Dunque l’Anvur si corregge. Si sa che ne va persino fiera. Un po’ come quelli che rivendicano di esser capaci di chiedere scusa (magari per televisione). Meglio sarebbe non sbagliare, ma non si può avere tutto. L’Anvur si corregge, le mediane si rimettono in movimento, i semafori lampeggiano e a tutti è consigliata una guida prudente… L’Anvur corregge i valori delle mediane per aderire perfettamente al dettato del DM 76, come dice, e pazienza che per i non bibliometrici quel DM prevedesse due mediane e non tre o che ancora porti scritto che per i candidati alla seconda fascia la soglia da superare è quella della prima (ma questa correzione la faranno mai? e come?). E allora approfittiamone per suggerire almeno un’altra correzione, urgentissima.

Nel documento di accompagnamento alle mediane per i settori non bibliometrici si legge che per le riviste

– il giudizio di scientificità ha valore all’interno dell’area CUN

– il giudizio di fascia A ha valore all’interno del settore concorsuale

Sono annunciate poi alcune modalità di riconoscimento delle riviste di altri settori, ma apparentemente solo per quanto riguarda la fascia A. Questo significa che, come si legge nello stesso documento, “ad esempio una rivista può essere considerata scientifica in sociologia ma non in economia o viceversa”. E queste decisioni le prende l’Anvur, il Gruppo riviste e libri nominato dall’Anvur, e logicamente in riferimento alla testata, non all’articolo. L’articolo non lo leggerà nessuno.

Ora, una classificazione di riviste per settori concorsuali è una pura invenzione, che non ha nulla a che fare col significato culturale e scientifico di una rivista: se qualcuno avesse proposto un’associazione del genere dieci anni fa, probabilmente sarebbe stato preso per folle. Ma l’effetto di questa invenzione può avere conseguenze assai più folli.

Io mi occupo di filosofia: se scrivo un articolo su Weber in una rivista di sociologia o uno su Nietzsche in una rivista di germanistica ma anche uno su Vico in una rivista di italianistica o uno su Jung in una rivista di psicologia o uno su Grozio in una rivista di diritto, uno su Machiavelli in una rivista di studi politici, uno su Marx in una rivista di storia economica, uno su Adorno in una rivista di musicologia, uno sul paesaggio in una rivista di architettura, uno sulla filosofia dell’attore in una rivista di studi teatrali, uno sulla città in una rivista di urbanistica, uno sul calcolo infinitesimale in una rivista di storia della matematica, e potrei continuare molto a lungo, ma proprio molto, con ogni probabilità mi sarà impossibile farmelo giudicare come articolo scientifico. Tanto valeva che avessi scritto le ricette di nonna Papera (ma se le avessi scritte sulla rivista giusta, vale a dire di fascia A, ecco che avrei di certo superato la mediana!). Questa esclusione non riguarda la qualità dell’articolo, che certo può essere più o meno congruente con un SSD (ma questa è faccenda che si può giudicare solo leggendolo). L’esclusione riguarda la semplice collocazione dell’articolo.

La questione, si dirà, non ha enorme importanza, perché gli articoli che si pubblicano “fuori” dalle “riviste del settore” (?) sono pochi, come avranno mostrato (chissà) gli elenchi CINECA (popolati si sa come). Ma quando la selezione per essere ammessi al giudizio si gioca su un numero e un articolo in più o in meno può decidere tutto, la cosa ha un’importanza assai pratica. Ancora di più se parliamo, invece che della sola “scientificità”, della presunta scientificità “eccellente”, cioè della fascia A, nella quale, come si è visto (e chissà che dalla meraviglia non nasca di nuovo il pensiero), non pubblica praticamente nessuno. Qui un articolo o due pesa come decine di altri articoli e come numerosi libri. E se io ho scritto il mio articolo su Weber o su Nietzsche o su Vico, ecc., proprio nella “più eccellente” delle riviste di sociologia o germanistica o italianistica? Se ho avuto cura di pubblicare al meglio, come oggi piace dire, cercando spazio per il mio contributo filosofico proprio nella miglior sede di pubblicazione per il discorso che ho voluto fare? Niente. Si vede che è una di quelle “ingiustizie inevitabili” annunciate con preveggente lungimiranza da un noto membro del Gruppo “riviste e libri”.

Da parte dei sostenitori dell’Anvur si avanzano da qualche tempo obiezioni sulla fondatezza del ricorso dei costituzionalisti (d’altronde si sa, tutti siamo giuristi, come tutti siamo CT della Nazionale). Il riferimento alla retroattività, ossia il fatto che si viene giudicati oggi su dieci anni di pubblicazioni in base a criteri prima inesistenti e affatto imprevedibili, appare ad alcuni “un ricorso pretestuoso portato avanti dai vecchi baroni per difendere il loro potere dal nuovo che avanza” (cfr l’articolo di Sylos Labini sulla scienza di regime): la retroattività, si dice, è implicita nei criteri di giudizio, che sono sempre ex post; in qualunque concorso i criteri si stilano dopo che sono state fatte le domande; e d’altra parte tutti sanno quali sono le riviste migliori ed è normale che un ricercatore debba puntare a pubblicare nelle riviste migliori… Ora, lasciamo pure andare il fatto che in alcuni campi non era detto neppure che fosse preferibile pubblicare in rivista piuttosto che come contributi in volume (che non prevedono una classe A), e lasciamo andare che in molti campi ricercatori molto seri non ritenevano loro compito darsi da fare più di tanto per “piazzare” i propri articoli. (Gli scrittori oggi si affidano alle agenzie letterarie, ma sono appunto scrittori e non scienziati e si dirà che si sapeva anche dieci anni fa che l’habitus dell’uomo di scienza, nella sua versione aggiornata e internazionale dello “scienziato imprenditore”, comporta doti di pubbliche relazioni e abilità nel “vendersi” – cfr. M.Torka-A. Borcherding, 2008) Ma come la mettiamo con il filosofo che ha pubblicato un articolo di filosofia in una “eccellente” rivista di germanistica o sociologia – e logicamente anche con il germanista o il sociologo che abbia ritenuto opportuno presentare il suo contributo in una “eccellente” rivista di filosofia? Costui si è dato da fare, ha puntato al meglio, e ora scopre che quel che ha fatto non è neppure “scientifico”, anzi – è stravagante.

Tra la VQR – che per prima in qualche modo ha introdotto il nuovo corso nelle nostre pratiche di ricerca – e le abilitazioni non sono passati che pochi mesi. Ma anche chi si fosse affidato ai criteri dichiarati della VQR si troverebbe oggi in questa assurda condizione. Nel documento di lavoro del GEV 11, che presentava le classificazioni di riviste (fatte si sa come, ma qui non importa), si leggeva che il principio della classificazione era “quello che una rivista posta in fascia A dagli specialisti del Settore debba essere considerata tale per chiunque vi pubblichi, anche se appartenente a un settore o a un’area diversa”. Oggi, il “legittimo affidamento” di uno studioso di filosofia che si fosse basato su questo per piazzare, con nuova grinta imprenditoriale, il proprio articolo sull’ideologia della “rivoluzione conservatrice” in una rivista di storia lì giudicata “eccellente” rischia concretamente di andare deluso; non parliamo del mio ipotetico articolo su Croce in una rivista di italianistica o su Goethe in una di germanistica.

A fronte di tutto questo, gira la notizia che un gruppo di classificatori eccellenti, seriamente preoccupati della qualità della scienza, si stia mobilitando in queste ore a sostegno della terza mediana, in pericolo di vita per via dei costituzionalisti in tutti i settori, non solo quello giuridico. Contro il morbo che minaccia di infettare anche le altre mediane (anche la più generale classificazione delle riviste scientifiche, cioè), si chiama a raccolta chi ha a cuore la promozione dei “giovani più bravi”: vale a dire quelli che, per un motivo o per l’altro (cfr l’articolo di Eugenio Mazzarella su L’Unità), hanno avuto accesso alle riviste di fascia A sulle quali non scrive quasi nessuno (infatti la mediana qui va da 0 a 3) e che con un articolo o due possono presentarsi dove non ha accesso chi ha scritto decine di articoli pubblicati altrove (non nel bollettino della parrocchia, semplicemente in una rivista che non è stata messa in classe A) e magari qualche libro. In difesa di questa “eccellenza” si chiede di stendere un disperato cordone sanitario, consistente in un documento sottoscritto dalle società scientifiche da inviare al TAR (e pazienza che, come ha osservato qualcuno, il TAR non sia la posta del cuore cui si scrive tanto per fare: la cultura giuridica qui, si è visto, non è che abbondi). C’è da chiedersi ora chi, da studioso serio, in scienza e coscienza, potrà sottoscrivere un documento in difesa di una cosa del genere.

Vorrei aggiungere una considerazione. Personalmente sono assolutamente convinta che un articolo possa valere venti articoli, che due articoli possano valere cinque monografie. Ma se in un concorso, un anno fa, una commissione altamente autorevole, dopo aver letto i titoli e con un giudizio motivato nel merito (cioè non come adesso a priori, senza aver letto e in funzione di filtro per il giudizio), avesse sostenuto qualcosa del genere sarebbe stato attaccata nel modo più sanguinoso; e sui risultati si sarebbe giocata la faccia (cfr. l’articolo di Luca Illetterati). Di certo, contro lo sfacciato arbitrio baronale contenuto nella convinzione che un articolo ne possa valere venti si sarebbero scagliati tutti i difensori dell’oggettività, della produttività, dell’imprenditorialità. Oggi invece il vecchio arbitrio soggettivo assume la veste fredda dell’oggettività tecnocratica e la baronia è resa asetticamente scienza: che un articolo ne valga venti, prima ancora di leggerlo, è un’evidenza scientometrica. Inizia l’era della tecno-baronia?

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72 Commenti

  1. sulle riviste di fascia a nel settore 12 dico solo che bene ha fatto l’anvur a desistere. in questo sito si è un pò cattivelli con l’anvur, ma una volta che fa una cosa giusta, si vede il bicchiere mezzo vuoto, ovvero la forma ambigua della decisione, e non il bicchiere mezzo pieno, ovvero che si elimina un vulnus clamoroso. nel mio settore si scrive su una rivista e non su un’altra perché è di scuola, non all’esito di una valutazione di impatto. e la classifica in fasce è stata fatta tenendo conto più dell’equilibrio tra le scuole che altro… insomma, la fascia è solo il permanere di vecchie logiche di potere… in alcuni settori le valutazioni sono francamente non condivisibili… e rimanevano aperti problemi enrormi con riferimento alle riviste di altri settori in cui si poteva pubblicare, alle riviste straniere, alle riviste trasversali alle fasce (frequentissime e importanti nell’area 12, per esempio le raccolte di giurisprudenza) e con riferimento alle riviste una volta presigiose poi decadute.

    sulle mediane, io insisto nella mia lettura, che è per ora la più accreditata tra tutti i ricercatori del mio settore che ho contattato, ovvero che è necessario eguagliare tutti gli indicatori e superarne uno. non mi metto a spiegare più di tanto perché già l’ho fatto in altri interventi e non voglio annoiare, visto che in precedenza ho suscitato reazioni sdegnate di qualcuno, e non vorrei disturbare il week-end a chi non supera la mediana… tanto è inutile parlarne, aspettiamo che anvur chiarisca (ho mandato un quesito) o applichi… dico solo che molti degli ordinari che non capiscono il perché dei loro semafori rossi potrebbero provare a rivedere i conti nel senso della mia lettura e vedere se così tornano i conti… e credo che tornano…

    se invece passa la lettura della mediana debole accreditata da molti in questo sito (e per me ripeto sbagliata) in molti settori basterà un articolo in fascia a per passare la mediana, ma questo è assurdo.

    sulle commissioni, è ovvio che valutano loro, ma se la mediana non filtra non avranno il tempo materiale di lavorare sui giudizi, perché per esempio nel mio settore l’interpretazione debole della mediana farà presentare migliaia di domande, considerando 12 pubblicazioni cadauna fà 12000 pubblicazioni. invece l’interpretazione forte taglia almeno il 70% delle domande.

    sulle pubblicazioni dell’ultima ora, non vedo nulla di strano, è sempre stato così! poi vediamo che c’è dentro, se hai scritto fandonie peggio per te, se è il lavoro che avevi nel cassetto da anni, ben venga che il concorso ti abbia dato la sveglia, così ci farai leggere il capolavoro!

    • Non penso che l’ANVUR applichi l’interpretazione restrittiva di andrea.bu, perché nelle FAQ si legge espressamente: “Si ricorda che per i settori bibliometrici devono essere soddisfatti due criteri su tre, per i settori non bibliometrici uno su tre (uno su due nel caso dell’area 12)”.

    • Sarà irrazionale ma è così: “per i settori non bibliometrici uno su tre (uno su due nel caso dell’area 12)”.

    • Oltretutto, come già evidenziato in altro post da kunnano, l’interpretazione più lasca è irrazionale. Se ho, mettiamo 3, 12, 1 può capitare che chi ha due riv in fascia A la supera e chi invece ha 3 monografie, 12 articoli e 1 in fascia A non è ammesso!

  2. Altre interpretazioni – o meglio libere opinioni – a parte, la ragione per cui alcuni ordinari con pubblicazioni in fascia A si ritrovano il semaforo rosso potrebbe essere proprio la restrizione delle nuove classificazioni al settore concorsuale, che mancava nelle classificazioni per la VQR (quelle, immagino, in base alle quali si pensa appunto di aver pubblicato in fascia A, non essendo ancora pubbliche le classificazioni per l’abilitazione). Per capirci, io potrei aver scritto un articolo d’impianto teoretico su Nietzsche in “Studi nietzscheani” (testata di fantasia), convinta che sia una sede eccellente, e ritrovarmi che questa rivista è in fascia A per Filosofia morale e non per Filosofia teoretica. Speriamo che non accada, ma è appunto “possibile che una rivista sia di classe A per un SC ma non per altri, all’interno della stessa area CUN” (cfr Documento di accompagnamento alle mediane).

    Si può apprezzare l’ironia del fatto che mentre da un lato si è proceduto alla revisione dei settori, eliminando barriere e accorpandone diversi tra loro, una logica inversa procede a compartimentare discipline e ambiti di studio. Significativo anche che questa logica da enclosure appunto contravvenga palesemente persino alla declatoria istituzionale di certi settori, senza dubbio quella del mio settore, Filosofia teoretica (cfr All. B del DM 29 luglio 2011 n. 336: http://attiministeriali.miur.it/media/174801/allegato%20b_def.pdf). Certi filosofi francesi, che si sa però sono poco raccomandabili, ci costruirebbero su uno scrittarello “Dé-territorialization et Re-territorialization selon l’esprit nouveau de l’Anvùr”.

    Colgo l’occasione per una precisazione, a proposito del fatto che le classifiche non sono ancora pubbliche (dovevano esserlo “in settimana”, aveva annunciato l’ANVUR).

    Il documento in difesa della terza mediana di cui parlo nell’articolo è stato redatto da collaboratori dell’ANVUR a nome delle società scientifiche e inviato alle stesse semplicemente per la firma, richiesta cortesemente in tempi stretti e – appunto – senza che fosse loro nota la lista delle riviste di fascia A. In altri termini, alle società è stato chiesto di firmare al buio.

  3. Grazie a Valeria Pinto per il lucido contributo. Il meccanismo delle riviste di “fascia A” deprime la multidisciplinarità, favorisce il conformismo scientifico, induce a rimanere nel mainstream della ricerca, per non dire dell’enorme potere editoriale e culturale che potranno avere certi gruppi e certe scuole. Quanto alla sciagurata vicenda delle mediane, ha ragione Andrea Zhok (11:19): come ha potuto qualcuno pensare che basterà aver superato questa o quella per ottenere “automaticamente” l’abilitazione? Le commissioni potranno e dovranno entrare nel merito (il tempo è poco, ma non pochissimo: fino al 20 febbraio 2013) e distinguere il libro confezionato per l’occasione da quello in preparazione da tempo, l’articoletto (anche se in fascia A) di poche pagine dal corposo saggio originale. I criteri quantitativi (che tra l’altro evidenziano l’enorme separazione di giudizi tra il mondo delle scienze “dure” e quello delle “umanistiche”: in un caso il libro può essere una rimasticatura a scopo didattico, nell’altro il culmine di anni di ricerca) potranno essere un deterrente per i candidati, un primo filtro per i commissari, ma non una discriminante (su questo almeno il DM è chiaro: potrà presentare domanda anche chi non ha le mediane “a posto”). Ma la commissione farà bene a non verbalizzare che il tale candidato si boccia per via delle mediane, perché in questo caso il ricorso è più che possibile. Insomma, qualità. E perché mai pensare solo all'”arbitrio” delle commissioni? Le commissioni serie saranno lì anche per correggere certe follìe quantitative.

  4. si philologus, anvur scrive così, non solo nella faq ma in altri documenti, e così d’altronde dice il decreto (all. B). Ma secondo la mia interpretazione la norma intende chiarire che non occorre superare tutti e tre i valori, è sufficiente possederli tutti e superarne uno.
    ora, l’idea generale che sorregge questo meccanismo della mediana è che si accede ad un settore se hai prodotto almeno la media di quello che produce il settore (se hai i valori del professore mediano…). è chiaro che questo sistema, più o meno gradevole, si può rispettare solo con l’interpretazione forte… poi le commissioni possono valutare gli scostamenti, possono cioè dire, si hai scritto più della mediana ma porcherie, oppure, hai scritto un pò meno ma faccio eccezione motivata perché sei un genio… ma la logica normativa è superare la mediana nel senso di aver prodotto quantitativamente un pizzico di più del prof mediano. su questo non ci piove, altro senso la mediana non ha… e non avrebbe avuto senso calcolarla statisticamente sulla popolazione docente d’altronde… la mediana statistica ha senso in un impianto normativo che fa leva su questo standard complessivo, ovvero il possesso della mediana, considerata nelle diverse anime che la compongono (criteri o indicatori), più un pezzetto piccolissimo, uno 0.01 in una sola degli indicatori…
    in questo senso, secondo me e altri, va letta la norma e le conseguenti frasi di anvur, che sono in effetti ambigue…

    • da giurista:
      la lettura di andrea delle mediane non è legale;
      le mediane non sono giuridicamente vincolanti.
      CHI E’ sotto le mediane si metta il cuore in pace: non sarà su quello che può essere bocciato.
      ad oggi gli unici che possono impugnare sono i commissari esclusi dalle commissioni.
      non da giurista: sono contento della mancanza della terza mediane, che era veramente insensata, come le riviste in A del VQR

    • “CHI E’ sotto le mediane si metta il cuore in pace: non sarà su quello che può essere bocciato.”

      Occorre essere precisi, altrimenti si alimenta la confusione: chi non supera le mediane potrà essere bocciato dalla commissione sulla base (anche) di questo dato, se la commissione stessa deciderà di utilizzare le mediane come elemento dirimente. Quello che (se interpreto bene) volevi dire è che nessuno potrà essere escluso dalla possibilità di partecipare alla procedura abilitativa sulla semplice base del non superamento delle mediane.

    • Cito Modica: “Dunque, se la logica e la lingua italiana hanno ancora un senso, le commissioni possono solo rafforzare e mai indebolire i criteri e i parametri fissati dal regolamento ministeriale. Quindi non vi è alcuna possibilità per le commissioni di evitare che il parametro del superamento delle due mediane su tre mantenga il suo carattere dirimente e serva ad escludere senza appello i candidati che non lo soddisfino, qualunque sia il giudizio scientifico della commissione.” Tutto il testo è disponibile qui:
      https://www.roars.it/?p=10008

    • Ho letto il testo di Modica, a me pare però che il dm 76 sia interpretabile in senso diverso. Quel che è certo, è che saranno le commissioni stesse a valutare il superamento delle mediane da parte dei candidati (decreto direttoriale 222 del 20 luglio 2012, art. 4 “lavori delle commissioni”, comma 4): ergo, non vi sarà un’esclusione ex ante dalla possibilità di presentare la domanda per nessuno.

    • Se Modica avesse torto (ma ha torto?) non ci sarà esclusione ex ante. Tuttavia, basterà che nella sua prima riunione la commissione non faccia richiesta di derogare al filtro delle mediane e quei candidati saranno ipso facto esclusi. Un sogno lungo un giorno.

    • In effetti, c’è da chiedersi, visto che le commissioni potranno abilitare chi non è in mediana e non abilitare chi le supera, se sia valsa la pena di realizzare un così ampio e discutibilmente impostato sforzo per calcolare le mediane stesse. La mia impressione è che l’aver calcolato e rese pubbliche le mediane serva più che altro come strumento per fare pressione psicologica sulle commissioni, e “responsabilizzarle” un po’ di più rispetto al passato.

  5. non so come Andrea.bu faccia a sostenere la sua tesi restrittiva quando, oltre alla FAQ dell’Anvur, il DM mi sembra inequivocabile:

    DM 3. […] l’abilitazione può essere attribuita esclusivamente ai candidati:[…] b) i cui indicatori dell’importanza e dell’impatto della produzione scientifica complessiva presentino i valori richiesti per la “prima fascia”, sulla base delle regole di utilizzo degli stessi di cui all’allegato B, numero 4, lettera b).

    Allegato B – 4b) ottengono una valutazione positiva dell’importanza e dell’impatto della produzione scientifica complessiva i candidati all’abilitazione i cui indicatori sono superiori alla mediana in almeno uno degli indicatori di cui alle lettere a) e b) del numero 3.

    Di equivoco, secondo me, c’è solo il discorso della “prima fascia” indicata anche per la “seconda”.

    • almeno l’Anvur dovrebbe dare un chiarimento esauriente. Se non altro per l’iniquità di trattamento tra i candidati allo stesso settore, irrazionale, che ho evidenziato in precedenza: chi supera l’indicatore più basso dei tre è avantaggiato rispetto a chi deve superare l’indicatore più alto: ripeto, se ho 3,12, 1 chi passa con 0,0,2 è avantaggiato rispetto a chi deve passare con 0,13,0 oppure 4,0,0.

  6. Antonio, sempre per restare nel campo dei giuristi, tu hai capito se il concetto di nota a sentenza sia da intendersi in modo formale, oppure sostanziale, con la consseguenza, nel secondo caso, che una nota a sentenza ampia e ricca di contenuti che prescindono dalla specifica sentenza in commento può qualificarsi come articolo? Grazie ancora per il prezioso aiuto che dai a tutti noi!

    • No, restano tutte le ambiguità del caso e non credo anvur vorrà chiarire, perchè dovrebbe ricalcolare le mediane. stesso ragionamento per le recensioni critiche rispetto alle mere segnalazioni o note.

    • Escludo che si discostino da quanto stabilito in precedenza:

      http://www.anvur.org/?q=it/content/prodotti-oggetto-di-valutazione

      Tale locuzione designa due specie di scritti. Ambedue traggono spunto da una o più pronunce della giurisprudenza. Ma presentano un’importante caratteristica distintiva:

      a) vi è una prima specie di “note a sentenza” che si configurano come note redazionali, normalmente senza titolo e limitate all’indicazione di precedenti

      b) vi è una seconda specie di note nelle quali l’analisi viene sviluppata come in un articolo, al quale sono quindi assimilabili.

      Le note suscettibili di essere prese in considerazione ai fini della VQR sono quindi soltanto quelle di cui al punto b).

  7. L’ANVUR aveva assicurato: “Entro la settimana corrente pubblicheremo la lista delle riviste di fascia A per le aree non bibliometriche”.
    Oggi è l’ultimo giorno della settimana e non c’è ancora traccia della lista. Domani scade il termine per ritirare la candidatura a commissario, che (forse non è noto a tutti) per l’area 10 è stata presentata al buio (senza semaforo!). Anche un eventuale ritiro della candidatura dovrà essere presentato senza alcun riscontro?

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