La crisi abitativa e locativa, alimentata dall’inflazione, dalla speculazione e dalla
gentrificazione dei centri urbani, non riguarda solo la componente studentesca ma, più in generale, tutte le categorie lavorative subalterne, ivi comprese quelle appartenenti al mondo della ricerca universitaria. In Italia le condizioni di lavoro nel dottorato di ricerca, rendono estremamente difficile una vita indipendente in tutti i maggiori centri urbani ai dottorandi, per prezzi superiori a 10€/mq. Per accedere al più alto titolo di studio, è meglio dunque avere una famiglia che possa e sappia sostenere il dottorando. E la situazione non migliora certamente per gli assegnisti di ricerca la cui condizione precaria e parasubordinata è decantata dalla Ministra Bernini come “libertà di fare ricerca”, a 1450 euro al mese. Il PNRR non inverte la rotta: al netto della raggiungibilità o meno di tutti i target, la scelta di appaltare al mercato – quello stesso mercato che ha generato l’attuale crisi – i benefici economici del PNRR, facendo sgocciolare milioni sull’housing in partenariato con il privato non sembra guardare né allo stato di cose presenti, né al futuro. 

Dalle colonne del Corriere della Sera la Ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini cantava il peana del Piano nazionale di ripresa e resilienza e delle azioni messe in campo dal governo Meloni. «Abbiamo raggiunto prima del tempo il target Pnrr di dicembre 2022 – dichiara Bernini – assegnando i 7.500 posti letto previsti» [1]. Eppure, fra le salvifiche milestone e target del PNRR si snodano contraddizione e problematiche in itinere e di lungo respiro.

La Riforma 1.7 (Alloggi per gli studenti e riforma della legislazione sugli alloggi per gli studenti) prevede infatti l’obiettivo di «triplicare i posti letto disponibili per gli studenti fuori sede, portandoli, entro il 2026, da 40.000 a 105.500, incentivando la realizzazione, da parte di soggetti privati, di nuove strutture di edilizia universitaria, grazie alla copertura degli oneri relativi ai primi tre anni di gestione delle strutture, da parte del MUR» [2]. Per far ciò, il PNRR dota il Ministero dell’Università e della Ricerca di 960 milioni di euro, divisi in due linee di intervento: il target M4C1-28 – quello dei 7500 posti letto citato da Bernini – da raggiungere entro il 2022, una volta modificata la normativa in materia di alloggi per gli studenti contenuta nella l. n. 338/2000 (milestone M4C1-27); e il target M4C1-30, entro il 2026, di creazione e assegnazione di ulteriori 52500 posti letto aggiuntivi, incoraggiando la creazione di partenariati pubblico-privato (milestone M4C1-29).

Già sul primo target sono sorte le prime difficoltà interpretative: come emerge dai considerando al Decreto Ministeriale n. 1046 del 26 agosto 2022, il quale assegna 300 milioni di euro da fondi PNRR per rendere disponibili nuovi posti letto, le interpretazioni date dal MUR e dalla Commissione europea sulla definizione di “assegnazione” differivano. Se quest’ultima pretendeva l’assegnazione materiale dei posti letto, il MUR si accontentava che «fossero espletate le procedure amministrative di aggiudicazione» [3].

Il D.M. 1046/2022, emanato dall’allora Ministra Maria Cristina Messa a governo Draghi già dimissionato, ha rappresentato comunque un primo ed emergenziale dietro-front al fine di raggiungere il target PNRR attraverso l’acquisizione e/o la locazione a lungo termine di alloggi, rispetto a un originario D.M. che invece puntava sul cofinanziamento degli interventi per realizzare abitazioni universitarie, sempre in partenariato con il settore privato.

Al neonato dicastero di Viale delle Mura Portuensi arriva dunque la senatrice Anna Maria Bernini. Bernini imposta la sua attività politica e di rapporto con i corpi intermedi del sistema universitario nel più totale disinteresse all’ascolto della componente studentesca tramite il Consiglio Nazionale degli Studenti Universitario e delle associazioni di categoria, prime rappresentanti dei bisogni di chi percorre le aule universitarie, vive le città e percepisce la drammaticità della situazione locativa.

Con la legge di bilancio 2023 il Governo Meloni interviene sul tema dell’housing universitario, assegnando 4 milioni di euro per il 2023 e 6 milioni di euro a decorrere dal 2024 per corrispondere un contributo alle spese di locazione in favore degli studenti fuori sede. Inoltre, conguaglia il finanziamento distratto dal D.M. 1046/2022 per favorire la costruzione di nuovi posti letto nell’ambito delle misure PNRR.

Se già sono stati assegnati 300 milioni, ne mancano all’appello altri 660 di PNRR da spendere. Che si fa? L’art. 25 del d.l. 144/2022 li destina alla «partecipazione al finanziamento» anche da parte di «investitori privati». Tradotto: un contributo a fondo perduto per la copertura dei costi di gestione del posto letto nei primi tre anni.

Come rilevato dal Sole24Ore, non vi è solo una problematica di complessiva diminuzione del numero dei posti letto nelle residenze per il diritto allo studio universitario – passate dalle oltre 43.000 pre-Covid alle attuali 40.000 [4] – ma anche di prezzi: per il portale Idealista.it, i canoni di locazione sono in costante aumento da un anno e mezzo a questa parte, registrano nel mese di aprile scorso rialzi considerevoli in città universitarie come Bologna (+5,8%) e Bari (+4,4%) [5].

La crisi abitativa e locativa, alimentata dall’inflazione, dalla speculazione e dalla gentrificazione dei centri urbani, non riguarda solo la componente studentesca ma, più in generale, tutte le categorie lavorative subalterne, ivi comprese quelle appartenenti al mondo della ricerca universitaria.

Come testimoniato dal X Rapporto dell’ADI – Associazione Dottorandi e Dottori di ricerca in Italia sulle condizioni di lavoro nel dottorato di ricerca, prezzi superiori a 10€/mq rendono estremamente difficile una vita indipendente in tutti i maggiori centri urbani ai dottorandi, i quali, a detta dell’Università di Verona, devono dover fare fronte con “finanze proprie” per mantenersi durante il percorso di dottorato [6]. Per accedere al più alto titolo di studio, è meglio dunque avere una famiglia che possa e sappia sostenere il dottorando, come del resto comprova il Report 2022 di AlmaLaurea sui profili dei dottori di ricerca: se il 24,8% dei laureati di secondo livello 2021 proviene da una classe sociale elevata, la percentuale aumenta al 31,1% per i neo-dottori di ricerca [7].

E la situazione non migliora certamente per gli assegnisti di ricerca – la cui condizione precaria e parasubordinata è decantata dalla Ministra Bernini come “libertà di fare ricerca”, a 1450 euro al mese – ed altre figure precarie della ricerca.

Il PNRR non inverte la rotta: al netto della raggiungibilità o meno di tutti i target, la scelta di appaltare al mercato – quello stesso mercato che ha generato l’attuale crisi – i benefici economici del PNRR, facendo sgocciolare milioni sull’housing in partenariato con il privato non sembra guardare né allo stato di cose presenti, né al futuro post-PNRR. Sempre che, governo permettendo, il futuro non sarà ben presto già qui.

[1] Corriere della Sera dell’11 maggio 2023, p. 10

[2] Ministero dell’Università e della Ricerca, Riforma 1.7 Alloggi per gli studenti e riforma della legislazione sugli alloggi per gli studenti

[3] Santoro, A. (2023), Residenze universitarie: l’occasione persa del PNRR

[4] https://www.ilsole24ore.com/art/emergenza-alloggi-universitari-cresce-protesta-al-polimi-AEXaZ1QD

[5] https://www.idealista.it/news/immobiliare/residenziale/2023/05/09/173575-case-affitti-in-forte-aumento-ad-aprile-3-1-scopri-i-canoni-nella-tua-citta

[6] Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca in Italia (ADI). (2023). La Questione salariale. Decima indagine ADI sulle condizioni di lavoro nell’ambito del dottorato di ricerca. Rapporto finale e analisi stratificata, pp. 40 ss.

[7] AlmaLaurea, Report 2022 sul Profilo dei Dottori di ricerca 2021.

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