I supplementari della VQR si sono svolti a porte chiuse, senza sapere bene cosa stava succedendo negli atenei. Anche dopo il fischio di chiusura, ci sono voluti quattro giorni perché l’ANVUR pubblicasse i dati insieme ad un laconico comunicato. Messi da parte i complimenti e la felicità sfoderati in occasione della fine dei tempi regolamentari, questa volta è il Sole 24 Ore che si incarica di commentare, pubblicando persino una mini-classifica degli atenei “più attivi” nella ricerca. Infatti, secondo il Sole, «l’adesione è in linea con quella della volta scorsa, per cui le università che hanno inviato meno “prodotti” sono tendenzialmente quelle che ospitano i dipartimenti in media meno attivi». Una tesi che ha il pregio di liquidare il boicottaggio della VQR, ma che non regge all’esame dei fatti e dei numeri. Nulla di nuovo sotto il sole: in altri tempi, per sottrarsi alle veline del Minculpop, ci si sintonizzava su Radio Londra. Nel nostro caso, il lettore interessato sapere il come e il perché del boicottaggio della VQR può rivolgersi a Times Higher Education. Academics in Italy have boycotted assessment. What has it achieved? è il titolo dell’articolo firmato da due redattori di Roars che è apparso sulla prima pagina del noto magazine britannico.
Link a Times Higher Education:
A. Baccini, G. De Nicolao: Academics in Italy have boycotted assessment. What has it achieved?
1. «Accà nisciuno è fesso» dicono (alcuni) rettori
Il 20 aprile, l’ANVUR ha pubblicato il seguente comunicato:
Le tabelle forniscono il quadro aggiornato dei conferimenti dei prodotti VQR, al termine della finestra di riapertura che scadeva il 15 aprile. A differenza del comunicato del 15 marzo, questa volta l’ANVUR non si complimenta con la comunità accademica italiana per le statistiche di conferimento. In tale occasione, Roars aveva ironicamente commentato “La protesta è fallita. La VQR è morta”. In effetti, nonostante i complimenti e la felicità del Presidente Fantoni, dopo meno di quindici giorni l’ANVUR aveva riaperto una finestra per il conferimento dei prodotti. Un’ammissione, neppure tanto implicita dell’inutilizzabilità di una valutazione in cui il boicottaggio aveva “decimato” diversi atenei di rilievo, tenendo le lor percentuali di conferimento ben sotto il 90%: Salento (70,7%), Napoli Parthenope (73,7%), Pisa (77%), Reggio Calabria (82,7%), Catania (85,8%), L’Aquila (86,3%), Urbino (86,4%), Roma Sapienza (86,4%), per citarne alcuni.
Come specificato nel comunicato dell’ANVUR, la successiva riapertura era stata fatta «accogliendo la richiesta dei Rettori di alcune università». Lo stesso Presidente della CRUI sembrava essere stato preso in contropiede. A caldo, aveva dichiarato :
Ma neanch’io lo farò [caricare ulteriori prodotti], come … diciamo … come Rettore della mia università, ma penso che qua… nessuno lo farà. Comunque su questo prenderemo una posizione.
Una presa di posizione che stiamo ancora attendendo: infatti, la CRUI, “sbandata e acefala“, non è riuscita ad esprimere nemmeno una riga di testo. I rettori si sono mossi in ordine sparso: alcuni galantuomini, tra cui il Rettore di Roma Sapienza, hanno dichiarato che non avrebbero effettuato inserimenti forzati senza l’assenso dei valutati, altri (Insubria, Pisa, Pavia, Udine, …) hanno inserito d’ufficio tutto quello che si poteva inserire al motto di “cosí fan tutti” o, meglio ancora, di “accà nisciuno è fesso“, ben contenti di sfilare un fetta di FFO dalle tasche dei galantuomini.
2. Addio fotografia dettagliatissima e certificata
E adesso cosa dicono le ultime tabelle pubblicate dall’ANVUR?
Guardiamole insieme. In particolare, vale la pena di esaminare le barre rosse che evidenziano il miglioramento della percentuale di prodotti conferiti ottenuto nel corso dei “tempi supplementari”. Ci sono 18 atenei, circa il 20% del totale, che hanno abbracciato il principio “accà nisciuno è fesso“. Abbiamo collocato in questa categoria quelli che, grazie agli inserimenti d’ufficio, hanno ottenuto incrementi superiori al 2% delle loro percentuali di conferimento. Il restante 80% è rimasto sostanzialmente fermo.
Complessivamente la percentuale di conferimento è salita dal 92,0% al 93,8%. Un +1,8% che rende meno eclatante l’impatto dell’astensione, ma che lascia la percentuale finale al di sotto del 95,3% della precedente VQR 2014-2010.
A qualcuno, potrà sembrare che aver raggiunto quota 93,8% decreti il sostanziale fallimento della protesta, dato che siamo vicini al 95,3% della prima VQR. Ma non è così. Questa è la seconda VQR e i valutati hanno avuto il tempo di imparare le regole del gioco: in assenza di proteste, sarebbe stato lecito attendersi un livello “fisiologico” di conferimento superiore di qualche punto a quel 95,3% di quattro anni fa.
Tuttavia, il vero sasso negli ingranaggi della VQR è un altro. Molti atenei che si trovavano al di sotto del 90% non hanno approfittato della finestra dei tempi supplementari. In particolare, pesa come un macigno l’86,8% di Roma Sapienza.
Le diverse forme di obiezione (con o senza diffide formali) e le diverse linee di condotta degli atenei (inserimenti consensuali, forzati per chi non aveva inviato formale diffida, inserimenti forzati per tutti) implicano che alle percentuali di caricamento si possono dare tutti i possibili significati, ma non quello di indicatori della percentuale di attività/inattività scientifica. Basta un esame sommario del grafico appena riportato per rendersi conto che le percentuali sono irrimediabilmente falsate dall’impatto della protesta che, con ogni evidenza, non è stato uniforme.
Il sasso negli ingranaggi potrebbe rivelarsi ancora più fatale se, una volta presi in considerazione i dati disaggregati per aree e per dipartimenti, l’eterogeneità delle percentuali di conferimento fosse tale da dare il colpo di grazia alla pretesa di costruire classifiche intra- e inter-ateneo che misurino qualcosa di diverso dall’obbedienza.
Con queste premesse, il prossimo presidente dell’ANVUR difficilmente potrà parlare di una «fotografia dettagliatissima e, soprattutto, certificata» della qualità della ricerca italiana. Se le tare tecniche della prima e della seconda VQR potevano e potranno sfuggire ai non addetti ai lavori, non sfugge a nessuno che non si possono spacciare per misure della qualità della ricerca dei numeri irrimediabilmente falsati dalle diverse percentuali di protesta e dalle diverse modalità di pressione messe in atto per reprimerla.
3. Il Sole 24 Ore e la classifica di Totò
Insomma, forse non è un caso se l’ANVUR si è astenuta dal rilasciare commenti trionfalistici. Eppure, c’è sempre qualcuno più realista del re. All’indomani della pubblicazione delle tabelle, sul Sole 24 Ore esce un articolo intitolato “Bari, Venezia e Salerno le più attive nella ricerca“. L’autore è Gianni Trovati, già noto ai lettori di Roars per come aveva commentato la selezione dei commissari basata sulle mediane, che – come noto a tutti – dividono una popolazione in due parti di uguale numerosità. L’articolo di Trovati, Il giudizio dell’ANVUR sui docenti: Pubblicazioni «insufficienti» per un professore ogni due, era una surreale sfida al Maresciallo de La Palice, quello che «se non fosse morto, sarebbe ancora in vita».
Chi ci ha seguito fino a qui, si rende conto che non ha senso definire alcuni atenei “più attivi nella ricerca” sulla base di percentuali di conferimento che in buona parte differiscono a causa delle diverse percentuali di obiezione e anche delle diverse strategie persuasivo-repressive. Tanto più che, come abbiamo evidenziato in rosso, due degli atenei “al top” dell’estemporanea classifica del Sole, ovvero Insubria e Salerno, debbono il podio alla rimonta effettuata nei tempi supplementari. Ma che valore ha il loro podio, se lo hanno ottenuto scavalcando altri atenei i cui rettori (fessi o galantuomini?) non se la sono sentita di aderire alla filosofia dell'”accà nisciuno è fesso“? Non pago delle sue maldestre e volatili classifiche estive, il Sole ha forse inaugurato una specie di “classifica di Totò” che premia i furbi e punisce i galantuomini?
Alla luce di tutto ciò, appare paradossale appare quanto scrive il Sole:
Niente rivolta
Il dato non era scontato, perché nell’università si è infiammato nei mesi scorsi un dibattito che aveva alimentato in alcuni atenei previsioni di “rivolta”, sotto forma di mancata adesione alla nuova valutazione. I numeri, cresciuti dopo la riapertura della finestra per gli invii dal 4 al 15 aprile decisa dall’Agenzia per dare una seconda chance anche alle strutture più critiche, dicono che non è accaduto: l’adesione è in linea con quella della volta scorsa, per cui le università che hanno inviato meno «prodotti» sono tendenzialmente quelle che ospitano i dipartimenti in media meno attivi
Il sillogismo di Trovati non regge: una percentuale globale simile a quella “fisiologica” non esclude che gli atenei con percentuali minori siano proprio quelli dove la protesta ha raccolto più adesioni o è stata repressa meno efficacemente. Per diradare ogni dubbio basta esaminare il seguente grafico, in cui ogni pallino rappresenta un ateneo.
A distanza di quattro anni, la maggioranza dei ricercatori valutati sono gli stessi. È ragionevole pensare che, in assenza di protesta, le percentuali di conferimento non sarebbero variate in modo totalmente erratico. Un ateneo con pochi inattivi tende a rimanere tale e un ateneo con molti inattivi, può migliorare, ma difficilmente si collocherà in cima alle percentuali di attività. Immaginiamo il caso estremo in cui le percentuali di conferimento rimangano immutate da una VQR all’altra: allora, i pallini starebbero tutti sulla linea rossa. In presenza di variazioni fisiologiche, i pallini dovrebbero rimanere vicini alla linea rossa, preferibilmente sopra di essa, a causa della riduzione di soggetti inattivi che è plausibile attendersi, una volta che le regole del gioco siano state assimilate dai valutati.
Per avere un’idea dell’impatto della protesta, basti notare che nella VQR 2004-2010 c’erano solo quattro atenei sotto il 90%, mentre nella VQR 2011-2014 ce ne sono ben 12. La protesta ha rimescolato le gerarchie di produttività al punto che il coefficiente di correlazione tra la percentuale di conferimento delle due VQR è pari a 0,23, un valore relativamente basso e decisamente poco spiegabile se fosse vero che «le università che hanno inviato meno “prodotti” sono tendenzialmente quelle che ospitano i dipartimenti in media meno attivi».
4. Qui Roars da Radio Times Higher Education
Come abbiamo appena visto, quando l’ANVUR tace, subentra il Sole 24 Ore a rimodellare la realtà in modo da far scomparire gli spigoli e rendere rosa il futuro. In altre epoche, per sottrarsi alle veline del Minculpop bisognava sintonizzarsi sulle frequenze di Radio Londra. Per un curioso scherzo del destino, lo stesso giorno in cui il Sole 24 Ore pubblica la sua mini-classifica che tratta le percentuali di conferimento come se fossero indicatori di attività scientifica, Times Higher Education pubblica in prima pagina un articolo sul boicottaggio della VQR firmato da due redattori di Roars.
UK academics who dislike the research excellence framework often suggest boycotting it. But could it ever really happen? And what would the consequences be? Italy provides some evidence. The country has its own version of the REF, known as the VQR (“Evaluation of Research Quality”). But Italian universities are in turmoil because of the refusal of large numbers to do so. Alberto Baccini and Giuseppe De Nicolao consider the protest’s impact. (da Times Higher Education del 21 aprile 2016).
Su Times Higher Education trovate l’articolo completo che offre quello che il Sole 24 Ore non ha mai fornito ai suoi lettori: un resoconto delle origini, delle motivazioni e degli sviluppi del boicottaggio della VQR, citando anche i costi dell’agenzia di valutazione e lo sconcerto nazionale suscitato dalla nomina di un consigliere che alla sua candidatura aveva allegato un tema con diversi estratti (non virgolettati) presi tali e quali da fonti non citate. Tutti argomenti, che Times Higher Education ha ritenuto di interesse per i suoi lettori, ma che faticano a fare breccia sulle colonne del quotidiano di Confindustria.
Oggi, come ieri:
Non è merito nostro, di noi che lavoriamo giorno e notte qui a Londra per informare il pubblico italiano di quanto avviene nel nostro paese e nel mondo: noi cerchiamo soltanto di avvicinarci alla realtà dei fatti, e di ragionare con sincerità e buon senso. Ma sappiamo che l’Italia ha sete di verità e di senso comune; e non è possibile allontanare dall’acqua le labbra degli assetati.
(H. Stevens, Listener All., “Short Italian News Comment” 269, 22 aprile 1941, 22.40 (Bbcn s.I.b. 5).)
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[…] articolo (lungo, ma completo) sulla situazione finale della VQR che comprende anche un commento a quanto […]
Come diceva il “Colonnello Buonasera”:
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«Non vi è esortazione della stampa o delle autorità fasciste, non vi è minaccia di pene, non vi è sanzione effettiva che possa circoscrivere o fermare questo continuo allargarsi della massa di nostri ascoltatori in Italia. Nel Nord e nel Mezzogiorno, nel centro e nelle isole, nelle città e nelle campagne, in montagna o sul mare, non vi è un centro abitato nel quale la voce di Radio Londra non sia ascoltata; furtivamente eppure con intensa attenzione, colla emozione di fare ciò che è proibito e di preservare qualche cosa di caro.
In ogni grande casamento cittadino, a una data ora del giorno o della sera, vi è almeno una radio il cui altoparlante parla sommesso come un sussurro. È l’ora di Radio Londra: e il capo-fabbricato non deve sapere, per quanto, forse, sia occupato ad ascoltare anche lui.
Si mandano i bambini a letto; perché non parlino l’indomani a scuola e qualcuno faccia la spia al maestro, e il maestro faccia la spia al fiduciario rionale. Se una visita batte alla porta, la radio viene spenta di colpo. Si spengono i lumi a volte; come se l’oscurità dovesse attutire il suono; si ascolta alla cuffia; si adoperano antenne portatili orientandole in modo da favorire la ricezione ed eliminare le rumorose interferenze delle stazioni fasciste; e quando si può ascoltare perfettamente il segnale è come un trionfo.
Lo stesso avviene nei piccoli centri rurali dove il radioamatore, coraggioso e ammirato, è, magari, uno solo; e tutti sanno chi è; e nessuno lo dice; e tutti attendono da lui notizie: le vere notizie, i ragionamenti politici, i veri ragionamenti. Forse è l’albergatore, forse il farmacista, forse il dottore; comunque, una persona fiera di compiere un atto di coraggio e d’intelligenza che lo distingue dal gregge di coloro che non osano e coi quali, nel giorno delle celebrazioni, egli è costretto a confondersi indossando la stessa uniforme nera e lo stesso berretto alla tedesca. Il maresciallo dei carabinieri lo sa; ma sorride sornione, pensando che forse non è lontano il giorno in cui questi isolati detteranno legge.
Questo fenomeno generale e profondo inquieta il regime fascista, perché forse è l’unica forma di protesta possibile contro il regime. Protesta muta, anche se non sorda; spontanea, anche se inorganica; concorde, anche se sgorga da sentimenti diversi e contrastanti; vasta, anche se composta da elementi individuali; e progressivamente sempre più vasta, più concorde, più spontanea.»
https://it.wikipedia.org/wiki/Radio_Londra
Meno male che si chiama il Sole 24 ore e non il Buio 7 giorni su 7…
@enrico mauro Sono d’accordo con te..Questo è un giornale sindacale, del sindacato degli industriali (o meglio dei figli degli industriali), la maggiore lobby esistente in Italia, la peggiore e la meno criticata. Talmente incistata capillare efficace che nemmeno l’ultima inchiesta della gabanelli potrà scalfire. Talmente forte che (incredibilmente) Mattarella cita dati del sole24 nel suo discorso di inizio d’anno..possibile?! La vicenda Giudi/ Gemelli ha fatto fare un (piccolo) sussulto a quel poco di libertà di stampa che ancora (poca) abbiamo: Gabanelli e pochi altri. La vicenda BPopVicenza ha dimostrato che confindutria sta nelle banche e si fa prestare soldi a condizioni ottime visto che siedono nei consigli di Amm.ne. E di Montezemolo, Mercegaglia etc. nessuno parla..Stella e i soliti danno la caccia ai professori universitari e alla “casta”..hahahah
Niente di nuovo sotto il… Sole24Ore.
Però, per chi capitasse qui completamente ignaro di tutto, precisate almeno che il conferimento di due prodotti (che possono essere un articolo di 2 pagine come un libro di 700 – e possono essere gli unici due prodotti come invece 2 su 50) non può certo essere preso come “misura dell’attività scientifica”. Naturalmente, anche a prescindere dal contenuto, visto che l’articolo di 2 pagine a volte può valere molto di più del libro di 700, e le 2 pubblicazioni valere molto di più delle 50.
Da notare il commento di un anonimo presidente GEV all’articolo nel Times Higher Education, che sembra ignorare tutta la questione del “caricamento forzoso”:
“As a coordinator of one of the sub-groups evaluating research in the present VQR I can assure the UK public that our evaluation procedure is alive and well. The participation rate has dropped only 3.3 % from the preceding VQR (95.3 to 92.0). There is a stable percentage of 5% of professors not publishing anything, so that 8% drops to 3% of real protesters. Source: document of the National agency for the evaluation of the universities, http://www.anvur.org/attachments/article/1005/vqr%20documento%20statistiche~.pdf I agree completely with the protest of the colleagues nationwide about salaries and funding, but I do not think they chose the right action.”
E, ancora, ignorando le distorsioni derivanti dai metodi di finanziamento degli ultimi anni (basti dare una lettura ai recenti lavori di Viesti e Fiorentino):
“Having the (scarce) governmental founds distributed according to merit and not academic camarillas is a common interest. The present method has some shortcomings but nobody really wants to go back to the past.”
Farei notare anche una tecnica espositiva che ho trovato in altri documenti firmati da collaboratori anvuriani: l’attribuire ad una fonte dati che non ci sono. La fonte citata contiene solo la “partecipation rate”. La percentuale del 5% professori che non pubblicano nulla non è contenuta nella fonte citata. Aver indiciato la fonte citata al termine della sequenza di numeri serve a far credere ai lettori che in quella fonte ci siano tutti i dati. Tra l’altro ANVUR non ha mai reso noto quel dato, ma solo la quota di prodotti non conferiti. Che quella percentuale sia stabile è una illazione del nostro coordinatore_sub_gev anonimo. Come abbiamo argomentato nel post.
Incredibile la mobilitazione anvuriana. Se X doveva restare anonimo/a, doveva rimanere anche invisibile e muto/a davanti all’opinione pubblica britannica. La fonte citata, poi, è l’Anvur, capirai … A questo punto ho tutto il diritto di presumere, 1 contro 1, che anche l’anonimo/a sia anvuriano/a nostrano/a, perché no? Sembra commissionato dall’Anvur, il pezzo. Se esce dall’anonimato, esce anche dal Gev, dunque sua la scelta. Finché è anonimo/a, ognuno pensi quel che vuole circa la sua vera identità. E’ anche semplicistico il ragionamento, come se si trattasse soltanto dei salari, ché se lui/lei fosse britannico/a veramente, non solo capirebbe la questione dei salari (e inoltre il non conteggio degli anni per i quali si pretende la Vqr) e dei finanziamenti, ma si scandalizzerebbe e non farebbe più il gevvista. Accademic camarillas … ma di cosa parla … e tutto l’inciucio ciu-ciu Inguscio, IIT, bontà del ministro, andiamo a pranzo insieme, e ci metto anche la mite Crui che aspetta ancora triste il tavolo delle trattative e a prendere posizione sulla riapertura, cosa sono? Chiacchiere ciu-ciu di portinaie/portinai, per continuare ad essere gender-correct? E far finta di non sapere come si è arrivati ai gloriosi 92%? E come ci sentiamo noi tutti quanti? Avete letto Mordecai Richler, La versione di Barney? Cosa ripete lui tre volte?
[…] https://www.roars.it/boicottaggio-vqr-oscurato-dal-sole-24-ore-ma-ce-roars-da-radio-londra/ […]
Diversamente dal fantomatico dato (come bene rileva anche Baccini nei commenti) del 5% di inattivi “fissi”, a mio avviso sarebbe stato ampiamente ragionevole che tutte le percentuali di conferimento, in assenza della protesta, migliorassero notevolmente. Infatti c’è stato molto tempo per rendersi conto di cosa volesse dire questa procedura, anche in termini di finanziamento, dopo che nel primo “esercizio” era stata presa come una delle tante cervellotiche procedure anvuriane che fanno perdere moltissimo tempo e spostano poco o nulla. Si è poi capito che si trattava di uno strumento indiretto per giustificare i soliti tagli. Per questo diversi dipartimenti, ho appreso dalle discussioni che ciascuno di noi ha modo di fare con i colleghi, si erano attrezzati per “mascherare” gli inattivi “cronici”, facendo in modo che per loro risultasse comunque qualche pubblicazione (come tutti sanno ci sono diverse modalità per giungere a questo risultato). Sarebbe infatti stato assolutamente suicida non attivarsi per diminuire il danno prevedibile, ed è per questo che mi sembra o su un altro mondo o non proprio in buona fede chi, per difendere la VQR e sottostimare la protesta, si inventa un dato di inattivi cronici fisso al 5%.
A maggior ragione l’effetto della protesta risalta ancor di più e rende inutilizzabile – pare evidente – la nuova VQR.
Il grafico a questo link (https://drive.google.com/file/d/0B4NRxnMaVH_-OTF3WEtKUk42aGs/view?usp=sharing) a me è sembrato spiegarlo bene, assieme all’ottima argomentazione presentata in questo articolo. Non solo non abbiamo – come invece sarebbe stato lecito immaginare in assenza di protesta – una linea più alta e più piatta di quella blu (precedente VQR), ma lo scostamento è notevolissimo per la nuova, tanto per le crocette rosse (dati pre-finestra), quanto per i pallini rossi (dati post-finestra). Ancor più grave, e rafforzativa dell’inutilizzabilità della nuova VQR, appare la differenza dell’esito della protesta nei diversi atenei. Se, infatti, chi l’ha sostenuta si sarebbe augurato per ovvi motivi di comunanza e solidarietà una omogenea partecipazione, il fatto che essa abbia invece colpito in modo particolare circa la metà degli atenei – peraltro in modo comunque differenziato – e poco o per nulla gli altri risulta, paradossalmente, ancor più efficace ai fini dell’inutilizzabilità per il prossimo giro di tagli. Il ministero sarebbe ancora in tempo a fermare una procedura costosa e inutilizzabile, evitando le solite perdite di tempo – e notevoli spese – connesse con i vari passaggi giurisprudenziali che paiono ampiamente prevedibili. I “buchi” del bando VQR, delle sue modifiche formali e meno (es. ORCID sì/no), dai vari slittamenti e delle disparità introdotte (caricamenti normali, con tacito assenso, forzosi prima della scadenza/dopo la scadenza ecc.) lasciano aperte delle autostrade che probabilmente verranno percorse nei tribunali amministrativi appena scatterà, per qualcuno e in qualche luogo, la prima conseguenza negativa.
Stante il fatto che Sole24, Corrsera, repubblica LaStampa etc. da anni stanno coprendo di sterco la università pubblica (quale stampa di regime); quello che trovo sconcertante è che se dopo 100 volte che ci insultano come unipubblica,una volta dicono qualche cosa su cui roars è d’accordo allora questi giornalacci vengono osannati. Ho presentissimo il caso di GAS (GA Stella) il quale da anni ci copre di insulti e diffonde notizie partigiane, ma sui plagi ha dato ragione a roars ecco allora tutti pronti a citarlo. Questo non è lo spirito di radio londra. C’è una diffusione continua e capillare di notizie tendenziose, parziali ostili sulla nostra unipubblica. Ogni qual volta viene fatta una nomina politica, 99% delle volte in questi giornalacci di regime, si sottolinea il valore della persona scelta perchè laureata alla Comm Bocconi, alla Luiss o alla Cattolica. Con un colpo solo si è cancellata una storia di libertà e di ricerca (quella di unipubblica) che dura da quasi mille anni.Questi giornali di regime fanno ribrezzo e basta, né loro né i loro scribacchini, né il loro mandanti (confindustria, banche e pensiero Milanese), dovrebbero essere presi in cosiderazione, cmq vada le notizie vengono date sempre e comunque per denigrarci. Mi sbaglio? Avanti tutta roars, grazie del lavoro che fate!
Concordo con Giufe al 100%.
Non sopporto la propaganda IIT sparata ogni sera sul TG1: il robottino che misura la temperatura del terreno, la protesi, il grafene …
Ho colleghi che conoscono 20 lingue (vive e morte) e scrivono e insegnano seriamente da una vita. Ecco, mi piacerebbe vedere loro in prima serata, ogni tanto.
TG1 … Porta a Porta, anche lì c’erano Giannini, Manfredi e studenti della … Luiss.
@marinella non so se hai visto corrsera.it di oggi. Il giornale più consultato, in prima il rettore delle Sapienza dorme, mentre parla alto membro cassazione…sistematicamente, ogni giorno velenosamente, subdolamente attacchi continui a unipubblica. Forse la relazione era noiosa, forse aveva lavorato tutta la notte per tenere in piedi una grande e prestigiosa università o non so che altro, ma il messaggio è chiaro. Un giornale glocale come il corrsera che ogni qual volta c’è da dare una notizia economica corre dal primo sbarbatello della com.bocconi e lo fa pontificare su cose che sa poco..Che facciamo noi invece ci attacchiamo l’un l’altro come i capponi di Renzo..Continuo a ringrazie roars …lunga vita a Nicolao meravigliao e a tutti gli altri.
già, intanto ilSole24ore viene diffuso gratuitamente a pacchi nelle scuole del Regno e in molti istituti e dipartimenti universitari arriva tutti i giorni… così da divulgare a palate la propaganda del regime
@aristotele sono d’accordo con te..anni fa accoglievo in aula l’iniziativa giovani editori “il giornale in classe”, operazione assolutamente ideologica..Da due anni ho espicitamente rifiutato l’iniziativa gustificandola conl’assurdità di dare spazio a giornali (sole24 e corrsera) che facevano una campagna denigratoria contro unipubblica. Ti segnalo il seguente articolo http://www.corriere.it/cronache/16_aprile_29/maryse-moda-truffe-4ee05738-0df6-11e6-91a4-bd67d1315537.shtml, in esso si parla di questa truffatrice, vedrai che si tace sul nome della “importante università romana” nella quale questa ladra truffatrice ha fatto lezione, secondo te quale: Sapienza, Torvergata, o LUISS ?? Se tacciono mi viene un sospetto che ne pensi.. ;-)
@aristotele ho trovato questa: https://www.ted.com/tedx/events/13009… dove pare abbia testimoniato alla Luiss. Tutti sbagliano,ma possibile che se sbaglia la Luiss si faccia riferimento ad una importante università romana…. Il corrsera garante (dice) del pluralismo..Che ne pensi?
e che pensarne?…
mi sono consolato vedendo Montanari tener testa al Nardella nell’Ottoemezzo dell’altra sera dalla Gruber (che di Montanari ha sbagliato tre volte il nome!): se la fisiognomica fosse una scienza (e Lie to me fosse un report di case studies), basterebbe guardarli in faccia costoro, i giovani pretoriani del nuovo regime, abbeveratisi (sans le savoir?) all’ideologia dei Brunetta, dei Briatore, dei Dell’Utri, dei Tremonti, dei Perotti, degli Alesina, dei Giavazzi, dei Marchionne… novelli Pavolini e Starace, fanno rimpiangere Gentile e Bottai… (perdonate lo sfogo: lascio libero il moderatore di cassare tutta l’ultima parte, se ritiene, e anche dai due punti in giù)
Qui il video con il confronto Montanari-Nardella. A proposito di principi etici, Montanari cita anche Inguscio. Rimanendo sulla lunghezza d’onda del commento, verrebbe da dire che “si stava meglio quando si stava peggio” …
http://www.la7.it/otto-e-mezzo/rivedila7/otto-e-mezzo-30-04-2016-182560
Ributtante la cosiddetta conduttrice, premiata trombettiera del pupazzo, che attenta all’oppositore e “spinge” il pupazzo del pupazzo per mezzo di un penoso rosario di faccette, mossette, gracchietti e sospiretti che, del resto, esibisce ogni sera (in esso consistono le sue competenze).
Abominevole il pupazzo del pupazzo, che meccanicamente-decerebratamente alza il sopracciglio e inclina e sbatacchia la testolina per esprimere che Tomaso ha torto, anzi è falso e cattivo.
Bene Montanari per la qualità ma anche la quantità di ciò che è riuscito a dire in una simile topaia di regime.
Il pueblo, in chiara maggioranza, non ne capisce niente o ne capisce ma se ne frega o sta con il pupazzo, il pupazzo del pupazzo e la cosiddetta conduttrice; continuerà a dimostrarlo a ottobre
Questo è il commento, presumo inviatoci per errore, del nostro prorettore alla ricerca:
“.. si vede chiaramente che le università che avevano guidato la protesta (es Pisa, Partenope….) si sono fatte riaprire i termini ed ora ci hanno addirittura superato come % di adesioni alla VQR.
Purtroppo questo ci penalizzerà ancora di più !
Ti prego di inviare quella email a tutti i colleghi di dipartimento per sottolineare quanto siano stati sconsiderati a dare retta a chi poi ha chinato il capo in modo vergognoso!”
A chinare il capo non sono stati i colleghi, ma sono stati alcuni rettori, anche se non è il movimento della testa la metafora più calzante. Piuttosto, quella che si è vista è stata una “coltellata alla schiena” inferta ai propri colleghi della CRUI.
[…] di un gruppo di Docenti”. I docenti sottolineano che “la classifica stilata dal [Sole24Ore] è priva di qualunque fondamento in quanto equipara la “produttività” degli Atenei […]