I temi dell’Università, della Ricerca scientifica e della Scuola sono stati i grandi assenti  della contesa elettorale, ricevendo menzioni limitate a qualche scarna riga di generiche indicazioni nei programmi elettorali presentati dalle forze in campo. Nel dibattito pubblico rilanciato dai grandi media prima delle elezioni del 25 settembre, questi fondamentali temi attraverso cui la società italiana dovrebbe guardare al suo futuro sono stati pressoché ignorati da quasi tutti i contendenti, impegnati a rincorrere il tema delle bollette che ha dominato la discussione, in uno scenario nel quale la scienza si è guadagnata un momento di fugace attenzione nell’opinione pubblica solo per discutere l’intervento col quale il Nobel Parisi ha suggerito di contrastare il caro bollette cucinando gli spaghetti a fuoco spento.

Sono passati 18 giorni dalla vittoria elettorale di Giorgia Meloni. Oggi 13 ottobre è prevista la prima convocazione della camere e la liturgia istituzionale dovrebbe permettere al Presidente Mattarella di dare inizio alle consultazioni già nel week-end del 15-16 ottobre, per poi affidare ufficialmente l’incarico di formare il governo alla rappresentante del partito che ha conseguito una netta maggioranza relativa nelle due camere parlamentari.

In tutto ciò, impazza il “totonomi” ministeriale di prammatica nel post elezioni, con la premier in pectore impegnata a fronteggiare le richieste di visibilità politica dei due partiti che, pur usciti ridimensionati dalla contesa elettorale, contribuiscono in modo strategico e decisivo alla tenuta della coalizione di maggioranza.

In questa alternanza di nomi, la casella Università e Scuola ha visto avvicendarsi varie ipotesi. In alcuni casi le proposte sembrano ignorare la necessità che l’esperienza in materia sia la stella polare per individuare l’idoneità dei nominativi chiamati a guidare il o i dicasteri che potrebbero essere ospitati in via XX settembre e in largo Ruberti. Allo stato, infatti, si ignora se la futura premier abbia intenzione di far tornare a vivere il MIUR, accorpando Scuola e Università e Ricerca scientifica, o se voglia confermare la scelta di affidare i due campi a dicasteri distinti come è stato negli ultimi governi.

Se è probabile (e per la verità auspicabile) che nei prossimi giorni l’assetto ministeriale bipartito del mondo dell’istruzione trovi conferma, c’è da auspicarsi in misura ancor più netta e decisa che la responsabile delle scelte ministeriali ponga (e tenga fermi fino in fondo) alcuni paletti all’identikit delle candidature che le forze politiche di maggioranza vorranno promuovere alla responsabilità ministeriale di guidare il mondo della Scuola e dell’Università e Ricerca scientifica.

L’istruzione scolastica e universitaria e la ricerca scientifica reclamano a gran voce persone che conoscano davvero a fondo il settore che si troveranno a guidare, e che possano dimostrare, senza celare alcun episodio della propria storia personale, di poter adempiere il pubblico incarico per il quale saranno chiamati a prestare giuramento con la disciplina e l’onore richiesti dall’art. 54 Cost., in tempi nei quali i media tendono a parlare di Università solo con riferimento a casi (presunti o processualmente provati) di concorsi pilotati.

Alcuni nomi che continuano a circolare nella girandola di voci che circonda le scelte che Meloni dovrà presto assumersi la responsabilità di compiere sembrano lontanissime dal garantire la tenuta di questi ideali paletti.

Particolarmente ricorrente nelle cronache di questi giorni è, per esempio, il nome di Licia Ronzulli quale ministro dell’Istruzione, che godrebbe dell’appoggio deciso e incondizionato di Silvio Berlusconi. I tratti salienti del profilo biografico della senatrice di Forza Italia sono illustrati nella pagina che Wikipedia le dedica. Dalla sua esperienza parlamentare nella XVIII legislatura che sta per concludersi emerge la totale estraneità dell’attività politica istituzionale della senatrice a tematiche legate a Scuola e Università. Le cose non cambiano consultando la sintesi della sua pregressa attività istituzionale di europarlamentare, cominciata nel 2009.

Fra le persone di cui sempre Berlusconi potrebbe appoggiare la candidatura al ruolo di ministro dell’Università, si contende la scena con la senatrice Ronzulli un’altra senatrice di Forza Italia, Anna Maria Bernini. Figlia del prof. Giorgio Bernini, che fu ordinario di diritto commerciale nell’Università di Bologna dal 1970 al 1997 e grande esperto in tema di arbitrati internazionali, nonché deputato di Forza Italia fra il 1994 e 1996 e Ministro del commercio con l’estero del primo governo Berlusconi, Anna Maria Bernini ha seguito da presso le orme paterne, diventando ricercatrice universitaria in diritto pubblico nel 1995 e professoressa associata di diritto pubblico comparato nel 2002, sempre nell’Università di Bologna, con una produzione scientifica specializzata in tema di arbitrato interno e internazionale. In ambito universitario deve annotarsi come il suo nome ricorra fra quelli coinvolti nell’ambito di un’inchiesta su concorsi per docenti di prima e seconda fascia di diritto ecclesiastico, costituzionale e pubblico comparato avviata dalla Procura di Bari nel 2013, di cui si trova ampia traccia nelle cronache del tempo. Con riferimento alla sua attività politica, dopo essere stata eletta alla Camera dei Deputati nel 2008 con Alleanza Nazionale, ricoprendo per un breve periodo nel 2011 l’incarico di Ministro senza portafoglio per le Politiche europee nel governo Berlusconi, alla dissoluzione del partito di Gianfranco Fini Anna Maria Bernini transita nel partito di Berlusconi. Eletta senatrice di Forza Italia nel 2013, viene confermata senatrice nella XVIII legislatura nel 2018, assumendo varie cariche di partito. La sua attività istituzionale in parlamento non l’ha mai vista impegnata, sia come deputata, che come senatrice (anche nella legislatura appena trascorsa) su tematiche relative alla Scuola, all’Università e alla Ricerca scientifica.

L’Università, la Ricerca scientifica e la Scuola meritano di essere guidati da persone con una riconosciuta esperienza sui temi che saranno chiamati a governare. L’auspicio è che le scelte che la responsabile del partito più votato dagli italiani sta per compiere non si rivelino espressione di meri equilibri di potere – sacrificando due caselle ministeriali che la politica erroneamente tende a mettere in secondo piano – al sol fine di “trovare la quadra”. Senza scomodare la retorica dei tecnici di altissimo livello (i cui risultati spesso deludono le aspettative), riteniamo che vada salvato il decoro e che la scelta debba cadere su chi ha almeno una conoscenza diretta di questi settori chiave per il futuro del Paese.

 

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7 Commenti

  1. Chiedo scusa, ma temo che il problema non siano tanto le singole persone che assumeranno i dicasteri, quanto (ovviamente) la visione politica che vi è dietro.
    Come comunità accademica, siamo forse rimasti soddisfatti dai vari ministri-professori? Non lo so, forse mi ricordo male io.

    Emanuele Martelli

    • Lei parla di “visione politica”, come se la “visione politica” venisse infusa come lo spirito santo nel corpo di chi sarà chiamato a compiere le scelte di governo. E’ vero che gli ultimi esempi di professori che hanno guidato i dicasteri di cui si parla nell’articolo non hanno affatto soddisfatto le comunità interessate, quella accademica e scolastica. L’insoddisfazione pregressa, tuttavia, non ci impedisce di considerare – e di voler esorcizzare – scenari che hanno tutti i presupposti per rivelarsi peggiori. Ci permetta la citazione colta: “potrebbe sempre essere peggio. Potrebbe piovere”. __

  2. Infusa no di certo, magari ordinata (come si ordina ad un soldato di compiere una certa azione). Condivido tutto quello che avete scritto, assolutamente. E’ che nell’angoscia di questi giorni, sono ridotto a chiedermi cosa sia peggio: una persona molto competente che sa esattamente con “smontare” quel poco che rimane dell’Università Pubblica e di massa (visto che il concetto di comunità accademica cooperante è stato mi sembra già abbastanza demolito) oppure una persona non esperta del settore, che magari ci mette più tempo per agire.

  3. La Nazionale Ministri:
    Moratti 1-5, Mussi 6-8, Gelmini 8-11, Profumo 11-13, Carrozza 13-14, Giannini 14-16, Fedeli 16-18, Bussetti 18-19, Fioramonti 19-19, Manfredi 20-21, Messa 21-22.

    Certo potrebbero nominare una persona senza una laurea, senza un diploma, col curriculum truccato, incapace di comprendere un testo, insussistente politicamente, interna alle logiche spartirorie e predatorie, passacarte in attesa di essere candidato a sindaco…e non sorprenderebbe.

  4. Il problema sono le persone ma anche l’idea di istruzione che i gruppi di potere condividono. Gestiscono scuole ed università esattamente come si spartiscono cariche.
    Per fortuna poi ci sono persone che lavorano secondo la loro coscienza.

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