Nei giorni scorsi si è accesa una polemica sul taglio di 200 milioni di euro al FFO ventilato per la spending review, al quale sarebbe dovuta corrispondere un’erogazione delle medesime dimensioni a favore delle scuole non statali. Il comma incriminato è saltato con grande sollievo dei difensori dell’università pubblica. Ma è un sollievo giustificato? No. Infatti il DL impatta assai severamente sul sistema universitario.

L’art. 14 comma 3 del DL “spending review” afferma quanto segue:

3. All’articolo 66, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato da ultimo dall’articolo 1, comma 3, del decreto legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito nella legge 24 febbraio 2012, n. 14, al comma 13 le parole “Per il quadriennio 2009-2012” sono sostituite dalle seguenti “Per il triennio 2009-2011”  e, dopo il comma 13, è aggiunto il seguente: “13-bis Per il triennio 2012-2014 il sistema delle università statali, può procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato nel limite di un contingente corrispondente ad una spesa pari al venti per cento di quella relativa al corrispondente personale complessivamente cessato dal servizio nell’anno precedente. La predetta facoltà è fissata nella misura del cinquanta per cento per l’anno 2015 e del cento per cento a decorrere dall’anno 2016. L’attribuzione a ciascuna università del contingente delle assunzioni di cui al periodo precedente è effettuata con decreto del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 7 del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 49. Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca procede annualmente al monitoraggio delle assunzioni effettuate comunicandone gli esiti al Ministero dell’economia e delle finanze.  Al fine di completarne l’istituzione delle attività, sino al 31 dicembre 2014, le disposizioni precedenti non si applicano agli istituti ad ordinamento speciale, di cui ai decreti del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 8 luglio 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 178 del 2 agosto 2005, 18 novembre 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 279 del 30 novembre 2005, e 18 novembre 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 280 del 1° dicembre 2005.”

Il comma in questione dispone che il turnover per il personale universitario sia ridefinito, fatte salve le previsioni del Dlgs. 49 (relative alle università meno virtuose, il cui turnover è ulteriormente ridotto), nella misura del 20% fino a tutto il 2014, 50% per il 2015, e 100% per il 2016.

La disposizione in esame ha alcune altre significative conseguenze:

1) i punti organico “risparmiati” dagli atenei che non hanno utilizzato l’intero turnover degli anni precedenti (ad esempio, la quota riservata prima del Dlgs. 49 all’assunzione di ricercatori) divengono inutilizzabili. Sul punto il DL pare inequivocabile: si può procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato nel limite di un contingente corrispondente ad una spesa pari al venti per cento di quella relativa al corrispondente personale complessivamente cessato dal servizio nell’anno precedente. Gli sforzi della CRUI per ottenere lo sblocco di questi punti organico attraverso il Dlgs. 49 sono vanificati ed è ancora una volta punito il comportamento di chi non ha seguito il vecchio motto accademico secondo il quale non bisogna lasciare nulla sul banco per non rischiare che venga portato via.

2) lo stesso “piano straordinario associati” verrebbe a cadere se ci si dovesse attenere a un’interpretazione letterale delle norma. Vale a questo proposito quanto detto al punto precedente: il DL non si riferisce alle risorse degli atenei o alla consistenza dell’FFO, ma alle unità (in termini di punti organico) di personale che è consentito reclutare. Che i bilanci siano virtuosi o meno, che vi siano stati o meno accantonamenti, restano impregiudicati i tetti di assunzione, miranti tout court alla riduzione del personale. Va ricordato che vincoli analoghi erano previsti anche nel dlgs. 49, con la differenza però che nel dlgs. era presente una frase assente nel DL: “possono procedere all’assunzione di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato con oneri a carico del proprio bilancio per una spesa annua non
superiore…”.

Dunque, se si dovessero confermare entrambe queste condizioni, il sistema entrerebbe in uno stato di sofferenza tale da condurre con ogni probabilità alla chiusura di corsi di laurea, se non di intere sedi.

Vi è però un aspetto paradossale della vicenda: i risparmi determinati dall’art. 14 non hanno per effetto una riduzione della spesa pubblica, poiché – non essendo prevista una decurtazione dell’FFO, che rimane invariato fatti salvi i tagli precedentemente disposti dalla normativa in vigore – essi si trasferiscono nei bilanci di ateneo. Insomma, i risparmi determinati dalle disposizioni in esame possono essere utilizzati come meglio piace agli atenei, purché non per assunzione di personale. Infatti, come si può vedere dall’allegato dove non è presente nessuna voce relativa all’università statale (allegato 3 Spending Review (06_07_2012) (5)), quanto disposto dall’art. 14 non produce risparmi per la finanza pubblica.

Gli atenei si troveranno dunque nella condizione di poter utilizzare come vogliono le risorse liberate purché non esse non siano impiegate per il reclutamento, quasi che esso fosse l’ultima delle preoccupazioni, dopo anni e anni di restrizioni del turnover; tutto ciò, benché i meccanismi di accreditamento dei corsi di laurea richiedano soglie numeriche minime per ottenere l’accreditamento stesso.

Il Presidente del Consiglio si è detto disponibile a modifiche al DL a saldi invariati. Tenendo ferme le previsioni già severissime sul turnover, l’inserimento di una clausola di salvaguardia relativa a punti organico pregressi e piano straordinario associati sarebbe del tutto ragionevole, non porterebbe alcun aggravio alla finanza pubblica e consentirebbe agli atenei, già duramente provati, di non collassare immediatamente.

 

Lasciamo ai prossimi giorni l’analisi di altri due significativi aspetti del DL: l’incremento della contribuzione studentesca e la vigilanza del MIUR e del MEF sul reclutamento.

 

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16 Commenti

  1. La clausola di garanzia dovrebbe inoltre evitare che la norma faccia rientrare nel limite del 20% anche i concorsi per ricercatore a tempo determinato completamente finanziati da fondi esterni (ERC, progetti europei, Fondazioni, etc), cosa che rappresenterebbe un ulteriore disincentivo alla ricerca e alla partecipazione a progetti internazionali,

  2. Ho un sospetto. Pensavo che il blocco del piano associati fosse la contropartita per il mancato taglio di 200. Non è così. Taglio e blocco convivevano nelle bozze del DL. Questo potrebbe significare che l’art 14 così formulato serviva a “destinare” i 200 milioni in meno sul piano straordinario, che non è un fondo a sè ma è parte dell’FFO, e pesa per il 2013 e anni successivi 173 milioni di euro.
    Quando è caduta la disposizione sui 200 milioni è però rimasto in piedi l’art 14 così formulato, il che rende la vittoria del ministro una vittoria di Pirro. Resta bloccato il reclutamento ma senza risparmi per la finanza pubblica. Ergo possiamo sperare che la cosa venga corretta, diversamente l’art 14 non ha alcun senso.

  3. La bulimia legislativa dei nostri governanti presenta sempre qualche novità da interpretare. Di fatto, il Decreto Legge sulla “spending review”, pur apparentemente non modificando le previsioni economiche relative all’università, ritocca tra l’altro, anche se solo parzialmente, il Decreto Legislativo n.49/2012.

    In effetti per il 2012 le Università statali possono procedere ad assunzioni di personale docente nel limiti del venti per cento della spesa relativa al corrispondente personale complessivamente cessato dal servizio nell’anno precedente, anche se il Decreto Legislativo prevedeva per alcune università più virtuose una percentuale più alta. Inoltre tale attribuzione necessita di un Decreto Ministeriale che non era precedentemente previsto dal Decreto Legislativo 49.
    Tempi ottimistici: Conversione in legge (60 Giorni), Decreto Ministeriale (30 Giorni), Corte dei Conti (30 Giorni), pubblicazione, etc. etc. Non è improbabile che passi tutto il 2012.

    Non voglio fare dietrologia, ma a me sembra che il Ministero voglia far trascorrere il 2012 bloccando di fatto le Università nella possibilità di utilizzare nel corrente anno le poche risorse disponibili.

    Sbaglio? Ai posteri l’ardua sentenza…

    Nicola Ferrara

  4. ottima sintesi.
    dimenticata solo una cosa, di non poca importanza: saltano anche le quote stabilite nella legge gelmini per il reclutamento. prima il 50% delle risorse DOVEVA essere dedicato a td (a o b), il 20 a PO, il 30 da suddividere tra pa e ta. Ora gli atenei sono liberi di reclutare, con le poche risorse che gli rimangono, chi gli pare. Ergo è prevedibile che faranno solo, o quasi solo, passaggi di carriera e non ci saranno nuovi ingressi.

    Gli atenei avevano tenuto da parte i punti budget del 2010 e del 2011 in attesa delle abilitazioni. Ora come ora avrebbero potuto utilizzarli solo per td. Non hanno voluto farlo e sono andati persi.

    Cosa questo voglia dire per le prospettive di ringiovanimento del corpo accademico e per le sorti dei precari mi pare evidente.

  5. Non lo so Guri, ci sono molti aspetti oscuri in questa vicenda. I vecchi punti organico, se non ho capito male, erano considerati liberi per via di una circolare ministeriale. A rigore anche il dlgs 49 avrebbe dovuto bloccarli. Mi chiedo se i rettori pensino di poter ancora utilizzarli insieme alla quota 2011 del piano straordinario. Questo non è del tutto implausibile, ma avrebbe una conseguenza ovvia: le abilitazioni, ad art. 14 così disegnato, non si faranno.

  6. io sono giorni che dico che le abilitazione, e con esse tutta la riforma gelmini, sono un flop. certo che non si faranno. a marzo, quando dovrebbero uscire i bandi, ci sarà qualche intoppo e tutto sarà passato al prossimo governo che avvierà una nuova riforma.

    il rischio è che, in parallelo, procedano con qualche forma di opelegis

  7. I dubbi su tale comportamento solo leciti. Qualcuno mi dovrà spiegare come sia possibile che, dopo una lunga gestazione (incluso il passaggio nelle commissioni parlamentari), il 29 Marzo 2012 si promulga il D.Lgs n.49. Disciplina per la programmazione, il monitoraggio e la valutazione……, in attuazione della delega prevista dalla legge 30 dicembre 2010, n. 240, il 3 maggio viene pubblicato in GU, il 18 Maggio il decreto legislativo diviene operativo, si attivano le Università per i nuovi indicatori, il 18 Giugno il Ministero avrebbe dovuto far conoscere le percentuali di recupero delle risorse per pensionamenti 2011, tale scadenza viene prorogata al mese di luglio ed il 6 Luglio viene pubblicato un Decreto Legge sulla “spending review” che mette tutto in discussione senza che dal provvedimento in oggetto la Pubblica Amministrazione recuperi un euro. Mistero assoluto o schizofrenia pura. In ogni caso efficienza ZERO.

  8. Caro Ferrara, possiamo per ora trarre – in attesa di notizie più certe – solo una conclusione. Non è possibile programmare alcunché e siamo esposti a provvedimenti irrazionali. Ovviamente c’è anche chi se ne avvantaggia, guarda caso, come le private. Per il Paese, è comunque un disastro. Non avremo più giovani ricercatori e questo sarà esiziale per la ricerca.
    Cordiali saluti
    AB

  9. A me sembra evidente che DA ANNI l’intento di ogni provvedimento legislativo sia quello di ridurre la spesa per le università pubbliche e gli enti di ricerca. Ogni intervento degli ultimi dieci anni o va in questa direzione oppure promette cose chiaramente irrealizzabili. Ovviamente così si riduce anche l’organico e l’ingresso dei giovani, che in numero sempre maggiore vanno all’estero. Queste scelte politiche avranno conseguenze drammatiche sull’intero sistema Paese, e per molti anni a venire. Vorrei ricordare che il blocco del turn over al 20 per cento era già stato fatto da Tremonti, poi era stato ammorbidito al 50. I governi cambiano, la governance no.

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