La giornata tipo di un professore in sciopero in un serrato racconto firmato da Nicola Casagli. Lo pubblichiamo a beneficio di chi avesse ancora la possibilità di aderire e fosse ancora alle prese con dubbi ispirati a benaltrismo e/o a scrupoli attinenti al proprio senso di responsabilità istituzionale. Nella consapevolezza che la partecipazione allo sciopero fin qui maturata attesta già oggi il sostanziale successo del Movimento per la dignità della docenza universitaria. Uno sciopero andato decisamente a segno (la pessima figura della CRUI in relazione al suo tentativo di ergersi a regolatore del diritto di sciopero – qui le tappe salienti 1, 2, 3, 4 – è solo uno spin-off di una situazione più generale che vede media, opinione pubblica e politica ormai pienamente consapevoli del malcontento che alligna fra i professori universitari), che ha fin qui coinvolto il 20% circa degli aventi diritto alla partecipazione, raddoppiando il numero di quanti avevano sottoscritto il documento col quale la manifestazione di protesta era stata indetta.
No. Non volevo farlo questo sciopero.
Ma le ragioni della protesta dei professori sono troppo fondate.
E allora decido di aderire alla protesta e di non tenere il primo appello degli esami.
Mi preoccupo degli studenti iscritti. Sono in ansia.
Arrivo in Università alle 8.30, mezz’ora prima dell’inizio dell’appello
Trovo un collega coreano venuto in visita che non mi aveva detto che arrivava oggi.
Gli organizzo la giornata e le visite ai nostri laboratori.
Attendo gli studenti. Se ne presenta uno solo.
Capisco che gli sono utili un paio di settimane di studio in più.
Sono più tranquillo, perché il mio sciopero non arrecherà disagi.
Ricevo uno studente che ha bisogno di aiuto per un tirocinio. Un altro che chiede di fare la tesi di laurea.
Vado alla riunione con i colleghi per discutere della Programmazione della Distribuzione delle Risorse per i prossimi cinque anni per il progetto di Dipartimento di Eccellenza.
Impreco contro chi ci ha imposto questa Programmazione Quinquennale di ispirazione staliniana e la stupidaggine dei Dipartimenti di Eccellenza che nemmeno gli Americani si sono mai sognati di fare.
Rispondo alle email. Oltre cento come tutti i giorni, festivi inclusi.
Organizzo la visita di una collega cinese che arriverà nei prossimi giorni.
Firmo ordini e pratiche burocratiche della segreteria. Incomprensibili, come sempre.
Faccio un’intervista telefonica sull’alluvione di Livorno.
Compongo due vignette per ROARS sull’ultima follia burocratica della Cabina di Regia per la Ricerca.
Mi invitano a Uno Mattina per l’alluvione di Livorno, a Roma domattina alle 7. Cerco un sostituto perché anche domani ho esami e lo sciopero l’ho fatto oggi. E poi domani avremo lo scontro epico per la Programmazione Quinquennale di Eccellenza dei posti di professore e ricercatore nella mitologica Commissione di Indirizzo e Autovalutazione del Dipartimento. Chi si assenta è perduto, o meglio, sono perduti i giovani del suo settore scientifico-disciplinare.
Maledico ancora questa ottusa idiozia burocratica della Programmazione, che ci costringerà a litigare fra colleghi, a distruggere sogni, a creare illusioni, ad alimentare speranze vere e false. Tanto il risultato sarà uno solo: nonostante l’Eccellenza i posti disponibili sono sempre maledettamente troppo pochi e molti giovani brillanti saranno costretti ad emigrare.
La fuga di cervelli qui all’Università la tocchiamo con mano tutti i giorni, ed è dovuta alla sciocca burocrazia che costringe i professori a fare i Piani Quinquennali come nell’Unione Sovietica degli anni sessanta. E infatti anche in URSS avevano lo stesso identico problema della fuga dei talenti migliori.
Vado a pranzo: un panino in piedi e un caffè in 10 minuti di pausa.
Rispondo a un giornalista che mi chiede la storia di Livorno e del Porto Pisano.
Partecipo in contemporanea a due riunioni in due stanze diverse: una per la solita sciocca Programmazione Quinquennale, l’altra per il crollo di una palazzina fondata su un fosso tombato.
Incontro una troupe di una TV locale per un’intervista sul dissesto idrogeologico.
Preparo le lezioni del mio corso che iniziano la prossima settimana.
Preparo la presentazione che avrei dovuto fare giovedì a Matera a un convegno sui beni culturali a rischio a cui tenevo tanto e a cui non potrò partecipare. Mi sostituirà un ricercatore del mio gruppo perché giovedì avremo l’ennesima riunione decisiva per la Programmazione Quinquennale, perché sappiamo già che la questione non sarà risolta nella riunione decisiva di domani. Ci aspetta infatti una riunione decisiva al giorno da qui a fine Settembre per questa immane perdita di tempo della Programmazione.
Organizzo una commissione di dottorato di ricerca cercando di rispettare tutte le incomprensibili regoline: un membro interno al collegio, uno esterno straniero, un altro esterno italiano, chissà perché? Sembra la Settimana Enigmistica, invece è l’Università degli Studi.
Organizzo la visita di un collega messicano che trascorrerà l’anno sabbatico presso il nostro dipartimento, perché siamo Eccellenti e quindi famosi in tutto il mondo .
Preparo, come richiesto, il calendario degli esami per miei tre corsi per tutti gli appelli e le sessioni fino ad aprile 2019. E’ programmazione anche questa. Non facciamo altro.
Una volta all’Università s’insegnava e si faceva ricerca. Oggi si programma.
Incontro colleghi e ricercatori del mio gruppo per risolvere i mille problemi quotidiani.
Firmo pratiche. Leggo email. Rispondo a qualcuna.
Guardo l’orologio.
Sono le 19.30.
Torno a casa.
11 ore di lavoro.
Come tutti i giorni.
Non male per il primo sciopero della mia vita.
della serie “Cchiù pilu pe’ tutti”
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Art.
Scatti stipendiali biennali per i professori universitari
Con decorrenza dal 1 gennaio 2016 ed effetto economico a decorrere
dall’anno 2018, il regime della progressione stipendiale triennale per
classi su base premiale dei docenti universitari previsto dall’articolo 8
della legge 30 dicembre 2010, n. 240 e disciplinato dal decreto del
Presidente della Repubblica 15 dicembre 2011, n. 232, è trasformato in
regime di progressione biennale per classi su base premiale, utilizzando
gli stessi importi definiti per ciascuna classe dallo stesso Decreto.
Nell’ipotesi di mancata attribuzione della classe, la somma corrispondente
resta nelle disponibilità dell’ateneo. A titolo di cofinanziamento dei
maggiori oneri per le Università statali, il fondo per il finanziamento
ordinario di cui all’articolo 5 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, è
incrementato di 60 milioni di euro per l’anno 2018, 75 milioni per l’anno
2019, 90 milioni di euro per l’anno 2020, 120 milioni di euro per l’anno
2021 e 150 milioni euro dall’anno 2022.
Relazione illustrativa
La norma prevede la trasformazione dello scatto stipendiale triennale dei
docenti in scatto biennale. Pur mantenendo e non rimettendo in discussione
il blocco degli stipendi del periodo 2011 – 2015, si tratta di sostituire
il sistema degli scatti stipendiali triennali dei docenti universitari con
il sistema degli scatti stipendiali biennali (sempre soggetti a
valutazione). Questo intervento avrebbe un grande valore politico e
andrebbe a favore soprattutto dei giovani (anche in chiave pensionistica)
che in futuro recupereranno gradualmente quanto perso in passato.
Rappresenta un intervento strutturale di sistema e di competitività del
Paese. Richiede un’aggiunta di risorse consolidate di circa 150 milioni
euro a decorrere dal 2022 a valere sull’FFO.
è qualcosa. Ma se dovessero rimangiarselo, l’accademia tutta dovrà paralizzare a oltranza le proprie attività. O tacere per sempre.
No, non è qualcosa ma anzi il suo contrario. Lo sciopero non riguardava le curve stipendiali del nuovo regime che nulla hanno a che vedere con il blocco degli scatti. Tra le altre cose costa di più di quanto gli scioperanti chiedevano. Non capisco il commento di fausto_proietti.
Il provvedimento (se confermato, ovviamente: il che è tutto da vedere) rappresenterebbe “qualcosa” (non ho detto “molto”) per ovvi motivi: a parità di classi, se per ottenere una determinato livello stipendiale impiego 10 anni anziché 15, il vantaggio mi pare evidente, non solo rispetto all’attuale struttura a classi triennali, ma anche rispetto alla situazione ante-Gelmini. Tant’è vero che, come giustamente scrive Thor, costa di più. Dal punto di vista politico, mi pare una furba mossa dal momento che non realizza nessuna delle ipotesi richieste dai promotori dello sciopero, ma li scavalca, per così dire, ” a sinistra”, offrendo un sistema che avvantaggerebbe i giovani (e penalizzerebbe i già pensionati o pensionandi). Vedo già uno scenario probabile: Ferraro e i suoi (alle cui fila non mi ascrivo, anche se ho scioperato) rifiutano l’ipotesi, cadendo nella trappola. A quel punto, sarà molto più facile per il governo ritirare la proposta senza concedere nulla in cambio, dandone la “colpa” ai baroni “incontentabili” e “nemici dei giovani”. Mi sembrerebbe invece politicamente più saggio portare a casa il risultato, e rilanciare su altri punti ben più rilevanti (ANVUR, Cattedre Natta – che non sono ancora sparite – ecc.), scoprendo il bluff se di bluff come temo si tratta.
ma li scavalca, per così dire, ” a sinistra”, offrendo un sistema che avvantaggerebbe i giovani (e penalizzerebbe i già pensionati o pensionandi)
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non è vero, costa molto di più nel tempo e tutto a svantaggio dei giovani, almeno di chi potrebbe essere assunto con questo maggiore costo.
La richiesta del movimento di Ferraro ha un costo iniziale paragonabile ma a diminuire nel tempo per azzerarsi ad un certo punto. E’ incredibile, chi ha irriso dello sciopero ne esce premiato. Non ho parole.
Si possono avere opinioni diverse ovviamente, ma dire che il sistema proposto penalizza i più giovani è manifestamente falso, tabelle alla mano. A meno che per “giovani” non si intenda “precari”, i quali non si gioverebbero né di questo sistema né del recupero degli scatti. Credo che il movimento (lo chiamo così per semplicità, anche se di fatto non lo è) guidato da Ferraro farebbe bene ad ascriversi questo risultato se davvero arriverà, dal momento che non c’è dubbio che senza lo sciopero non sarebbe stato raggiunto.
Ho detto quelli che si potrebbero assumere con 150 milioni di euro, cioè 2000 PA una tantum. Non sono briciole nemmeno queste direi. Si sta rivoltando la frittata. Il recupero degli scatti non c’entra nulla, è una falsità colossale. Lo sciopero diventa la foglia di fico di una regalia elettorale.
Che si tratti di una regalia elettorale non c’è dubbio. Proprio per questo occorrerebbe prendere la palla al balzo e rilanciare su temi ben più scottanti e politicamente impegnativi degli scatti (c’è solo l’imbarazzo della scelta, a cominciare da piani straordinari di assunzioni). Invece, stare a discettare sul mancato recupero del 2015 ecc. a mio avviso non sarebbe una buona mossa.
Andremo tutti (quelli del vecchio regime) al TAR a trasformare gli scatti biennali vecchi leggeri in scatti biennali pesanti. In fin dei conti la legge Gelmini stabiliva una sostanziale invarianza dei due regimi. Questa deve rimanere. Altro che 5 anni, se ne potrebbero guadagnare anche di più e senza riconoscere i 5 anni del blocco, giusto quelli già accumulati.
@thor
per tutti quelli che hanno aderito alla no vqr, per chi ha scioperato tra gli ordinari sarà una grande fregatura, mi sbaglio? Ferraro speriamo non molli…non ha per ora mandato nessuna e-mail circolare…boh
Buongiorno a tutti,
la doverosa premessa è che un provvedimento si può giudicare una volta che si conosce il testo finale.
Mi limito a tre evidenti rilievi:
a) non viene riconosciuto il 2015, ovvero l’accademia resta l’unico comparto della pubblica amministrazione ad avere il blocco degli scatti anche in tale anno: che uno sia giovane o meno giovane è un’evidente ingiustizia;
b) il riconoscimento dello scatto biennale è a livello economico solo a partire dal 2018, ovvero è chiara la volontà di non pagare nulla subito: il MIUR aveva invece sostenuto pubblicamente di voler risolvere il problema delle somme non percepite dai docenti e ricercatori tra il 2015 e 2017, tema che era oggetto dello sciopero;
c) la reintroduzione degli scatti biennali consente il recupero dei 5 anni “rubati” dopo 10 anni, ma solo nell’ipotesi che non ci siano modifiche peggiorative fatte dai futuri governi e ovviamente senza considerare gli interessi perduti dal 2015 in poi: chi tra ferrovieri, militari, magistrati ecc. accetterebbe una simile impostazione? (ovvero una promessa per il futuro che i prossimi governi non sono tenuti a mantenere…)
Ricordo infine che le persone che attualmente ci governano sono capaci di dichiarare che nella manovra non c’è nessun nuovo prelievo fiscale mentre in realtà ne hanno appena inserito uno sulle polizze vita (e solo dopo essere stati scoperti annunciano che, forse, sarà tolto…): avendo a che fare con simili personaggi io preferirei ricevere gli arretrati subito (anche perché del futuro non v’è certezza…).
Vedremo però il testo finale.
Paolo Tedeschi
PS Faccio notare che, avendo ottenuto nel periodo del blocco il passaggio di ruolo, chi scrive ha ben poco da incassare come arretrati ed è invece avvantaggiato dall’ipotesi degli scatti biennali (a fidarsi…)