Segnaliamo ai lettori l’articolo di Peter Scott, recentemente apparso sul Guardian, dal titolo Stop treating universities as if they were a football game. Secondo Scott, professore di Higher Education a UCL, il sistema di valutazione nazionale, centrato sul REF – pur ben più solido delle imitazioni viste in Italia- e la conseguente competizione fra atenei stanno trascinando la ricerca scientifica in ambiti estranei e potenzialmente pericolosi: una deriva verso il marketing e l’opportunismo che suscita allarme.

footballgame

Scrive Scott:

Higher education is not like the Premier League. Chelsea beats Manchester City by scoring more goals (or the other way round), regardless of the run of play. There can be no doubt about when a goal has been scored, give or take some dodgy refereeing. It is, despite the multi-million pound stakes, just a game.

But treating higher education as if it were a game corrupts. A good “student experience”, now an obligatory phrase, is not increased or diminished simply because it is ranked higher or lower in some crazy table. The real value of science and scholarship cannot be measured by whether those who undertake the underlying research have had lots of external grants (the bigger the better) or get published in highly cited journals or by top-flight university presses.

But who now dares say competition is a bad thing?

L’articolo integrale può essere letto a questo indirizzo.

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4 Commenti

  1. A citation index is not a maeasure of quality or importance but a measure of recognition. Recognition in science, as in art or other activities, reflects quality but also publicity, power and fashion.
    The best player at Wimbledon wins by a definite score, the fastest runner wins the race. Unfortunately there is no such
    objective, absolute criterion for the best scientist.

    J.E. Dumont, Trends in Biochemical sciences, 1989!

  2. Ottimo articolo di Peter, che ancora una volta non delude e ci presenta un riassunto chiaro e ficcante dei pericoli insiti nel dare briglia sciolta agli aedi della “competizione fra Università”.
    Nelle mani di numerosi attori inconsci e ignari della rappresentazione teatrale complessiva, i singoli frammenti dei vari “schemi comparativi” diventano strumenti di auto-oppressione e distorsione dei significati, capovolgendo gli obiettivi iniziali dei promotori.

  3. E pensare che noi abbiamo la Costituzione (art. 33) e l’ultima legge (240/2010) a dire cosa è l’Università:

    1. Le università sono sede primaria di libera ricerca e di libera formazione nell’ambito dei rispettivi ordinamenti e sono luogo di apprendimento ed elaborazione critica delle conoscenze; operano, combinando in modo organico ricerca e didattica, per il progresso culturale, civile ed economico della Repubblica.

    Semplice, perfetto, alla portata di tutti: libera ricerca e libera formazione al fine del progresso della Repubblica.

    Cosa centra la competizione tra le università dello stato? Cosa centrano mediane, h-index, riviste di tipo A,B e via discorrendo????

  4. Non c’entrano niente. Servono per distruggerci. Il pretesto bibliometrico viene bene perché sa di scientifico. Chi potrebbe opporsi alla forza di un algoritmo incomprensibile?
    Devo però osservare, conoscendo abbastanza bene la storia delle religioni, che nelle varie epoche l’uomo ha saputo elaborare divinità infinitamente migliori di queste, dotate persino di aspetti etici e artistici.

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