«Laureati in aumento, l’Università è più accessibile»: no, non avete preso in mano un giornale vecchio di parecchi anni fa e nemmeno si tratta di una fiction costruita intorno a un’ipotesi controfattuale, immaginando per esempio cosa sarebbe successo se la mobilitazione conto la riforma Gelmini avesse fatto cadere anzitempo il governo Berlusconi. Quello tra virgolette è il titolo di un articolo pubblicato lunedì 25 agosto sul Sole 24 Ore. Se da un lato occorrerà ancora qualche tempo perché il crollo delle immatricolazioni riversi interamente il suo effetto sui laureati, tutto si può dire sugli sviluppi degli ultimi anni tranne che l’università sia divenuta più accessibile. Infatti, l’innalzamento delle tasse universitarie e la diminuzione dei fondi destinati alle borse di studio sono sotto gli occhi di tutti. Qual è allora la fonte del Sole 24 Ore? A quanto pare, ci troviamo di fronte di una sintesi ad usum Delphini del Rapporto ANVUR sullo Stato dell’Università e della Ricerca, il cui senso è stato addomesticato per edulcorare – per non dire ribaltare – la situazione reale dell’università e degli studenti.
Nell’articolo del Sole 24 Ore ci sono almeno tre punti che lasciano perplessi.
1. La strana matematica del Sole 24 Ore
Cominciamo dal titolo: leggere “Laureati in aumento, l’Università è più accessibile” suona paradossale per chi conosce i dati sulle immatricolazioni a picco e sulle borse di studio in calo. Ma il calcolo si riferisce al periodo 1993-2012 che nella strana matematica del Sole diventano un solo decennio:
L’università italiana sembra più accessibile per larghi strati della popolazione. Un dato questo – agli ultimi dieci anni statisticamente rilevati (1993-2012) – che emerge dal primo dossier Anvur (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca) su atenei e ricerca.
Seppur non citato in modo preciso, il “dossier” dovrebbe essere il primo Rapporto ANVUR sullo Stato del Sistema Universitario e della Ricerca. In effetti, se si esamina la Cartella Stampa del Rapporto ANVUR, si vede che è la fonte di tutti i numeri citati dal Sole.
Però il Sole ne dà una sintesi ad usum Delphini. Per esempio, consideriamo l’affermazione sull’università “più accessibile per larghi strati della popolazione“, controllando se coincide con quanto scrtto da ANVUR.
Da un lato è vero che ANVUR scrive
Tra il 1993 e il 2012 la quota dei laureati sulla popolazione in età da lavoro è salita dal 5,5% al 12,7% e tra i giovani tra i 25 e i 34 anni si è passati dal 7,1 al 22,3%. L’incremento rilevante mostra come l’istruzione terziaria non è più limitata a una ristretta fascia della popolazione ma è diventata accessibile ad ampi strati della popolazione. Anche in Italia il sistema si è aperto verso un’università “di massa”.
ma subito dopo l’agenzia precisa che
Nonostante questo miglioramento, l’Italia continua a essere uno dei Paesi con la più bassa quota di laureati visto che il fenomeno dell’espansione dell’istruzione universitaria è avvenuto pressoché ovunque.
ricordando, più avanti, anche la drammatica situazione delle borse di studio, che coprono meno del 70% degli aventi diritto:
A causa di una forte riduzione delle risorse, sia a livello nazionale che locale, tra l’anno accademico 2009/2010 e il 2011/2012 si è passati da un tasso di copertura dell’86% a un tasso del 69%.
Studenti universitari beneficiari di borsa in Italia, Spagna, Germania e Francia, a.a. 2006/07, 2010/11 e 2011/12 a confronto.
Se ragioniamo in termini di accesso all’università nell’ultimo decennio, nella Cartella Stampa l’ANVUR spiega che
L’andamento delle immatricolazioni mostra un evidente calo negli ultimi anni. Dopo essere cresciuto di 54mila unità tra l’anno accademico 2000/2001 e il 2003/2004, il numero degli immatricolati si è poi ridotto di 69mila unità fino al 2012/2013 (-20,4%). […] Ciò è dovuto in gran parte al calo degli iscritti maturi, dovuto a sua volta anche al drastico ridimensionamento degli incentivi per gli studenti lavoratori. […] Cala anche il numero di giovani immatricolati appena diplomati, che in genere costituiscono la larga maggioranza degli iscritti. A fronte di un numero di maturi sostanzialmente stabile tra i 445 e i 455 mila, il tasso di passaggio all’università dei 18-19enni si è ridotto di circa 3 punti percentuali dal 2009, nonostante la crisi economica abbia ridotto le opportunità di lavoro al completamento degli studi secondari.
Insomma, difficile affermare che “l’Università è più accessibile”, se si guarda all’ultimo decennio.
2. “Più bassi del resto dell’Europa sviluppata” o “i piu bassi di tutta l’Europa”?
Sulle percentuali di laureati l’ANVUR osserva correttamente che
l’Italia continua a essere uno dei Paesi con la più bassa quota di laureati
Forse, valeva la pena di notare nella fascia 30-34 anni siamo addirittura il fanalino di coda dell’UE, ma questo è un dettaglio rispetto al Sole che edulcora ulteriormente, limitandosi a dire che partiamo da valori genericamente “più bassi del resto dell’Europa sviluppata“.
No, non siamo soltanto “più bassi del resto dell’Europa sviluppata”, ma siamo i più bassi dell’intera Unione Europea.
Alla luce della contrazione degli immatricolati, non si vedono recuperi all’orizzonte. Anzi, ammesso e non concesso che l’Italia raggiunga il suo target “Europe 2020”, ovvero 26-27% di laureati nella fascia di età 30-34 anni (il target più basso dell’intera UE), saremmo inesorabilmente superati dalla Turchia, la cui percentuale di laureati cresce ad un ritmo più rapido del nostro.
3. I tagli? Niente più che la riduzione di alcuni squilibri
La descrizione dei pesantissimi tagli è un ammirevole esercizio di understatement:
Resta vero, nel contempo,che negli ultimi anni buona parte degli atenei italiani ha ridotto alcuni squilibri e il sistema universitario è stato ricondotto su un sentiero di sostenibilità economica, nonostante il calo delle risorse a disposizione. Infatti, dal 2009 il finanzialnento complessivo del ministero dell’Isfruzione al sistema universitario si è ridotto, infatti, di un miliardo di euro: -13% in termini nominali, -20% in quelli reali. “L’ammontare degli investimenti appare nel complesso insoddisfacente nel confronto internazionale – sostiene l’Anvur, che chiede una riflessione ampia suIle dimensioni ottimali o almeno minime necessarie del sistema universitario e sulle risorse da investirvi”. Autonomia responsabile, è il principio ispiratore.
Insomma, una “riduzione di squilibri” che ha restaurato la “sostenibilità economica”. L’investimento “appare nel complesso insoddisfacente nel confronto internazionale” (quanto?) e ANVUR chiede una “riflessione ampia”. Ma alla fine c’è un suggello rassicurante: tutto quanto si è svolto all’insegna del principio ispiratore dell’autonomia responsabile.
In tutto questo bel discorso, viene omesso un punto essenziale, che ANVUR invece ricordava:
In Italia la spesa in istruzione terziaria in rapporto al numero degli studenti è inferiore a quella media dei Paesi OCSE (-30%)
Essendo l’Italia ai minimi europei per percentuale di laureati ed avendo una spesa media per studente del 30% inferiore quella media dei paesi OCSE, appare difficile giustificare i recenti tagli in nome della sostenibilità economica. Spendere meno di così è proprio difficile.
E infatti nell’UE solo la Bulgaria spende meno in noi per l’istruzione universitaria.
4. Una domanda finale
Ê lecito domandarsi perché il Sole 24 Ore pubblichi un articolo che nel camuffare la realtà riporta alla memoria veline di altri tempi.
Ebbene, negli ultimi anni, il Sole 24 Ore ha promosso e sostenuto quegli interventi legislativi che hanno prodotto gli effetti devastanti di cui anche l’ANVUR ha dovuto prendere atto nel suo rapporto. Dare conto dei risultati obbligherebbe a porsi delle domande imbarazzanti sulla bontà delle diagnosi e delle ricette recenti.
Talmente imbarazzanti da ricorrere alla politica dello struzzo? Forse sì.
Oltretutto, quel rapporto è stato presentato da ANVUR oltre cinque mesi fa. Come mai solo a fine agosto il sole si degna di commentarlo?
L’articolo del Sole è una specie di cappello ad una serie di articoli che presentano vari percorsi formativi. Vorrebbe dipingere a grandi linee la situazione della formazione universitaria. È anche ragionevole fare riferimento al rapporto ANVUR, ma non si può addomesticarlo fino al punto di dipingere un quadro idilliaco che è lontanissimo dalla dura realtà. L’articolo del Sole finisce per ribadire che sempre più giovani vanno all’università e si laureano, mentre la realtà è che la mancanza di interventi per il diritto allo studio e i tagli alla spesa universitaria ci stanno portando fuori dall’Europa (essere ultimi come percentuale di laureati è un dato clamoroso che – tra l’altro – era stato ripreso anche dal Sole 24 Ore). Insomma, parrebbe che non ci sia nessun motivo di allarme, tanto più se, in nome dell'”autonomia responsabile”, sono stati ridotti alcuni squilibri, riconducendo il sistema universitario su un sentiero di sostenibilità economica.
[…] tratto da: Return on Academic ReSearch […]