In questa travagliata fase di gestazione, il difficile parto del governo Meloni sta offrendo conferma che la casella del MUR è considerata dalle forze politiche un gettone di scambio di scarso peso e di impatto pressoché nullo nel risiko della composizione governativa, poco più di un premio di consolazione da attribuire alla parte politica che si veda rifiutare aspirazioni a ben altre caselle ministeriali, di maggior lustro e visibilità politica.
Sopitisi, apparentemente, i rumors che davano per candidato al Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica un nome sicuro da definirsi fra le due senatrici di Forza Italia Licia Ronzulli e Anna Maria Bernini, la stessa parte politica che dovrebbe (?) appoggiare (il punto interrogativo mentre si scrive è d’obbligo, considerando le recenti sortite di Silvio Berlusconi) il costituendo governo Meloni sembra aver cambiato avviso. Ha fatto capolino nel totonomi ministeriale il nome, ai più finora sconosciuto, di un’altra neoeletta deputata di Forza Italia, Gloria Saccani Jotti, professoressa ordinaria di Patologia Generale nell’Università di Parma.
L’importanza della scelta della persona che guiderà le scelte che l’esecutivo vorrà perseguire nel campo dell’Università e della Ricerca scientifica consiglia di provare a sanare il nostro deficit informativo sul profilo della nuova aspirante ministro.
Le note biografiche raccontano che la deputata Saccani Jotti nell’ultima legislatura si è occupata di Cultura, scienza e istruzione, sedendo nella relativa commissione permanente della Camera e annunciando all’inizio del suo mandato che si sarebbe battuta per incrementare le risorse destinate alla ricerca in Italia; che secondo Openpolis nella stessa legislatura ella ha preso la parola in aula in sole due occasioni; che prima della sua attività parlamentare, Saccani Jotti, che già nelle elezioni del 2008 aveva vanamente corso per uno scranno al Senato, è stata nominata nel Consiglio di Amministrazione dell’AIFA (Agenzia Italiana del FArmaco) dal 2009 al 2013; che è stata a lungo membro del CDA del CNR (dal 2011 al 2018, non senza indugiare in un periodo di incompatibilità nella carica, a seguito della sua elezione come deputata); che, ai tempi della ministra Moratti, Saccani Jotti aveva fatto parte della segreteria tecnica del ministero, occupandosi da vicino di università telematiche. Quel che però qui interessa è tentare di farsi un’idea sulle visioni politiche che la deputata coltiva su Ricerca scientifica e l’Università.
Un modo per rimediare al deficit informativo che circonda il profilo di quella che i più accorsati dispacci giornalistici accreditano quale ministra del MUR in pectore è quello di compulsare l’archivio di Radio Radicale, che ha il merito di tener traccia degli interventi che molti esponenti politici svolgono in occasione di convegni e conferenze, parlamentari e non.
Alcuni di questi interventi delineano le idee professate dall’on. Saccani Jotti sul rapporto pubblico-privato sia in campo sanitario che in quello della ricerca scientifica.
Saccani Jotti ad ottobre 2018 svolge un intervento in occasione della prima giornata del convegno «#IdeeItalia. La voce del Paese. Pil 4.0. Persona Impresa Libertà. Solo la crescita è felice».
Nell’occasione la deputata rivendica l’importanza della collaborazione fra pubblico e privato in sanità, portando ad esempio il modello lombardo, che attraverso questa proficua collaborazione ha «consentito a questa regione di fornire un importante contributo alla sostenibilità economica del servizio sanitario nazionale come è dimostrato dai bilanci economici sanitari della regione da molti anni in equilibrio o in attivo», offrendo così «una dimostrazione di lungimiranza nella strategia adottata e di buona amministrazione». Proseguendo, la deputata rivendica la lungimiranza della programmazione sanitaria portata avanti dall’assessore Gallera con riferimento alla necessità del potenziamento dei servizi territoriali e dell’opportunità di prevedere una stretta collaborazione tra il medico di base e gli ospedali, rilevando positivamente «che proprio in questa direzione si muove la recente programmazione l’assessore Gallera attraverso le nuove modalità di presa in carico del malato complesso anziano e fragile».
Viene poi affrontata la tematica della formazione di nuovi medici, sottolineando i rischi legati alla crescente anzianità dei medici in servizio in Italia e alla dinamica di pensionamento delle fasce professionali più mature, per invocare «la necessità del potenziamento dei servizi territoriali e dell’opportunità fin da ora di prevedere una stretta collaborazione tra il medico di base e gli ospedali», così come previsto sempre dalla «recente programmazione» dell’assessore Gallera (la cui efficacia e lungimiranza sarebbero state testate sul campo nel 2020), per poi rivendicare la necessità di aumentare le strutture formative cliniche nell’ambito dell’insegnamento universitario delle facoltà di medicina.
A pandemia avviata, il 9 aprile 2020 l’on. Saccani Jotti svolge un intervento nella Commissione cultura, scienza e istruzione della Camera dei Deputati. Il tema è la politica della ricerca. Dopo aver sottolineato la scarsità delle risorse destinate alla ricerca nel nostro Paese a confronto con la spesa del PIL destinata al settore in altri Paesi europei, la deputata si concentra sul CNR per sottolineare la necessità di recuperare una visione di questo ente che lo metta al servizio della ricerca applicata, utile alle imprese. Così la possibile futura ministra MUR:
«i dati a nostra disposizione relativi al CNR mostrano una situazione in cui l’Italia ha speso 1,7 miliardi in tre anni sui 2,4 disposizione e in Horizon 2020 scopriamo di avere intercettato appena l’8% dei finanziamenti».
La deputata si professa convinta che in questo quadro le imprese private
«sono impegnate nel ruolo di maggiore investitori e c’è una scarsa collaborazione tra mondo accademico e imprese; ci vorrebbe quindi un più efficace coordinamento tra politiche di ricerca, sviluppo, formazione e politiche industriali, per potenziare i settori più innovativi; la ricerca pubblica deve uscire dall’isolamento in cui si trova e interloquire con il sistema produttivo, specialmente in un periodo di crisi; la ricerca pubblica italiana è una ricerca di eccellenza, noi forniamo ricercatori di alta qualità, peccato che li spostiamo all’estero e ciò non sarebbe tanto grave se contemporaneamente riuscissimo ad essere attrattivi per i ricercatori stranieri; ritengo fondamentale un forte contributo da parte del CNR e di altri enti del comparto ricerca che operano sotto la vigilanza del ministero per accrescere la competitività del nostro paese in aree strategiche come sanità, ambiente, agricoltura, informatica, energetica; in un non lontano passato IL CNR con i suoi 100 istituti, oltre 9000 dipendenti, distribuiti omogeneamente in tutto il paese e particolarmente nel Mezzogiorno, ha saputo dare un importante contributo in queste scienze applicate, con il varo di numerosi progetti finalizzati che vedevano una forte collaborazione tra ricerca accademica e industria e tempi precisi di esecuzione; queste iniziative sono andate purtroppo progressivamente diminuendo, lasciando il posto ad attività di ricerca di base nelle scienze hard e duplicando con ciò la missione propria dell’università».
Non è molto, ma è qualcosa, per preconizzare in che direzione si muoverebbe la neoministra, ove la sua designazione alla guida del dicastero di Largo Ruberti fosse davvero confermata.
Il risiko ministeriale, ad ogni modo (e per fortuna), non è ancora terminato.