Segnaliamo ai lettori il Comunicato ARTeD (Associazione Ricercatori a Tempo determinato) sullo schema di regolamento “criteri e parametri” per l’ASN.

2015-09-22_ARTeD_Comunicato_ASN

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36 Commenti

  1. Conosco e stimo personalmente diverse persone di ARTED, ma certe proposte davvero non si possono sentire.

    1) Reintroduzione della normalizzazione per età accademica. Mi sembra non sia chiaro cosa sia l’abilitazione, ovvero un “certificato” (verifica il raggiungimento di una “maturità scientifica”) per partecipare a una successiva valutazione comparativa. A parte tutti i problemi di calcolo e ambiguità riguardo all’età accademica, che hanno convinto persino i vertici di ANVUR a toglierla, non c’è alcun motivo per tenerne conto. Un esempio analogo sono i requisiti per la laurea. Quando si sono raggiunti tot crediti, ci si laurea, indipendentemente dall’età. Se c’è uno studente giovane e brillantissimo, non ha senso che questo si laurei al II anno (a meno di non avere sostenuto con profitto tutti gli esami del III anno), mentre non vedo perché una persona avanti con gli anni non si possa laureare verso i 40 anni. Esempio pratico: è meglio farsi operare da un chirurgo giovane e promettente ma che ha terminato solo il III anno di medicina oppure dallo sfigato ultraventottenne che però gli esami li ha sostenuti tutti? Non è così che si aiutano i giovani. Quando si raggiunge un valore soglia, si è pronti per vedere riconosciuta la propria maturità scientifica, non prima

    2) Dello stesso tenore il tenere conto della percentuale di disabilità. Come ci si comporta nel caso di un’invalidità del 100%? E se un ricercatore deve stare dietro al figlio diversamente abile correndo tra i vari ospedali pediatrici, è questo motivo sufficiente per dargli un’idoneità anche se quella maturità non la raggiunge? E soprattutto come questo si concilia con le leggi dello stato che prevedono ad esempio per i ricercatori il certificato di idoneità all’impiego? Di nuovo l’esempio della laurea: non è che una persona diversamente abile possa raggiungere la laurea saltando qualche esame a causa della sua condizione. Lo studente diversamente abile va messo in condizione di affrontare gli esami come tutti gli altri tenendo conto della sua condizione specifica. Il superamento della disabilità si raggiunge con il superamento delle barriere di tutti i tipi, non certo con i regali.

    • Premesso che tutte le proposte si possono sentire, al massimo non si possono condividere, vorrei puntualizzare alcuni fatti. Non valutare l’età accademica è indubbio che avvantaggi i ricercatori anziani, che spesso sono a tempo indeterminato e non hanno pertanto problemi di sopravvivenza giornaliera. Per un ricercatore a tempo determinato, che spesso si trova per legge un carico didattico obbligatorio (e non retribuito) e per contratto a seguire un impegnativo progetto sul quale è pagato e valutato, il tempo per fare ricerca è ridotto in maniera severa e quindi la normalizzazione agisce per riequilibrare. Sulla questione invalidità si commenta da solo. Le barriere da superare sono in primo luogo quelle mentali. La disabilità costa, e tanto, in termini di tempo e questo in qualche modo va considerato, soprattutto, ma non solo, quando il ricercatore ha la data di scadenza marchiata in fronte.

    • L’attivita’ didattica degli RTD e’ retribuita nello stipendio che prendono, che *non* e’ neanche paragonabile a quello degli RTI di prima nomina. Questi ultimi hanno fatto (loro si’) didattica non retribuita finche’ la legge 240 non ha stabilito altrimenti.
      Per quanto ne so, in diverse realta’ si continua ad eludere il senso della 240 (cioe’ che gli RTI che vanno in aula vanno pagati) inventando nomi alternativi e fantasiosi per la loro attivita’ didattica.

      Questo non per dire che la vita degli RTD e’ un paradiso, anzi tutt’altro. Ma non c’e’ bisogno di tirar fuori assurdita’ per lamentarsi.

    • Caro Andrea,

      ROARS giustamente ritiene che delle persone che lavorano con la scienza scrivendo appunto lavori scientifici non possono all’improvviso rinnegare la propria formazione proprio al momento in cui devono valutare questi lavori scientifici e le carriere dei colleghi.

      Le cose che ha scritto ARTED sulla disabilità sono spaventose, soprattutto perché vengono da persone dovrebbero avere una cultura nettamente superiore alla median… cioè alla media. Vediamo perché.

      >La disabilità costa, e tanto, in >termini di tempo e questo in qualche >modo va considerato,

      Giustissimo e condivisibile. Ma QUANDO considerarla? In una valutazione comparativa, non certo quando si tratta di superare una soglia. Qual è il comportamento più corretto da tenere con uno studente diversamente abile durante una prova d’esame? Metterlo in condizione di poter svolgere tutto il compito in base alla sua condizione particolare, ad esempio dandogli più tempo. Non può essere una soluzione quella di accettare uno standard significativamente più basso rispetto a un suo collega cosiddetto “normale”.
      E’ in primis offensivo verso lo studente stesso.

      È vero che la disabilità costa in termini di tempo (quella dei familiari può costare anche di più della propria), ma è il concorso locale (la valutazione comparativa) la sede in cui se ne deve tenere conto. Anche eventualmente con delle quote riservate, come accade in molte realtà lavorative.
      Ma il requisito inderogabile è che se una persona occupa un qualsiasi posto di lavoro, la qualifica per svolgere quel lavoro la deve avere. Non esiste nessun concorso pubblico nel quale un candidato può ricevere la deroga rispetto al possesso della laurea grazie a una percentuale di invalidità, qualsiasi essa sia.
      Dimentichiamoci per un momento l’ASN e immaginiamo per un attimo cosa succederebbe se passasse il principio di ARTED riguardo alla “normalizzazione per la percentuale di invalidità”. Ad esempio, chi vorrebbe mai farsi curare nel reparto di un primario divenuto tale non per le sue capacità, ma grazie a una “normalizzazione”?

  2. La valutazione della didattica in una abilitazione scientifica non la posso proprio sentire. Il bello è che viene ripetuta da tutti i lati.
    E’ vero che la didattica andrebbe valorizzata, ma come?
    In ogni caso, se si facesse questo, bisognerebbe aggiungere pedagogica nel titolo dell’abilitazione…

    • L’attività didattica non deve centrare nulla in questa fase. Trattasi di abilitazione scientifica. La didattica è valutata dai singoli Atenei in sede di concorso locale.

    • E’ vero che è un’abilitazione scientifica, ma lo è per diventare “professore” e quindi uno dei compiti fondamentali del professore è insegnare. Perché non dovrebbe essere presa in considerazione?

    • La penso pure io come te! Si diventa professori e si ha l’obbligo della didattica, ma questa non dovrebbe essere valutata? Forse non ci si rende conto che didattica e ricerca devono procedere insieme.

    • Essendo una abilitazione “scientifica” la didattica non c’entra.
      Come ho detto, se si vuole includere la didattica, bisogna cambiare il nome (e il senso) dell’abilitazione.

    • Bisognerebbe anche cambiare il nome dei ruoli. Non professore ma ricercatore come al CNR. Che la didattica non c’entri con la ricerca … no comment

  3. Mi rendo conto che molti non hanno capito o non vogliono capire il senso dell’ASN. Si continua a scambiarla con la vecchia idoneità che è un’altra cosa.
    Tutto è discutibile e probabilmente sbagliato, ma l’abilitazione nasce proprio per filtrare i candidati che di scientifico hanno prodotto poco o nulla e poi lasciare ai concorsi locali l’onere e l’onore di valutare le restanti qualità (in primis la didattica). Questo dovrebbe evitare che
    Detto questo, ripeto la domanda fondamentale a cui fin ora non si è risposto. Come? Il problema non è infatti perchè, ma soprattutto come si valuta la didattica. Fin ora si è fatto con una lezione dimostrativa, ma questo a livello di abilitazione nazionale con molte decine o centinaia di candidati è improponibile.
    Quindi prima di dire “valutiamo la didattica in una abilitazione scientifica”, ditemi come volete farlo.

    • Questo dovrebbe evitare che… candidati che non hanno mai prodotto nulla di scientifico vincano concorsi superando altri in base ad una prova la cui valutazione è soggettiva (la lezione).

    • Concordo con te sul fatto che l’abilitazione sia Scientifica, d’altra parte non vedo particolari scandali nel considerare un parametro che possa esprimere alcuni meriti nel campo della didattica. Come “misurarla” è un problema diverso e meriterebbe un’ampia discussione (esperienza, valutazioni degli studenti nell’arco temporale, ecc.). Voglio precisare che il mio discorso è costruttivo e non ho interesse a polemizzare con nessuno, mi sto solo chiedendo (e sto chiedendo anche a te) se vedi questa possibilità o se questa è improponibile. Saluti ;)

  4. La didattica però è difficilmente valutabile. Una volta si valutava con la lezione la capacità di parlare e affrontare un tema, ma con questa formula si riduce al CV. Peraltro mentre le pubblicazioni sono valutabili- per inciso anxche la discussione titoli era importante per me-una persona può insegnare da 10 anni e insegnare male. E’ più facile che questo aspetto venaga valutato nelle procedure locali.

    • La stessa cosa vale per gli altri titoli. Hai parametri per giudicare la didattica all’estero o se uno è stato un buon editor di rivista?

  5. Vorrei inoltre precisare che io non sto mettendo in discussione le mediane, anzi sono ben contento di queste.

    Come prima cosa il merito scientifico.

    Ma dopo aver valutato la rilevanza scientifica del candidato non vedo strana la possibilità di verificare se egli è adatto all’insegnamento. Una persona può essere un ottimo ricercatore, ma non un bravo professore. Conosco professori che infatti si dedicano molto poco alla didattica, che non vogliono tesisti, ecc.

    • “Vorrei inoltre precisare che io non sto mettendo in discussione le mediane, anzi sono ben contento di queste.”
      ___________________
      Parola di Igor!

    • Gent.mo dott. De Nicolao, chiedo scusa se la mia risposta è sembrata presuntuosa, ma le assicuro che non era mia intenzione. In un precedente post mi è sembrato che la mia opinione sia stata fraintesa e per questo ho voluto precisare con le parole che lei ha riportato. Per il resto la “parola di Igor”, la mia insomma, vale ben poco, ma mi faceva piacere partecipare a questa discussione. Saluti

    • Sono contento di queste in termini di parametri oggettivi ai quali fare riferimento. Sono migliorabili e a mio giudizio sono insufficienti, ma almeno hanno evidenziato degli andamenti ai quali fare riferimento. Tieni presente che questo post è una risposta a un commento che sembrava mettere in luce un concetto che non avevo espresso.

    • Quella delle mediane è una delle pagine più oscure della recente storia universitaria. Dato che la memoria dei fatti svanisce rapidamente, vale la pena di ricordare che esse sono state calcolate, secondo quanto dichiarato dall’Anvur, sulla base dati delle pagine Cineca (“loginmiur”) del personale in servizio. Si tratta di pagine presumibilmente scarsamente affidabili (c’era stato un invito, diffuso tramite Crui a “popolare” le proprie pagine, ma è lecito dubitare che il popolamento sia stato condotto in modo soddisfacente). Nell’agosto 2012, è stata pubblicata una prima lista di mediane che poi è stata ritrattata nell’arco di pochi giorni.

      Il confronto tra la prima e la seconda edizione delle mediane evidenzia che tutte o quasi le mediane delle scienze dure (“settori bibliometrici” secondo la neolingua anvuriana priva di alcun riscontro scientifico) sono salite e quelle delle scienze umane e sociali (“settori non bibliometrici” secondo la neolingua) sono scese: un comportamento difficilmente spiegabile senza ipotizzare un intervento umano (https://www.roars.it/mediane-truccate-analizziamo-le-prove/). Le liste di riviste scientifiche e le liste delle riviste di fascia A *indispensabili* per il calcolo delle mediane sono apparse solo alcune settimane dopo. A fronte di anomalie dimostrabili matematicamente, Anvur ha dovuto ammettere che *non* ha usato la definizione di mediana reperibile in qualsiasi testo di statistica (aveva rimosso i soggetti con valori nulli: https://www.roars.it/abilitazioni-e-mediane-anvur-non-potuto-fare-altro-profumo-sotto-accusa/). Infine, in spregio del DM 76/2012 che imponeva ad Anvur la pubblicazione delle distribuzioni dei dati in base ai quali le mediane erano state calcolate, tali distribuzioni non sono mai state rese disponibili. Forse perché l’intera ASN non sarebbe sopravvissuta alla raffica di micidiali ricorsi?
      All’epoca, Roars aveva pubblicato una lista di 10 domande (https://www.roars.it/mediane-anvur-le-dieci-domande-di-roars/), buona parte delle quali è rimasta senza risposta. Ce n’è una a cui sono affezionato:
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      6. Mediane intere e frazionarie dovrebbero alternarsi in modo casuale. Perché la seconda colonna delle mediane dei commissari per le aree 12, 13 e 8 (settori non bibliometrici) presenta solo valori interi?
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      Nessuno è stato capace di spiegare quella che – nell’ipotesi di un onesto calcolo delle mediane – sarebbe una stranissima coincidenza.
      Insomma, queste mediane erano parecchio AB-normal.

    • Grazie per l’informazione che neppure conoscevo. Probabilmente questo dovrebbe portarmi a tacere. Non lo faccio solo per spiegare che sono stato sprovveduto nell’utilizzare un linguaggio poco adatto alla discussione. Parole come “contento” erano riferite alla ricerca oggettiva e non viziata di parametri che possano essere riscontrabili. Peraltro continuo a dire che ho scritto questo con un altro significato. Si discuteva dell’importanza della didattica nell’abilitazione e io volevo dire che nonostante fossi d’accordo con il fatto che in un’abilitazione scientifica il merito riguardasse parametri riferiti alla produzione, non vedevo male un riferimento a una valutazione delle qualità di docente-insegnante tese ad assicurare una capacità che ritengo fondamentale fondamentale per un professore universitario. Certo la mia risposta è stata imprecisa, sprovveduta (lo ripeto) e non credevo si facesse l’esegesi della testo. Spero abbiate capito che non sono un difensore delle mediane, anzi sono “contento” se sono riuscito a spiegarmi. ;)

    • Non sarei così sicuro. Allo stato, se non interpreto male la bozza di DM, Anvur può sempre decidere che le soglie coincidono con le mediane. E lo può fare in due modi: dicendolo (lo escluderei). O fissando soglie pari alle mediane senza dichiararlo.

    • Personalmente, ritengo plausibile la seconda ipotesi avanzata da Baccini. Non so se Anvur o altri siano in gradi di calcolare il grado di selettività di eventuali valori soglia (o quanto cosi farlo). Trovandosi a brancolare nel buio, risulta probabile che si replichino le soglie del 2012, giuste o sbagliate che fossero.

    • Sì, è quel che temo anch’io e l’ho anche scritto in un precedente commento. Spero vivamente che si adotti una soluzione sensata – soglie fissate al minimo, giusto per escludere dalla possibilità di essere valutati i famosi “professori che non hanno scritto nemmeno un rigo”, e inderogabili. Temo invece che si opterà per soglie alte quanto e più delle mediane, ma derogabili a piacere da parte delle commissioni, e dunque sostanzialmente finte.

  6. Infatti secondo me la didattica all’estero non dovrebbe essere utilizzata e l’unico motivo per cui la si usa è per l'”internalizzazione”. Diverso secondo me è il caso di editor dove si dovrebbe presumere che vengano scelti gli esperti in un campo.
    io sono contraria a questo meccanismo, ma credo che dovrebbero essere utilizzate solo le pubblicazioni, il resto andrebbe valutato in sede locale per le eventuali comparazioni.

  7. Angel: no. idonietà e abilitazione sono due cose diverse, in quanto la prima “contiene” la seconda, ma non viceversa. Ovvero un idoneo è certamente abilitato, ma non viceversa. In sostanza un idoneo era tale per aver suparato una prova comparativa (un concorso) e poteva essere chiamato “direttamente” o dalla sede che aveva indetto la procedura o da un’altra.
    Un abilitato deve sostenere la prova comparativa, dove oltre alla maturità scientifica verrà chiesto altro. Anche per le promozioni “interne” si sono fatti concorsi riservati a cui ha spesso partecipato un solo candidato.

  8. Igor: ni. La didattica deve secondo me avere un ruolo, altrimenti tutti coloro che vogliono fare carriera cercheranno di evitarla in tutti i modi per non “perdere” tempo prezioso per la ricerca. Detto questo, la valutazione della didattica per curriculum, mi sembra poco efficace e creerebbe forti scompensi dato che non tutti i settori hanno insegnamenti disponibili (dove c’è abbondanza di professori i ricercatori non ne fanno, come sarebbe giusto) e i non strutturati hanno difficilmente accesso a quei pochi corsi che vanno a bando.
    In sintesi, sarebbe bello avere una abilitazione a tutto tondo e non solo scientifica, ma non mi sembra che si possa fare, a meno di non includere una prova didattica…

    • Mi pare che tu veda tutto il processo come una sorta di competizione fuori dal contesto. Per esempio dici che considerare la didattica dà del vantaggio ad alcuni rispetto che ad altri. Però il fine ultimo è selezionare buoni professori ed è questo che interessa alla comunità, quindi chi ha esperienza in un certo campo è più adatto. Poi ci si chiede, ma come misurare la qualità della didattica se non in modo quantitativo? E invece la ricerca come la stiamo misurando? Parliamo di mediane e quartili senza sapere chi veramente scrive gli articoli. Secondo me inserire una componente di valutazione sull’esperienza in fatto di didattica è una misura ragionevole e di buon senso. La didattica, cioè la capacità effettiva di trasmettere conoscenza, è la prima cosa che si richiede a un professore, il primo requisito.

    • Angel, scusami, ma fuori dal contesto mi sembra la tua osservazione. L’attuale assetto prevede una abilitazione scientifica come prerequisito di un concorso in cui certamente si valuta anche la didattica. Quindi la didattica viene valutata per l’accesso alla posizione di Professore nell’università Italiana.
      La discussione è quindi se includerla o meno in una abilitazione (per ora denominata “scientifica”).
      Detto questo, la ricerca si può valutare dalle pubblicazioni scientifiche (con dei limiti), ma a mio parere la didattica non ha proprio senso giudicarla con la sola lista dei corsi e delle lezioni fatte. Anche perché le pubblicazioni sono appunto pubbliche, si possono leggere e valutare, ma le lezioni come si valutano? Mettendo un video su youtube?
      Datemi una risposta a questa domanda, anziché dire “ah, ma la ricerca come la stiamo misurando”.

    • Gab: boh :-)
      Voglio dire che se qualcuno trova un modo serio e convincente per valutare la capacità di fare didattica (che non è solo una lista di corsi e lezioni tenute) di un candidato senza avere a che fare con questo fisicamente che ben venga.
      Ma siccome ritengo estremamente improbabile che tale metodo esista, penso che inserire la didattica nell’abilitazione sia un modo per compensare le carenze nella produzione scientifica di alcuni, che fra l’altro sono probabilmente quelli più “graditi” ai dipartimenti visto che i corsi di insegnamento non crescono sugli alberi, ma vengono assegnati con procedure spesso abbastanza opache.
      Oltretutto, spesso, i non strutturati tengono corsi senza esserne ufficialmente titolari, che si fa in questi casi? Ognuno può dichiarare quello che vuole?

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