Sul Sole24ore di domenica 30 settembre sono comparsi due interventi relativi all’Agenzia nazionale di valutazione e più in generale ai problemi della valutazione nel nostro Paese: uno di Alessandro Schiesaro e uno di Armando Massarenti. Alessandro Schiesaro, a suo tempo uno dei principali fautori della Riforma Gelmini e dei nuovi meccanismi di reclutamento e tuttora coordinatore della segreteria tecnica per le politiche della ricerca del MIUR, riconosce gravi carenze nell’azione intrapresa finora dall’Agenzia: le metodologie mancano della necessaria robustezza e soprattutto non sono condivise dai soggetti valutati, minando le fondamenta stesse della procedure.
Schiesaro ricorda anche come – per quanto il nostro Paese sia un paese latecomer per quanto riguarda la cultura della valutazione – si sia scelto di fare ricorso a criteri e indicatori bibliometrici che in Nazioni con più esperienza della nostra sono accantonati o utilizzati solo con molta cautela: è il caso del RAE/REF britannico. Schiesaro prende anche posizione contro il criterio delle mediane. Come abbiamo tante volte ribadito su questo blog, e come fu sostenuto in sedi istituzionali coinvolte nelle scelte da compiere per attuare la riforma dei reclutamenti, le mediane non solo sono costruite su dati incerti, ma non sono utili per accertare la “qualificazione scientifica” di un candidato o di un aspirante commissario. E questo vale sia per quelle che il semplificato linguaggio ministeriale chiama le aree bibliometriche, come dimostra il caso di Storia delle Matematiche, sia per le aree non bibliometriche, come ricorda Schiesaro nel suo intervento. Molto opportunamente Schiesaro chiede che non si torni a procedure di valutazione opache, ma che si costruiscano criteri solidi, affidabili e duraturi nel tempo.
Siamo del tutto d’accordo: infatti sono tesi che sosteniamo da tempo.
Passiamo ora al secondo articolo, firmato da Armando Massarenti. Concordiamo sul fatto che “il principio” della valutazione sia da salvare nonostante l’ormai conclamato fallimento di ANVUR. Ci preoccupa invece la soluzione che propone: non è la natura “proprietaria” dell’Agenzia ad averne determinato il fallimento. Non siamo di fronte ad un “fallimento” dello Stato cui supplire con l’intervento dei privati. Siamo di fronte ad un fallimento dell’azione di un’Agenzia dovuta a due motivi essenziali. Il primo è la carenza di competenze del Direttivo (che in altri Paesi avrebbe già rassegnato le dimissioni), che ha ritenuto di operare con criteri emergenziali in una situazione d’urgenza per “risanare l’Università italiana”, a scapito dell’accuratezza, della solidità e della validità scientifica dei criteri. L’Agenzia anziché promuovere trasparenza e accountability ha trascinato l’intero sistema della valutazione in un gorgo burocratico di mediane presentate e ritirate, fondate su basi dati incomplete e inadatte allo scopo, con gli esiti tragicomici che tutti conoscono. La seconda causa del fallimento è nell’errata architettura del sistema: un’Agenzia di nomina politica trasformata in un ministero ombra , caricata di un insieme di compiti che per sua natura non potrà mai assolvere decentemente. ANVUR è un leviatano incaricato allo stesso tempo di definire i criteri di valutazione, applicarli, procedere all’accreditamento dei corsi di laurea, delle sedi e dei dottorati, definire le policies dell’istruzione e della ricerca, intervenire sulla gestione dei fondi per la ricerca, sulla programmazione universitaria, sulla valutazione della didattica e così via. La concentrazione di poteri e competenze è tale che viene addirittura da chiedersi se non sia auspicabile sopprimere direttamente il Ministero dell’Università e della Ricerca, privo e privato com’ è ormai di qualsiasi ruolo di indirizzo politico e amministrativo, e ridotto a mero esecutore delle decisioni di Anvur.
La soluzione non è affidarsi alla mano santa del privato. Si tratta di invece di prendere atto che in nessun paese OCSE esiste una architettura lontanamente simile a quella italiana, e di riformare profondamente l’Agenzia, smantellando l’incredibile cumulo di poteri che le è stato assegnato dalla l. 240/2010 e dai relativi decreti attuativi. Le competenze di ANVUR vanno frazionate tra più Agenzie realmente terze, ciascuna incaricata di compiti limitati e ben definiti che in nessun modo sconfinino nell’ambito delle policies, spettanti sempre alle sedi di governo competenti. In particolare è auspicabile, come avviene dappertutto, che siano due agenzie separate a svolgere le attività di valutazioni ex post della ricerca e del suo finanziamento, e le attività di accreditamento e assicurazione della qualità della didattica. E’ opportuno ripensare al modello attuale di finanziamento della ricerca, che prevede molti e separati centri decisionali e di valutazione ex-ante, con sovrapposizione di competenze e perdita di efficienza. Ed è opportuno che il CUN riformato e rivitalizzato, in quanto luogo di rappresentanza elettiva della comunità accademica e scientifica, sia messo nelle condizioni di interagire opportunamente con queste agenzie, assicurando il concorso trasparente e responsabile della comunità scientifica alla definizione di criteri e di procedure davvero efficaci e condivise.
Il fallimento dell’ANVUR dimostra che le soluzioni improvvisate giustificate da logiche emergenziali, più o meno strumentali, non fanno che aggravare la situazione È ora di operare con competenza traendo insegnamento dalle migliori pratiche internazionali, coinvolgendo in modo trasparente le intelligenze e le forze sane dell’accademia italiana. Il tempo delle scorciatoie e delle rivoluzioni dall’alto, siano esse in mano pubblica o privata, è finito.
Cari Amici:
mi sembra che la strategia si stia delineando. Lo scopo è avere concorsi locali liberi in cui la commissione fa quello che vuole. Per ottenere questo bisogna spazzare via le abilitazioni nazionali Moratti. Passo 1: creazione dei concorsi locali ma (per soli abilitati con “grandi criteri meritocratici”). Riforma Gelmini. Passo 2: fare fuori le abilitazioni nazionali dando la colpa all’UNVUR che va riformata. Quindi, prossimo passo legislativo, riforma dell’ANVUR e per il momento concorsi locali senza abilitazione nazionale (questo in deroga a causa dell’emergenza causata dall’ANVUR, che e’ fatta dai professori universitari Baroni).
In bocca al lupo a tutti
Non so se sia la strategia di una mente raffinata, ma credo che quello che descrivi sia uno scenario assolutamente plausibile. Stiamo a vedere.
E la Spectre dove la mettiamo? E vogliamo tacere dei Protocolli dei Savi di Sion?
“Le competenze di ANVUR vanno frazionate tra più Agenzie realmente terze, ciascuna incaricata di compiti limitati e ben definiti che in nessun modo sconfinino nell’ambito delle policies”
io trovo questa frase terrificante. D’accordo che un’agenzia di valutazione non deve sconfinare nell’ambito delle policies che spettano al Ministero, ma quante valutazioni servono? Una per il reclutamento, una per i finanziamenti, una per la valutazione degli strutturati, una per la valutazione delle università… rabbrividisco solo a pensare alla moltiplicazione delle poltrone, allo sperpero di risorse e al piacere di interagire con enti diversi che giudicano il proprio lavoro con criteri diversi e probabilmente anche non compatibile tra di loro.
V.
L’ANVUR non serve (in certe logiche) per cui va resa poco efficace. Tra un po’ usciranno i risultati della valutazione delle università.
Capisco i dubbi relativi al problema della moltiplicazione delle poltrone, ma tieni conto che in un sistema di valutazione non ci sono economie di scala; la principale ragione di risparmio starebbe nell’utilizzare gli stessi risultati ex ante ed ex post, ma questo è inopportuno perché la migliore garanzia che le scelte di reclutamento siano responsabili è un velo d’ignoranza rispetto a chi e come valuterà tra n anni le scelte attuali. Se ora l’unica cosa che so è che una commissione sorteggiata valuterà i miei risultati dipartimentali, ho il massimo incentivo a fare scelte obiettivamente di qualità (l’unico modo razionale di relazionarsi a giudici ignoti e di seguire criteri che possono plausibilmente incontrare l’approvazione di tutti).
Non stiamo proponendo la moltiplicazione delle poltrone. Stiamo proponendo un modello adottato in tutti i paesi ocse dove la valutazione ex post della ricerca (dove c’è) è separata dalla valutazione ex ante dei progetti/finanziamento. Chi decide cosa finanziare non può essere lo stesso che valuta come sono andati i finanziamenti. In tutti i paesi ocse l’accreditamento/qualità dei corsi di studio (per avere un idea sito ENQA: http://www.enqa.eu/) è svolto da una o addirittura più agenzie in competizione.
Le competenze richieste ai valutatori sono molto diverse. Purtroppo la regolazione del mondo della ricerca e della didattica non è semplice.
detta così suona molto meglio ed è sicuramente accettabile. Era la genericità della frase (più agenzie, senza specificare per fare cosa e se ne servissero 2, 10 o 100) che mi preoccupava.
V.
A me l’articolo di Massarenti sembra arrampicarsi sugli specchi, pieno di passaggi illogici e, in sintesi, vergognoso.
Quanto all’articolo di Massarenti non è che l’attivazione del riflesso primario del liberista medio, riassumibile nel mantra:
se il privato va male si razionalizza,
se il pubblico va male si privatizza
… il pubblico deve andare male … se no .. non lo posso privatizzare.
Se non va male … faccio in modo che vada male … cosi’ poi lo lo posso privatizzare.
Assunto due: se il privato va male … lo rendo pubblico cosi’ le perdite passano dal privato al pubblico.
Ma inoltre non c’e’ gia’ un certo Gianfelice Rocca a vigilare sull’operato dell’Anvur essendo presidente del comitato consultivo?
Ricordiamoci che molti di questi dei GEV, candidati commuissari e baroni vari, ecc. stanno per andare in pensione. Devono fare in fretta in un modo o nell’altro.
Per come ho percepito io l’andamento del processo avvenuto in questi mesi poco opportuni, l’Anvur non è stata demolita ma si è demolita da sola. Se rifare i conti (come si rifanno o si ricontrollano gli esperimenti o i ragionamenti altrui), se evidenziare gli aspetti grotteschi, scandalosi, preoccupanti, vengono percepiti come un paravento costruito da parte di chi non ha le carte scientifiche in regola e vuole i concorsi su misura, be’, allora rinunciamo a qualsiasi curiosità e a qualsiasi giudizio critico. Del resto a questo ci ha abituato l’implementazione delle ri-riforme, anzi ci volevano abituare gli zelanti implementatori delle ri-riforme. Io la storia degli ultimi tre lustri non la voglio dimenticare, anche perché mi ha macinato i miei anni, chiedo scusa per la pomposità, ‘migliori’ come si suol dire.
L’Anvur va chiusa e il personale congedato. Perché dopo le tiratine d’orecchie affettuose e comprensive e la fornitura di pallottolieri più affidabili, se rimangono le stesse persone, rimane lo stesso modo di pensare, incattivito per l’insuccesso precedente. Hanno troppo potere, troppo apparato intorno a loro.
Mi fa senso leggere che persone che hanno avuto peso nel confezionamento della 240 e delle sue applicazioni, ora, ORA, prendono le distanze e si meravigliano del disastro da loro predisposto, con commenti tardivi e pleonastici (“Molto opportunamente Schiesaro chiede [e dove era fino adesso? al mare?] che non si torni a procedure di valutazione opache, ma che si costruiscano criteri solidi, affidabili e duraturi nel tempo.”). Infatti non è uno stato imparziale che ha fallito, ma invece la privatizzazione o settorialiazzazione dello stato sta dando i suoi risultati prevedibili nell’attuale congiuntura politica, economica e morale. Questi risultati, ricordiamolo, andavano e vanno bene a molti.
Che la riforma Gelmini fosse un disastro per l’universita’ e soprattutto per le nuove generazioni, prese in giro con la tenure track alle vongole, era chiaro dal 2008 a chinque abbia capito di cosa si trattasse. Mi sembra chiaro che da un ministro come Gelmini non potevano che venire disastri su disastri, in particolare per la valutazione, settore molto difficile da affrontare e un po’ distante (diciamo cosi’) dal ministro stesso. E’ chiaro inoltre che non solo il ministro Gelmini non fosse adeguato a sostenere il ruolo per il quale e’ stato purtroppo scelto, ma che si e’ circondato di persone altrettanto inadeguate che sono rimaste le stesse anche quando e’ cambiato il governo.
Tutto questo era già scritto nella 240. I ricercatori sui tetti e molti studenti lo avevano detto nel 2010. Unica soluzione e’ l’abrogazione della 240. Chi l’ha appoggiata se ne vergogni.
I problemi stanno nella legge 240/2010. E’ disseminata di cose come (legge delega):
Art.5 comma 1 c) introduzione, sentita l’ANVUR, di un sistema di valutazione ex post delle politiche di reclutamento degli atenei, sulla base di criteri definiti ex ante;
Sembrano logiche ma poi ci ritroviamo con un’agenzia che si comporta in modo un po’ anomalo.
“Tutto questo era già scritto nella 240. I ricercatori sui tetti e molti studenti lo avevano detto nel 2010. Unica soluzione e’ l’abrogazione della 240. Chi l’ha appoggiata se ne vergogni.”
Questo non e’ del tutto vero: uno dei problemi della 240/2010 e’ proprio cio’ che *non* era scritto.
In effetti, nel 2010, in sostegno della legge Gelmini scese in campo un'(improbabile) alleanza tra istanze contrapposte (il vecchio baronato e i talebani bibliometrici). Cio’ ricorda il modus operandi tipico delle minoranze golpiste: prima si sostiene il putsch per liberarsi dai lacci del controllo democratico, poi si procede al regolamento di conti interno al gruppo dei “rivoluzionari”.
Comunque, anche se (nel 2010) non era prevedibile chi sarebbe uscito vincitore dalla “notte dei lunghi coltelli”, era facile indovinare chi comunque sarebbe stato mazziato: come al solito, ci rimette sempre chi e’ meno tutelato (le nuove generazioni in primis).
DIci; tra istanze contrapposte (il vecchio baronato e i talebani bibliometrici). ..
Ora che qua’ a “roars” sanno bene che la bibliometria e’ una disciplina morta che viene invocata per secondi fini quando fa comodo.
Chiamali come preferisci, la sostanza non cambia: i supporter della riforma Gelmini avevano obiettivi reciprocamente inconciliabili.
Era quindi chiaro che, alla fine, si sarebbe arrivati ad una resa dei conti.
Non c’è né Spectre né Protocolli, ma un’agenzia molto trasparente che ha lanciato da tempo un’Opa sul sistema dell’istruzione italiano (tutto, scuola e università). È Confindustria, con gli organi preposti (Treelle, Fondazione Agnelli, ecc.), i suoi uomini piazzati nelle posizioni giuste (Gianfelice Rocca, appunto), gli utili alleati (cfr. la lista del comitato di Treelle) e con il suo Manifesto di cui Massarenti è il portavoce. Il bello è che è un’Opa a costo zero, un caso unico al mondo, nel solco della tradizione italica del capitalismo assistito. Un modo per formare quadri aziendali gratis e avere un ufficio studi a costo zero. Domani si terrà un convegno di questa “agenzia” alla Luiss su Scuola, università e ricerca “i numeri da cambiare” (sic…).
Questa sembra una descrizione realistica.
Ovviamente ciò non ha nulla a che fare con l’idea, adombrata più sopra, che si sia tramato nell’ombra per il fallimento dell’Anvur al fine di lasciar libero spazio all’arbitrio delle commissioni ‘baronali’…
Anche a me sembra piuttosto realistica ed anzi era tutto abbastanza chiaro dal 2009 circa gli artefici e le intenzioni della riforma epocale.
Vedremo se non andrà così. Comunque le commissioni “Baronali” sono una tua aggiunta. Io intendevo via libera alle commissioni locali di assumere responsabilmente i migliori senza subire pressioni esterne (sia locali che non) . Le commissioni di abilitazioni nazionali sono un problema prima di tutto per le università private che devo assumere a seguito di una lista esterna.
Perche’ non si comincia a demolire i veri nemici: LUIS e BOCCONI in primis. Anni fa mi sono trovato a valutare la proposta di istituzione di un dottorato presso la mia sede. Il proponente aveva lavori solo su una rivista patrocinata dalla Bocconi. Il comitato editoriale internazionale sembrava fatto solo da professori stranieri che andavano alla Bocconi d’estate per fare i professori a contratto… Un famigliare mi ha detto che gli studenti della bocconi ricevono i risultato dei test (solo scritti) con un SMS e non vedono la correzione dei loro test. Non so se e’ vero ma ….. forse sarebbe meglio indagare… Sulla LUIS non so niente e non ho sentito niente… MA sicuramente non c’e’ questa fila di non italiano che si inscrivono a queste prestigiose istituzioni di NIOALTRI.
Mah, LUISS e BOCCONI funzionano discretamente bene e quindi per me non vedo ragioni non ideologiche per sperare che vengano affossate. Ben altro discorso sarebbe da fare per le svariate università telematiche sorte negli ultimi anni, tipo E-Campus, etc. dove un ministero che avesse un minimo di autonomia dovrebbe mettere il naso ed avere il coraggio di togliere un po’ di accreditamenti.
Sulla questione delle università private c’è invece un’altra cosa che vorrei sapere, se qualcuno è in grado di confermarla: mi è stato riportato da voce piutosto affidabile che i salari di base delle università private in Italia sono pagati dallo Stato. Ecco, se ciò venisse confermato forse qualche margine per mettere in discussione una certa prosopopea arrogante dei supporters italioti del ‘modello privatistico Bocconi’ ci sarebbe davvero.
Nel 2011 la Bocconi ha ricevuto 13,5 milioni di euro dal MIUR (la cifra la trova qui: http://attiministeriali.miur.it/anno-2011/novembre/dm-08112011-%281%29.aspx): siccome oggi sono 301 docenti di ruolo (ma quelli a contratto sono molti di più) fanno circa 45000 euro a testa.
Sottoscrivo e aggiungo che secondo me, il problema sta al ministero.
Solo così si può spiegare la sequela dei disastri provocati dai Ministri Berlinguer, Moratti, Gelmini e Profumo (col breve intermezzo di Mussi che almeno ha il merito di aver posto un freno alla de-regulation del famigerato 3+2) che, indipendentemente dall’orientamento politico dichiarato, hanno contribuito fortemente alla situazione attuale con pseudo-riforme talvolta sconsiderate. Qui il problema è che il Ministero è nelle mani di funzionari e dirigenti che usano un approccio ideologico al problema e che sono legati agli ambienti di cui parla Israel.
Concordo al 100% con l’analisi di Israel.
Del resto, a ulteriore conferma dell’opa “a costo zero”, cfr. il “nuovo regolamento” del dottorato di cui parla Profumo nell’intervista di oggi al Messaggero: da brividi!
(è il primo degli articoli della rassegna stampa odierna di Roars: https://www.roars.it/?page_id=13394)
è dunque iniziato il 25 luglio dell’Anvur?
pare di si e con esso il solito italico gioco dello scaricabarile…
vedrete salterà la testa di qualche pesciolino e tutto finirà lì se non continuiamo a batterci come abbiamo fatto fino a ora rimettendoci tempo e salute…
Ci sono gravi responsabilità per questo immondo pasticcio e i responsabili (tutti!) ne devono dar conto.
Se non saranno costretti a farlo nelle sedi più opportune, lo dovranno pur fare dinnanzi alla comunità degli studiosi…
concordo pienamnte con questo editoriale di Roars….e le sue proposte..
quanto alla proposta di Massarenti…
Avremo l’Anvur di Confindustria magari presieduta da Marchionne…e con Fantoni & co riciclati come consulenti esterni…
Alta la guardia, dunque!
assolutamente d’accordo anche con il post di Israel….
Una nota: Schiesaro non è più Capo della Segreteria Tecnica (carica che scadde con la Gelmini); ora è G. Cosentino:
http://www.istruzione.it/web/ministero/organizzazione/segreteria-tecnica-del-ministro
Renzo,
è tuttora “Coordinatore della segreteria tecnica per le politiche della ricerca”. E’ cosa diversa dal Capo della ST.
Ciao
Gentili colleghi e gentili redattori di roars.
Dopo più di un mese di serrate ed in larga parte condivisibili critiche al lavoro dell’ANVUR, mi permetto di provi una domanda, per la cui risposta è però necessario condividere un po’ di premesse. In assenza di queste condivisioni, ogni risposta rischierebbe di essere classificata come “divagazione”. Per cui gradirei, se non sembro pretestuoso, solo risposte di merito e molto circostanziate. Il tema è quello della pretesa inconsistenza del principio delle mediana e del suo adattamento ad un database incerto (Cineca).
Ecco le premesse, al termine delle quali c’è il quesito.
Ecco le premesse:
1. Se si condivide che occorre dare una risposta ai numerosi candidati in attesa di una opportunità di upgrading della propria carriera (Se Non Si Condivide, Risparmiarsi La Risposta, d’ora in poi: snscrlr).
2. Se si condivide il principio di una abilitazione nazionale (snscrlr)
3. Se si condivide l’impossibilità di una peer review di massa (nella teoria la pratica più corretta), stante la sua non praticabilità sia per il numero di risorse (ed euro) sia per i tempi necessari (snscrlr).
4. Se si condivide la necessità di stabilire dei filtri minimi, mediati poi da valutazioni di rifinitura delle commissioni per evitare abilitazioni legate a logiche algoritmiche (rifiniture qualitative, nei limiti dei tempi messi a disposizione); snscrlr.
5. Se si condivide che questi filtri minimi debbano essere relativi (la mediana, la media, la moda) e non assoluti, poiché questi ultimi si presterebbero a decisioni discrezionali e/o di tipo dirigista (si potrebbe adattare i numeri quantitativi alle risorse governativo-politiche messe a disposizione, è uno dei tanti esempi); snscrlr.
Mi chiedo allora, ecco la domanda, quale debba essere il database con cui procedere al calcolo delle mediane?
Al di la del Cineca io, di natura molto limitato intellettivamente perché appassionato di pragmatismo, intravedo solo due alternative:
A. Anagrafe nazionale delle pubblicazioni
B. invio dell’Arma dei Carabinieri presso gli uffici e le residenze dei canditati con mandato di perquisizione per reato di distrazione di pubblicazioni.
Riguardo alla soluzione A, perdonate l’ironia sulla B, mi chiedo però quali siano i tempi e le modalità per giungere ad un simile risultato. Io credo che l’anagrafe, se introdotta, verrà alimentata secondo un criterio bottom-up (come per il Cineca), pertanto non credo che possa essere immune dai vizi del database Cineca. Però, magari qualche esperto di “anagrafe” qui ci sarà e mi spiegherà che non è così. Certo è che Yacht Club andrebbe poi eliminato; ragiono però sul fatto se la critica sui Database incerti sia o meno pretestuosa.
Sottopongo questo quesito poiché ho trasformato un mia precedente impressione, e cioè che le critiche di Roars potessero essere strumentalizzate da colleghi improduttivi o con apporto scientifico mediocre (se non scarso), in una convinzione, a seguito di numerose chiacchiere tra i corridoi universitari. Inoltre, confesso che, dopo un mese di critiche serratissime, e la contestuale assenza di una soluzione “concreta e praticabile” (eccetto quello della pausa di riflessione dopo l’occupazione dei binari prima dell’arrivo a meta del treno Anvur) trovo sempre più incerte le posizioni fondamentaliste contro Anvur, qui molto diffuse. Mi permetto, off-topic, di segnalare poi che sebbene il decreto ministeriale sia scritto con i piedi, e che la risposta di Profumo al CUN (Caro Cun ti scrivo) sia scritto con i medesimi arti, ho avuto sentore (da fonte pregiata) che l’orientamento condiviso in stanze MIUR è che le mediane non saranno vincolanti (entro il 20/11 interverrà la tanto richiesta interpretazione autentica se l’avvocatura lo riterrà necessario). Dopo questo passaggio, la strada dei ricorsi sarà sbarrata. Se si vuole si potrà fare ricorso contro le commissioni, ma se non sbaglio questo accade anche ora. Ho divagato…tieniamo il punto sulla mia domanda, sempreché le premesse siano condivisibili. La mia tesi è che esisterà un sito Roars per ogni sistema di valutazione proposto, non esistendo quello perfetto. E la mia domanda (come costruire la popolazione delle pubblicazioni?), è un tassello di questa tesi. Lascio a voi l’opportunità di distruggerla e di farmi cambiare idea.
Google scholar… Si chiede a tutti di farsi un profilo “Google scholar” e si vede…. che c’e’ e chi non c’e’.. Non costa niente, e’ pubblico e tutti possono controllare i numeri. Nessun bisogno di chiamare i carabinieri ne di dare soldi ad un altro gruppo di potere come scopus o isi. Hai gia 3 indici nella pagina a destra su cui fare le mediane…
e soprattutto è gratis per tutti!
Mi permetto di ricordare che Google non è una charity, né una fondazione benefica; ma una rispettabilissima impresa for profit. Come Thomson Reuters (web of science) e Elsevier (scopus). Che per ragioni rispettabilissime di business ha adottato una strategia che di libero accesso (gratis) a uno dei suoi prodotti: Google Scholar. Allora il problema è: per fare indicatori bibliometrici, allo stato attuale, meglio GS o WoS/Scopus? Sull’affidabilità attuale di Scholar si pososnno leggere molti articoli anche qua su roars.
Il problema è quello delle mediane su cui non c’è controllo. Da sempre si concorre presentando titoli, che vengono giudicati da pari. Io ho il controllo dei titoli che presento. Non ho bisogno dei carabinieri per conoscerli. Il problema è che, paradossalmente in una abilitazione (non una valutazione comparativa), devo invece essere comparato con i titoli di un altro gruppo di persone, su cui non ho controllo. Se questi fossero i miei concorrenti il sistema per sua natura porterebbe tutti a “farsi belli”. Ma il sistema delle mediane è perverso (anche) in questo senso. Dato che i dati non ci sono, o non sono affidabili, allora ci si basa su dati inaffidabili.
A questo punto, se i dati non sono affidabili si pensa ad un altro metodo.
P.S. Accolgo l’invito venuto da più parti ad abbandonare il nick anonimo. Lo terrò fra parentesi per qualche post ancora.
Il fatto che l’anagrafe venga alimentata dal basso non è un problema. Il vero problema è che i dati non sono controllati.
Allora prima si crea una struttura, si definiscono i contenuti (quali tipologie con quali caratteristiche), si definiscono gli elementi che descrivono le diverse tipologie (metadati) e una loro forma, si stabilisce chi può inserire i dati ( e quanto tempo dopo la pubblicazione), chi li controlla e chi li certifica.(per tutto ciò esistono già degli standard, alcuni suggeriti dalla EU). Si dota il sistema, che sarà decentrato nelle singole istituzioni, di una serie di authority file comuni a tutti (riviste, possibilmente separando le scholarly dalle riviste divulgative, collane, editori), si prevede un protocollo per l’alimentazione dell’anagrafe centrale da parte dei database locali e si individua un modo per schiacciare le registrazioni uguali che arrivano da sedi diverse in modo che ogni notizia sia inserita una volta sola ma spalmata sui siti di tutti i coautori. Localmente molto può essere importato dalle banche dati o tramite DOI o tramite PubmedID e poi integrato e validato. Si stabilisce una politica per l’inserimento dei PDF che siano così sempre a disposizione per eventuali campagne di valutazione.
Ci vuole tempo, ma credo che sia chiaro a tutti che con i dati così come sono stati raccolti fino ad ora si riesce a fare molto poco.
Caro delrosi,
se si accetta il principio secondo cui un bambino di anni 12 (o meno), senza alcuna competenza se non quella di saper compilare un foglio di lavoro Excel e di saper utilizzare la funzione mediana inclusa nel pacchetto Office, possegga per questo i requisiti per stabilire attraverso il database quale ricercatore abbia il diritto o meno di fare domanda,
allora possiamo anche discutere su quale sia il miglior database da usare…
Hanno inventato un sistema di valutazione talmente oggettivo da non richiedere competenze.
Ecco, appunto, snscrlr.
delrosi, interrogativi importanti i suoi e che meritano risposta…
interrogativi però da girare in copia al Miur o alla fonte pregiata di cui lei dispone e anche all’Anvur che sarebbero appunto pagati per questo.
quanto alle possibili strumentalizzazioni dei colleghi improduttivi tutto è possibile
le ricordo però che il criterio della terza mediana superabile da commissari e candidati con 1, 2, massino 3 articoli pubblicati su riviste di fascia A è stato sollevato da Roars.
@delrosi che domadi “E la mia domanda (come costruire la popolazione delle pubblicazioni?), è un tassello di questa tesi.” la risposta c’e’ gia … “Google scholar”.
Caro del Rosi, per l’abilitazione sarebbe bastato rifarsi ai criteri e parametri che propose, mi sembra un anno fa, il CUN.
Quali i vantaggi:
a)condivisione da parte di un organismo elettivo e non designato dalla politica;
b)parametri e criteri articolati, ricordo che si parlava di IF e di posizione degli autori;
c)parametri e criteri articolati secondo le specificità SC per SC individuando alcune specificità anche intraSC (vedi medicina legale, storia della medicina, storia della matematica, etc.)
d)non si faceva riferimento ad improbabili medie e/o mediane di incerto calcolo (l’ANVUR non avrebbe dovuto ammetter che non conosce la definizione di mediana e di averla modificata ad uso e consumo delle sue teorie)
e)I parametri erano statici e certi per almeno un quinquennio
f)si sarebbe potuto prevedere persino una certa rigidità sull’utilizzo da parte delle commissioni (se il solito premio nobel, che voleva fare il Professore Associato in qualche scalcinata sede universitaria italiana non raggiungeva quei parametri indicati dal CUN, essendo i parametri statici e fissi, poteva raggiungere quei criteri l’anno successivo e rimandare la sua carriera in Italia ed accontentarsi di godersi Nobel al MIT).
Nel comitato consuntivo:
http://scholar.google.com/citations?user=_qYlHNQAAAAJ&hl=en
Alti esperti di valutazione
http://scholar.google.com/citations?user=oPrHUW0AAAAJ&hl=en
Un gev:
http://scholar.google.com/citations?user=TeuEgRkAAAAJ&hl=en
Chiaramente la maggioranza non si e’ creato il profilo.
Caro collega,
condivido in parte le Tue considerazioni riguardo il fatto che ogni sistema di valutazione scontenterà certamente una parte e personalmente non critico il principio di selezione anche effettuato tramite le mediane ma certamente la scelta di “questi indicatori bibliometrici lascia molte perplessità.
Mi riferisco ai settori bibliometrici i e vorrei riflettere sul significato grezzo degli indicatori.
1) N° di lavori pubblicati negli ultimi 10 anni = quanto sei stato produttivo
2) Numero di citazioni negli ultimi 10 anni = valutazione dell’impatto dei tuoi scritti sulla discussione scientifica della Tua area di ricerca
3) HI contemporaneo = attualità dei tuoi lavori nel panorama generale
Tutto questo spinge a pubblicare tanti lavori non importa dove ne il ruolo da te svolto.
Mi chiedo cosa centri con il MERITO ?
Infatti Il num di lav pubblicati (punto 1) non si cura della qualità della rivista. Se per es hai concentrato tutti i tuoi sforzi (e finanze) in un grosso progetto ambendo ad una scoperta degna di rivista al top hai forse numericamente pubblicato meno ma magari un articolo d i qualità .
L’ANVUR Ti considera poco produttivo. Se poi hai un num minore di articoli è verosimile ( anche se non necessariamente consequenziale) che il num tot di citazioni sia più basso.
In ultimo La storia dell’HI contemporaneo e la sua formula sono certamente artificiosi.
Tutto quello che hai fatto nel passato “scade” (come la mozzarella) , perde di importanza al punto che per Applicando la formula a tre lavori uno del 2010 citato solo 16 volte ; uno del 2001 citato 63 volte ed uno del 1996 con ben 80 citazioni: questi hanno papers un tutti un valore intorno a 20 ai fini del calcolo dell HIC.
Quindi per sopravvivere alle mediane citiamo il presente e scordiamo il passato ?
Ancora non vedo il rapporto con la Qualità ed il merito.
Ma qualcuno sa spiegare perché i candidati normalizzano ed i commissari No?
Gli scritti dei commissari sono forse imbottiti di conservanti e non hanno data di scadenza ?
Cosa rimane del principio di eguaglianza o delle Valutazione tra pari?
E’ un brutto pasticcio
Saluti
Roberto
Visto che il treno delle abilitazioni procede inesorabilmente, ROARS non potrebbe fare una specie di manuale di istruzioni per chi vuole fare domanda? Un manualetto con cosa inseririre e dove, magari con degli esempi concreti, nel sito delle abilitazioni potrebbe essere utile.
Grazie
Caro Paolo,
tenere dietro a tutto è molto difficile. Addirittura sostituirci a chi dovrebbe chiarire ai candidati come si procede non solo eccede le nostre limitate forze, ma non mi parrebbe giusto.
Detto questo, cercheremo di tenere tutti il più possibile informati.
Cari saluti
A.
Paolo una mano posso darla anche io…
Intanto Beccaria che diceva che qualunque normativa o legge, confusa e contraddittoria, era per forza di cose ingiusta, si sta rivoltando nella tomba.
Questo regolamento per le abilitazioni e l’intera procedura sono uno scandalo nazionale. E’ passata una settimana dalla scadenza e ancora non sappiamo quanti hanno presentato domanda per candidarsi a commissari come membri stranieri. Ma cosa stanno facendo? Stanno telefonando per cercare se si può aggiungere qualcun altro prima di fare gli elenchi? Fanno le cose a tavolino? Non è questione di trasparenza ma di legalità.