«Venticinque commissioni di valutazione i cui presidenti saranno accademici stranieri. Magari immuni da baronie, camarille e nepotismi che affliggono il sistema universitario italiano»: così argomentano i difensori delle Cattedre Natta. Chissà se cambierebbero opinione, scoprendo che la lista di corrispondenze tra aree ERC e settori concorsuali ha finito per dirottare un bel gruzzoletto di supercattedre nei settori di glottologia e linguistica. Forse Renzi ha deciso che, mentre Human and Social Sciences vanno globalmente ridimensionate (1/2 supercattedra ogni 100 professori), è invece prioritario investire risorse in filologia illirica, celtica ed ugro-finnica; oltreché in lingua e letteratura albanese, ed estetica e forse anche in logica (4 supercattedre ogni 100 professori). Glottologi, linguisti, logici e filosofi dei linguaggi avranno più supercattedre (ben 24) di tutta la Chimica di sintesi e dei materiali (22 cattedre). E più dell’Ingegneria dei sistemi e delle comunicazioni (22 cattedre). Quante altre anomalie si nascondono in quella lista di corrispondenze? A dire il vero, noi pensiamo che Renzi di tutto questo non sapesse nulla. E che, mentre si lasciava convincere ad adottare un provvedimento apparentemente antibaronale, non si sia reso conto che qualcuno gli stava giocando un bello scherzetto. I suoi consiglieri accademici, invece di rallentare l’iter del provvedimento, hanno spinto il premier nell’occhio del ciclone. Sprovveduti?
1. “Immuni da baronie, camarille e nepotismi”. Davvero?
La diffusione del testo del Decreto “cattedre Natta” ha subito innescato un acceso dibattito. Molti, fuori e dentro l’accademia esprimono dubbi sull’opportunità, se non persino sulla legittimità costituzionale, dell’istituzione di commissioni nominate direttamente dal presidente del Consiglio. Ma c’è anche chi, come la Redazione del Foglio, vede con favore una procedura che sembra mettere finalmente all’angolo le “baronie”:
per le 500 cosiddette “cattedre Natta” a chiamata diretta, istituite dal governo peraltro già dal 2013, destinate a professori di chiara fama e intitolate al premio Nobel Giulio Natta, l’esecutivo istituirà 25 commissioni di valutazione i cui presidenti saranno accademici stranieri. Magari immuni da baronie, camarille e nepotismi che affliggono il sistema universitario italiano.
Ma la procedura è davvero così immune da “baronie, camarille e nepotismi”?
A sei anni di distanza dall’approvazione della legge 240/2010, la cosiddetta Riforma Gelmini, sembra strano che a molti sia sfuggita la mutazione a cui è andata incontro la razza dei baroni. Si tratta dell’emergere di una nuova specie di “super-baroni” capaci di promuovere i propri interessi, accreditandosi presso il potere politico e cavalcando, più o meno abilmente, proprio le retoriche della lotta antibaronale.
Un mimetismo capace di ingannare chi non ha gli strumenti o la pazienza per analizzare il merito dei provvedimenti e si limita a recitare ritornelli su merito, internazionalizzazione, competitività e chi più ne ha più ne metta. Cosa direbbero costoro se scoprissero che dietro la patina dell’internazionalizzazione si nasconde un abile marchingegno per dirottare i posti nei settori “giusti”? E se questo è l’inizio, cosa ci riserverà la scelta dei commissari pilotata dai consiglieri accademici del Principe?
Ma per sbrogliare questa matassa, gli slogan sul merito, i cervelli in fuga e l’eccellenza servono a poco. Ci vogliono, invece, la competenza tecnica e la pazienza necessarie ad analizzare i risvolti del Decreto, punto per punto.
2. Le 500 supercattedre: una piccola torta, ma ghiotta
Il numero “500” sembra rivestire un fascino particolare per il Governo. Sono 500 gli euro del “bonus cultura” per i diciottenni, 500 erano gli euro del bonus docenti e sono pure 500 le supercattedre Natta. Un numero che all’uomo della strada sembra “grande”.
Ma quanto pesano effettivamente le supercattedre nell’organico dell’università italiana? Secondo il Rapporto Anvur 2016 sullo stato del sistema universitario e della ricerca, a fine 2015 il totale della docenza a tempo indeterminato (ordinari, associati e ricercatori) ammontava a 50.369 unità.
Pertanto, numericamente parlando, i supercattedrattici rappresenteranno poco meno dell’1% della docenza di ruolo. Rimanendo nell’ambito dei numeri, è opportuno ricordare che dal 2009 al 2016, a causa dei blocchi del turn-over e dei tagli, sono andati persi circa 12.500 posti a tempo indeterminato. Per credere che il Decreto Natta sia un investimento, bisogna convincersi che un supercattedrattico – da solo – farà più e meglio di 25 colleghi reclutati con le vecchie regole. Roba da film di supereroi.
Se è lecito nutrire qualche dubbio che sia questo il provvedimento che ridà vita all’università dissanguata da anni di tagli, ciò nondimeno la torta, per quanto piccola, rappresenta comunque un ghiotto bottino sia per gli atenei sia per i diversi settori scientifici in concorrenza tra di loro.
I settori concorsuali sono circa 190, di dimensioni anche molto diseguali, ciascuno dei quali può comprendere fino a cinque settori scientifico-disciplinari diversi. Questo significa che in media ci saranno 2 o 3 supercattedre per settore concorsuale, ma che per quelli più piccoli potrebbe anche non arrivarne nessuna.
Per fare un esempio, prendiamo il Settore Concorsuale 10/G1, “Glottologia e linguistica” (il perché di questo esempio diverrà più chiaro in seguito). Ad oggi, comprende 304 docenti e, se la distribuzione avvenisse su base strettamente proporzionale, la “regola dell’1%” si tradurrebbe in tre sole supercattedre.
È chiaro che se qualcuno vuole accaparrarsi più supercattedre, deve far leva sui criteri di distribuzione. Domandiamoci allora come funziona il meccanismo di ripartizione.
3. La ripartizione delle supercattedre.
Dopo la pubblicazione della seconda versione del DPCM, finalmente conosciamo la distribuzione dei posti tra settori disciplinari. Ci saranno tante corse meritocratiche parallele e qualcuno alla Presidenza del Consiglio o al MIUR ha deciso i posti in palio per ciascuna di queste corse.
L’innovazione consiste nella definizione di 25 commissioni di concorso riferite non ai settori concorsuali, ma alle aree dell’European Research Council (ERC). L’adozione inedita della classificazione ERC -contestata dal CUN-, al posto della tradizionale classificazione in Settori disciplinari/concorsuali, potrebbe a prima vista apparire come un altro passo verso la modernizzazione della provinciale accademia italiana.
In realtà dietro le aree ERC si nasconde altro.
Ma andiamo con ordine. Le Aree ERC sono un modo di classificare le aree di ricerca pensate in funzione del finanziamento della ricerca di frontiera e risultano pertanto molto sbilanciate a favore di particolari settori considerati di avanguardia dall’Unione Europea, chiudendo in contenitori veramente generici altre aree di poco interesse per l’ERC.
Non esisteva una tavola di corrispondenze tra settori concorsuali dell’Abilitazione scientifica nazionale e aree ERC. Questa corrispondenza è stata predisposta dalla Presidenza del Consiglio ed è ora contenuta nell’allegato del DPCM (vedi qui). Scorrendo la tabella si scopre che questa tavola di corrispondenze rimodella le Aree ERC in modo sorprendente. Anche senza svolgere un’analisi sistematica, abbiamo già notato qualche caso degno di nota.
Il primo e più interessante è relativo al settore SH4 The Human Mind and Its Complexity: Cognitive science, psychology, linguistics, philosopy of mind, education.
La descrizione dell’articolazione del settore SH4 può essere desunta dalla versione pubblicata all’inizio del 2016 nella Gazzetta Ufficiale:
Vita dura per chi studia linguistica. In base a questo elenco dovrebbe contendersi le supercattedre con psicologi, neuropsicologi e anche con i pedagogisti. Concorrenti numerosi e agguerriti, con ogni probabilità.
Ma basta che passino una decina di mesi e la vita può tornare a sorridere. Se andiamo scorrere l’allegato al DPCM il settore ERC SH4 si è letteralmente prosciugato:
Dal titolo è stato eliminato “education” cioè tutti i settori relativi a “teaching and learning”, spostati nel settore SH3 che è stato recentemente ridenominato dall’ERC. Però, sono stati eliminati anche tutti i settori di psicologia, psicologia clinica etc. spostati anch’essi nel settore SH3. Dopo questo sfoltimento radicale, rimangono solo tre settori concorsuali:
- 10/G1 – Glottologia e linguistica (304 docenti)
- 11/C2 – Logica, storia e filosofia della scienza (137 docenti)
- 11/C4 – Estetica e filosofia dei linguaggi (181 docenti)
I docenti strutturati in questi tre settori sono 622. Nell’ipotesi di una distribuzione settoriale omogenea e proporzionale al numero degli strutturati in servizio (la “regola dell’1%”), al settore SH4 dovrebbero toccare 6 cattedre Natta. Ne avrà invece ben 24, cioè quattro volte la sua quota.
4. Natta che vince, Natta che perde
Evidentemente qualcuno ha deciso che nel nostro paese sia prioritario investire risorse in filologia illirica, celtica ed ugro-finnica; oltreché in lingua e letteratura albanese, ed estetica e forse anche in logica. Tutti campi assolutamente degni di essere studiati, ci mancherebbe. Solo che suona un po’ strano che a questi settori vengano assegnate le stesse cattedre Natta assegnate al settore ERC PE2: Fisica della materia, che in ogni caso ha un numero di cattedre Natta doppio rispetto alle 12 che avrebbe dovuto ricevere con la regola dell’1%.
Glottologi, linguisti, logici e filosofi dei linguaggi avranno un numero di cattedre Natta superiore anche a tutta la Chimica di sintesi e dei materiali (PE5 – 22 cattedre). E più dell’Ingegneria dei sistemi e delle comunicazioni (PE 7 – 22 cattedre).
Sembra che siano stati gli economisti a suggerire al premier le cattedre Natta, e sono loro che si stanno prodigando a difenderle sui giornali e alla TV. Bene gli economisti (SH1) portano a casa un tesoretto di 18 cattedre Natta. Un ben magro bottino rispetto alle 43 che sarebbero dovute arrivare con la regola dell’1% (sono 4288 i docenti di Area 13). Evidentemente gli estensori del DPCM hanno ascoltato Francesco Sylos Labini e si sono convinti che l’economia – incapace com’è stata sia di prevedere la crisi che di risolverla – non è più un settore su cui valga la pena di investire. Oppure – ma non vogliamo crederci – qualcuno ha già fatto i conti di quanti siano i candidati degni di essere innalzati al rango di superprofessore e non vuole inflazionare il titolo.
Ma chi forse se la passa peggio di tutti sono i giuristi. Con la regola dell’1% ai giuristi avrebbero dovuto essere assegnate 43 cattedre Natta. Al settore SH2 ne sono attribuite solo 18, meno del 50%. Ed i giuristi se le dovranno spartire con architetti, designer, urbanisti, geografi ed ingegneri gestionali: infatti il settore SH2 disegnato nel DPCM comprende 15.312 strutturati. Con la regola dell’1% avrebbe dovuto ricevere 153 cattedre Natta, ne riceve 18. Evidentemente gli estensori del DPCM pensano che architettura, urbanistica e soprattutto il diritto siano scienze di serie B. Persino il lodevole impegno dei giuristi che hanno firmato il manifesto per il Sì al referendum non sembra aver pesato molto nelle scelte della presidenza del consiglio.
Ma sarà stata davvero la Presidenza del consiglio a gestire quel cavallo di troia che si è rivelata essere la tavola delle corrispondenze? Ci sia permesso di dubitarne.
Può essere utile ricordare che la Ministra Giannini, è professore ordinario di Glottologia e linguistica (L-Lin/01), settore concorsuale 10/G1. E che anche il prof. Marco Mancini, Capo Dipartimento per la Formazione Superiore e la ricerca, è professore di Glottologia e linguistica.
Quindi il 5% delle cattedre Natta, 24 su 500, sono state fatte defluire verso tre settori scientifici. Mentre la media nazionale è di una supercattedra ogni 100 docenti, in questa “riserva protetta” sono previste 4 supercattedre ogni 100 docenti. Un isola felice in stridente contrasto con il destino delle Human and social sciences nel loro complesso: le aree CUN 10-14, corrispondenti al 37% della docenza, si vedono attribuite solo 102 cattedre (somma di SH1-SH6), pari al 20% circa delle 500 supercattedre in palio. Mezza supercattedra ogni cento docenti, otto volte peggio che nella “riserva protetta”.
Questo è quanto salta agli occhi dopo un’analisi sommaria. Inutile dire che potrebbe essere solo la punta dell’iceberg. Quante altre anomalie si nascondono in quella tavola di corrispondenze? E se il buongiorno si vede dal mattino, cosa mai dovremmo aspettarci dalla nomina discrezionale dei presidenti di commissione? Nomina che, secondo il sottosegretario Nannicini, vedrà coinvolti il Presidente della CRUI, Manfredi, e il Presidente del CNR, Inguscio. Sì, proprio quello che «dovere nostro è fare andare avanti l’Italia. Senza pensare a principi etici».
Noi pensiamo che Renzi di tutto questo non sappia nulla. E che, mentre si lasciava convincere ad adottare un provvedimento che solo il Duce aveva pensato, non si sia reso conto che qualcuno gli stava giocando un bello scherzo.
5. Caro Renzi, dagli amici ti guardi Iddio …
Un’ultima riflessione. Nei circoli bene informati, qualche indiscrezione sul progetto di affidare la nomina delle commissioni alla Presidenza del Consiglio circolava già da diversi mesi. In questi stessi circoli era convinzione comune che il Decreto Natta, una volta reso noto, avrebbe avuto un effetto dirompente e che, persino nel sonnolento mondo accademico, le reazioni non sarebbero mancate. E, infatti, non sono mancate.
Pertanto, ha destato non poca meraviglia che il DPCM venisse inviato al Consiglio di Stato nell’imminenza del voto referendario. Essere paragonato al Duce sulla prima pagina di due quotidiani nazionali non è certo l’ideale per chi sta cercando di convincere gli elettori che la sua riforma costituzionale non comporta rischi di derive autoritarie. E non è nemmeno bello essere bacchettato dal Corriere della Sera o vedersi recapitare una lettera aperta firmata da qualche migliaio di scienziati, inclusi quelli con i bollini di eccellenza internazionale ERC e Thomson-Reuters (si firma qui: L’Università si riforma, non si commissaria da Palazzo Chigi). Tra i primi firmatari c’era persino una vincitrice di ERC, cervello in fuga nei Paesi Bassi …
Come mai, in un momento così decisivo, i consiglieri accademici di Renzi non hanno frenato l’iter del provvedimento? Talmente sprovveduti da ignorare il possibile effetto boomerang?
Scusate, ma perché scomodare Natta (un Premio Nobel!) per queste cattedre. Non era più semplice chiamarle direttamente “Cattedre Giulio Andreotti”, visto che uno dei padri della patria… di questa patria!
Redazione ROARS:
Quindi il 5% delle cattedre Natta, 24 su 500, sono state fatte defluire verso tre settori scientifici, uno dei quali (il maggiore dei tre) è quello della Ministra Giannini e del Capo dipartimento Mancini.
settore ERC PE2: Fisica della materia, che in ogni caso ha un numero di cattedre Natta doppio rispetto alle 12 che avrebbe dovuto ricevere con la regola dell’1%.
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A pensare male, a quale settore ERC appartiene il Prof. Inguscio che aiuterà la Giannini a scegliere i presidenti delle “Commissioni Natta”?
scusate se la mia ignoranza non è pari a quella di colui che ha concepito queste aree, ma cosa vuol dire “Logica, storia e filosofia della scienza”?
Mica vorranno far passare un biografo di Keplero per logico matematico?
…ancor di più mi sfugge il nesso fra logica matematica e filologi illirica, nonché fra estetica e filosofia del linguaggio. Ma su che basi (culturali) sono stati costituiti questi settori?
La ripartizione europea differisce un poco da quella italiana, dove sta lo scandalo nel seguire quella europea? Mi sembra la scelta migliore per rendere il sistema italiano più competitivo nell’attrarre finanziamenti europei e nel richiamare vincitori di ERC.
No, non ha capito. E’ la ripartizione italiana che differisce da quella europea, non viceversa.
Ripropongo qui, perché si riferisce a questo post, il commento che ho prima erroneamente inserito sotto il post “E tu quante ‘fiches Natta’ hai?”
Gustosa la sottile ironia che percorre il post in quanto presenta il pupazzo come un ingenuone-candidone all’insaputa del quale cattivoni del suo entourage sfruttano le sue magari anche lodevoli intenzioni per piazzare italicissime furbate a loro uso e consumo. Non c’è alcun dubbio che chi ha scritto sappia perfettamente che, se c’è uno totalmente allineato all’inveterata tradizione italica del familismo amorale privilegiante il particulare e la cricca dei propri famigli, sottoposti e clientes (fra cui naturalmente rientra la ministra, opportunamente “sgamata” dal post), quello è proprio il pupazzo. Anche in questo, le ossessionanti professioni di amore per il cambiamento e di volontà di introdurlo ovunque non fanno che tentare di velare l’operare di un campione-monumento assoluto del più flagrante e scontato continuismo-conformismo; quello stesso continuismo-conformismo che ne fa un passivissimo e dozzinalissimo scolaretto delle fallimentari e paracriminali “soluzioni” dell’estrema destra neoliberista, dominatrice quasi completamente incontrastata dell’attuale scenario europeo
OT <>
Sì, ma perchè chiamarli superbaroni? C’è un eccellente fumetto di Jodorowsky e Gimenez, La Casta dei Metabaroni. “La vicenda narra di come, in un futuro remoto, una casta di guerrieri sopravviva attraverso i secoli conservando intatti antichi principi morali e straordinarie capacità combattive” Orsù, chiamiamoli Metabaroni è molto più fico e moderno! ;)
Citavo questa frase, sembra scomparsa dal commento:
sembra strano che a molti sia sfuggita la mutazione a cui è andata incontro la razza dei baroni. Si tratta dell’emergere di una nuova specie di “super-baroni” capaci di promuovere i propri interessi, accreditandosi presso il potere politico e cavalcando, più o meno abilmente, proprio le retoriche della lotta antibaronale.
Su Facebook, Roberta D’Alessandro (Univ. Leiden), linguista e vincitrice di un Advanced Grant ERC, conferma che la tavola delle corrispondenze, non in linea con i veri panel di valutatori ERC, è un bel regalo al settore della Ministra e del Capo Dipartimento MIUR:
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Sulla pagina di Napoli di Repubblica.it, interviene Guido Trombetti a difesa del Decreto Natta. Degna di nota (e a suo modo rivelatrice dei movimenti dietro le quinte) la sviolinata finale al Presidente della CRUI e Rettore della Federico II, Gaetano Manfredi:
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«Ovviamente queste questioni non sono gestibili in forma assembleare. Quindi l’onore della trattativa non può che ricadere sulla Crui (i rettori sono tutti eletti dalla base). E sul suo presidente in particolare. Le doti di finezza intellettuale e di equilibrio dell’attuale presidente Gaetano Manfredi. La sua capacità di “ semplificare” problemi “complessi” andando al nocciolo della questione (non a caso è un grande ingegnare). Il suo grande attaccamento all’università mi rendono certo che si raggiungerà la migliore sintesi possibile.»
http://napoli.repubblica.it/cronaca/2016/10/23/news/l_universita_al_tempo_dei_500_superdocenti-150425355/
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Commenti.
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1. Sembra esserci carenza di “supporters” se non si è trovato chi avesse il tempo o la capacità di esprimere sostegno con un minimo di eleganza. A me non farebbe piacere essere sviolinato in modo tale da far pensare al pezzo su commissione, perché ci rimetterei la faccia pure io.
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2. Adesso capiamo meglio perché la CRUI tace.
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3. Ma i Rettori degli atenei che resteranno a bocca asciutta non hanno niente da ridire su un Presidente CRUI che tace mentre il Sottosegretario Nannicini lo indica come uno dei probabili arbitri di un’operazione che nasce sotto il segno della torta da dividere tra i più forti e meglio introdotti?
https://www.roars.it/nannicini-manfredi-crui-e-inguscio-cnr-aiuteranno-la-giannini-a-scegliere-i-presidenti-delle-commissioni-natta/
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4. La rassegna stampa di questi giorni può aiutare a delineare meglio la corte di quei consiglieri accademici del Principe che non hanno esitato a complicargli la campagna referendaria pur di portare a casa le loro fette di torta. Voraci compagni di strada.
In ogni caso, come spesso accade, la verità fa capolino dai refusi freudiani
Questo povero paese è un sultanato come e forse ancor più che nel periodo dominato dal faro politico-esistenziale del pupazzo, periodo durante il quale Sartori pubblicò un libro intitolato appunto “Il sultanato”.
Ogni cliens, ogni favorito e favorita del sultano, sa di poter arraffare qualcosa, e lo arraffa, in cambio di ubbidienza e sottomissione (interessate), espresse laudando, leccando o tacendo (questo terzo pare essere il manfredi & CRUI’s style).
L’ondata del nuovo, il radicale cambio di verso, consiste – guarda un po’ – nell’ennesima apoteosi dei tratti “eterni” del millenario carattere nazionale
Non ho niente contro la filologia ugro-finnica o l’albanese, e ci mancherebbe. Il problema e’ che tutte le cosiddette lingue minori ( se n’e parlato anche recentemente all’ interno dell’Associazione dei romenisti [=rumenisti]), sono in via di estinzione a causa delle offerte didattiche praticamente blindate ( e non si capisce bene da chi, a quale livello), e su questo posso testimoniare direttamente. Per cui romeno, ungherese, neogreco ecc. li fanno o li farebbero semplicemente morire, in barba alla composizione dell’UE, che richiederebbe specialisti di quelle aree linguistiche e culturali. Se così stanno le cose, non si investirà in ugro-finnico ad es., anche se sta in quell’area o settore che si voglia, ma in altre discipline, strategicamente situate al I anno, il piu popoloso (poi inizia la cd. ‘mortalità’ e il rallentamento). Dico questo perche vedere soltanto l’aspetto esotico e’ fuorviante. Giannini e Mancini puntano su altro, se la ripatizione venisse confermata. Piu in generale, ho l’impressione che da queste discussioni e analisi, assoluatamente necessarie, bisogna far le pulci a tutti questi documenti metamorfici, verrà fuori un tale malumore generalizzato, che i magnifici 500 scapperanno a gambe levate.
Sulle Cattedre Natta sono già in corso trattative. La CRUI sarà il centro di smistamento, un presidente a te e uno a me. Un commissario a me e uno a te e questo in beneficenza….
Immaginate le intercettazioni, altro che il calcio mercato
Numero 1- “Senti mi ha telefonato XY dice se gli nominiamo AB in quella commissione, si può ?…….”
Numero 2 “ehh no come si fa quella la vuole WZ però ti ci posso mettere un commissario oppure di do la presidenza di quell’ altra commissione….”
Mi permetto di intervenire con un commento, almeno nelle intenzioni, “distaccato” e “sereno” (nel senso di Letta)
In primo luogo ritengo che, da un punto di vista molto generale e astratto, che il Governo di un Paese decida di sostenere, anche con elargizione mirata di posizioni, alcuni particolari settori disciplinari si chiama “politica della ricerca” e in un paese normale non dovrebbe far gridare allo scandalo.
Ma correggo subito il tiro: per non gridare allo scandalo occorrerebbe che tale scelta di discipline fosse fatta in modo trasparente, all’interno di un quadro programmatico (Piano nazionale delle ricerche?) e rispettando alcuni elementari principi, il primo dei quali (mi ispiro surrettiziamente all’art.25 della Costituzione, che beninteso parla di altro) consiste nell’affermazione che “nessuno puo’ essere distolto dal giudice naturale”.
Questo principio è violato in due modi importanti: l’esclusione tendenziale della comunità accademica nazionale dai collegi giudicanti e il raggruppamento stocastico delle discipline. Non occorre che mi metta a fare esempi: basta scorrere l’elenco degli abbinamenti tra settori ERC e settori concorsuali per trovare quasi a ogni riga “accoppiamenti non giudiziosi” (tanto per antifrasare Gadda).
IL difetto è ovviamente nel manico: usare i settori ERC per i concorsi è come usare l’elenco delle Regioni per le previsioni del tempo: esiste sicuramente una certa grossolana correlazione, ma è difficile che a Livigno (SO) e a Magnacavallo (MN) ci siano condizioni climatiche direttamente confrontabili.
Ammesso (e non concesso) che si “dovessero” usare i settori ERC (ma perché, santocielo? qualcuno me lo spieghi!), ciò avrebbe communque imposto che gli accoppiamenti con i S.C. fossero fatti da chi del sistema universitario ha una conoscenza profonda e trasversale (il CUN? ma quando mai! sappiamo che è l’espressione elettiva del sistema, e pertanto certamente condizionato dal conflitto di interessi, come qualunque organo elettivo, che dovrebbe, ben lo sappiamo, essere sostituito da un collegio di nominati).
Continuando ad ammettere (e a non concedere) che Qualcuno sappia abbinare i settori ERC e i S.C. secondo una logica superiore e ineccepibile, non ne conseguirebbe tuttavia che i posti dovessero essere assegnati in maniera pressoché “paritaria” tra settori che paritari non sono nemmeno approssimativamente.
Trascuriamo ogni sospetto di cattiva intenzione (a pensar male si fa peccato…) e consideriamo i casi della Fisica (io sono un fisico). Perché così tanti posti a PE2 e a PE9 (che non hanno, per quanto ne so io, particolari santi in paradiso)? Mi sembra, sinceramente, che abbia agito una sorta di automatismo, che altrettanto sinceramente non mi rende felice. Se abbiamo bisogno di molti più fisici lasciateli scegliere a noi, che mi sembra abbiamo dimostrato con ampia facoltà di prova di saperlo fare, almeno negli ultimi centocinquant’anni, e se non ne abbiamo bisogno date quei posti a qualcun altro.
Ma penso che quasi tutti i colleghi sarebbero pronti a ripetere queste considerazioni in relazione alla propria disciplina, salvo quelli cui sono toccate solo le briciole (e che potrebbero essere i più fortunati, col senno di poi).
È la classificazione standard Europea dei campi di ricerca attivi oggi, quella nota agli esperti internazionali. PE2 (tutta la fisica fondamentale) e PE9 (astrofisica, cosmologia…) non hanno più posti degli altri settori. La cosmologia ha avuto enorme sviluppo recente, la triste anomalia è che l’Italia sia rimasta indietro.
Non ha capito. È la tavola delle corrispondenze che è “strana”. Basta leggere il commento della D’Alessandro:
https://www.roars.it/supercattedre-col-trucco-ecco-come-sono-state-dirottate-sulle-materie-della-ministra/comment-page-1/#comment-60392
Poi, la classificazione ERC non è “standard”. È fatta per i finanziamenti europei, che presumono ci sia un finanziamento di base nazionale sulle altre tematiche. Per essere chiari, non è che l’Europa dica che non servono più (o servano poco) le scienze giuridiche, ma ritiene (con una certa ragionevolezza) che il grosso vada finanziato a livello nazionale. Usare la classificazione ERC per finanziamenti o reclutamenti nazionali introduce delle distorsioni dannose per il sistema della ricerca e dell’università nazionale perché si amputa tutto quello che non sta in quel parco di tematiche che l’UE ritiene di dover potenziare in modo speciale (come dei pinnacoli eretti su un edificio i cui muri devono però esserci). Non puoi costruire fondamenta e muri solo dove metterai i pinnacoli, perché viene giù tutto.
Ma, a parte questo, il trucco sta nelle tabelle di conversione, per cui, anche se la classificazione ERC fosse la più adatta (e non lo è) è stato fatto un gioco di prestigio.
In effetti, se questo “mappaggio ministeriale” ERC-SC venisse reso ufficiale, ed ipotizzando che si mantenga il criterio dell’1% solo all’interno delle corrispondenze ministeriali, il settore del ministro sarebbe premiato in modo considerevole (rispetto ad una assegnazione per numerosità solo su base SC). Tra le aree, invece, potrebbero/dovrebbero dolersi molto le aree 12-14. Ma a questo punto il danno sarebbe già stato fatto: staremmo ad invidiare l’area o il settore più o meno vicino perché meno penalizzato del nostro, più che a rigettare il metodo. Questo aspetto, tra l’altro, mi sembra rilevante anche dato il quantitativo della posta in gioco: se non sbaglio, i punti organico di quest’anno re-distribuiti tra gli ateneo sono circa un migliaio. Se confrontati con questi, 500 posti ri-assegnati su base ministeriale non sono pochi, e a medio termine sposteranno le distribuzioni tra le aree, in qualche modo “saltando” l’autonomia degli atenei.
Un ministero serve a fare scelte, e mi pare una buona scelta investire in ricerca basandosi sui settori ERC, a cui l’Italia già fornisce finanziamenti che in buona parte rimangono all’estero.
Anche perché ci sono università italiane che piangono miseria ma intanto respingono vincitori di ERC disposti a venire in Italia, basandosi su argomenti simili a chi rifiuta le cattedre Natta.
Respingono vincitori ERC? Ha qualche esempio?
Siccome il commentatore abcd svolge il ruolo di difensore d’ufficio dell’operato del MIUR e del rispettivo Ministro, sarebbe bene invitarlo a qualificarsi. Espressioni quali ‘università che piangono miseria e si fermano a questo’ dimostra soltanto che chi le scrive non ha idea di cosa c’è all’interno delle università e dei dipartimenti (o ne sta fuori o sta all’estero o non gliene importa niente), le/i quali univ. e dipartim. semplicemente affogano sotto le carte, usano programmi che rendono più difficile il lavoro anziché agevolarlo, e soffrono di carenza di personale didattico e amministrativo (se rapportato, nel caso specifico gestionale – per non parlare della didattica – alla mole del lavoro inventato e tollerato da Miur e enti satelliti, Crui compresa).
L’analisi di Roars viene ripresa da Francesco Borgonovo sulla Verità: “L’aiutino del ministro agli amici prof”

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… e anche da Roberto Ciccarelli sul Manifesto:
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Mario Ricciardi e Gianfranco Viesti sul Mulino:
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«Stando al ministro Stefania Giannini, pur apparentemente estranea a queste scelte: «chi può obiettare a risorse aggiuntive che porteranno 500 persone in più, e di qualità, negli atenei italiani»? (intervista all’«Unità», 18 ottobre 2016).
Con buona pace del ministro, le obiezioni sono invece tante. E radicali. Il provvedimento è pessimo, per un insieme di motivi; fra i principali:
1) È falso che si tratti di risorse aggiuntive. I 75 milioni che a regime costerà il provvedimento saranno tratti sempre dal Fondo di Finanziamento Ordinario delle università; che avrebbero potuto reclutare, con le normali procedure, un numero assai maggiore di docenti, anche fra i tanti «cervelli in fuga»
…
Queste cattedre Natta non sono una piccola questione accademica. Ma un esempio di come un approccio di stampo «reaganian-staliniano» stia facendo e possa fare ancora danni profondi a istituzioni centrali della nostra società, e a modalità per il loro governo liberali e rispettose delle autonomie.»
http://www.rivistailmulino.it/news/newsitem/index/Item/News:NEWS_ITEM:3557
Ne parla anche CorriereUniv.it

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http://www.corriereuniv.it/cms/2016/10/cattedre-natta-divampa-la-polemica-favorite-le-discipline-del-ministro-giannini/
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“Ma quanti colleghi della Giannini tra i prof di regime”: Giovanna Giannone sul Fatto Quotidiano
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«Tutti glottologi, Nel sistema di assegnazione delle cattedre Natta un sovrannumero di posti nel settore che interessa al ministro
di RQuotidiano 25 ottobre 2016
Nelle intenzioni del governo, avrebbero dovuto essere l’antidoto alle baronie e al nepotismo. Invece, le 500 cattedre Natta (intitolate al premio Nobel per la chimica Giulio Natta e finanziate con 75 milioni di euro) rischiano di istituire un vero e proprio baronato di Stato. Roars (Return on Academic ReSearch), rivista online dedicata a Università e Ricerca, ha studiato la bozza del decreto con cui il governo assegna con chiamata diretta le 500 cattedre e ha scoperto “il cavallo di Troia”. Grazie a una ridefinizione dei settori disciplinari, quasi il cinque per cento verrà assegnato a glottologi, linguisti e filosofi del linguaggio. Colleghi della ministra dell’Istruzione Stefania Giannini e del suo capo dipartimento per la Formazione Superiore e la Ricerca, il professor Marco Mancini.
Le cattedre nattasono un’eccezione prevista dalla legge di Stabilità. Verranno assegnate senza passare per l’Abilitazione scientifica nazionale, il percorso quadriennale che attesta la qualificazione scientifica dei docenti universitari di I e II fascia. Al posto dell’abilitazione il governo ha previsto 25 commissioni, una per area disciplinare, composte da due ricercatori italiani, scelti dal presidenti fra 20 nomi proposti dall’Anvur, e un presidente di chiara fama internazionale, nominato direttamente da Palazzo Chigi.
Le cattedre Natta, presentate come una rivoluzione meritocratica, rappresentano appena l’1 per cento dei docenti universitari totali, che secondo il rapporto Anvur 2016 sono 50.369. Secondo il criterio matematico, ad ogni area disciplinare dovrebbe andare esattamente questa percentuale di cattedre. E qui i conti non tornano. Il marchingegno per dirottare i posti nei settori giusti”, come lo definisce Roars, usa le aree disciplinari dell’European Research Council (Erc). In Italia le diverse discipline accademiche si dividono in “settori concorsuali”. Ogni settore comprende materie piuttosto omogenee. Un esempio: anatomia umana. Questo criterio, sempre usato fino ad oggi, avrebbe permesso un’assegnazione “chirurgica” delle cattedre. Invece il governo ha deciso di usare le venticinque aree dell’Erc.
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