Un rapido bilancio della riforma dell’Università e qualche possibile intervento correttivo

Testo pubblicato sul Giornale di Diritto Amministrativo 5/2013

parte III

(parte II ; parte I)

3. L’Agenzia Nazionale di Valutazione (ANVUR): ovvero, un sistema non in equilibrio.

Le considerazioni svolte in precedenza sono relative a procedure che hanno visto l’intervento, in un ruolo di primo piano, dell’ANVUR. La convinzione di chi scrive, è che il disegno dell’Agenzia meriti di essere radicalmente rivisto. Le polemiche che hanno riguardato l’Agenzia negli ultimi mesi sono state molto vivaci. Esse derivano da un errata progettazione di ANVUR, più che dalla composizione del Consiglio Direttivo. In particolare l’Agenzia, a confronto dei suoi omologhi europei, soffre di un cumulo eccessivo di poteri e attribuzioni, di una definizione non sufficientemente chiara dei propri compiti, della mancanza di adeguati contrappesi che ne assicurino un equilibrato funzionamento. Tutto ciò contribuisce a generare un sistema policentrico di governo del sistema dell’università e della ricerca, in cui non è chiaro quali siano effettivamente i centri decisionali, a chi spetti decidere cosa e chi sia effettivamente responsabile delle scelte adottate. In sostanza: non sono sufficientemente distinte le scelte di policy da procedure che dovrebbero avere un valore eminentemente tecnico e, come tali, essere utilizzate per fornire informazioni al decisore politico. Il risultato è che il Ministero è apparso in non poche occasioni svuotato di competenze, tanto da suscitare il sospetto che lo stesso Ministero abbia voluto scaricare responsabilità proprie sull’Agenzia, senza rendersi conto di averla in tal modo sovraccaricata di compiti tali, per numero e dimensioni, da porre le premesse per il fallimento dell’azione di ANVUR.

Infatti ANVUR cumula compiti troppo vasti e del tutto differenti fra loro, assommando la responsabilità, al contempo, per la valutazione della ricerca e per quella della didattica. Inoltre, l’Agenzia entra nella definizione dei criteri stessi di valutazione, assumendosi la responsabilità di instaurare in modo non chiaro e non sufficientemente formalizzato, rapporti con le comunità scientifiche attraverso interlocuzioni con le cosiddette consulte (società disciplinari). Ancora, l’Agenzia interviene a vario titolo nella definizione e nel computo degli indicatori da utilizzarsi per il reclutamento, ossia per l’ASN, e nella definizione dei criteri identificanti il carattere di scientificità delle pubblicazioni, nonostante la l.1/2009, art. 3-ter attribuisca chiaramente tale compito al CUN. Addirittura, l’Agenzia rivendica a sé il compito di istituire al proprio interno una sorta di centro di ricerca deputato allo studio della scientometria e della bibliometria.[1] Il quadro che ne risulta è autoreferenziale e del tutto non conforme alle esperienze internazionali che, al fine di assicurare una buona riuscita delle operazioni di valutazione, prevedono una chiara ed equilibrata ripartizione dei compiti e delle responsabilità.[2] Il quadro è reso ancor più problematico dal fatto che il CUN è uscito fortemente ridimensionato dalla Riforma: sostanzialmente svuotato di competenze e privo di una effettiva funzione di rappresentanza, l’organo non pare in grado, nell’attuale configurazione, di svolgere una funzione di riequilibrio e di interlocuzione dialettica con l’Agenzia.[3]

Per questi motivi, l’architettura dell’Agenzia nazionale deve essere rivista, assicurandone la conformità alle migliori esperienze internazionali. Sarebbe opportuno che all’interno dell’Agenzia operassero due divisioni, strutturalmente e funzionalmente separate, l’una dedicata alla valutazione della didattica e all’accreditamento delle sedi, l’altra rivolta alla valutazione della ricerca. Ciascuna divisione dovrebbe essere dotata di un proprio direttivo, ampliato rispetto alla composizione attuale. L’agenzia dovrebbe occuparsi unicamente di «fare» la valutazione, traducendo in pratica le indicazioni provenienti dal decisore politico, e trasmettere al decisore stesso gli esiti della valutazione, corredati da rapporti analitici. L’azione dell’Agenzia dovrebbe essere nettamente separata da quella dei policy makers. La definizione dei criteri di valutazione, in particolare quelli relativi alla ricerca, alla scientificità dei prodotti, dovrebbe essere demandata a un riformato CUN, inteso come organo elettivo rappresentativo delle discipline e dei saperi, e non già delle «componenti» del sistema universitario.

 

4. Conclusioni.

Come si diceva in principio, l’esito delle recenti elezioni politiche non è stato confortante: non pare facile che si possa costituire un governo stabile. Inoltre, è lecito presumere che – in una situazione di crisi come quella attuale – le questioni concernenti università e ricerca non saranno ai primi punti dell’agenda politica. Queste pagine sono state scritte anche con l’intento di ricordare l’importanza che formazione avanzata e ricerca hanno per lo sviluppo civile ed economico del Paese. Trascurare i problemi che in questa fase affliggono il sistema dell’università e della ricerca sarebbe un grave errore, ai cui effetti si potrebbe rimediare solo nel lungo periodo e a costi estremamente elevati. In particolare, la situazione di cronico sottofinanziamento del sistema rischia di rendere superflua ogni ulteriore considerazione: in mancanza di un consistente rifinanziamento del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO), e di interventi ragionevoli sulla disciplina vigente in materia di turnover, una parte del sistema è comunque destinata a collassare.

Infine un’ultima osservazione: chi scrive ha insieme ad altri duramente criticato, negli ultimi mesi, l’operato dell’Agenzia di Valutazione, cercando sempre di argomentare chiaramente le proprie osservazioni. L’Agenzia ha reagito con sdegno, accusando in modo più o meno velato i propri critici di essere dei conservatori interessati a difendere un mediocre status quo, o dei perfezionisti «nemici del bene» e della valutazione. Non è così: è fuori di dubbio che la ricerca e la formazione italiana necessitino di una buona valutazione, ben progettata e ben implementata e questa visione è condivisa da molti fra i critici di ANVUR. L’Agenzia è diretta e coadiuvata da scienziati di fama nelle rispettive discipline: sarebbe buona cosa se una volta per tutte essa accogliesse con spirito positivo le critiche, anche dure, che le vengono rivolte, favorendo il dialogo e traendone indicazioni per migliorare il proprio operato e per contribuire, insieme alle comunità scientifiche, alla difesa e al miglioramento della ricerca e della formazione nel nostro Paese. Diversamente, la strada pare ormai segnata e non sembra volgere certo al meglio.

 

Riferimenti bibliografici

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[1] Ciò risulta dal “Programma delle attività dell’ANVUR 2013-2015”. https://www.roars.it/wp-content/uploads/2013/02/Programma…pdf

[2] Cfr. BACCINI (2013).

[3] Cfr. in proposito SANDULLI (2011).

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3 Commenti

  1. Penso sia particolarmente opportuno che il Ministro ed il Governo considerino di metter mano ad una rivisitazione della 240/2010. Al di là di Anvur e delle problematiche emerse sulle scelte esercitate da questa agenzia, e delle quali Roars è da sempre stato un corretto critico, ritengo necessaria una correzione dell’insopportabile livello iperegolatorio insito nella riforma.
    Aver identificato nelle Facoltà l’origine prima dei mali dell’Università Italiana ( Paese che continua a dispetto dei sottofinanziamenti ad essere al settimo posto mondiale come produzione scientifica) ed averne fortemente sottodimensionato il ruolo di coordinamento e gestione sta portando molti Atenei Italiani a competizioni, spesso al limite del patetico, tra i vari Dipartimenti. E’ questo un momento in cui molto più che di competizione avremmo bisogno di collaborazione non solo tra Dipartimenti ma tra Atenei…….questo ovviamente a condizione che l’Università di Roccacannuccia non pensi di poter far da sola.
    L’abilitazione Scientifica Naturale potrebbe creare le condizioni perché poi il concorso “vero” quello che sarà fatto a livello locale, oltre ad essere esposto alle ben note possibilità di condizionamenti dei vari potentati locali, tutt’altro che eliminati dalla riforma, correrà il rischio di vedere un difficilmente sostenibile numero di applicanti.
    Perché non permettere che le Università adottino le politiche di crescita e di assunzione che ritengono più opportune e che sui risultati di queste politiche vengano poi valutate e finanziate?

  2. beh, faranno qualche errore, però sono molto “social”….

    “Secondo quanto annunciato in un tweet dal Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, il prossimo 16 Luglio l’Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR) presenterà il suo primo rapporto di valutazione su università e enti di ricerca.”

    https://www.researchitaly.it/conoscere/stampa-e-media/news/l-anvur-e-il-suo-esercizio-di-valutazione/

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