Quale era il record italiano di più alta percentuale di turn-over in una pubblica amministrazione? L’anno scorso aveva destato sensazione quel 213% assegnato alla Scuola Sant’Anna di Pisa dal Ministro Carrozza (e suo ex-rettore). A seguito del clamore era stato promesso un cambio di rotta, che a conti fatti non si è però verificato. C’è chi si vede assegnato un turn over pari al 528% (con un guadagno del +1017% rispetto alla media degli altri atenei) mentre la Sant’Anna si è dovuta “accontentare” del secondo posto ex-aequo con un turn-over del 427% rispetto ai pensionamenti nell’anno precedente. Ma quali erano e quali sono le regole? E come è successo che le promesse siano state così platealmente disattese? Di chi la responsabilità? Del Ministro Giannini o del Premier Renzi? Vediamolo insieme.
Il ritorno di Robin-Hood (alla rovescia)
Quale era il record italiano di più alta percentuale di turn-over in una pubblica amministrazione? È forse questa la domanda che da alcuni giorni si stanno ponendo in molti atenei italiani… In tempi di crisi economica, di tagli e riduzione del personale nel comparto pubblico – nel quale la possibilità di nuove assunzioni si aggira tra il 20% ed il 50% rispetto ai pensionamenti nell’anno precedente -, non era affatto semplice superare il precedente primato, realizzato dalla Scuola Sant’Anna di Pisa, che lo scorso anno si è vista assegnare dal famoso D.M. firmato dal suo ex-rettore un turn-over pari al 213% con un guadagno secco del 964% rispetto alla misera percentuale del 20% di turn-over di cui si dovevano accontentare, in media, gli altri atenei.
Eppure, grazie all’intervento (o alla dimenticanza) provvidenziale di Stefania Giannini, nel frattempo subentrata a Maria Chiara Carrozza alla guida del MIUR, quest’anno il record del +964% è stato perfino superato, abbattendo la soglia psicologica del +1000%!
Lo scorso 22 Dicembre, infatti, il MIUR ha reso nota la distribuzione dei Punti Organico 2014, cioè delle possibilità di assunzioni di nuovo personale, negli atenei statali. Vi era molta attesa quest’anno, dopo che il nuovo Ministro, forse memore delle animate polemiche avvenute lo scorso anno, aveva solennemente annunciato un deciso cambio di rotta.
Ma passiamo subito ai risultati della ripartizione, illustrati nelle tabelle in basso e non meno surreali rispetto a quelli dello scorso anno.
Tabella 1. Chi ci guadagna (fonte: D.M. 907/2014)
Tabella 2. Chi ci perde (fonte: D.M. 907/2014)
In termini termini assoluti, gli atenei che guadagnano più punti organico rispetto al turn-over medio del 50% prescritto dalla legge sono il Politecnico di Milano (+ 29,4 P.O.) e l’Università di Milano (+ 19,3 P.O.). Le università che invece si vedono sottrarre la quantità più alta di risorse per le nuove assunzioni sono dislocate nelle due capitali del Centro-Sud: Roma “La Sapienza” (-26,5 P.O.) e Napoli “Federico II” (-22,1 P.O.).
E’ interessante notare che le due università che devono cedere la quantità maggiore di punti organico rinvenienti dai pensionamenti del proprio personale sono entrambe università virtuose. Infatti gli indicatori di bilancio di Roma “La Sapienza” e di Napoli “Federico II” soddisfano pienamente le prescrizioni previste dal MIUR per il rilascio della “patente di virtuosità” (Indicatore Spese Personale < 80% e ISEF ≥ 1). A far compagnia a “La Sapienza” e alla “Federico II” in questa menzione speciale di atenei virtuosi ma comunque penalizzati vi è un folto gruppo di atenei: Calabria, Cagliari, Urbino, Pavia, Torino, Parma, Napoli “Orientale”, Tuscia, Firenze, Catania, Roma “Tor Vergata”, Politecnico di Bari, Genova, Perugia, Udine.
In termini percentuali, l’ateneo col maggiore turn-over è Catanzaro, con un turn-over del 528% e con un guadagno del 1017%, nuovo record italiano, seguito, a pari-“merito”, da Pisa Sant’Anna e Roma Foro Italico, che si vedono assegnare un turn-over del 427% con un guadagno del 753% di punti organico. Questi atenei potranno tutti assumere circa il quintuplo del personale andato in pensione l’anno prima. Un caso probabilmente senza alcun precedente.
Vi sono inoltre ben 9 atenei con un turn-over superiore al 100%, cioè con la possibilità di assumere un numero di docenti superiore a quelli andati in pensione nell’anno precedente. Non male in tempi di tagli alla pubblica amministrazione. Peccato che tutto ciò avviene togliendo la possibilità di assumere un uguale numero di docenti ad altre università, ancorché virtuose.
Ad essere avvantaggiate, ancora una volta, sono quelle università col più alto tasso di tassazione studentesca, prevalentemente presenti nel Nord-Italia, visto che, a quanto pare, anche per quest’anno il MIUR non ha tenuto conto del limite massimo alle tasse studentesche previsto dalla legge, né tantomeno della richiesta del CNSU di non considerare le tasse universitarie nell’assegnazione dei punti organico per non alimentare una folla corsa all’aumento della tassazione studentesca.
Tabella 3. Tasse studentesche rispetto alle entrate da FFO e Programmazione Triennale nelle università statali. Sono escluse le Istituzioni ad ordinamento speciale (fonte: D.M. 907/2014)
Al contempo registriamo un altro preoccupante fenomeno, comune anche alle ripartizione dello scorso anno: il travaso di risorse da molti atenei del Centro-Sud e da alcuni atenei del Centro-Nord a favore delle “Istituzioni ad ordinamento speciale” (Pisa Normale, Pisa Sant’Anna, SISSA), delle “Università per Stranieri” (Stranieri di Siena e Stranieri di Perugia – di cui peraltro l’attuale Ministro era rettore) e dell’Università di Roma “Foro Italico”.
Il travaso si spiega facilmente e continuerà inarrestabile nei prossimi anni se non verranno cambiate le norme: questi istituti universitari godono infatti di finanziamenti specifici, elargiti in maniera separata rispetto all’FFO destinato alle altre università statali, e non devono sottostare a molte delle rigidità legislative che invece incombono sugli altri atenei (per esempio la recente applicazione dei costi standard, il vincolo di legare i bandi per prof. ordinari a quelli da rtd-b, ecc).
Insomma, è come assistere ogni anno ad una gara in cui alcune università partono con 100 metri di vantaggio sulle altre.
Benché miope e deprecabile, è una scelta politica legittima quella, cui assistiamo da due anni, che mira a desertificare interi territori a vantaggio di altri, con l’idea implicita che poi dovranno essere gli studenti a spostarsi. È invece completamente inaccettabile da un punto di vista metodologico confrontare bilanci di atenei di natura, “mission” e modalità di finanziamento completamente diverse, così come pensare di poter svuotare gli organici, già menomati, di università generaliste a vantaggio di istituzioni universitarie che non sempre hanno come missione istituzionale quella di attivare corsi di laurea triennali o magistrali.
“Scusate, ma abbiamo scherzato”
Ma con quali regole sono stati decisi questi turn-over?
La domanda non è affatto banale, visto che nel Luglio 2014 – come già discusso in un articolo di Marco Viola su queste pagine – il neo-Ministro Stefania Giannini annunciava formalmente in una lettera alla CRUI che le regole sarebbero finalmente cambiate.
Ecco come cominciava la lettera del Ministro Giannini, nella quale annunciava che le “nuove regole” sarebbero state rese «definitive nel corso del mese di settembre» (2014, ndr):
La lettera prosegue illustrando in cosa consistono queste “nuove regole” ed in che modo sarebbero state introdotte:
Quindi, se interpretiamo bene la lettera del Ministro, vi sarebbe stata una limitazione del turn-over, dal basso al 30%, per limitare eccessive perdite, e dall’alto al 55% contro eccessivi guadagni a scapito di altri atenei.
Come è scritto nella lettera, il “cambio di verso” sarebbe dovuto avvenire proprio attraverso il varo di quel DPCM (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) che, in occasione della ripartizione operata l’anno scorso dall’ex-ministro Carrozza, fu indicato dal CUN (e prima ancora, molto meno autorevolmente, su queste pagine) come la soluzione naturale e legittima per introdurre un meccanismo più equo di riparto. Ricordiamo infatti che la legge (art. 7 decreto legislativo 49/2012) indica criteri di ripartizione validi «limitatamente all’anno 2013» e, quanto agli anni successivi,
(comma 6, art.7, d.gls. 49/2012)
Le disposizioni di cui al presente articolo sono ridefinite per gli anni successivi con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, da emanare entro il mese di dicembre antecedente al successivo triennio di programmazione e avente validità triennale.
Di tale avviso non era l’ex-Ministro Maria Chiara Carrozza, secondo la quale per cambiare le regole occorreva una legge, come
disse in una memorabile intervista a Il Mattino
Concetto peraltro ribadito dal Capo Dipartimento del MIUR, che con una lettera a ROARS, sosteneva la tesi che l’adozione del DPCM fosse stata ormai “superata” dalla legge sulla spending-review del Governo Monti.
La lettera del Ministro Giannini, insomma, rappresenta una vera e propria sconfessione delle dichiarazioni del suo predecessore che sosteneva di avere le “mani legate” sulla questione. Per modificare le regole di riparto non è affatto necessario operare via-legge, ma è sufficiente varare un semplice DPCM (che altro non è che un semplice foglio di carta firmato dal Presidente del Consiglio).
Vi era un unico problema… tale DPCM doveva essere emanato “entro il mese di dicembre antecedente al successivo triennio di programmazione”, e purtroppo l’ex-ministro Carrozza, come detto, si era guardato bene dall’emanare tale DPCM nei tempi dovuti. Forse è per questa ragione però che la scadenza del 31/12/2013 viene prorogata dal Decreto Milleproroghe al 30/06/2014.
Un attimo … ma c’è in tutto questo qualcosa che non torna … la lettera del Ministro Giannini, con cui è annunciato il varo del DPCM per cambiare le regole, è datata 24 Luglio 2014 … quando i termini per il varo del DPCM stesso sono ormai scaduti da quasi un mese!?!
Possibile che il Ministro non fosse a conoscenza di questa scadenza? Una possibile mancanza di comunicazione con la struttura amministrativa del Ministero?
No! perché alcune settimane dopo, il 26 Settembre 2014, il Capo Dipartimento del MIUR Marco Mancini intervenendo al XII Convegno Annuale del CODAU di fronte alle telecamere dice (al minuto 2:54 del filmato)
«Molto brutalmente vi do un po’ di date. […] Verso la metà di Ottobre (2014, ndr) dovremmo licenziare il DPCM sulla questione dei punti organico ex-art. 7 del decreto legislativo 49. […] Come è stato già annunciato dal Ministro con una sua presa di posizione esplicita prima dell’estate, in questo DPCM ci sarà una nuova metodologia per la ripartizione dei punti organico […]»
Possibile che sia Ministro che Capo Dipartimento ignorassero che la scadenza ultima per il varo del DPCM fosse già trascorsa?
L’ipotesi più verosimile è che tale scadenza fosse “ordinatoria” e non “perentoria” (cioè se la rispetti bene, se la superi non succede niente), come già accaduto in moltissimi altri casi.
Fatto sta che nelle premesse al Decreto Ministeriale di riparto dei Punti Organico 2014 di qualche giorno fa, a firma Stefania Giannini, troviamo scritto, incredibilmente:
Insomma, come dire: era stato promesso di varare il DPCM per cambiare la metodologia di riparto dei Punti Organico, ma – dato che la promessa era stata fatta a scadenza già avvenuta – purtroppo non abbiamo fatto in tempo… abbiamo scherzato, sarà per il prossimo anno …
Ma, non essendo stato varato il famoso DPCM con le “nuovi regole” di calcolo, con quale metodologia sono stati allora ripartiti i punti organico? La stessa dello scorso anno? Ni… Il Ministro Giannini applica per grandi linee le stesse regole di calcolo dello scorso anno – che, ricordiamo, portano con sé un forte sospetto di illegittimità in quanto valide «limitatamente all’anno 2013» – ma aggiungendo una novità, che suona come un’altra sconfessione al “avevamo le mani legate” dell’ex-Ministro Carrozza: “nessuna università può avere un turn-over inferiore al 20%”.
Clausola di salvaguardia assente lo scorso anno, ancorché completamente inefficace. Ma soprattutto una clausola che, non intervenendo sugli eccessivi guadagni, non evita i profondi squilibri che si sono infatti realizzati.
Colpa della Giannini o di Renzi?
Rifiutandoci di pensare che sia il Ministro Giannini che il Capo Dipartimento del MIUR ignorassero la scadenza formale per l’emanazione del DPCM, ci sembra che le ipotesi più verosimili su quanto accaduto possano essere due:
- La macchina ministeriale, a causa di sue proprie inefficienze, ha partorito lo schema del DPCM con notevolissimo ritardo rispetto al previsto, e ciò avendo potuto comportare la mancata ripartizione dei punti organico entro la fine dell’anno, ha costretto il Ministro a ripiegare sugli stessi criteri dello scorso anno (con l’aggiunta della clausola del 20%).
- Lo schema del DPCM era effettivamente pronto per tempo, ma non ha ottenuto il “placet” del Ministero dell’Economia e/o della Pubblica Amministrazione e/o, soprattutto, del Presidente del Consiglio che avrebbe dovuto firmare il provvedimento.
Nel primo caso la responsabilità sarebbe completamente interna al Ministero e sarebbe doveroso una assunzione pubblica di responsabilità da parte del Ministro. Una ipotesi questa che peraltro non ci fa stare molto tranquilli sulle tempistiche dei nuovi provvedimenti su cui sta lavorando il MIUR: se per la preparazione di un semplice DPCM, per il quale non era necessario né un passaggio parlamentare né di controllo degli atti, non sono bastati 10 mesi, cosa ne sarà per esempio dei decreti, assai più complessi, relativi alla nuova ASN? Nel secondo caso la responsabilità ultima è in capo al Presidente del Consiglio Matteo Renzi. Ma ancora, come cittadini prima che come accademici, abbiamo il diritto di sapere quali componenti del Governo dissentissero dalla proposta del Ministro dell’Università e su quali aspetti in particolare non si sia trovato un accordo, oppure se sia stata una iniziativa personale di Renzi quella di non firmare il provvedimento con le nuove regole di riparto.
Nel frattempo ringraziano quei rettori che, anche per evitare di vedersi sottrarre le risorse derivanti dai pensionamenti del proprio corpo docente, hanno partecipato alla folle corsa, innescata lo scorso anno dal D.M. Carrozza, di aumentare le tasse studentesche. E devono invece fare “mea culpa” i rettori di molte università del Centro-Sud i quali non avevano presentato ricorso lo scorso anno ed ora si ritrovano doppiamente beffati.
[…] ne ha avuto il tempo (no comment). L’articolo di Beniamino Cappelletti Montano si intitola Punti Organico 2014: Robin-Hood alla rovescia, parte seconda e questo è uno dei brani più […]
Ottimo Vito!
una proposta concreta e fattiva!
ora starebbe ai politici…
…grazie mille, Dan, ma la verità è che sta a noi, e soprattutto, a quelli di noi che sono di ruolo da più tempo, ed hanno un grado più elevato, attivarci sui parlamentari.
Sarebbe davvero interessante sapere quanti parlamentari universitari ci sono in tutta Italia….e di che si occupano, se non prima di tutto di Università.
Solo tra Giurisprudenza e Scienze Politiche dell’Uniba io ne conto già due, di cui uno di Scelta Civica (e vabbé), ma l’altro del PD…!
Magari già Bari, compreso il Politecnico, ne esprime pure altri, e certamente contando tutti quelli d’Italia saranno, non lo so, diciamo una cinquantina. Embé? Possibile che non ci sia qualche collega diretto che possa sollecitarli nel senso del ripristino dell’autonomia delle Università e della legalità costituzionale: mica stiamo chiedendo fondi, ma solo di aggiustare una stortura evidente a costo zero.
Sta anche a noi, però -e, lo ribadisco, soprattutto ai maggiori tra noi- attivarci per “costituire in mora” questi parlamentari inerti….e se poi vogliono continuare a rimanere tali, per qualsivoglia motivo, almeno che se ne assumano la responsabilità politica.
Tom Bombadillo
quanti parlamentari universitari ci sono in tutta Italia?
se è per questo, qui
https://docs.google.com/spreadsheets/d/1Mpba5_PrFLr2N1kRNw0RKXMd60QtoJ7nmVQnEUTcIWI/edit?usp=sharing
ho inserito l’elenco dei senatori il cui nome e cognome compare nel database del MIUR.
Ho aggiunto gruppo parlamentare, Ateneo, ruolo e mail.
A meno di omonimie dovrebbero essere tutti gli universitari cui si potrebbe chiedere…
se poi si vogliono cercare anche i deputati
li trovate qui.
https://docs.google.com/spreadsheets/d/1v_0dVzMYisl2E7xZNNdTR_8mjfvjskvD2kwBBau-nuE/edit?usp=sharing
..benissimo, sono elenchi molto utili (e pure piuttosto nutriti). Ad es., ho scoperto che c’è un ricercatore di area giudica della unikore che è deputato PD, così domani chiamerò un amico -anche lui, a suo tempo, fondatore di APRI- che è associato della stessa area proprio alla unikore, per vedere se sono amici e ci può parlare. E io sono l’ultimo arrivato. Vista la lunghezza degli elenchi dei parlamentari universitari, se i tanti frequentatori di questo sito, molto più autorevoli di me, si prendessero l’incomodo di attivarsi, almeno iniziando a leggerseli, forse correremmo perfino il rischio di ottenere qualche risultato.
Tom
Salve, vorrei sapere se qualcuno ha notizie relative ai risultati (tutt’ora latitanti) della 11/a3 Storia contemporanea. Grazie
Attenzione perché le liste di parlamentari universitari hanno degli errori dovuti a omonimie. Un esempio è, tra i deputati, Silvia Giordano, che è sì un ordinario dell’università di Torino ma NON è il deputato di M5S eletto in Campania.
Finalmente c’è la prima dichiarazione pubblica del Ministro Giannini, che mi lascia allibito:
«Sui punti organico c’è una legge dello Stato o si cambia o ci si adegua. Io, da liberale quale sono, ho sempre ritenuto che lo strumento dei punti organico è antiquato. Gli atenei sono autonomi e dovrebbero gestire il loro budget senza vincoli stretti».
Insomma, la Giannini smentisce se stessa, visto che con una lettera ufficiale aveva detto che avrebbe cambiato i criteri senza modificare la legge.
La dichiarazione è reperibile qui:
http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/bari/economia/15_gennaio_15/bosch-alternanza-scuola-lavoro-giannini-l-esempio-giusto-c092dfd8-9cc6-11e4-a9ba-9b95afe67bf2.shtml
…bé, Mino, vediamo il bicchiere mezzo pieno: forse l ministro vuole dire che, per lei, se qualcuno si “prende la briga” di cambiare la legge, va pure bene.
E quindi torniamo “a bomba” sul punto: qualcuno ha una parlamentare di riferimento a cui poter chiedere?
Purtroppo, quella del mio amico co-fondatore APRI si è rivelata una falsa pista, non perché lui non si sia convinto, ma perché il parlamentare suo collega di dipartimento non lo ha mai neppure conosciuto, pur essendo ormai di ruolo da alcuni anni, perché si tratta di persona al secondo mandato che, appunto divenuta parlamentare, si è messa in aspettativa.
Però io non mi arrendo…e spero neanche voi. Certo la lista offertaci da Dan può contenere qualche omonimo, o anche qualche mancanza relativa a qualcuno che è andata fuori ruolo (magari pure anticipatamente), ma mi pare un ottimo strumento di partenza.
Tom Bombadillo
[…] Germania, e soprattutto sta avendo in questi anni una allarmante spinta a accentrare le risorse su pochi poli di eccellenza e progetti scientifici, entrambi decisi “dall’alto”. Siamo sicuri che quest’ultima sia una […]
[…] Germania, e soprattutto sta avendo in questi anni una allarmante spinta a accentrare le risorse su pochi poli di eccellenza e progetti scientifici, entrambi decisi “dall’alto”. Siamo sicuri che quest’ultima sia una […]
[…] Germania, e soprattutto sta avendo in questi anni una allarmante spinta a accentrare le risorse su pochi poli di eccellenza e progetti scientifici, entrambi decisi “dall’alto”. Siamo sicuri che quest’ultima sia una […]