La redazione è stata invitata ad un seminario organizzato dal Partito Democratico il 13 luglio 2023 dal titolo “Per un rilancio  di un sistema nazionale universitario pubblico e nazionale”. Come capitato altre volte in altri contesti politici la redazione ha accettato l’invito e presentato alcune proposte riassunte di seguito.  

1. Cambiare rotta

A cosa serve il sistema universitario nazionale?

Questa è la domanda chiave a cui occorre dare una risposta diversa da quella dominante negli ultimi 15 anni, se vogliamo davvero rilanciare il sistema universitario. Governi di ogni colore, sia politici che tecnici, hanno promosso riforme di retroguardia, appiattite su modelli aziendalistici che all’estero sono già da tempo messi discussione. È vano immaginare l’università come motore di progresso economico, se si mortifica il suo ruolo nella crescita civile e culturale del paese e la si mantiene inaccessibile a chi è svantaggiato per estrazione sociale e residenza geografica.

2. Quattro temi scottanti

Ai fini di una svolta delle politiche universitarie, ci sono quattro temi che appaiono prioritari.

1. Diritto allo studio (residenze, tasse universitarie, questione meridionale): Se consideriamo le nazioni OCSE, solo il Messico ha una percentuale di laureati nella fascia 25-34 anni inferiore all’Italia. La percentuale italiana è 28% contro una media OCSE del 47%. Ciò è dovuto a ritardi storici ma anche all’esiguità delle misure di sostegno al diritto allo studio e alle elevate tasse di iscrizione. Le percentuali di laureati in alcune regioni meridionali sono eccezionalmente basse e, se non si interviene, pongono una pesante ipoteca sui progetti di rilancio economico e sociale di quelle regioni.

2. Precariato e dimensionamento del sistema universitario (preparare il post-PNRR): per ovviare al sottodimensionamento della docenza, una parte significativa dei compiti didattici e di ricerca svolti nelle università sono affidati a personale che non è di ruolo, a partire dai dottorandi e i borsisti per arrivare ai docenti a contratto e ai ricercatori a tempo determinato di tipo A. Rispetto alla precedente austerità, i fondi del PNRR rappresentano una inversione di tendenza, ma sono stati in gran parte utilizzati per  finanziare posizioni temporanee. Al termine del programma di finanziamento, la situazione rischia di essere ancora più esplosiva, se non si pianifica fin d’ora una strategia di medio-lungo periodo.

3. Dipartimenti di eccellenza (e questione meridionale): la ripartizione della quota premiale basata sulla VQR (la valutazione della ricerca condotta da ANVUR) non aveva prodotto disparità di finanziamento tali da creare una serie A e una serie B. Sotto il governo Renzi è stato allora varato il finanziamento dei dipartimenti di eccellenza. Un miliardo e 350 milioni assegnati da un algoritmo che, per quanto sconclusionato, raggiunge però lo scopo di travasare risorse dalle regioni più deboli verso quelle più forti.

4. Fallimento della valutazione di stato: dopo più di un decennio, è giunto il momento di tirare un bilancio sui risultati prodotti dall’ANVUR, l’agenzia di valutazione della ricerca. Come denunciato da una recente puntata di Report, il ruolo di vigilanza dell’agenzia non è valso a frenare l’espansione di spregiudicati atenei telematici, che raccolgono ingenti profitti in virtù dell’autorizzazione a rilasciare titoli di studio: l’ANVUR non ha infatti ritirato l’accreditamento a nessun ateneo telematico. Nel frattempo, l’ex presidente dell’Anvur Paolo Miccoli, è divenuto Presidente dell’Associazione dellle università telematiche e digitali. Per quanto riguarda la valutazione della ricerca, l’uso indiscriminato degli indicatori quantitativi ha incentivato i comportamenti opportunistici dei ricercatori e contribuisce alla soppressione della ricerca non-mainstream. ANVUR, a fronte degli onerosi adempimenti burocratici che impone agli atenei, sforna valanghe di numeri di dubbia utilità. Per fare un esempio, nell’ultima valutazione della ricerca, la VQR 2015-2019, l’ateneo telematico Unicusano si colloca al secondo posto nella classifica nazionale dell’Ingegneria industriale e dell’informazione, precedendo di gran lunga il Politecnico di Milano (15-mo) e quello di Torino (37-mo).

3. Quattro interventi ad alto valore simbolico

In termini propositivi e di comunicativi, poniamo all’attenzione delle forze politiche quattro interventi ad alto valore simbolico:

A. Abolizione/forte riduzione delle tasse universitarie: abolizione o riduzione a livelli comparabili con nazioni europee come Francia e Germania.

B. Abolizione dei dipartimenti di eccellenza: invertire il travaso di risorse da Sud a Nord e dare la priorità a interventi mirati a garantire una formazione universitaria di qualità in tutte le regioni italiane.

C. Circoscrivere il ruolo di Anvur al solo accreditamento delle istituzioni universitarie: piuttosto che stilare paradossali classifiche della ricerca che certificano la superiorità degli atenei telematici sui politecnici, riformare profondamente l’agenzia in modo che si dedichi finalmente a contrastare i diplomifici invece che a soffocare di burocrazia le buone università.

D. Reclutamento straordinario: non serve far esplodere il numero di borse di dottorato di assegni e di ricercatori a tempo determinato senza tenure se non ci sono posti permanenti. Una nazione con un sistema universitario fortemente sottodimensionato non ha futuro.

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3 Commenti

  1. In merito al diritto allo studio andrebbero analizzati i dati del «tertiary degree» (i.e. short-cycle tertiary, bachelor’s, master’s or doctoral or equivalent) perché la tabella ocse mette insieme tutto, anche i cosiddetti short-cycle tertiary. Sarebbe utile poter consultare i numeri dei laureati magistrali e le percentuali di occupazione per categoria.

  2. aggiunta:
    short-cycle tertiary:
    ISCED level 5 has a minimum duration of two years and is typically but not always shorter than three years. For education systems with modular programmes where qualifications are awarded by credit accumulation, a comparable amount of time and intensity would be required.

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