso che queste storture non siano riconducibili alla legge Gelmini, ma alla morale di “alcuni” docenti universitari. D’altronde, gli ultimi tre ministri provengono dall’Università, e penso siano riusciti nell’arduo tentativo di peggiorare quanto fatto dalla Gelmini.
Per cui ripeto, l’abilitazione non è garanzia di nulla (con questo non voglio dire che tutti gli abilitati siano scarsi, ho visto colleghi bravi essere abilitati così come altri altrettanto bravi bocciati), e poi chi ha l’abilitazione dovrebbe quanto meno ambire direttamente alla posizione per cui si è abilitato. O mi sbaglio?
Infine vorrei sottolineare come la mia posizione personale (come penso quelli di altri colleghi RTDa) non sia volta a creare scontri con gli assegnisti (come “previsto” dal collega Pezzella) ma semplicemente a dire: ci sono le regole? c’è una legge? Per una volta rispettiamola, non come fu per l’abilitazione dove i vincoli iniziali furono rilassati (da Profumo) per permettere alle commissioni di operare indisturbate senza, di fatto, alcun rischio.
Poi sinceramente, e concludo, trovo profondamente ingiusto, sostenere prima “sistemiamo” gli abilitati e poi si pensa al resto (travisando la legge, adattandola alle esigenze personali, in pieno stile italico). Posizione sostenuta, non sono da alcuni membri di ROARS e Pezzella (come chiaramente emerge dall’articolo e dall’ostinata difesa dello stesso) ma ampiamente condivisa da buon parte del mondo accademico (ovviamente abilitato).
Motivo per cui, forse, dal 2013 non si hanno più ASN e di fatto non si sa quando sarà (se mai ci sarà) la prossima!
Ma di fronte a questa drammatica verità, questi “giustizieri sociali” che leggiamo, paladini dell’equità…, che dicono? Dal CUN che posizioni si sono prese? Indignate? Tanto per capire se esiste un po’ di coerenza…
Caro cspampin, all’estero ridono di noi. Da tempo! Su tutto.
Spero però LAB che tu abbia avuto meno difficoltà a spiegare al tuo collega che, nonostante tu sia stato abilitato e adesso stai usufruendo di una prestigiosa borsa di studio, la legge italiana che in teoria ti spalanca le porte per partecipare direttamente al concorso per associato, di fatto poi da luogo ad altri esiti.
Caro cspampin,
concordo che le storture difficilmente spiegabili all’estero sono veramente molte. Detto ciò, ribadisco che la parte della norma che verrebbe modificata va a favore semplicemente della maggiore partecipazione di altri precari con pari anni di esperienza (tre anni con qualunque contratto). Questo al di la dell’abilitazione. Il fatto che un abilitato attualmente non possa partecipare ai bandi RTDb amplifica l’assurdità della norma ma il problema sostanziale è che, così come era scritta, è evidentemente ingiusta. “Premia” categorie nate da norme, da situazioni particolari e non la sostanza. Questo si che è veramente un malcostume italico.
L’effetto concreto qual’è? In modo totalmente casuale uno può partecipare perché ha cumulato tre anni di vecchi assegni – magari perché non aveva avuto la borsa di dottorato e quindi era stato pagato con assegno, candidati che hanno fatto tre anni di postdoc all’estero possono partecipare ed un collega italiano con tre anni di Gelmini no (ma per quale motivo questo dovrebbe avere un senso scusate?), RTDa che di fatto si differenziano per mansioni solo per la componente didattica possono partecipare e gli AR Gelmini no (magari pur avendo più anni di esperienza/precariato alle spalle). Molti settori scientifici non avendo di fatto fondi esterni hanno potuto bandire molti meno RTDa di altri, per cui in tutti quei casi il numero di ricercatori con molti anni di esperienza alle spalle senza RTDa è elevatissimo. Etc etc…
Via, parliamoci chiaro, l’unico motivo per cui si può valutare negativamente l’allargamento della lista dei partecipanti è ovviamente perché così ci sarebbero più concorrenti. Ma per favore allora tiriamo fuori solo questa come motivazione perché tutte le altre sinceramente hanno poco a che fare col senso di giustizia o la difesa di diritti e rappresentano (queste si) un tentativo di arrampicarsi sugli specchi.
Caro Ballan,
ti chiedo: perchè un non strutturato abilitato chiede di poter essere ammesso a procedure RTDb e non partecipa a quelle per Professore Associato, per le quali il conseguimento dell’Abilitazione Scientifica Nazionale è requisito?
Se tutti abbiamo il coraggio di ammettere la verità, forse finiremmo di fare la guerra tra poveri ed inizieremmo a chiedere interventi di carattere generale e non legati alla contingenza attuale (devo bandire i posti di PO, devo quindi bandire RTDb, con l’ASN bloccata meglio “liberalizzare” i requisiti di accesso all’RTDb).
Altro che arrampicarsi sugli specchi! Credi veramente che dei precari importi a qualcuno???? Chissà quali interessi si celano dietro questo DDL. Ci hanno sempre usato per arrivare ad altro. Adesso fanno leva sugli assegnisti e li mettono contro gli RTD.
Quale sarà la prossima mossa?
A me questo DDL sembra l’ennesimo cavallo di Troia. Ma potrei sbagliarmi. Anzi. Spero di sbagliarmi. Ma i discorsi e dalle risposte date finora mi sembrano non particolarmente esplicativi.
Continuo però a chiedere, visto che adesso stiamo parlando dei “non di ruolo” abilitati. Quanti sono i precari tra questi? E quindi, quale è la definizione di precario? Assegnista 240? Abilitato non strutturato?
Riuscissimo a fare un po’ di chiarezza sull’argomento per capire questi 6900 chi sono: RTDa, RTDb, RTD Moratti, assegnisti (pre e post 240), docenti a contratto, ricercatori del CNR, Dipendenti Pubblici, Liberi Professionisti.
Come si scompone il dato?
Piu’ leggo i commenti di chi difende il DDL con questa idea che il concetto di “allargare la partecipazione ai bandi RTD_b” sia la panacea per tutti i mali, piu’ mi chiedo se l’errore fondamentale della 240, non sia stato aprire l’abilitazione a chi non aveva i requisiti per accedere ai bandi RTD_b.
Il problema dei concorsi universitari pre e post Gelmini, non e’ il numero dei partecipanti, ma che, tranne casi rarissimi, i bandi escono quando e’ gia’ stato individuato il vincitore.
Ma non vi viene il dubbio che lo scopo del DDL sia incrementare la platea dei “vincitori designati” invece che la trasparenza dei concorsi?
Caro Ballan,
ho riletto quanto da te scritto. Scusami ma non sono d’accordo su diversi punti.
1. L’abilitazione ti da titolo a partecipare al concorso per Associato (quindi un posto a tempo indeterminato), quindi perché preoccuparsi di accedere ad una posizione a tempo determinato di ruolo inferiore?
2. L’ RTD (a o b) NON è un assegnista che si differenzia solo per mansione didattica. L’RTD è uno strutturato a tempo determinato che, nel periodo del contratto, ha gli stessi obblighi/doveri degli strutturati (ha l’obbligo della didattica, partecipa con diritto di voto ai consigli di dipartimento, elegge il rettore, elegge i componenti del cun, viene conteggiato nei requisiti minimi dei corsi di studi, svolge attività di ricerca propria e non è assoggettato ad un tutor –come nell’assegno, etc… potrei continuare con l’elenco all’infinito, ha alcune limitazioni nelle sue attività dovute principalmente alla durata del contratto). Quindi mi dispiace per i fautori di questa presunta uguaglianza che nei fatti non c’è. Se poi negli atenei si continua ad abusare dell’ultima ruota del carro (ad esempio sovraccaricando gli RTD di CFU), quello è un altro discorso.
3. Andiamo indietro nel tempo: la Gelmini (o chi per lei) decide di eliminare la figura del ricercatore a tempo indeterminato. Poteva fermarsi lì. Visto che si potevano utilizzare degli assegnisti obbligandoli a fare didattica. Ed invece NO. Istituisce questa figura del Ricercatore a tempo determinato prevedendo due tipologie di contratti: a) e b). E’ evidente in questa scelta, probabilmente la più scellerata di tutta la legge, la volontà di evidenziare le tappe di coloro che si accingono ad intraprendere la carriera accademica.
A partire dal 31 gennaio 2011, il neo dottore di ricerca sa quali sono le tappe per tentare la carriera accademica, il primo passo è la partecipazione al concorso di tipo A e, dopo i 3 anni, può già partecipare al concorso di tipo B.
E tutti gli altri? Il cosiddetto precariato storico che è stato falciato da questa legge che fine fa? L’avere incluso anche gli RTD Moratti e gli assegnisti pre-Gelmini a partecipare al concorso di tipo B era volta (secondo la logica del legislatore) ad aiutare tutti i vecchi assegnisti (pre Gelmini) e post-doc a transitare verso questa nuova figura senza “perdere” altri 3 anni.
4. Il ricercatore B ha tempo 3 anni per conseguire l’ASN.
Se il legislatore avesse voluto trasformare il posto di RTD in un concorso per Associato, avrebbe messo come requisito avere l’abilitazione nazionale. Del resto vi chiedo: che senso ha chiedere un requisito per una posizione di categoria inferiore? Se c’è un concorso per geometra, anche se sono ingegnere, io non posso partecipare. Ma in qualità di ingegnere partecipo ai concorsi per cui il mio titolo è spendibile. Lo stesso ragionamento lo dobbiamo applicare alla 240: il legislatore aveva previsto che il 50% delle risorse per associato dovessero servire per le promozioni degli RTI, il 30% per i concorsi liberi, il 20% per esterni, in qualche modo pensava che in teoria in quel 30%+20% sarebbero andati a confluire gli abilitati non di ruolo.
Qui il problema reale è un altro: quando le risorse sono arrivate, giustamente tutti gli RTI abilitati hanno chiesto la meritata promozione. E nessuno ha battuto ciglio. Nessuno dei precari è riuscito a far valere la propria voce. La conseguenza è stata che di fatto quel 50% si è trasformato, nella maggior parte dei casi, in 80% e, ciò nonostante, le risorse non sono bastate per tutti.
Quasi esaurito il piano associati, adesso tocca agli ordinari, solo che al solito, quel legislatore folle, cosa ha fatto, ha vincolato le nuove posizioni di ordinario a quelle di rtdb. Qui il vincolo è stringente. Dopo l’ultima variazione alla 240 il rapporto è 2 ordinari 1 RTDb. E qui si arriva finalmente al punto. La fase di stallo dell’ASN ha creato una situazione paradossale di una serie di RTD pronti a concorrere ad una procedura che chissà quando si sbloccherà e una serie di ordinari che scalpitano, anche questi giustamente, per la progressione di carriera. Ora, siamo nel 2015 e bene o male per la fine del 2015 molti RTD questi requisiti saranno raggiunti dai più, ma già molti ricercatori Moratti hanno raggiunto i requisiti di accesso alle posizioni di tipo b. Consideriamo anche i vari post-doc, assegnisti pre-Gelmini pronti a partecipare alle posizioni di tipo b. Vorrei sentire il loro punto di vista. Perché sarebbero loro, la generazione dei quarantenni, i più danneggiati da questo DDL, come si suol dire: cornuti e bastonati.
In questo panorama così complesso c’è un’altra variabile che entra in gioco: blocco della procedura dell’ASN. Non ci è dato sapere se e quando e con che modalità ripartirà. Questo rende ancora più precaria la posizione di chi, per vari motivi, ancora l’abilitazione non l’ha in saccoccia. Specialmente gli RTDa il cui destino è segnato: RTDa +RTDb ma nei 3 anni dell’RTDb devi conseguire l’abilitazione.
E allora, anziché adoperarsi affinchè l’ASN riparta il più presto possibile garantendo un’opportunità a questi (non più) giovani RTD si scelgono le vie brevi: facciamo accedere alla posizione di RTDb coloro che hanno già conseguito l’abilitazione così non abbiamo bisogno di aspettare che si concludano i primi contratti di RTDa e partiamo con i concorsi di RTDb. Del resto se apriamo agli abilitati salviamo anche i punti organico relativi alla posizione di Associato, visto che non sappiamo quando ripartirà l’abilitazione.
Poi se vogliamo chiamare in causa tutti con il termine generico precari abilitati e fornendo numeri non facilmente comprensibili ed interpretabili. Facciamolo. Ma almeno abbiamo il coraggio, come dice Ballan di dire la verità e non arrampichiamoci sugli specchi. Chi è ingabbiato volente o nolente in una posizione non ha scelta. Deve seguire un corso degli eventi che, pur nelle brutture della 240, sembrava avere una consequenzialità.
Allora la questione va guardata da un punto di vista più ampio. E’ giusto tenere in considerazione tutte le posizioni e cercare di trovare soluzioni quanto più eque. Il DDL in questione, diciamocelo in soldoni, vuole solo risolvere un problema contingente che si sarà verificato in qualche ateneo. Senza preoccuparsi della big picture. Della visione complessiva del problema. E allora, fin quando non saremo in grado di metterci nei panni dell’altro, non ci meriteremo altro che una legge e delle modifiche che fanno acqua da tutte le parti.
Caro c_s, non comprendo il tuo essere duro e puro circa la non condivisione delle proposte contenute nel DDL in questione. Capisco che alcuni aspetti della normativa saino criticabili ma io sono un precario non strutturato, medico con due specializzazioni, un dottorato e due abilitazione a PA. Bene, se non introdurranno il criterio che chi ha un’abilitazione per una posizione funzionale superiore (PA) possa partecipare in deroga a tutte le regole (demenziali) ad un posto per RTD-b, allora quelli come me non avranno alcuna possibilità. Faccio presente che i criteri attuali per l’accesso ad un RTD-b sfavoriscono palesemente molti settori MED poichè non è prassi comune che un laueato in medicina e chirurgia faccia poi un dottorato o degli assegni di ricerca. Piuttosto seguiranno corsi di specializzazione mediche che gli permetteranno di poter sfruttare i titoli in ambiti lavorativi ospedalieri. Quindi come facilmente puoi comprendere noi non avendo criteri di questo tipo (eccetto la possibilità di essere RTDa) siamo oggettivamente penalizzati.
Caro Giovanniluca, capisco e condivido il tuo punto di vista. Ma allora sarebbe stato più giusto se i tentativi di derogare la legge fossero andati nella direzione di dire “apriamo a chi ha (faccio un esempio superficiale) almeno tre anni di esperienza post-doc, o post specializzazione e l’abilitazione”. A quel punto se metti insieme esperienza accumulata, abilitazione e pubblicazioni, la capacità si evince e basta. (certo, resterebbe il problema che a noi hanno detto che per prendere l’RTDb serviva l’RTDa…per poi cambiare le regole in corsa, senza nessuna salvaguardia.)
Il problema è che invece aprendo all’assegnista post gelmini si arriverebbe appunto al paradosso che un collega fresco di phD (senza borsa, e quindi con un assegno) possa partecipare ad un RTDb. Ancor più paradossale che potrebbe partecipare quello classificatosi 4, 5 ….decimo, al concorso di dottorato (quindi senza borsa e quindi con assegno) mentre i primi clasisficati (quindi con borsa) non potrebbero…
Caro Giovanni,
ovviamente il mio è un punto di vista personale, scaturito dalla mia esperienza.
In tutta onestà, la mia sensazione è che il DDL serva solo a confondere ancora di più le acque. Come hanno ben chiarito diversi interventi precedenti tra cui quello di Lilla e di Valentina.
Tant’è che non tiene in considerazione la possibilità di avere correttivi per le figure degli RTD a o Moratti.
Le premesse da cui muove sono fuorvianti. Perchè non affronta invece il reale problema dei precari non strutturati abilitati. Attenzione parlo di “precari”.
A tal fine vorrei ancora capire come sono suddivisi i 6900 abilitati non in ruolo, questo potrebbe realmente far chiarezza sulla reale situazione. Tra questi non in ruolo ci stanno anche dipendenti delle università, del CNR e quant’altro. Magari saranno pochi. Ma quanti sono?
Mi spiego: perchè mai un abilitato che può direttamente concorrere alla posizione di Professore Associato dovrebbe sperare/volere invece che il titolo conseguito gli dia la possibilità di concorrere per una posizione inferiore?
Purtroppo credo di avere la risposta alla domanda: mi piacerebbe sapere quanti concorsi “liberi” abbiano contribuito ad immettere nuova linfa al sistema, quanti invece siano stati vinti da non strutturati.
Tu, io e altri abbiamo conseguito l’abilitazione e siamo pronti ad affrontare il concorso per associato. Siamo però visti come spettri che tentano di “rubare” la giusta e meritata progressione di carriera degli RTI.
Allora il problema è la mancanza di risorse immesse nel sistema. Il piano Associati serviva alle progressioni di carriera degli strutturati. Dei non strutturati, dei precari non è mai importato molto a nessuno. E’ brutto dirlo ma è così. :-(
Nessuno di voi ha mai sentito pronunciare nei corridoi, si va a concorso libero ma non si deve bruciare nessun (maledetto) punto organico ?
Non solo. Chi è stato spiazzato dalla 240 se ne è fatto una ragione. In poco tempo sono cambiate totalmente e (direi) drasticamente le prospettive del proprio futuro, ma se ne è fatto una ragione.
Sa che ormai gli step della carriera sono rtd a>rtdb> entrambe a tempo determinato e PA.
Non solo, sulla base della prima versione della procedura dell’ASN, se si veniva bocciati non ci si poteva presentare per le successive due tornate. E, molti rtda hanno proceduto con prudenza confidando nel regolare andamento delle cose. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Il punto è che qui non si sta difendendo la 240 o la posizione dell’RTDa ma si sta chiedendo di non cambiare continuamente le regole del gioco, perchè fai in tempo ad adattarti e a (spesso) rassegnarti che qualcuno rimescola tutto.
Io sono stata abilitata prima ancora di diventare RTDa, conti alla mano, sarei la prima a beneficiare di questo DDL. Ma non mi piace, non mi piace che si continui a strapazzare (forse prendere in giro è l’espressione più adatta) l’unica generazione che è stata e continuerà ad essere danneggiata dalla 240.
Quello che mi fa esasperare è che:
anziché pensare a fare ripartire l’ASN, qualcuno rimescola le carte;
anziché denunciare che un non strutturato abilitato, per come sono congegnati i concorsi per Associato, ha poche possibilità di farcela, qualcuno scatena la guerra tra i poveri.
Affossando ancora di più la precaria condizione degli RTD.
Gentile Dott. Pezzella,
al di là dei toni, che a volte sono stati un po’ troppo concitati, lei ha il merito di aver aperto un’animata discussione su quello che si è rivelato un tema “bollente”, ed apprezzo molto il fatto che finora lei non si sia sottratto al dialogo.
A tal proposito le posso chiedere di chiarirmi perché afferma che <>, perché per come la vedo io un “assegnista con incarico di insegnamento” può esser usato come un eccellente tappabuchi, non costa p.o. e viene rinnovato annualmente e con poca spesa. Inoltre è “poco invasivo” in quanto non partecipa agli organi collegiali e alle elezioni (es. Rettore).
Ho una strana sensazione. L’unico scenario in cui una simile proposta di legge avrebbe senso, è quello in cui la macchina dell’asn dovesse rimanere bloccata per altri 2-3 anni. A quel punto si che avrebbe senso allargare la maglia dei requisiti di accesso a tutti gli abilitati nn strutturati.
Questo provocherebbe macelleria sociale gratuita poiché molti colleghi rtd confidano che la malefica macchina dell’asn riparta al più presto.
E allora, anziché inventarsi un nuovo cavallo di Troia dietro il quale chissà quali interessi si celano, chi può ed è nelle condizioni di farlo si impegni per far ripartire al più presto l’asn e, fino a quando questa non vada a regime, proponga una serie di azioni, un transitorio che trovi una soluzione per tutti coloro che sono in scadenza.
Questo il mio personale punto di vista
La macelleria sociale c’è già per chi non se fosse accorto. Ormai chi ha a cuore una carriera dignitosa va all’estero, e chi c’è già ci rimane. A me queste discussioni ricordano tanto i capponi di Renzo (va bene anche il plurale). Un piano straordinario finanziato con il blocco degli scatti, fondi nazionali spariti, turnover bloccato, laboratori in pezzi, e gerontocrazia dilagante. Parliamo di risorse.
Caro Angel,
hai ragione. Queste discussioni nascono dal fatto che fondamentalmente c’è un certo numero di abilitati “non di ruolo” che vorrebbe in qualche modo accedere alla legittima aspettativa di concorrere per la posizione di Associato. In teoria questa cosa era prevista dalla legge, nei fatti mi chiedo quanti “non di ruolo” sono diventati associati a seguito di un concorso “libero” (ex art. 18 comma1).
Allora il problema è quello delle risorse.
Cari tutti,
Anche se non sono intervenuto direttamente, ho letto tutti i commenti. Ieri si è parlato abbastanza di reintrodurre i ricercatori a tempo indeterminato al convegno di ROARS. Personalmente, la vedrei come la soluzione migliore e più semplice, anche se la proposta CUN del “professore iunior” non mi dispiace affatto.
Ecco la mia opinione:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06/20/universita-da-roars-la-proposta-di-reintrodurre-i-ricercatori-a-tempo-indeterminato/1797684/
Seguendo i vari commenti è evidente che dopo dopo una fase piu accessa (che dato il tema è piu che motivata) le varie considerazioni stanno contribuendo a formare una visione piu ragionata e ragionevole della situazione.
Riporto giusto la chiusura dellàrticolo prima di affrontare alcuni punti degli ultimi commenti:
” Una serie di azioni che evidentemente scaturiscono dalla necessità di superare le innumerevoli problematiche descritte, e che tuttavia costituiscono interventi episodici e non raccordati.
In tale scenario, la soluzione di consentire l’accesso ai concorsi RTDb a quanti in possesso di abilitazione è certo una misura positiva, ma solo come misura ponte nelle more di una sistemazione non più rinviabile dell’assetto giuridico dei ruoli universitari e in particolare di un riordino delle figure poste all’inizio della carriera: assegni di ricerca e ricercatori a tempo determinato.”
Lo scenario è complesso e non ci sono i “giusti” e gli “sbagliati” – esiste invece una norma che ha prodotto notevoli problematiche (non ü un caso la proposta di tornare a RTI di appena qualche girono fa al convegno ROARS) e che, se lasciata modificata, ne produrrà di più gravi.
Gli stessi colleghi – giustamente preoccupati delle proprie sorti in caso di modifiche normativa – riconoscono, nei commenti, che la attuale proliferazione di figure preruolo e la assenza di – per quanto minime – percentuali certe di accesso al tempo indeterminato per queste figure, rappresenta un criticità grave.
Se volessimo provare a trarre una sintesi di quanto emerso in questa discussione credo due punti sarebbero sufficienti:
1) PROPSETTIVE per chi svolge e ha svolto – in particolare da RTDa – negli atenei tutti i compiti che costituiscono il nostro essere universitari
2) SEMPLIFICARE il ginepraio normativo che oggi, tuttaßltro che costruire percorsi certi di ingresso in ruolo, offre solo punti di debolezza in cui si sviluppano cattive pratiche – vedi far svolgere compiti da professori a figure che con altissima probabilità saranno poi fuori dal sistema universitario – leggi RTDa e rispondo in parte a Pinchera, aggiungendo che per un corso di laurea non basta coprire gli insegnamenti, ma serve anche superare i cosiddetti requisiti minimi – e per questi – nonostante il recente DM (http://attiministeriali.miur.it/anno-2015/marzo/dm-27032015.aspx) gli assegnisti sono di molto piu difficile impiego.
I due punti di sopra devono essere affrontati subito ed in parallelo. Sono due priorità cui si deve la massima attenzione e vengo a quello che forse puo essere il terzo punto di sintesi:
3) LA POLITICA non puo fuggire davanti al fallimento della L. 240 – non si accampino scuse.
Di fronte ad una richiesta trasversale che va dalle lettere di protesta dei colleghi RTDa “appesi” (https://www.roars.it/sulle-prospettive-dei-ricercatori-futuro-in-ricerca/), alle parole del Capodipartimento MIUR Marco Macini (https://www.roars.it/mancini-miur-addio-mediane-arrivano-le-soglie-e-sul-jobs-act/) per non parlare delle analisi e proposte CUN (https://www.roars.it/superare-rtda-e-rtdb-con-il-professore-iunior-la-proposta-del-cun-sul-reclutamento/ – https://www.roars.it/raccomandazione-cun-su-ricercatori-di-tipo-b-e-asn/)
Di fronte a tutto questo, una politica che voglia essere Politica non puo ne sfuggire ne cercare soluzioni al ribasso magari per fare cassa (leggi Jobs Act).
Scusate io continuo a non capire su quali fatti si basi questa idea che non ci siano candidati sufficienti per gli RTDb.
Leggo nell’articolo:
“Ad esempio, solo gli Rtd-b possono entrare in ruolo, ma per diventare Rtd-b serve aver usufruito di un contratto Rtd-a.”
questo e’ semplicemente falso.
Si dica invece chiaramente che buona parte delle varie migliaia di non strutturati abilitati (5000?) hanno plausibilemente il criterio dei 3 anni di assegno pre-gelmini OPPURE tre anni di contratti all’estero
… e che entrambe le condizioni consentono l’accesso ai concorsi RTDb.
A livello di opinione personale credo “la soluzione di consentire l’accesso ai concorsi RTDb a quanti in possesso di abilitazione sia positiva” solo se gli anni di assegni”/post-doc esteri verranno valutati pienamente come titoli.
sono davvero lieto si sia arrivato a una conclusione positiva, dopo una settimana di acceso dibattito. Era necessario capire le criticità e la drammaticità di questo strano soggetto chiamato RTD (soprattutto A) per giunta privo di ogni sbocco e speranze senza ASN e legge adeguata. Spero avremo modo di dialogare nuovamente in futuro, cercando di imparare a crescere insieme, provando a capire e pensare senza pregiudizi. Ora mi sento più rappresentato. GRAZIE
Ma infatti…
Questo “spettro” dei pochi candidati RTD_b lo si agita soltanto perche’ si preferirebbe (per logiche stranote a chi frequenta i dipartimenti italiani da parecchi anni) poter “promuovere” ad RTD_b gente piu’ giovane, piu’ “legata” agli interessi (e agli ordinari) interni del Dipartimento.
Chi ha accumulato tanto postdoc da essere stato assegnista pre-Gelmini o postdoc all’estero da almeno 3 anni, e’ mediamente un soggetto “esterno”, che per motivi vari non e’ mai stato preso in considerazione nelle corsie preferenziali di scorrimento ad RTI (a suo tempo) o ad RTD_A in anni piu’ recenti.
Diciamolo chiaramente, costoro, ormai pieni di titoli (spesso abilitati) e con un’indipendenza scientifica (e non) ed un livello di esperienza piu’ che adeguato per una posizione di Associato tra 3 anni, sono malvisti e si preferirebbe trovare il modo di tenerli fuori da posti “succosi” come gli RTD_b.
I candidati ad RTD_b stante l’attuale normativa si potranno definire “pochi” solo quando i bandi cominceranno ad andare deserti. E al momento questo rischio non c’e’ proprio.
Quindi ricapitolando abbiamo:
– 3000/5000 ricercatori non strutturati abilitati e con i criteri per partecipare ai concorsi a posti di RTDb
– qualche migliaio di RTDa che tra poco inizieranno ad avere i criteri per concorrere a RTDb
– un bassissimo numero di concorsi RTDb banditi in questi anni nonostante gli obblighi di legge che li vincolano ai passaggi da PA a PO
– 20000 (?) assegnisti con contratti da “non-lavoratore” che non danno nemmeno diritto alla indennità di disoccupazione
– bandi per assegni che contengono già il vincitore e non attuano procedure di confronto fra progetti e CV dei candidati
…e in questo contesto la priorità è di aprire i concorsi RTDb a chi non ha gli assegni pre-Gelmini ?
Io credo che eliminare l’unica valvola di sfogo per il precariato “storico” (ovvero eliminare il vincolo dei tre anni pre-Gelmini) significherebbe non portare rispetto, per l’ennesima volta, al contributo che queste persone hanno dato all’Università. E non capire il contributo che persone motivate ed ormai indipendenti possono dare all’università stessa. Sarebbe una sorta di grande colpo di spugna sugli anni di precariato come a dire…grazie e arrivederci preferiamo forze più fresche (!!!)
Vedo che ci sono pochissimi interventi di persone che fanno parte di una delle due categorie che Alessandro Pezzella vorrebbe aiutare, cioè quei quarantenni che fanno ricerca da molti anni e hanno ottenuto l’abilitazione, ma non avendo per qualche motivo goduto di tre annualità di assegni pre-Gelmini non possono partecipare agli rtd-b.
Prendo un caso pratico (il mio, perdonatemi se mi preoccupo della mia sopravvivenza e non guardo all’orizzonte, cosa che si possono permettere di fare quelli che sono già a posto). Mi sono laureato 16 anni fa e da allora non ho mai smesso di studiare. Poiché gli assegni delle discipline umanistiche sono pochi, e si distribuiscono spesso a pioggia, ho due annualità pre-Gelmini, non tre. Nel frattempo ho avuto due altri anni di assegni da una fondazione, ma prima del dottorato, quindi non valgono; e inoltre mi sono arrangiato a fare il supplente nella scuola superiore, anche per dare retta a quei maestri che ritenevano che l’esperienza fosse utile e irripetibile dal punto di vista didattico (ma ora sono fuori da qualunque possibilità di riassorbimento nella scuola superiore); però intanto mi sono abilitato alla prima tornata e ho scritto, oltre a vari articoli, cinque libri, di cui due in lingua straniera (una media superiore a quella di molti associati).
Ecco, nella pratica io a quarantun anni non posso partecipare a un rtd-b. A quelli che mi chiedono perché non partecipo a un concorso da associato (credo retoricamente), rispondo che non conosco nessun concorso da associato in cui io possa presentarmi con un minimo di possibilità: esistono solo, oltre agli “scivolamenti”, quei cosiddetti concorsi “liberi” che in realtà sono banditi per una specifica persona che dev’essere al contempo ricercatore a tempo indeterminato e membro di quel dipartimento che bandisce, per non consumare risorse. Altro problema esiste nei concorsi per rtd-a, gli unici ai quali posso partecipare, ma dove l’abilitazione non conta nulla (recentemente sono stato “sconfitto” da una persona con diversi anni in meno di me e senza abilitazione senza che questo destasse alcun problema).
Allora che dovrei sperare? Un non abilitato con tre anni di assegno pre-Gelmini può partecipare a un rtd-b, io no. Mi pare ingiusto, e da sanare. L’abilitazione sarà pure stata una schifezza, etc. etc., ma sulla base di essa orde di ricercatori a tempo indeterminato stanno migrando all’associatura senza manco fare un concorso, o facendolo così pilotato che se si potesse scommettere sui posti come sui cavalli sarei milionario. A rigore, tale abilitazione attesta che io posso fare l’associato, ma nella pratica non posso accedere a un livello inferiore. Non va bene.
Ora, qualcuno mi dirà che stiamo parlando dell’argomento sbagliato, e che bisognerebbe affrontare il problema dei concorsi pilotati, oppure degli scivolamenti, oppure della selezione dei commissari totalmente manovrata a livello locale, o dello sblocco dei fondi, o del fatto che dei ricercatori a tempo determinato ci si preoccupa solo adesso in quanto la norma ha costretto chi spera di diventare ordinario a fare i conti con loro…. Beh, forse saranno tutte cose vere, ma questo non risolve il mio problema: ben pochi fra quelli che esercitano il potere desiderano la vera apertura dei concorsi, ben pochi vogliono abbandonare l’idea che l’anzianità sia un criterio fondamentale per la progressione di carriera, ben pochi di quelli che hanno un contratto a tempo indeterminato rinuncerebbero a qualche loro privilegio per trasformarlo in qualche diritto per dei “minus quam merdam” come noi. Allora mi si perdonerà se guardo il mio piccolo (che non mi sembra tanto piccolo) e approvo la proposta di Pezzella. Sarà pure una toppa su un vestito pieno di buchi, ma non vedo altre soluzioni percorribili e preferisco un vestito con un buco in più rattoppato piuttosto che morire in nome di un sacrificio collettivo che si richiede solo a noi.
Perdonami, ma dubito fortemente che Pezzella, e tutti quelli che sostengono il DDL, abbiano in mente di aiutare persone nella tua situazione con la loro proposta.
Se leggi bene il DDL non sta scritto da nessuna parte che l’abilitazione diventerebbe un titolo preferenziale per i concorsi RTD_B, ma soltanto un titolo di accesso, non l’unico.
Questo significa che l’ablitazione sarebbe titolo sufficiente per partecipare, ma ne’ necessario, ne’ sufficiente ad evitare che il baldo giovane interno, (per esempio quello che ti ha “sconfitto” nel concorso RTD_A), vinca pure il posto RTD_B, magari dopo qualche mese di contratto RTD_A.
Lett962, non saprei congetturare che cosa Pezzella abbia in mente, valuto solo l’effetto di ciò che scrive; e non vedo il motivo per cui dovrei pensare che la situazione attuale, per cui la mia abilitazione NON serve per partecipare a concorso rtd-b, sia preferibile a una eventuale nuova situazione in cui l’abilitazione serva invece a qualcosa. Certo, anche avendo un accesso a un concorso qualunque baldo giovane più o meno raccomandato potrebbe comunque passarmi davanti, ma allo stato attuale in quel fantomatico concorso io non sarei neppure preso in considerazione come possibile partecipante. Tra le due cose, meglio avere qualche possibilità che nessuna. Chi si “danneggerebbe” se la proposta passasse? Solo gli rtd-a, che vedrebbero aumentare la concorrenza. Permettimi di dire che questo non lo riterrei un problema serio.
Sono, come molti altri che conosco, più o meno nella stessa situazione di Andrea. Ho tre abilitazioni da associato. Insegno a contratto da una dozzina di anni (una disciplina caratterizzante del corso di laurea). Che ci possa essere addirittura preclusa la partecipazione a concorsi pubblici per ricercatore di tipo B sarebbe l’ennesimo assurdo paradosso per una generazione di studiosi che è stata mortificata in tutti i modi. Che qualche collega, ricercatore di tipo A, aggrappandosi a storture legislative, chieda esplicitamente questo, è sconcertante. La proposta di Pezzella è un’iniziativa concreta, sensata e virtuosa per tutto il sistema universitario.
L’università dovrebbe semplicemente preoccuparsi di bandire dei posti (magari delineando profili un po’ meno scrupolosi di quelli caratterizzanti i bandi per RTD di tipo A). Poi, come accade in tutto il mondo, sarà responsabilità della commissione selezionare il candidato migliore (se e come lo farà è un altro problema, come lo è pure in tutto il mondo).
Caro Roberto,
e’ la legge in vigore da 5 anni che preclude questa possibilita. Non e’ “qualche RTDA” che lo sta “chiedendo”.
Caro Andrea,
la stortura sta nel fatto che tu pur avendo 3 abilitazioni, di fatto puoi partecipare ai cosiddetti concorsi liberi, che poi così liberi non sono. Come giustamente hai fatto notare. Allora è un problema di risorse, poche, e di una precisa volontà di annullare e negare l’esistenza un’intera generazione, quella dei quarantenni e passa.
Non solo, Era ovvio che questo ddl avrebbe scatenato la guerra tra poveri spostando l’attenzione da un’altra parte. Perché il punto centrale è che le poche risorse per concorso ad associato devono essere usate per la promozione degli interni. B
isogna chiedere più risorse. Piano rtdb + piano associati dedicato ai non strutturati.
Io sono diventata rtda a 41 anni e già abilitata. Quando ormai avevo perso le speranze. Capisco benissimo la tua rabbia e il tuo dispiacere. Ma la questione vera sono le risorse.
Io mi trovo nella stessa situazione, abilitato e con solo 2 anni di assegno.
Sarebbe sufficiente, per non essere ulteriormente escluso da tutto, che l’abilitazione fosse anche un titolo di accesso per i concorsi RTD_B…
Storture legislative? La legge è chiarissima in questo caso. Inoltre i concorsi di rtda e b sono molto simili, cioè dire, il bando e i criteri devono attenersi alle stesse norme presenti sulla 240. Quindi è ovvio che la commissione del concorso prepari i criteri in base a tale norme , a tale proposito inoltre faccio presente che l’abilitazione non rientra tra i titoli valutabili in ambedue le procedure. Attualmente non è un requisito d’accesso e spero che non lo diventi per chi come me non si è mai potuto presentare alla ASN perché bloccate da ben 2 o quasi tre anni, pur avendo superato abbondantemente le tre mediane del mio settore.
Anch’io mi trovo in questa kafkiana (è dire poco) situazione: Dottorato, assegno di 2 anni, Abilitazione… e non mi è consentito partecipare ai Rtdb
Ma non si sa se e quando verrà approvato questo ddl?