Pubblichiamo la riflessione complessiva sul tema della valutazione che il Capo Dipartimento Giuseppe Valditara ha inviato ai rettori delle università italiane, dedicato ad ANVUR e alla valutazione. Vi si sostiene che “La valutazione del sistema universitario e della ricerca è uno strumento fondamentale“. Ma ANVUR  “si è trasformata nel tempo in un ente inquisitorio e burocratico sempre più legato alla valutazione dei processi (valutazione ex ante ed in itinere) piuttosto che  a quella dei prodotti (valutazione ex post). […] ANVUR si è troppo spesso sostituita al Decisore politico ed al legislatore, ha creato un sistema di Autonomia iper-normata ed iper-controllata, in cui l’utilizzo di indicatori numerici (una vera Dittatura dell’Algoritmo). […] E’ necessaria una revisione della normativa sulla valutazione della ricerca e sull’accreditamento, mirata a una decisa semplificazione e razionalizzazione“. Il 24 gennaio scorso la segreteria della CRUI ha trasmesso il documento ai rettori con la richiesta di far pervenire eventuali osservazioni alla Segreteria della CRUI entro martedì 29 gennaio.

Ecco il documento integrale, ripreso dal sito del Circolo Universitario Giorgio Errera, che lo ha pubblicato il 2 febbraio scorso.

LA VALUTAZIONE DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA

PREMESSA

La valutazione del sistema universitario e della ricerca è uno strumento fondamentale per tutti i sistemi avanzati di formazione superiore e per tutti i Sistemi Paese in cui la ricerca e l’innovazione sono strumenti non solo di progresso, ma anche oggetto di investimento in termini di risorse umane ed economiche.

I sistemi di valutazione, infatti, rappresentano uno strumento indispensabile per il Decisore politico, sia per il governo del sistema sia per la corretta allocazione delle risorse, sia, infine, per la competizione sulla platea internazionale. Da una parte infatti la competizione internazionale richiede performance di livello e d’altro canto i ranking delle università presuppongono una valutazione delle performance. Dall’altra parte risorse scarse vanno attribuite premiando chi le usa in modo virtuoso, raggiungendo soddisfacenti risultati in termini di qualità della ricerca e della didattica.

In Italia, in particolare, con l’introduzione prima dei Comitati di Valutazione di Università e Ricerca – CNVSU e CIVR e successivamente con la costituzione della Agenzia Nazionale di Valutazione di Università e Ricerca – ANVUR, non solo si è potuto giungere ad una maggiore conoscenza del sistema, ma si è anche incoraggiato un miglioramento delle performance dei singoli atenei ed un risanamento del sistema universitario. Oggi, pur a fronte di una scarsità di risorse allocate (vedi allegato), la ricerca scientifica italiana risulta in una posizione elevata nei Ranking internazionali, collocandosi al 7°-8° posto per la produzione scientifica, in valore assoluto, ed al 2°-3° posto, se la valutazione viene effettuata in rapporto alla quantità dei Ricercatori che, nel nostro Paese, sono purtroppo fra i meno numerosi di tutto il sistema OCSE. Nel contempo sono stati risanati i bilanci della gran parte delle università italiane, con fra l’altro una spesa per il personale che è nella pressoché totalità dei casi inferiore all’80% in rapporto all’FFO.

Il sistema di valutazione ha avuto indubbiamente un significato -sia per il singolo ricercatore sia sui Gruppi di ricerca- che potremmo definire psicologico, cioè quello di stimolare la competizione identificando i cosiddetti “inattivi”, scesi in numero significativo, e differenziando le aree di criticità da quelle di buon livello. Questo va sottolineato in quanto è difficile negare che il Sistema Italiano, in generale, abbia scarsa attitudine alla valutazione dei risultati seguendo l’antico incipit – ti do poco, ti chiedo poco e non ti controllo – che ha caratterizzato anni di scarsa attenzione al merito.

IL SISTEMA ATTUALE

L’Agenzia per la valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) che, come detto, è scaturita dalla fusione dei Comitati di valutazione di Università e Ricerca CNVSU e CIVR, è stata prevista dall’Art. 2 della Legge 24 novembre 2006 ed è stata voluta innanzitutto dagli organismi rappresentativi del Sistema Universitario e della Ricerca che credevano fortemente in tutto quanto detto nelle premesse (vedi le numerose delibere favorevoli del Consiglio Universitario Nazionale nel 2007-8, così come le prese di posizione della Crui).

Le riforme degli ultimi anni del secolo scorso avevano certamente introdotto forti dosi di autonomia, senza tuttavia adeguati livelli di responsabilità. Si era così generato un sistema di Autonomia irresponsabile che ha prodotto danni notevoli alla solidità di buona parte dei nostri atenei e alla qualità stessa della ricerca e della didattica. È difficile infatti immaginare che ci possa essere buona ricerca e buona didattica quando le spese per il personale arrivano ad assorbire la quasi totalità, in qualche caso la totalità dell’FFO. Negli ultimi anni della prima decade del nuovo secolo si è dato così vita ad un sistema di Autonomia controllata caratterizzato da una notevole prescrittività, da rigide forme autorizzatorie e da una valutazione dei processi. L’Anvur ha finito con il risentire di questa concezione dirigista, soprattutto per una serie di applicazione regolamentari in parte distorsive delle volontà del legislatore, ben espresse fra l’altro in alcuni odg (importanti quelli di Valditara e altri, con cui si vietava la valutazione individuale, si auspicava una valutazione agile della produzione scientifica e si auspicava una valutazione dei risultati, piuttosto che dei processi).

L’Agenzia, per una serie di errori concettuali, in parte dovuti appunto ad una declinazione Regolamentare molto articolata e complessa rispetto alla legge istitutiva (DPR 1 febbraio 2010 n 76) ed in parte a comportamenti opportunistici atti a  scaricare su un soggetto tecnico e non politico le decisioni sgradevoli di premialità e sanzione, si è trasformata nel tempo in un ente inquisitorio e burocratico sempre più legato alla valutazione dei processi (valutazione ex ante ed in itinere) piuttosto che  a quella dei prodotti (valutazione ex post).

Nelle leggi 1/2009 e 240/2010 di riforma del sistema universitario e della ricerca, l’allora Governo in carica, aveva chiaramente indicato che un sistema di valutazione del prodotto  era lo scopo dell’intero sistema di analisi della formazione e  ricerca scientifica e della competitività e sviluppo da esse derivanti. Un OdG dell’allora sen. G. Valditara (relatore per il Governo della L 240/10) identificava, come si è anticipato, proprio nella valutazione di prodotto (ex post) il significato di tutto il sistema di valutazione.

Al contrario una dilatazione dell’attività dell’ANVUR, che si è troppo spesso sostituita al Decisore politico ed al legislatore, ha creato un sistema di Autonomia iper-normata ed iper-controllata, in cui l’utilizzo di indicatori numerici (una vera Dittatura dell’Algoritmo), che per loro stessa natura rischiano di potere essere distorti per ottenere il risultato voluto, ha conseguito spesso l’effetto contrario a tutto quanto detto in premessa. In pratica iper-regolamentando tutti i processi si giunge, per assurdo, alla deresponsabilizzazione completa del singolo e del sistema su cui la valutazione punta l’attenzione; tutto si riduce solo al premiare il pedissequo assolvimento di tutti gli adempimenti burocratici necessari. Solo a titolo di esempio per l’istituzione dei corsi prevale la sola valutazione della loro aderenza alle varie tabelle ordinamentali e la loro congruenza con le varie schede di accreditamento (SUA) e per la valutazione della ricerca si ricorre ad aleatori algoritmi, come dimostrato dagli esercizi VQR e dai risultati dei Dip. di Eccellenza, spesso incomprensibili e molto costosi, che limitano la reale valutazione complessiva della produzione scientifica dei singoli, dei Dipartimenti, degli Atenei, degli Enti e delle Aree scientifiche.

Indubbiamente, come detto, la valutazione fatta fino ad oggi ha prodotto dei risultati positivi, in termini di conoscenza del sistema e di stimolo al merito (derivante però più dal timore della valutazione negativa che da una vera e conseguente premialità), ma anche provocato una serie di distorsioni e di costi materiali ed umani.

Solo per fare alcuni esempi, nelle aree bibliometriche l’attuale sistema di valutazione ha indotto talvolta a pubblicazioni utili solo ai fini del risultato degli algoritmi o del superamento di soglie precostituite, come se tutto il resto della attività fosse inutile, riducendo la possibilità di sviluppo delle piccole aree e di quelle intersettoriali; nelle aree non bibliometriche ha costretto i ricercatori a pubblicazioni in riviste identificate dall’ANVUR stessa come di “classe A” (ai fini della VQR) costringendo, tra l’altro, a pubblicare solo in quelle della propria area, rinnegando così la tanto voluta multi e interdisciplinarietà, quando sarebbe bastato indicare alcuni parametri utili per identificare la rivista di livello scientifico. Ancora, nei dipartimenti si è dovuto passare alla pratica di “adottare l’inattivo”, cioè di aggiungere il suo nome sulle pubblicazioni di altri, per non causare danno a tutto il dipartimento, invece di valutare l’intera produzione dello stesso. Inoltre, non risulta che si sia mai fatta una reale valutazione dei costi/benefici di tutto questo sistema: i vari esercizi VQR e schede AVA, SUA, ecc. quanto costano realmente tenendo conto dei costi diretti e dei costi indiretti, cioè del tempo/uomo dedicato alla predisposizione di questa attività?

Bisognerebbe imporre innanzi tutto di valutare la valutazione: un ente di valutazione valuta in primis se stesso, poi il sistema per la cui analisi è costituito.

E’ ora tempo di passare ad una Autonomia responsabile del Sistema della Alta Formazione e Ricerca a cui faccia da corollario una valutazione dei risultati e dei prodotti e che premi davvero il merito e sanzioni il demerito. Una valutazione non solo prescrittiva, ma con una prevalenza di indicazione di buone pratiche, fatta di poche prescrizioni, che abbia nella flessibilità il suo scopo e nella certezza del premio e della sanzione il suo strumento forte di induzione al risultato positivo, con regole ed indicazioni legate alle diversità delle singole Aree scientifiche e dei singoli Territori in cui la formazione e ricerca incidono e si sviluppano, che tenga conto anche delle variabili legate alle differenti situazioni e modalità di espressione della scienza e di produttività e redditività immediata o dilazionata nel tempo della stessa.

PROPOSTE

È necessaria una revisione della normativa sulla valutazione della ricerca e sull’accreditamento, mirata a una decisa semplificazione e razionalizzazione, sulla base di nuovi criteri e finalità:

  1. ridefinizione delle competenze in materia di valutazione e di accreditamento, con separazione delle competenze e delle funzioni in materia di valutazione e accreditamento e riattribuzione al MIUR delle competenze e delle funzioni in materia di accreditamento dei corsi di studio dopo una sola verifica di congruità tecnica;
  2. attribuzione delle competenze e delle funzioni in materia di valutazione di sistema a un soggetto dotato di autonomia e terzietà per la raccolta dei dati (vedi ANPRePS) , elaborazione e pubblicazione di dati statistici aggregati in tema di frequenza, dispersione, conseguimento di titoli, produzione scientifica, attività di terza missione delle istituzioni universitarie e degli enti di ricerca per docente e per le aggregazioni in Dipartimenti e Atenei o Enti;
  3. riconoscimento dell’esclusiva competenza sulla valutazione dei singoli docenti e ricercatori e del personale accademico alle istituzioni universitarie e agli enti di ricerca, nel rispetto dell’autonomia didattica, scientifica e organizzativa riconosciuta dalla Costituzione e dell’esclusiva competenza del docente sulla valutazione degli apprendimenti e dei comportamenti del singolo studente, quale espressione irrinunciabile e qualificante della professionalità e della libertà di insegnamento;
  4. introduzione di strumenti di semplificazione volti a una significativa riduzione degli adempimenti amministrativi a cui sono soggetti i professori e ricercatori e revisione e depotenziamento degli strumenti valutativi basati su esclusivi indicatori numerici;
  5. valutazione della ricerca dei dipartimenti in base a tutta la produzione scientifica, fatta in modo automatico (vedi ANPRePS) e esclusione dell’ANVUR dalla predisposizione delle soglia per l’ASN che dovrebbe essere compito MIUR.
  6. valorizzazione delle ricerche e delle pubblicazioni interdisciplinari

Per avviarsi ad ottenere questi risultati sono auspicabili alcuni interventi:

–      Occorre ripensare radicalmente struttura e funzioni dell’Anvur, magari inserendolo come specifica e autonoma sezione di una agenzia nazionale di valutazione del sistema dell’istruzione e della ricerca.

–      Occorre rivedere le modalità di composizione del comitato direttivo dell’Anvur. A questo riguardo si dovrebbe passare ad una agenzia di valutazione del sistema universitario con un CdA strategico che imposti (in accordo con il Decisore politico) le regole e gli indirizzi di gestione e che sostituisca l’attuale CD (in cui componenti diventano di fatto esclusivamente dediti alla valutazione del sistema di cui hanno fatto parte). Il CdA invece dovrebbe avere anche compiti di riflessione sul sistema di valutazione. A questo si dovrebbe aggiungere una componente Tecnico-Amministrativa che dovrebbe essere gestita da un Direttore Generale competente e che dovrebbe sviluppare le modalità di attuazione del controllo e di verifica.

  • Si dovrebbe fortemente semplificare il sistema di valutazione come sopra prefigurato riducendo gli adempimenti burocratici e modificando i regolamenti di classificazione dei prodotti scientifici.
  • Si deve eliminare la distinzione fra fasce di riviste. Una rivista dotata di comitato scientifico internazionale è già idonea ad accreditare le pubblicazioni ospitate
  • Occorre valorizzare la interdisciplinarietà
  • Si dovrebbe attivare l’Anagrafe dei Professori, Ricercatori e Prodotti Scientifici (ANPRePS prevista dalla legge 1/2009 e basata sulla consultazione pubblica svolta su tutti i docenti e ricercatori nel 2013-14) che con un unico strumento consentirebbe in automatico di avere tutti i dati di tutti i docenti e della loro produzione scientifica.
  • Si dovrebbe imporre a tutti i docenti e ricercatori l’iscrizione obbligatoria alla banca dati dei valutatori REPRISE al fine di avere costantemente a disposizione per le varie finzioni tutti gli attori del sistema e di avvicinare tutti al sistema valutazione della ricerca.
  • Si deve prevedere un adeguato pagamento per i valutatori, al di là del semplice rimborso spese
  • Si dovrebbero, inoltre, riformare gli organismi di consulenza sulla ricerca come il CNGR (ed il mai attivato CEPR) e di conseguenza modificare il sistema di valutazione dei progetti di ricerca (PRIN, PON ecc) anche al fine di costituire un coordinamento (Cabina di Regia) dell’allocazione delle risorse per la ricerca scientifica (vedi allegato)

L’attuale sistema dei prin non garantisce l’imparzialità della valutazione che deve essere trasparente, fatta cioè da valutatori che siano conoscibili ed eventualmente ricusabili e che non si limitino a discrezionali giudizi sintetici senza una motivazione puntuale, coerente e chiara.

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17 Commenti

  1. – si dovrebbe pubblicizzare, tra i potenziali commissari di concorso, quanto verrá deciso dalla commissione presieduta dal professor Valditara che rappresenta una novita positiva ne desolante panorama del sistema di valutazione accademico italiano dove spesso, fortunatamente non sempre, le commissioni giudicano davvero ex-ante, in base alle aspettative ed interessi futuri di pochi. Nessuno potrà così dire « non sapevo »

    – si dovrebbero corresponsabilizzare i comportamenti individuali dei singoli commissari, con sanzioni pecuniarie nei casi più ecclatanti stigmatizzati dalla magistratura amministrativa. Non è più accettabile che certi comportamenti individuali smentiti dal giudice, pongano a carico del Miur e Anvur e quindi di tutti noi, le spese di giudizio dei ricorsi accolti.

    In tal modo si esalterebbe il ruolo dei singoli commissari, spesso proni ai riferimenti del gruppo discilinare, e si eviterebbero quelle penose unanimità di giudizio che vorrebbero far apparire la convergenza dei singoli giudizi individuali ma denotano solo la mancanza di coraggio che solo il gruppo puó dare.

    Essere scelti a giudicare gli altri è un grande onore ma implica anche una grande responsabilità sia come persona giuridica nei confronti della Società ma anche come persona fisica nei confronti ddi colleghi.

    • Sono favorevole alla responsabilità individuale dei commissari per giudizi di non idoneità che sono manifestamente errati.
      Sono assolutamente favorevole alla soppressione di una distinzione fra Riviste di Fascia A e altre.
      Sono favorevole a che si venga giudicati da commissari che hanno competenze non solo nella tua disciplina, ma anche nel tuo ambito specifico.
      Sono favorevole all’inserimento di associati per ASN di seconda fascia fra i candidati commissari sorteggiabili (non compare, ma è importante).
      Sono favorevole a più commissioni per fascia e disciplina, che abbiano criteri trasparenti.

  2. Il documento contiene una frase chiave, tra molte altre condivisibili, discutibili o fumose: ‘Si deve eliminare la distinzione fra fasce di riviste’. Ovvero, ripristinare un minimo di credibilità per l’accademia italiana, mettendo fine all’esperimento di bibliometria di Stato più vergognoso tra quanti se ne ricordino al mondo. C’è un problema, però: che si fa con l’ASN 2018-2020 in corso, partita con la seconda soglia tra i requisiti previsti? Se il governo aveva questa intenzione sacrosanta, non poteva metterla in pratica prima della pubblicazione, nell’agosto 2018, delle nuove soglie? Comunque, che si vada verso questa strada sembra dimostrato dalle nuove linee guida per i dottorati di ricerca, in cui VQR e pubblicazioni in classe A non compaiono più tra gli indicatori per l’accreditamento dei collegi.
    Per quanto riguarda il ridimensionamento complessivo dell’ANVUR, ci andrei più cauto: parlare di un ‘CdA strategico che imposti (in accordo con il Decisore politico) le regole e gli indirizzi di gestione’ e di una ‘componente Tecnico-Amministrativa che dovrebbe essere gestita da un Direttore Generale competente’, siamo sicuri che significhi ridimensionare l’ANVUR?

  3. riconfermo la stima gia’ espressa altrove
    https://www.roars.it/blitz-della-lega-valditara-relatore-riforma-gelmini-al-vertice-del-miur/
    https://www.roars.it/valditara-occorre-una-grande-strategia-sulla-ricerca/

    Non ho niente contro Anvur in se per se, ed ho conosciuto Fantoni come interlocutore intelligente e sensibile durante la valutazione del GSSI; ma mentre capisco la soddisfazione di chi non era d’accordo con certe rigidità, credo che la valutazione sia un punto assai delicato che meriti – nuovamente – intelligenza e sensibilità.

    (Se non altro perche’ se ho imparato una cosa, e’ che – a dispetto delle speranze e degli entusiasmi – e’ sempre possibile peggiorare :)

  4. Siamo nel 2019 e questo sarebbe lo stato della riflessione sull’idea di “valutazione” e sul ruolo della valutazione di sistema per quanto riguarda Università e Ricerca?
    Valditara se la prende con la valutazione ex ante e in itinere? Sappia che la maggior parte dei denari per la ricerca, nel resto del mondo, è assegnata con una valutazione dei progetti (di ricerca). Cos’è quella se non una valutazione ex-ante? Se gli italiani non sono capaci di farla, non significa che si debba disprezzare. O finisce come la Volpe e l’Uva.
    Poi: il ruolo della valutazione di sistema, nell’istruzione, è in effetti una valutazione dei processi formativi, a partire dalla stessa predisposizione dell’offerta formativa. Questo perché la valutazione del “prodotto” (uh uh) è in effetti una valutazione dell’apprendimento dello studente, che è compito precipuo dell’istituzione con i suoi docenti.

    • Senza voler esarurire l’argomento, va detto che nel caso italiano l’avvento di Anvur è coinciso con l’adozione di sistemi di valutazione algoritmici (la maldestra bibliometria dell’ASN) e anche massivi (quella copia deforme del REF inglese che è la VQR con le sue ricadute su dottorati e dipartimenti di eccellenza). Insomma, siamo diventati un’anomalia nel panorama mondiale.
      Non sembra casuale che nelle nuove Linee guida per l’accreditamento dei dottorati, recentemente emanate dal MIUR, siano scomparsi i riferimenti ai voti VQR ottenuti dai componenti dei collegi.
      https://www.roars.it/wp-content/uploads/2019/02/Linee-guida-2019.pdf
      In tal caso il problema era doppio.
      1. Una valutazione delle strutture era di fatto divenuta una valutazione individuale (chi aveva voti bassi aveva ottime probabilità di essere “stanato” ed escluso dal collegio).
      2. La valutazione individuale era basata su soli due prodotti (tutti sottoposti nei settori “non bibliometrici” alla roulette della peer reeview e a formule fai-da-te in quelli “bibliometrici”). Se un approccio campionario può trovare qualche giustificazione nella valutazione di strutture sufficientemente ampie (anche il REF usa un campione), è difficilmente difendibile quando se ne traggono conseguenze sul piano individuale.

    • una valutazione ex-ante va bene per i progetti competitivi inviati ad un board che li seleziona (e comunque non si escludono storture e favoritismi anche lì).
      Cosa estremamente diversa è invece applicarla, in modo scriteriato illogico ed antiscientifico perché spinti dalla pulsione intestinale all’ipercompetitività paranoica e autolesionista tipica del neoliberismo becero che è dentro ognuno di noi, a tutti i processi di gestione (dagli accreditamenti all’assegnazione di stanze e sedie) delle istituzioni di ricerca, con il risultato di avere l’affermarsi quasi esclusivo della famigerata ‘eccellenza del portafoglio già pieno’, in pratica una semplice sostituzione della vecchia baronia di censo con la moderna baronia finanziaria, lasciando inalterate (o grazie allo “algoritmo” addirittura potenziando) le prerogative di arbitrarietà nel passaggio dal vecchio al nuovo clero 3.0.
      Inoltre, una selezione basata sull’effetto San Matteo quale è l’attuale, in prospettiva futura, è deleteria per il TUTTO Sistema della ricerca italiana (ma molto conveniente per pochi) in quanto non permette la crescita della qualità media delle strutture che ne compongono il corpo, unico reale miglioramento possibile per mantenere dei buoni livelli di ricerca scientifica nella competizione internazionale.
      A meno che non si pensi che la soluzione sia continuare a lungo con comportamenti fraudolenti tipo la falsificazione dei dati scientifici o con soluzioni estemporanee come la salamizzazione dei dati scientifici, l’adozione tra gli autori di chi non è produttivo per Anvur, il tutto per soddisfare il moloch dell’algoritmo anvuriano di turno (che evoca quotidianamente in ognuno di noi la pulsione intestinale di cui sopra).

      E continuiamo a considerarci scienziati…

  5. Senza entrare nel merito del documento (che leggerò quando ho tempo…), perchè è stato inviato ai rettori e non reso pubblico a tutti sul sito del ministero? Anzi, da quel che leggo, inviato ai rettori a cura della CRUI. Che è un’organizzazione privata, della quale sarebbe a mio parere più che opportuno chiedere lo scioglimento, o quanto meno chiedere a ciascuna nostra università di uscirne. E perchè il documento non è stato inviato al CUN, che per legge è l’effettivo organo di rappresentanza della comunità universitaria?

    Soliti giochi di potere nelle solite stanze. Se si vuole togliere potere all’ANVUR è solo per trasferirlo in altri luoghi, riuscendo addirittura a ridurre la già praticamente inesistente trasparenza. Sono senza parole. Cioè, le parole le avrei, ma qui non trascrivibili.

  6. L’ASN ha senz’altro molti difetti. Personalmente la sopprimerei e ristabilirei i concorsi nazionali. Ciò detto, però, non scherziamo:
    1. I commissari sono già personalmente responsabili, esecitando una pubblica funzione. Non certo per la “manifesta erroneità “ dei loro giudizi; locuzione indefinibile e pericolosa;
    2. Commissioni ad personam, in base al profilo di ciascun candidato … È una battuta?
    3. Gli associati in commissione. Quando ero associato era così. Per fortuna non ho avuto il tempo di fare la parte dell’utile idiota in una commissione di concorso

    • 2. Non so se sia la soluzione migliore, ma se un’abilitazione è vista come condizione necessaria ma non sufficiente a ottenere delle posizioni permanenti, avere dei “referee” scelti alla luce del profilo scientifico del candidato è una possibile scelta.
      ______
      3. Chi deve ancora completare la sua carriera è ovviamente esposto a possibili condizionamenti. Tuttavia, mi sento in dovere di ricordare colleghi che da professori associati hanno svolto il loro compito secondo coscienza, risultando talvolta anche determinanti. Essere idioti, utili o meno, dipende dal carattere e dai principi delle persone, prima ancora che dal loro ruolo.

  7. Avrò scarsa fantasia, ma davvero non capisco come dovrebbero essere composte le commissioni: ogni candidato ha la sua? O forse i commissari dovrebbero chiedere un parere per ciascun candidato? In entrambi i casi, è un modello che si basa sull’idea – oggi molto di moda – per cui i professori ordinari non sono all’altezza di giudicare i giovani e più produttivi candidati. Nel mondo che ho conosciuto e che rimpiango, il reclutamento dei professori era una funzione inerente al ruolo di professore ordinario. E’ vero, per i concorsi di associato gli ordinari sono stati – in certi periodi – affiancati dagli associati, ma a me davvero non risulta il contributo decisivo degli associati, che si limitavano a ratificare decisioni prese altrove, o perché giovani in carriera o perché anziani che avevano ormai rinunciato alla carriera ed erano, comprensibilmente, disinteressati al reclutamento. Ma sono consapevole che sembra un mondo migliore soltanto perché si era più giovani … Oggi è senz’altro meglio!

    • Chlestakov, conosco casi di ricercatori che sono stati determinanti a suo tempo in concorsi per ricercatori. Probabilmente sono stati casi molto rari, ma ci sono stati.

  8. Sarà come Lei dice. A mio parere, comunque, il reclutamento è funzione inerente al ruolo di professore ordinario, ossia di chi ha già dato prova di aver raggiunto la piena maturità scientifica ed è più libero da condizionamenti legati a comprensibili aspirazioni di carriera accademica. Tutti i professori ordinari, non soltanto quelli più produttivi, secondo la moda del momento.

  9. Finalmente queste cose si leggono anche in documenti ufficiali. speriamo che vengano presto tradotti in normative efficacemente capaci di snellire il nostro lavoro e sopratutto di correggere gli elementi distorsivi sin qui ottenuti. Ulteriore motivo per sperare che il nuovo consiglio dell’ANVUR abbiadai membri sensibili a questi temi!

  10. La speranza è sempre l’ultima a morire…

    Sul sito ANVUR tra le agenzie citate come riferimenti internazionali (http://www.anvur.it/anvur/riferimenti-internazionali/agenzie-di-valutazione) mi sembra che 3 su 6 non esistano più (AERES, HEFCE, NAHE), perchè sono state sostituite da nuove entità (potrebbe essere di buon auspicio:)

    Divertente il fatto che i link e i riferimenti non siano aggiornati e quello all’AERES punti ad un sito di steaming per la moto GP e le serie piratate di Netflix. A parte la solita (direi ormai proverbiale) accuratezza di ANVUR, ma su internet può sempre succedere… mi soffermerei soprattutto sulla nuova agenzia francese: l’HCERES, che ha pubblicato una bella dichiarazione sui corretti criteri che la ispirerebbero per la valutazione (https://www.hceres.fr/sites/default/files/media/downloads/20181114_CP_HCERES_evaluationRecherche_EN.pdf):

    – peer review;
    – diritto di replica;
    – evitare l’uso di pochi indicatori;
    – uso di valutazioni qualitative e auto-valutazioni;
    – processo dialettico e dinamico.

    Magari potrebbe essere di ispirazione anche per la nuova ANVUR… ma siamo in Italia e temo che il nuovo ente scaturito dalle ceneri anvuriane potrebbe chiamarsi al massimo gattopardianamente TICAP (tengo il culo attaccato alla poltrona) e non essere particolarmente nuovo (nome a parte).

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