Parte seconda: contributo di Andrea Graziosi

(Link  alla  prima parte)

De Nicolao mi ha chiesto se mi era possibile provare a fare una storia della Terza mediana e per quel che posso — una storia completa è ovviamente impossibile — rispondo volentieri alla sua richiesta, perché permette di discutere temi interessanti.

Premetto che il dibattito sulla natura e l’efficienza degli indicatori in sistema amministrato (che tale è il nostro “Sistema universitario nazionale”), un dibattito che in Italia non ha una lunga storia, è stato sempre per me di grande interesse perché, da studioso dell’URSS, sistema amministrato per eccellenza, ho a lungo fatto i conti con spesso acute discussioni sui pregi e le virtù degli indicatori in un sistema pianificato. L’esempio più noto è quello del  grande dibattito sovietico tra riformatori e conservatori degli anni Sessanta sulle riforme economiche, ma in realtà fin dal 1919 le peculiarità e le conseguenze spesso impreviste, e in genere negative, dell’uso di indicatori stabiliti da un centro dirigente per guidare il sistema ad esso sottoposto generarono notazioni di grande rilievo. In particolare emergevano con nettezza sia i difetti degli indicatori quantitativi che i limiti di quelli qualitativi, per quanto migliori dei primi.

Questi studi mi hanno convinto che i sistemi amministrati sono intrinsecamente inferiori ai sistemi aperti, che sono quindi preferibili, ma anche che vi sono sistemi amministrati migliori e sistemi amministrati peggiori, la cui posizione sulla scala dell’efficienza è determinata dalla qualità intellettuale e morale dei loro gruppi dirigenti (i sistemi amministrati sono insomma sistemi soggettivi) e dalla sofisticazione degli indicatori che essi usano, nonché dalla loro capacità di aggiornarli per rispondere alle sempre più complesse manipolazioni cui sono sottoposti da chi dovrebbe essere guidato e li usa invece, e naturalmente, a proprio vantaggio.

Almeno dal punto di vista degli indicatori, il nostro Sistema universitario nazionale è stato invece in passato particolarmente sfortunato. Basti ricordare i soldi distribuiti per numero di studenti (che ha aperto la corsa a iscrivere chicchessia e a gonfiare i fuori corso) o alla qualità determinata in base agli studenti in corso o ai voti di laurea, con effetti disastrosi sulla serietà degli esami e quella delle lauree.

Di ciò ho discusso in un libro uscito prima della nascita dell’ANVUR (L’Università per tutti, Mulino 2010), in cui proponevo perciò indicatori qualitativi di tipo diverso, pur sapendo che essi non avrebbero mai potuto essere risolutivi. Il fatto però è che noi abbiamo un Sistema universitario nazionale, e non abbiamo la ricchezza e la diversità necessaria a produrre spontaneamente un sistema libero e aperto con migliaia di università e college pubblici e privati, disposti naturalmente su una scala infinita a comporre un sistema vitale e autonomo. Piaccia o non piaccia (e io avrei preferito un’altra realtà, ma le realtà non si scelgono), mi sono quindi convinto col tempo che l’unica via realistica era quella di una migliore gestione del nostro sistema amministrato.

Perciò, quando mi fu chiesto un parere—immagino tra i tanti—su che indicatori usare, raccomandai, come avevo fatto nel mio libro, che le mediane (cui non avevo pensato, ma il cui concetto mi conquistò per la sua tendenza al costante miglioramento se il meccanismo che lo mette in opera è costruito correttamente) per i settori umanistici contenessero almeno anche una mediana qualitativa che mitigasse gli effetti—che subito immaginai perversi—di quelle quantitative. Mi spiego: gli indicatori delle aree scientifiche, che infatti hanno in larga parte accettato il sistema, contengono naturalmente un forte elemento qualitativo, per quanto criticabile e migliorabile. Dire invece “più libri, capitoli di libro e articoli su riviste qualunque pubblicate meglio è per voi” apre la porta ad una corsa senza freni alla pubblicazione di n’importe quoi, simile alla caccia allo studente e al fuoricorso delle Università di 10 anni fa.

Proposi quindi di costruire almeno una mediana che contenesse un freno a questa corsa e desse un orientamento qualitativo. Non credo essa sia stata poi inserita per mio merito (ma sarei lieto se sapessi di aver contribuito): altri pareri saranno stati ascoltati, e altre voci autorevoli saranno state sentite. Ma accolsi con piacere la presenza di una mediana sugli articoli pubblicati sulle riviste ritenute migliori dalle rispettive comunità scientifiche nazionali.

Vedevo naturalmente anche il limite di questa mediana, legato appunto al soggettivismo dei sistemi amministrati. E’ ovvio che in comunità dominate per ipotesi da gruppi dirigenti provinciali e di cattiva qualità, le riviste “eccellenti” sarebbero state quelle sbagliate. Tuttavia, il messaggio sarebbe stato comunque quello giusto: non pubblicate tanti scritti di occasione in sedi prive anche formalmente di filtro (la realtà rivelata dalla sproporzionata grandezza della seconda mediana in molti settori non bibliometrici  è a questo proposito istruttiva); concentratevi piuttosto su articoli scientifici da proporre alle migliori riviste nazionali e internazionali.

Aggiungo che benché io sia spesso stato critico nei confronti della nostra Accademia, ero e sono convinto che vi sono in essa tantissimi studiosi seri e responsabili, che avrebbero reagito bene ad incentivi migliori. E so che per fortuna vi sono, e da sempre, anche in Italia riviste più e meno importanti, riviste dove è più difficile e dove è più facile pubblicare, e mi pareva una buona idea favorire il rafforzamento delle prime anche per aiutarle a proiettarsi in campo internazionale, dove—tranne che in alcuni settori—la nostra cultura umanistica e le nostre riviste di questa area fanno fatica ad affermarsi. Molti dei gruppi dirigenti delle varie discipline sono inoltre sensibili al bisogno di una maggiore apertura internazionale, e si poteva quindi sperare che le fasce A avrebbero incluso buona parte delle grandi riviste internazionali, indirizzando verso una maggiore internazionalizzazione studiosi giovani e meno giovani.

Alla fine del 2011 mi fu proposto dall’Anvur di presiedere il Gev dell’area 11, incarico che accettai perché avendo e spesso mosso critiche in passato sentivo che non avrei più potuto farlo in futuro se avessi rifiutato di contribuire a risanare il sistema in cui vivevo e che mi nutriva, anche letteralmente. Da presidente del Gev ho spinto alla più rigorosa possibile formazione di rating di riviste di fascia A, in un processo molto partecipato cui diedero il loro contributo tutte le società dell’area e decine di referee scelti tra studiosi nazionali e internazionali di chiara fama.

Il risultato fu superiore alle attese, come ha confermato la scelta di moltissime e importanti Società dell’area di ribadire sostanzialmente, o con piccole modifiche, a giugno per le abilitazioni le liste di riviste italiane preparate per la Vqr. E’ importante aggiungere (ai fini di quello che dirò tra poco) che, come risulta con chiarezza dalla premessa alle liste pubblicate a febbraio sul sito Anvur, l’area 11 scelse—e secondo me giustamente per tener conto di interdisciplinarietà e decisioni anche individuali di varcare confini e rompere barriere—di presentare liste il più possibile unificate per macro-aree (storia, filosofia, pedagogia, antropologia, geografia ecc.) nonché di riconoscere che le riviste di fascia A di aree diverse dalla 11 valessero per noi così come esse erano state valutate dagli specialisti del settore.

A giugno sull’Anvur, il Cineca, la Vqr, i Gev e quindi anche su di me si è abbattuta la tempesta delle abilitazioni, un compito gigantesco che si veniva ad aggiungere a quello già notevole della Vqr senza che vi fosse un ragionevole incremento di risorse, umane ed economiche (le condizioni del paese sono quelle che sono, ma i compiti divennero a quel punto davvero gravosi).

Ricordo solo che pregammo tutti per avere almeno più tempo, ma le pressioni politiche, accademiche, corporative (in senso legittimo) e sindacali di chi comprensibilmente voleva che le abilitazioni fossero fatte al più presto per permettere poi lo svolgimento celere dei concorsi e non perdere le decine di milioni di euro già stanziati per chiamare gli abilitati—pressioni di cui ben capisco le ragioni ma che hanno avuto effetti perversi—hanno prevalso.

Il regolamento sulla Terza mediana prevedeva, credo giustamente, la costruzione di nuove liste di riviste di fascia A, affidata a Gruppi di lavoro (GdL) diversi dai Gev, Gev che sarebbero poi stati chiamati a esprimere un parere sulle proposte di questi gruppi. In base al principio dell’equilibrio dei poteri, e alla convinzione che due voci sono meglio di una, fui subito d’accordo, e in qualità di “alto esperto valutatore” (titolo pomposo e ridicolo, dettato però da vincoli burocratici e non scelto dall’Anvur, e carica retribuita con 15 k sì, ma su 18 mesi, e quindi con 10 k lordi l’anno) proposi una rosa di componenti credo scelti tra quanto di meglio la nostra accademia avesse da offrire nelle aree della 11. L’Anvur poi operò una felice scelta finale e il nostro gruppo di lavoro ha lavorato in modo che ritengo eccellente. Come qualunque suo membro può testimoniare, mi sono limitato a suggerire—direi inutilmente vista la qualità dei componenti—la massima serietà, rigore, apertura alle migliori esigenze della nostra comunità scientifica e internazionalizzazione possibili.

Gli elenchi del GdL mi furono poi inviati e io li sottoposi nei tempi previsti (fine luglio) al parere del Gev, che ne criticò pochi aspetti, concentrati soprattutto in un paio di settori e propose quindi al Direttivo Anvur poche modifiche, in genere con mio piacere accettate (i motivi della gran parte di esse sono stati poi compresi dai membri del GdL).

Sono così nate le liste di riviste di fascia A dell’area 11, su cui sono state calcolate le mediane a fine agosto. Tali liste NON sono mai più state cambiate, nel senso che non vi è stata aggiunta o sottratta alcuna delle riviste decise dal GdL, se non a fine luglio quelle legittimamente indicate dal Gev in un rapporto ufficiale, e recepite dal Direttivo. Della cosa possono testimoniare tutte le persone coinvolte (membri del Gev e del GdL, nonché presidenti delle Società, vale a dire decine e decine di persone, il che da solo ha reso ogni alterazione impossibile).

Perché dunque i ritardi, che anch’io non ho amato e ho fatto di tutto per ridurre, nella loro pubblicazione (che spero avvenuta al momento in cui pubblicherete questo scritto)?

Io posso naturalmente parlare solo dell’area 11, e quindi ad essa mi limito. Ma credo che in generale i ritardi siano da attribuirsi al sommarsi di compiti da cui sono state investite due strutture (Anvur e Cineca), per di più in un periodo in cui molti colleghi e funzionari vanno, come molti altri, in ferie. Ciò ha costretto a stabilire priorità stringenti e a concentrare le risorse su di esse, e immagino che tra queste priorità la pubblicazione delle liste non abbia occupato un posto molto alto (c’erano per esempio le mediane delle aree 1-9, la necessità di decidere quali SSD ‘estrarre’ dai settori concorsuali perché avrebbero altrimenti avuto troppo poco peso ecc.).

Ciò non toglie che vi siano state anche cause particolari. Premetto che credo di essere un ossessivo-compulsivo di livello abbastanza elevato, e quindi di aver fatto controlli maniacali in tempo quasi reale, il che non ha impedito i ritardi in questione, anche se li ha limitati.

Tra queste cause particolari sta al primo posto il fatto che la correzione di ogni piccolo errore trovato nelle liste preparate per la pubblicazione richiedeva diversi passaggi –occorreva per esempio sentire il GdL, o almeno il suo membro del campo specifico, e la stessa cosa andava fatta col Gev, o il membro del Gev, competente, fargli notare l’errore, farglielo riconoscere come tale, e quindi provvedere alla correzione, e questo a fine agosto. I colleghi sono stati bravissimi e hanno risposto da Svizzera, Germania ecc., e così i funzionari Anvur che ho visto lavorare di sabato e domenica ad agosto. Ma 2-3 giorni se ne andavano comunque.

Un problema di questo tipo c’è stato per esempio con le liste da pubblicare di Pedagogia, da cui malgrado infiniti e ripetuti controlli, era finita con lo scomparire una delle riviste richieste dal GdL e approvate dal Gev e di cui era stato tenuto conto nel calcolo delle mediane. Di ciò ci siamo letteralmente accorti all’ultimo momento grazie al perfezionismo di un collega di grande valore. E un problema simile è nato per l’inspiegabile confusione all’ultimo momento tra due Settori concorsuali, le cui riviste risultavano fuse nelle liste da pubblicare, ma erano da sempre stati correttamente distinti.

Vi è stato poi un problema di grande rilevanza culturale e scientifica nelle riviste di filosofia. Come ho già osservato, e come chiunque può controllare, le liste della Vqr erano unificate anche per la filosofia, e secondo me giustamente per i motivi già discussi. All’ultimo momento ci si è accorti che, malgrado il parere del GdL e del Gev, le liste di filosofia pronte per la pubblicazione erano state di nuovo rigidamente separate per settore concorsuale, con risultati culturalmente e scientificamente assurdi. Anche qui grazie alla sagacia di chi mi ha fatto notare ciò che ci era sfuggito (ci eravamo abituati a guardare l’albero—vale a dire la presenza o assenza di una singola rivista—e non la foresta), abbiamo corretto all’ultimo minuto un grave errore che avremmo comunque dovuto poi correggere ma che avrebbe sollevato una marea di giustificate proteste. Ciò è stato fatto riallargando le liste, vale a dire abbattendo i confini di settore concorsuale reinseriti in perfetta buona fede. Per le riviste di storia ciò non era successo perché si era ripetuto per ogni Settore concorsuale (con qualche variazione) lo stesso elenco. La stessa cosa era stata fatta per Pedagogia, Geografia ecc. Immagino che molti all’inizio si stupiranno che nella lista di storia medievale figuri una rivista più propriamente di storia contemporanea (e viceversa), ma la ragione è precisamente la scelta—che ritengo giusta—di allargare e non costringere, almeno all’intero delle singole macro-aree.

Questo è quanto è successo da noi. Per quanto riguarda le altre aree non posso dir nulla, se non che io ho avuto i miei guai con circa 25 SSD (gli otto di Psicologia vanno in bibliometria, e anche qui i problemi—di altro tipo e che spero in larga parte risolti—non sono mancati). La 10 ne ha più di 70 e non è difficile immaginare le difficoltà che ha dovuto affrontare.

Qualche parola, per finire, sulla realtà rivelata dalle mediane e sul significato della Terza. La grandezza della seconda per i settori non bibliometrici mostra come ho detto che buona parte delle discipline umanistiche  ha imboccato una strada, secondo me sbagliata, che porta a pubblicare spesso occasionalmente e senza filtri esterni. Se la Terza mediana fosse abolita e rimanessero solo le prime due la quantità pura prenderebbe il sopravvento con conseguenze facilmente immaginabili (io penso sempre alle inutili valanghe di acciaio sovietico).

La Terza invece ci permette di mandare un segnale chiaro: pubblicate anche “poco” ma bene, e possibilmente anche su riviste internazionali (invito tutti a leggere gli elenchi dell’area 11), sottoponendovi a controlli e giudizi dei pari. Fatelo e sarete remunerati. Tra l’altro così facendo acquisterete anche la tranquillità necessaria per scrivere buone e serie monografie, ciascuna delle quali richiede almeno 5-6 anni di lavoro (chi le scrive sarebbe perciò spesso automaticamente tagliato fuori dalla prima mediana).

Questo per me è il motivo più serio per difendere questa mediana. Ve ne è poi uno, credo lecito, di natura ‘corporativa’, da me richiamato nel mio messaggio alla lista Sissco che vi autorizzo a pubblicare: essa ci permette di allargare la platea di commissari e abilitabili, e di farlo inserendo persone che hanno seguito pratiche a mio parere corrette, ed è questo per me un risultato importante vista la pressione sopportata negli ultimi anni dalle discipline umanistiche.

Detto questo e spiegata così la mia storia della Terza mediana, aggiungo che penso che sia giusto criticare l’Anvur, che fa anche errori, e segnalarli anche con franca crudezza. Posso però testimoniare che vi regna uno spirito di serietà e apertura. E in ogni caso raccomanderei a tutti di non fare mai paragoni tra quanto si prova a fare e l’ ideale cui aspiriamo. L’ideale è una bussola indispensabile per andare avanti, ma i paragoni occorre farli col passato e il presente, con l’ope legis dei primi anni Ottanta, i giudizi di idoneità locali dei primi anni Duemila e con l’ope legis che si profilava solo un anno fa. Da questo punto di vista i progressi ci sono eccome, anche se temo che un ricorso potrebbe spazzarne via una buona parte.

 

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119 Commenti

    • Il prof. Graziosi scrive: “La Terza [mediana] invece ci permette di mandare un segnale chiaro: pubblicate anche “poco” ma bene, e possibilmente anche su riviste internazionali (invito tutti a leggere gli elenchi dell’area 11), sottoponendovi a controlli e giudizi dei pari. Fatelo e sarete remunerati. Tra l’altro così facendo acquisterete anche la tranquillità necessaria per scrivere buone e serie monografie.”

      Non potrei essere più d’accordo con il principio.
      Tuttavia, sciaguratamente, gli elenchi dell’area 11 io li ho letti, e per il settore di filosofia anche dettagliatamente. Da ciò traggo alcune considerazioni che sottopongo al prof. Graziosi, sperando che avrà la bontà di rispondere.

      Premessa:
      La Delibera n.50 del 21/06/2012 dell’Anvur recita:
      “Le riviste di classe A sono quelle dotate di ISSN, riconosciute come eccellenti a livello internazionale per il rigore delle procedure di revisione e per la diffusione, stima e impatto nelle comunità degli studiosi del settore, indicati anche dalla presenza delle riviste stesse nelle maggiori banche dati internazionali”

      Detto questo, chiederei ora al prof. Graziosi, di sostenere (o far sostenere da persona di fiducia circa il sottosettore dell’area 11 relativo a Filosofia) quanto segue: che riviste della lista 1. qui sotto sono, dal punto di vista del “rigore delle procedure di revisione” e/o della “diffusione internazionale” meno qualificate di quelle della lista 2. qui sotto.
      Come si può facilmente verificare, tutte le riviste della prima serie sono escluse dalla classe A, tutte quelle della seconda serie sono incluse.

      Lista 1. (out)
      • Mind
      • Mind & Language
      • Nous
      • Philosophy
      • Philosophical Review
      • Proceedings of the Aristotelian Society
      • Philosophy and Public Affairs
      • Philosophical Quarterly
      • Ratio
      • Continental Philosophy Review
      • Phenomenology and the Cognitive Sciences
      • Philosophy and Phenomenological Research
      • Studia Phaenomenologica
      • Husserl Studies
      • Review of Metaphysics
      • Inquiry
      • Research in Phenomenology
      • Journal of the Philosophy of History
      • New Yearbook for Phenomenology and Phenomenological Philosophy
      • Ethics
      • Recherches Husserliennes
      • Phänomenologische Forschungen
      • Journal of Consciousness Studies
      • European Journal of Philosophy
      • Philosophical Issues
      [NB: la lista non ha pretese di completezza, ma pesca tra le riviste che rientrano tra gli interessi di chi scrive]

      Lista 2. (in)
      Annuario Filosofico
      Archivio di Filosofia
      Archivio di Storia Della Cultura
      Bollettino del Centro Di Studi Vichiani
      Bollettino di Storia delle Scienze Matematiche
      Bruniana & Campanelliana
      Contemporanea. Rivista di Storia dell’800 e del 900
      Dialectica
      Documenti e Studi Sulla Tradizione Filosofica Medievale
      Epistemologia
      Filosofia e Questioni Pubbliche
      Genesis
      Giornale Critico della Filosofia Italiana
      Intersezioni
      Intersezioni. Rivista di Storia delle Idee
      Iride
      Medicina e Morale
      Nuncius
      Paradigmi
      Passato e Presente
      Quaderni Storici
      Rivista di Estetica
      Rivista di Filosofia
      Rivista di Filosofia Neo‐Scolastica
      Rivista di Storia Della Filosofia
      Sistemi Intelligenti
      Studi di Estetica
      Teoria
      Verifiche

      Se il prof. Graziosi o chi per lui è in grado di spiegarmi un criterio razionale (e magari compatibile con i criteri dichiarati dall’Anvur) che riesca a giustificare la presenza delle riviste della lista 2. nella sfera dell’eccellenza e l’assenza delle riviste della lista 1. dalla medesima sfera mi riterrò soddisfatto.

    • Caro Zhok,

      Il problema che segnala, e che certo non mi nascondo, ha due cause, una particolare e l’altra generale, che credo lo spieghino in modo soddisfacente.

      Quella particolare è la mancata collaborazione dei filosofi teoretici, malgrado i miei ripetuti inviti, tanto alla vqr quanto alle abilitazioni. Rispetto naturalmente le loro ragioni, ma l’assenza di quella collaborazione ha reso le liste di quel settore molto più deboli di quanto altrimenti non sarebbero state. Me ne dispiaccio, ho provato a rimediare nel miglior modo possibile, ma per fare piatti buoni ci vogliono buoni ingredienti. Io credo che la Società, pur condannando e criticando, avrebbe fatto meglio a collaborare, ma naturalmente potrei sbagliare.

      Quella generale che vale per tutte le discipline è la seguente: la scienza e la conoscenza sono per loro natura cosmopolite, e io credo che le ns liste esprimano bene questo principio, specie se pensiamo al passato. Resta però il fatto che esistono anche una cultura e un’accademia italiane, e che la valutazione opera su di esse. Sarebbe stato perciò sbagliato e ingiusto non porsi il problema di distinguere e selezionare anche al suo interno. Certo, in A vi sono così nostre riviste imparagonabili–fosse solo per diffusione–con quelle internazionali, ma è giusto che vi siano anche le prime. E se la valutazione servirà a rafforzarle, a proiettarle di più in campo internazionale, e renderle capaci di attirare più articoli ecc., penso che saremo di fronte a una sua ricaduta indiretta certo, ma molto positiva.
      cordialmente, ag

    • Ringrazio Graziosi per i chiarimenti, che ci permetteranno forse di migliorare le liste (oggi o in futuro). Un suggerimento: il problema delle liste filosofiche non riguarda solo il settore di teoretica ma anche filosofia morale e del linguaggio. Per filosofia della scienza e logica le liste sono buone. Per estetica e storia della filoaofia non saprei dire. Se fosse possibile, sarebbe opportuno integrare le liste per le abilitazioni inserendo almeno le riviste che erano state classificate “internazionali A” nel VQR. A mio parere (ma anche di altri) questo porterebbe a un miglioramento complessivo e ci permetterebbe di fare circolare le informazioni riguardo le abilitazioni anche all’estero, senza imbarazzi.

    • Integrare le liste ora vorrebbe dire ricalcolare le mediane, cambiare i semafori e riaprire le domande per gli aspiranti commissari.

    • Aggiungo ancora un breve commento: quando abbiamo visto le liste di filosofia molti di noi hanno pensato che fossero state generate meccanicamente da un database incompleto. Adesso sappiamo che sono state seguite delle procedure più “umane” (GdL, GEV, ecc). IN generale questa è senz’altro una procedura migliore, ma nel caso di filosofia non ha funzionato. può essere stata la fretta, l’estate, ecc. In ogni caso c’è da meditare. Di nuovo, spiace fare discorsi personali, ma visto che siamo nell’era della trasparenza e della responsabilizzazione, è giusto osservare che i membri filosofici del GdL non hanno lavorato bene.

    • Ma come si fa ad imbarcarsi nella classificazione delle riviste senza essersi documentati a fondo sull’esperienza australiana e sul suo fallimento? E non è che le altre esperienze (vedi ERIH) siano andate molto meglio Se scrivo un articolo scientifico, devo documentarmi sulla letteratura precedente, altrimenti i revisori mi fanno a pezzi. Andrea Bonaccorsi (Cons. Direttivo ANVUR) ci ha raccontato (in un documento ufficiale ANVUR) le confidenze di un suo (anonimo) amico australiano:

      “Per capire meglio cosa è accaduto, ho interpellato un esperto australiano che ha avuto ruoli importanti nell’Australian Research Council (ARC), che conosce dal di dentro la vicenda e che, per comprensibili ragioni, mi ha chiesto l’anonimato. Ecco la sua ricostruzione dei fatti:… Si è trattato quindi, a suo giudizio, non di debolezze metodologiche ma di pressioni politiche.”

      Eppure esiste una letteratura di centinaia di articoli scientifici che analizza a fondo la vicenda dei journal rankings australiani con chiavi di lettura assai diverse dalle pressioni politiche motivate da interessi particolari (per controllare, basta una query su Google Scholar: http://scholar.google.com/scholar?hl=en&q=Australia+ERA+%22journal+rankings%22&btnG=Search&as_sdt=0%2C5&as_ylo=&as_vis=0&as_sauthors=&as_publication=&query_as=word).

      Come reagirebbe Graziosi di fronte ad uno storico che gli dà la *vera* spiegazione di un evento della storia recente dell’URSS sulla base di una confidenza privata che dovrebbe smentire decine se non centinaia di studi approfonditi? Come si fa a progettare sistemi di valutazione e reclutamento *nazionali* senza confrontarsi adeguatamente con la letteratura scientifica e le esperienze internazionali? Oppure eludendola sulla base di una confidenza personale? Con tutto il rispetto, per la maggior parte dei membri ANVUR, gli effetti del loro ruolo di valutatori lasceranno un segno sull’accademia italiana più profondo di tutti i loro contributi scientifici messi assieme. Perché nel loro settore erano competentissimimi, mentre sul terreno della valutazione si muovono da dilettanti? Non è che hanno sottovalutato il compito e le competenze necessarie?

    • Le liste ERIH sono meglio di quelle italiane per le abilitazioni. Non sono state pensate per essere usate nei concorsi ma rappresentano abbastanza bene i ranking condivisi a livello internazionale; per la filosofia sono senz’altro meglio della lista attuale per le abilitazioni. Anche le liste VQR sono meglio. Punto.
      La maggior parte di noi (compreso il sottoscritto) pensa che si sarebbero potute fare le abilitazioni in altro modo; ma molti — poco rappresentati su Roars — a questo punto preferiscono che si facciano, cercando di tirare fuori il meglio dal sistema attuale.

    • Gentile prof. Graziosi, la ringrazio per la cortese risposta, ma comprenderà che non è possibile restarne soddisfatti.

      1) Il fatto che la società di filosofia teoretica non abbia ritenuto di collaborare è un problema che, mi permetta, riguarda l’Anvur, non i disgraziati che verranno ad essere valutati sulla base di quelle liste. L’Anvur può giovarsi delle collaborazioni che vuole, ma la responsabilità degli esiti ricade sull’Agenzia e non possono essere demandate all’atteggiamento collaborativo o meno di società che non sono rappresentanti istituzionali dei potenziali candidati all’abilitazione.

      2) Quello che lei dice forse spiega, ma non giustifica l’esito: spiegare significa addurre cause (e quelle ora sono chiare), ma giustificare significa dare valide motivazioni e queste mi paiono assenti come prima.

      3) Il riferimento alla funzione di rafforzamento delle riviste italiane mi sembra, le chiedo scusa, singolarmente improprio: nessuno ha autorizzato l’Anvur a porsi il problema di aiutare questa o quella rivista a proiettarsi sul piano internazionale. Inoltre, a prescindere da questo punto, la questione che pongo non implica un desiderio provinciale ed esterofilo di denigrare le riviste italiane, ma semplicemente l’esigenza di dare riconoscimento a chi ritenga (o abbia ritenuto) di impegnarsi a pubblicare su altamente qualificate riviste internazionali.

      Su tutto ciò sono (insieme a moltissimi altri) ancora in attesa di una risposta.

    • Caro Zhok,

      il suo commento è naturalmente sensato nel complesso. Mi pare però giusto rilevare che più di uno storico della filosofia – non solo in Italia, ma anche all’estero, dove lavoro – trova assai più prestigiosa una rivista come ‘Documenti e Studi’, che non la ‘Review of Metaphysics’, che non di rado ospita anche contributi a carattere storico. La lista ERIH, per esempio, assegna ad entrambe lo stesso giudizio (INT2).

      Mi perdoni il puntiglio.

      Quanto al resto mi pare sensatissima la sua osservazione.

    • Caro Medievista:
      Il mio commento non era mirato a dire che ciascuna delle riviste internazionali menzionate sia superiore, secondo i criteri di diffusione internazionale e rigore nelle procedure di selezione, di ciascuna delle riviste nazionali elencate. Assolutamente no.

      Il punto è che per giustificare l’esclusione delle prime e l’inclusione delle seconde bisogna ammettere la conversa, cioè che tutte e ciascuna tra le riviste italiane menzionate siano, secondo quei criteri, superiori (non assimilabili o equivalenti) a tutte le menzionate riviste internazionali. Solo questa tesi giustifica l’esclusione delle prime e l’inclusione delle seconde.

    • Le argomentazioni di graziosi chiariscono due cose preoccupanti.
      La prima, che il sistema delle mediane e’ illegittimo perché viola innumerevoli principi, tra cui quello che va valutato il merito del singolo candidato. In particolare la terza mediana opera retroattivamente e viola un principio cardine del diritto. La seconda cosa, e’ ancora più grave. Sara’ difficile smontare questo sistema sovietico se non attraverso le vie giudiziarie. Ci saranno così innumerevoli ricorsi.

  1. Graziosi dice “Premetto che il dibattito sulla natura e l’efficienza degli indicatori in sistema amministrato … è stato sempre per me di grande interesse perché, da studioso dell’URSS, sistema amministrato per eccellenza,”. Un sistema puo’ essere amministrato a piffero o bene, questa e’ la differenza e di questo stiamo discutendo: troppo difficile da capire? In quale al paese al mondo si e’ fatto un sistema demenziale come questo dell’Anvur?

    • Caro Irace,
      non mi nascondo la relativa ingiustizia della cosa, anzi la ammetto apertamente anche nel mio mail. Ma è vero che le discipline umanistiche stanno soffrendo in modo particolare, anche per la maggiore difficoltà che parte di esse incontra a internazionalizzarsi, e che rischiano di più.
      Rafforzarle non è quindi del tutto improprio, anche perché non credo che nessuno voglia vivere in un paese senza di esse.
      Faccio presente che se volessimo basarci esclusivamente sul merito, tutti i soldi o quasi dovrebbero andare ai fisici e pochi altri. Ma non credo che anche i fisici vogliano vivere in un paese dove non si studia la poesia, o non vi sono psicologi.
      Ecco perché credo che la valutazione debba premiare la parte migliore di ogni area, SENZA fare confronti tra le aree, pena il degrado e l’impoverimento del paese e della sua cultura. E all’interno di questa visione un sostegno alle humanities, che ne hanno bisogno, oggi ci sta
      cordialmente, ag

    • “Faccio presente che se volessimo basarci esclusivamente sul merito, tutti i soldi o quasi dovrebbero andare ai fisici e pochi altri.”

      Interessante notazione che denota una forma di “invidia dell’h-index”. Senza nulla togliere al valore dei colleghi fisici, sembra emergere un senso di inferiorità degli umanisti che non possono sfoggiare oggettivamente le loro “misure” come invece è concesso fare agli “scienziati duri”. In realtà, basta un’infarinatura di cultura scientometrica per capire che non è il caso di restare irretiti dagli indici h e simili, ma che un matematico con una manciata di citazioni può valere molto di più di un fisico o di un medico con h-index stratosferico. E lo stesso vale ovviamente per un umanista.

      Leggendo i documenti prodotti da ANVUR, si percepisce molto chiaramente il deficit culturale da cui nasce un sistema valutativo imbarazzante per il nostro paese. È una fortuna per Graziosi ed altri suoi colleghi di non avere la consapevolezza della povertà culturale dei presupposti scientometrici da cui muovono. Se gli venisse fatto leggere un saggio storico di valore scientifico comparabile al valore scientometrico delle regole ANVUR, Graziosi ne sarebbe inorridito e lo stroncherebbe con ignominia. È quasi meglio augurargli di non arrivare mai a prendere piena coscienza di quanto imbarazzante sia (scientificamente e giuridicamente) il pericolante castello di carte dell’ANVUR. Molti dei pasticci odierni sono le necessarie conseguenze di scelte fatte senza criterio. Come un dilettante che voglia costruire un ponte senza aver studiato scienza e tecnica delle costruzioni, anzi talmente ignorante da ignorare che tali discipline esistono. E che poi cerca di tenere in piedi il ponte aggiungendo puntelli sempre più precari.

  2. Caro graziosi. L’assenza della terza mediana sarebbe stata ingiustificabile ed indifendibile. Grazie quindi per il suo lavoro! ed apprezzi questi ringraziamenti, visto che non credo ne riceverà tanti altri in questo sito….un pò orientato..se posso.

    • Una cosa è essere contrari al metodo di valutazione attraverso le mediane, un’altra è essere contro la pubblicazione della terza mediana. Non mi pare che i membri della redazione abbiano mai sostenuto che la terza mediana non si dovesse pubblicare. Al contrario, abbiamo più volte criticato il ritardo con cui venivano pubblicate le mediane.

      In ogni caso, critiche e complimenti li facciamo – come si dovrebbe in un contesto accademico – firmando con nome e cognome.

    • “Al contrario, abbiamo più volte criticato il ritardo con cui venivano pubblicate le mediane”

      Sottoscrivo. Prima di tutto le regole vanno rispettate e in modo trasparente. Se pubblichi le mediane devi pubblicare contemporaneamente la lista delle riviste scientifiche e quella delle riviste di fascia A. Non ci sono scuse: se queste liste sono state usate per calcolare le mediane, esse devono già esistere. Se non esistono oppure sono state rimaneggiate nei giorni seguenti siamo di fronte a mediane false con tutte le conseguenze del caso.

      È anche chiaro che non pubblicare i dati su cui sono calcolate le mediane giustifica i peggiori sospetti.

      Infine, a proposito di regole, che fine ha fatto la terza mediana dell’area 12? (quella delle scienze giuridiche, per intenderci). Nel DM 76 non si parlava di mediane a geometria variabile, tre per alcune aree e due per altre. Per i commissari e i candidati di area 12 la mancanza di una mediana è un motivo di ricorso molto fondato.

    • Io difendo il sacrosanto principio della terza mediana. Se volete con esempi e controesempi, riferita all’area 13. Se poi in alcuni settori non è stato possibile rispettarlo, pazienza, ne tantomeno l’ANVUR avrebbe auspicato un simile vulnus. Il principio della terza mediana, dove applicabile serenamente, non esclude i bravi e, purtroppo (amio parere), non esclude i peggiori (per il principio di rispetto diuna sola medina su tre). E’ stato abbondandemente spiegato da graziso, pare inutilmente. Riguardo poi all’assenza della terza mediana per l’area 12, se non si è riusciti a trovare una negoziazione tra colleghi di area e, le qui tanto amate, società scientifiche, mi si spiega cosa il MIUR doveva fare? a chi doveva dare il compito di stilarla, ai medici? mi si può inoltre spiegare il senso del ricorso di Onida? Temevano indebite inclusioni o esclusioni? io mica l’ho capito. Infine, riguardo al mio commento in cui sostenevo uno schieramento di ROARS, posso citare numerosi commenti e post orientati contro il principio della terza mediana….in più casi assimilata dalla redazione: ad una vera e propria backdoor! A me pare uno stravolgimento pazzesco della realtà.

    • signor De Felix si preoccupi di trovare un caso sul pianeta Terra in cui sono stati adottati dei criteri simili a quelli introdotti da Anvur e poi ne riparliamo.

    • “Io difendo il sacrosanto principio della terza mediana.”

      Sacrosanto fino a quando la lista delle riviste è sensata. Se la lista non è sensata è difficile ritenerlo sacrosanto. Quindi si pongono almeno tre problemi.

      1. Problema di principio sull’utilità e la fattibilità dei “journal rankings” per reclutamento e promozioni. Condivido in toto le analisi di Antonio Banfi che sono conformi alla letteratura scientometrica e all’esperienza internazionale, in primis quella australiana:

      “The lobbying around the journal rankings has been very strong.

      This will be welcomed in the sector. The journal rankings have (not unexpectedly) also driven some very perverse behaviour within institutions, including:

      (i) It was providing incentives to publish in the listed journals rather than in the most appropriate outlets for the disciplines.

      (ii) There was pressure to move away from publishing books or in books and towards the listed journals since this is what was being measured and captured by the ERA.”
      (Professor Les Field, Deputy Vice-Chancellor (Research), University of NSW, Chair of the Deputy Vice-Chacellors Group of the Go8 Universities, http://theconversation.edu.au/journal-rankings-ditched-the-experts-respond-1598)

      2. Problema di fatto relativo alla qualità e all’imparzialità delle liste concretamente prodotte. I numerosissimi e circostanziati commenti apparsi sulle nostre pagine fanno pensare che le liste non siano esenti da problemi anche gravi. È indubbio che avere un indicatore che dipende da una singola fascia di classe A dà a questa mediana il carattere di “jolly”. Questo produce una logica tutto-niente (piazzare la rivista della propria scuola scientifica in fascia B è inutile) che incentiva pratiche di lobbying.

      3. Pur rimanendo riserve di principio e di fatto rispetto all’uso di journal rankings, è fuori discussione che l’ANVUR debba rispettare leggi e regolamenti ministeriali. Anche solo per evitare l’affondamento tramite ricorsi. Quindi non si vede come possa eliminare una delle mediane dell’area 12. Sulle liste fatte male è difficile presentare ricorso al TAR. Se manca del tutto la lista di un’area il ricorso ci sta tutto. Infatti, a norma di regolamento ministeriale, la responsabilità per le liste di riviste ricade su ANVUR:

      DM 76: “Per ciascun settore concorsuale di cui al numero 1 l’ANVUR, anche avvalendosi dei gruppi di esperti della Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR) e delle società scientifiche nazionali, effettua una suddivisione delle riviste su cui hanno pubblicato gli studiosi italiani in tre classi di merito”

      Per il ricorso di Onida, dovrebbe chiedere ai giudici del TAR: “i giuristi parlano di fumus boni juris” https://www.roars.it/?p=11847#comment-3724

    • Caro anonimo Da Felix,
      cerchiamo di sviluppare una discussione intellettualmente onesta. La terza mediana, se fosse calcolata su dati corretti, cosa che non credo possibile per ragioni di carattere teorico che ho espresso altrove e che ribadirò prossimamente, potrebbe effettivamente servire per assicurare la promozione di chi pur avendo una produzione scarsa sotto il profilo quantitativo eccelle per il profilo qualitativo. Se però la terza mediana è costruita con concertazioni, come lei stesso dice, in modo opaco al di fuori di ogni verifica trasparente da parte della comunità scientifica nazionale è internazionale, come in effetti è stato, ciò significa che *una tale procedura* crea (potenzialmente) delle backdoors. E le assicuro che parlo con cognizione di causa. Se poi la terza mediana per area 13 la soddisfa, benissimo, io non sono in grado di esprimermi in materia, parlo per quello che so e tendo ad attribuire ancora un significato e un peso alle regole, anche se capisco bene che nel nostro Paese si è perso di vista il punto.

    • Due domande per i redattori di ROARS, alla luce di quanto sta succedendo (e lasciando per un momento al margine le per me per altro convincenti vostre argomentazioni generali contro l’utilizzo delle mediane e dei ranking delle riviste nelle valutazioni individuali):
      1) per i settori non bibliometrici, meglio eliminare la terza mediana? lo chiedo perché credo che molti (io tra quelli) troverebbero difficile condividere una risposta positiva (condizionatamente alle presenza di due mediane “quantitative”).
      2) perché (se accolto) il ricorso dei costituzionalisti non dovrebbe far saltare anche le mediane bibliometriche, tutte basate sulle liste implicite nei data base Scopus e WoS? O ciò è escluso dalla natura del ricorso?
      Grazie.

    • Sto al gioco: lascio al margine le argomentazioni contro le mediane ed i ranking delle riviste nelle valutazioni individuali. Per i settori non bibliometrici l’aver introdotto le prime due mediane quantitative disgiunte favorisce i produttori massivi di carta a sfavore di studiosi molto selettivi che hanno pubblicato poco ma su riviste internazionali. Quindi una terza mediana calcolata su una lista di riviste di qualità serve a ripescare studiosi selettivi che hanno pubblicato magari molto meno di altri, ma su riviste di qualità. Quindi a mio parere meglio NON eliminare la terza mediana.
      In Area 13 (tornerò tra qualche giorno sulla lista con un commento più argomentato) la lista di riviste pubblicata svolge questo compito in modo che a me pare ragionevole (pur con alcuni problemi che altri commentatori come NG hanno sollevato). Altre liste a giudicare dai commenti dei nostri lettori appaiono il frutto di una contrattazione molto spinta con le società scientifiche e potrebbero non avere la stessa efficacia: una lista ecumenica di riviste di classe A non serve a ripescare i selettivi e può addirittura funzionare come una backdoor per candidati selezionati, come argomenta Giuseppe De Nicolao.
      Sulla seconda domanda: non sono un giurista e non sono in grado di rispondere. Però credo anche io che come suggerisce Paolo Bartoletti settori bibliometrici e non bibliometrici sono basati entrambi su liste di riviste: implicitamente i primi, esplicitamente i secondi. Da qui a prevedere le decisioni del TAR, il passo è però troppo lungo. Io credo fermamente che si sarebbe dovuto trovare un sistema di selezionare i commissari senza esporsi così facilmente ai ricorsi.

  3. Grazie per la risposta articolata. Tuttavia giunge in ritardo. Prima di questa descrizione-narrazione si sono percepiti: fretta, autoritarismo, confusione, ripensamenti, pasticci veri e propri, en bref caos oppressivo e fuorviante dotato di un determinato fondale ideologico. Uno: sappiamo che una narrazione di fatti avvenuti porta a presentare un mondo coerente, meta che si raggiunge con diverse modalità (lecite per la narrazione stessa ma che non è detto esauriscano, anzi non esauriscono la totalità dei dettagli reali, rilevanti o irrilevanti; il punto sta qui). Due: Se non si voleva ripetere “l’ope legis dei primi anni Ottanta, i giudizi di idoneità locali [che però non erano locali per i candidati esterni!] dei primi anni Duemila” che sono stati fatti a causa dei grandi iati concorsuali, per la mancanza di continuità fisiologica nel reclutamento, perché la terza volta (o per la terza volta) si è stati tanto precipitosi da mettere su una impalcatura traballante estiva che rischia di crollare da un momento all’altro per la rovina di tutti? Con l’imposizione, per giunta, di principi retroattivi circa il valore della sede di pubblicazione che invece avrebbero dovuto essere sostenuti e diffusi, formativamente, in questi ultimi decenni e non all’ultimo minuto. Non vale il discorso che è stato imposto l’ovvio. Nelle discipline umanistiche quest’ovvietà non esiste e non deve esistere. Per esempio in una rivista che ora scopro essere di fascia A, e dove io ho pubblicato, si potevano pubblicare, molto raramente ma non importa, anche articoli senza nessuna bibliografia (c’era in qualche modo l’ipse dixit). Per cui, la sensazione generale è, anche se moltissimi hanno accettato di partecipare al happening, di una frettolosità sconclusionata che mira soltanto a offuscare il ricordo dell’ultimo decennio ugualmente sconclusionato, derivante da responsabilità di carattere politico che nessuno si assume.

    Tre: non si fanno esperimenti sociali sulla pelle degli altri.

    • molte delle critiche sono giuste, e utili, ma vorrei invitare a considerare quanto è stato fatto in pochi mesi, specie se pensiamo al passato:
      1. mai come oggi le comunità scientifiche sono coinvolte nel processo di gestione della valutazione e delle abilitazioni. Le società saranno criticabili, ma sono di certo meglio dei gruppi di potere e di vertice che agivano senza trasparenza nel passato;
      2. stiamo sistemando e ripulendo un sito cineca che almeno nelle discipline umanistiche gridava vendetta al cielo. Anni di soldi distribuiti ai dipartimenti in base al numero delle pubblicazioni (certo, in alcune università si facevano distinzioni, ma in molte altre no), avevano fatto sì che ci finisse di tutto
      3. abbiamo ora un panorama completo delle pubblicazioni, con un primo livello di ripulitura. E’ la base per il futuro
      4. mai i cv degli aspiranti commissari erano finiti in rete. E’ un’operazione di grande trasparenza, forse addirittura eccessiva (io ci avrei messo più in là quelli dei commissari effettivamente sorteggiabili);
      5. mai colleghi di altri paesi erano stati coinvolti nei concorsi. Anche qui vi saranno errori ecc., ma insomma per la prima volta prendiamo anche formalmente coscienza del ns muoverci in un contesto europeo.

      Sarebbe facile continuare (pensate solo alla norma che impone alle università di assumere almeno il 20% di docenti che non vi hanno mai lavorato). A me sembra chiaro che siamo di fronte a una profondissima trasformazione, le cui linee mi sembrano fondate. Potrebbe naufragare, come tutto il paese del resto, e vi saranno moltissimi errori, ma se andrà in porto credo che i risultati saranno positivi
      ag

    • 1. Il coinvolgimento delle società scientifiche è avvenuto in modo opaco e istituzionalmente non corretto. Convocare le centinaia di società scientifiche senza rendere pubblici contenuti degli incontri, modalità di interazione etc. ha permesso all’ANVUR l’adozione di una strategia di tipo divide et impera. E’ facile allearsi con alcuni e far tacere le critiche. Chiedere centinaia di liste di riviste alle società scientifiche è come chiederne nessuna. La presenza di riviste nelle liste è stato il risultato della capacità di contrattazione di chi ha partecipato alle discussioni. Dove si sono fate liste di riviste (Francia, Australia, Norvegia) le procedure hanno funzionato in modo sostanzialmente diverso. L’assenza di un organo di rappresentanza delle comunità scientifiche [quale potrebbe essere un CUN riformato in questo senso] lascia il disegno istituzionale attuale completamente sbilanciato a favore di ANVUR.
      2. Una legge del 2009 prevedeva che si dovesse realizzare l’Anagrafe nazionale delle pubblicazioni. Nessuno l’ha fatto. E si è partiti da un sistema (CINECA) disegnato per altri scopi. Non credo sia corretto affermare che i buchi del sistema siano da attribuire al fatto che i soldi sono stati distribuiti per anni ai dipartimenti sulla base del numero di pubblicazioni. Forse alcune università lo hanno fatto localmente avvalendosi del database CINECA nella loro autonomia. Il database cineca delle pubblicazioni credo sia stato popolato principalmente per il PRIN. Rimando a quanto ha scritto a più riprese Paola Galimberti su Roars per una analisi dei problemi storici ed attuali del sistema CINECA.
      3. Bene. Sarebbe il caso che il database fosse reso pubblico ed interrogabile dalla comunità scientifica. IN modo che chiunque ne possa verificare il grado di completezza e l’affidabilità;
      4. Benissimo la trasparenza sui cv dei commissari. Su questo sono meno garantista di Giuseppe De Nicolao: non mi sembra un granché dannoso che sia eccessiva. [Non mi piacciono le mediane, ma questo è un altro discorso]
      5. D’accordo.

      Io ho molti dubbi che la trasformazione sia profondissima. Credo che le linee su cui è basata debbano essere di una ampia e informata discussione nella comunità accademica. Credo che si debba riflettere seriamente su ciò che è stato fatto in questi anni in tema di Università, dove mi sembra che siano stati introdotti nel sistema elementi preoccupanti di controllo diretto della politica sul mondo della ricerca. Non sono sicuro che dal bagno delle mediane il sistema della ricerca italiano uscirà rinforzato.

    • “4. Benissimo la trasparenza sui cv dei commissari. Su questo sono meno garantista di Giuseppe De Nicolao: non mi sembra un granché dannoso che sia eccessiva.”

      Non ho nulla contro la diffusione dei CV dei commissari. Anzi, sarei favorevole all’apertura di tutte le pagine CINECA di tutti, commissari e non. Quello che ritengo grave, è la minaccia della “gogna elettronica perpetua” per indurre gli aspiranti commissari a ritirarsi in una situazione di sostanziale incertezza. Gli aspiranti commissari con semaforo rosso non potevano verificare come erano stati fatto i conti (nei settori non bibliometrici mancavano proprio le liste di riviste necessarie per calcolare la mediana #2 e #3) e la stessa ANVUR ammetteva che il semaforo era “puramente indicativo”. Meglio insistere, rischiando la gogna, o ritirarsi in buon ordine per evitare rogne e vergogna?

      In una situazione così caotica, se fossi stato un membro dell’ANVUR oppure di un GEV, avrei avuto maggiori informazioni sul grado di affidabilità dei semafori rispetto al collega qualsiasi. Ne avrei approfittato per rassicurare i colleghi della mia scuola scientifica con buoni CV che gli errori sarebbero stati sanati e che i loro semafori sarebbero diventati verdi a fine settembre o ottobre, una volta che il CINECA si fosse ripreso. Invece, i colleghi delle scuole concorrenti, lasciati del tutto al buio, avrebbero più facilmente gettato la spugna. Con un po’ di fortuna, il rapporto tra gli aspiranti commissari della mia scuola scientifica (voglio evitare il termine “cordata”) e quelli della scuola concorrente grazie ai ritiri poteva passare da 1:1 a 2:1.

      Insomma, avrei posto le basi per avere la maggioranza nella futura commissione di abilitazione. Senza la gogna elettronica, non ci sarei riuscito.

    • “stiamo sistemando e ripulendo un sito cineca che almeno nelle discipline umanistiche gridava vendetta al cielo. … abbiamo ora un panorama completo delle pubblicazioni, con un primo livello di ripulitura”

      Questa è un’ammissione di colpa, esattamente come Fantoni che dichiara che per l’area 10 stava ancora discutendo (https://www.roars.it/?p=11810) dopo che le mediane erano già uscite. Graziosi ci sta dicendo che le mediane dei settori non biblometrici sono state calcolate su una base dati la cui ripulitura è ancora in corso. Questa è esattamente la denuncia fatta da Paola Galimberti (Pubblicazioni scientifiche: l’insostenibile leggerezza delle classificazioni ANVUR, https://www.roars.it/?p=11354). In queste condizioni, non c’è difesa possibile contro i possibili ricorsi di chi verrà escluso da mediane calcolate su dati “con un primo livello di ripulitura”. Come fa l’ANVUR a capire che i regolamenti concorsuali non possono basarsi su dati numerici meno che certi? Qui c’è un problema di incultura non solo bibliometrica, ma anche giuridica. Di questo passo, non ci sarà solo un naufragio rovinoso, ma comincia a profilarsi anche lo spettro della responsabilità per un danno erariale di dimensioni colossali.

    • rispondo subito poi torno a lavorare -no, non è nessuna ammissione di colpa. E’ l’auspicio che il processo continui in futuro. L’abbiamo iniziato a giugno chiedendo alle Società di ripulire per SSD il database cineca separando le sedi scientitiche da quelle non scientifiche di pubblicazione. Vi era infatti di tutto: dall’Eco di Bergamo, a Repubblica, a L’indice dei libri del mese ecc. ecc.
      Sulla base di quella pulizia è stata calcolata la seconda mediana.

      Nel mio mail volevo solo dire che il processo iniziato allora sia completato, magari stabilendo un filtro all’ingresso per immettere pubblicazioni nei siti docente via cineca o ugov e procedendo inoltre a pulizie periodiche. Mi è infatti chiaro che non è una cosa che è possibile fare una volta per tutte.

      tutto qui
      ag

  4. Vedendo una così lunga risposta avevo sperato di avere una risposta sulle anomalie delle mediane segnalate dal contributo di lunedi scorso invece niente! Né sapremo mai cosa è accaduto fra la prima e la seconda versione della tabella delle mediane.

  5. L’errore a monte è stato accettare la legge Gelmini ed abrogare la legge Moratti per le abilitazioni nazionali. Ora c’e’ poco da correggere e gli ordinari dovrebbero spiegare al mondo ed ai colleghi perché non è mai stato fatto un concorso secondo il meccanismi previsti dalla legge Moratti ed invece sono stati fatti concorsi in deroga con la legge precedente.

  6. Graziosi” l’ope legis che si profilava solo un anno fa” Basterebbe questa frase per consigliore a Graziosi di tornare in URSS. Ha per caso una vaga e pallida idea di quali siano i bilanci delle universita’? Per caso si rende conto che tra le migliaia di abilitati solo qualche percento forse sara’ presa realmente stante i vincoli di budget degli ateni. Insomma ha idea il prof. Graziosi di cosa sta parlando? Inoltre questa maniera di porre le cose e’davvero devastante: come diceva la Gelmini chi e’ contro questa riforma e’ contro la riforma: ed infatti l’Anvur l’ha nominato la Gelmini! E come ha scritto (ma guarda tu il caso) il principale sponsor della riforma Gelmini, tal Giavazzi, “il sistema universitario e della ricerca in Italia non sono riformabili…Illudendosi che sia possibile migliorare l’esistente in realtà si fa il gioco dei conservatori, cioè di coloro che sono responsabili del disastro in cui ci troviamo…”. Bene, bravi, bis.

    • faccio presente che, almeno per quello che so, il parlamento ha già stanziato una notevole somma (anno per anno su tre anni) per le chiamate degli idonei all’associazione. Se non si facessero le abilitazioni per tempo si perderebbe lo stanziamento del primo anno e così via. Anche per questo le pressioni sono considerevoli

    • “Per quello che so” non basta: quale legge? Quale provvedimento? Quale numero? Chi glielo ha detto?

      D’altra parte è chiaro che se il blocco del turnover è al 20%, come sembra, le assunzioni saranno fatte con il contagocce. In questo articolo https://www.roars.it/?p=9563 si conclude il contrario di quello che lei (senza fornire alcun riferimento) asserisce: “Quello che appare probabile è che in questo caso gli atenei si troveranno nell’ennesima condizione di vuoto normativo e quindi nell’impossibilità di svolgere una qualsiasi programmazione del reclutamento”

      Dunque delle due l’una: o lei ha una informazione completamente sbagliata oppure l’articolo che ho citato è campato in aria. Però mentre nell’articolo ci sono dati e riferimenti precisi quello che riporta lei non ha alcun riferimento nella normativa recente. Ci siamo persi qualcosa?

    • non sono un giurista e non seguo con precisione leggi e regolamenti che non riguardano direttamente i campi in cui sono tenuto a farlo. Credo però, e ne sono abbastanza convinto, che una prima tranche specificamente destinata (con fondi extra) alla chiamata degli idonei alla associazione fosse già nel FFO dell’anno scorso. Essa era però di dimensioni inferiore a quella dei prossimi tre anni (fonti molto degne di fede mi hanno detto trattarsi di 75 mln di euro l’anno). La stessa fonte mi ha detto che si tratta di soldi targati che vanno persi se non vengono utilizzati. Non dovrebbe essere difficile informarsi con precisione.

    • Ottimo allora se non è difficile la prossima volta prima di scrivere cose che possono essere smentite anche da un bambino s’informi con precisione: poi ci faccia sapere che qui di balle ne abbiamo sentite parecchie. Comunque noto che prima ha sbandierato lo spauracchio dell’ope legis “che si profilava un anno fa” (e come no) che dunque avrebbe fatto da stimolo per avviare le abilitazioni con dei criteri che non sono mai stati adotatti in nessun paese al mondo, dopodiché ci ha fatto sapere che “Se non si facessero le abilitazioni per tempo si perderebbe lo stanziamento del primo anno e così via. Anche per questo le pressioni sono considerevoli”. Entrambe le cose che le dice (1) l’ope legis che sarebbe stata invoca l’anno scorso (da chi? con quale risorse? lo sa che nel 1980 l’ope legis ha riguardato più di 10,000 persone circa, ha una idea di quanto costi?) e (2) la “notevole somma” stanziata dal parlamento “per le chiamate degli idonei all’associazione”, non hanno riscontro nel mondo reale. Ed anche se l’avessero non giustificherebbero l’aver introdotto crieri di valutazione screditati in qualsiasi altro paese che si è dotato di una agenzia di valutazione e dei criteri di valutazione. Di nuovo il punto non è SE valutare ma COME valutare, e quando si parla di COME si capisce se chi sta operando si muove secondo dei criteri accettati nella letteratura scientiometrica ed in altri paesi. E non è proprio, purtroppo, questo il caso.

    • Da quanto ne so le notizie più recenti derivano dalle dichiarazioni di Profumo dello scorso 25 luglio:

      “E’ fissato un nuovo tetto nazionale del 20% di turn­over utilizzabile dagli atenei nel loro complesso.

      Il vincolo del rapporto 50-­30-­20 fra le fasce docenti non è più in vigore, mentre è introdotto il vincolo che per ogni nuovo ordinario deve essere chiamato entro il triennio un nuovo RTDb .
      Il piano straordinario per gli associati non è assoggettato alle quote di turn-­over.”

      Quindi, sembrerebbe confermato che il piano straordinario associati non risentirà delle quote di turn-over. Sull’eventuale perdita delle cifre già stanziate non ricordo notizie certe.

  7. Gentile prof. Graziosi puo’ spiegarci a cosa e’ dovuta la differenza tra le due diverse versioni delle mediane? Dato che ovviamente l’algoritmo per calcolare la mediana non puo’ cambiare e il database dovrebbe essere lo stesso, quello del 15 luglio, a cosa e’ dovuta?

    • pare vi sia stato un errore tecnico derivato da una imprecisa interpretazione di leggi e regolamenti. Faccio però presente che i calcoli li fa il Cineca, non l’Anvur, e che posso testimoniare che entrambi lavorano sotto grande pressione nel miglior modo possibile, il che ovviamente non riesce a escludere gli errori. L’importante è che siano riconosciuti tempestivamente

    • “entrambi lavorano sotto grande pressione nel miglior modo possibile, il che ovviamente non riesce a escludere gli errori”

      Che ANVUR e/o CINECA abbiano dei dubbi sulla formula di calcolo della mediana è sinceramente troppo. È una formula che potrebbe essere spiegata alle elementari e che è ovviamente il cuore di tutto il castello messo in piedi da ANVUR. Inoltre, è chiarissimo che una formula non può sapere se un “5” indica cinque articoli di fisica o cinque articoli di storia. Pertanto, spiegare con un cambio di formula la salita di *tutte* le mediane dei settori bibliometrici ed il contemporaneo calo di quelle dei settori non bibliometrici è una vera e propria offesa all’intelligenza. Non è semplicemente possibile, come pure non è possibile che alcune aree abbiano mediane intere e frazionarie, mentre altre le hanno solo intere. È successo qualcos’altro. Ci sono le impronte digitali. Se, da umanista, Graziosi non coglie quanto siano schiaccianti gli indizi della manomissione, chieda aiuto a qualche membro ANVUR nell’area delle scienze dure. Siamo pur sempre scienziati che pubblicano nelle maggiori riviste internazionali. Io sono personalmente offeso che l’ANVUR mi dia a bere la seguente giustificazione del tutto inverosimile:

      “I valori delle mediane pubblicati in precedenza erano stati ottenuti utilizzando un’approssimazione che, ad un più attento esame, non risulta pienamente in linea con la definizione formale di mediana contenuta nel DM 76.”

      Ma per chi ci hanno preso? Per dei boccaloni? (come si dice qui al nord)

  8. Lo scritto di Graziosi (al quale va la mia personale comprensione, ha accettato di fare un lavoro ingrato) suggerisce che il GdL hanno avuto un input importante nella stesura delle liste. Ieri dopo lunga discussione su Roars si era giunti alla conclusione che probabilmente le liste erano state generate semi-meccanicamente sulla base delle pubblicazioni censite da Cineca. Siccome non ho ragione di credere che Graziosi racconti storie, mi piacerebbe capire chi c’è nei GdL che hanno generato liste molto incomplete (vedi Zhok qui sopra), e soprattutto come hanno lavorato.

    • Grazie Mario: dunque, il filosofo nel GdL è Massimo Mori (Torino). Spiace fare discorsi individuali – non lo conosco e sicuramente è un’ottima persona – però il suo CV non mostra, diciamo così, una grande familiarità con le riviste internazionali (due pubblicazioni in tedesco e basta, ma il CV è incompleto).
      http://www.unito.it/unitoWAR/ShowBinary/FSRepo/Area_Portale_Pubblico/Documenti/Curricula/personale_politico_amministrativo/Mori_Massimo.pdf
      Ora resta il dubbio sul ruolo del censimento Cineca e l’input del GdL. Magari qualcuno ci può aiutare a svelare l’arcano.

    • La mia perplessità continua a crescere: conosco Massimo Mori ed è autore serissimo e di grande capacità. Peraltro dubito che né lui né alcun singolo docente sia in grado di compilare una lista di riviste esaustiva o semi-esaustiva che vada al di là della propria sfera di interessi.

    • Andrea: condivido le tue perplessità.
      Dico solo che qui non stiamo parlando di una lista “semi-esaustiva”!… (Altrimenti sarei il primo a dire che il giochino del “che cosa manca” è futile e fuorviante.) Io e te ci abbiamo messo 5 minuti per capire che la lista era fatta con i piedi, anche fuori dai nostri settori.

    • Rimane aperta la questione posta da Francesco. Io credo che, alla luce di quanto previsto dal DM 7/6/2012, allegato B, compilare una lista esaustiva delle riviste fosse escluso in partenza. Salvo che le registrazioni Cineca fossero solo il punto di partenza del lavoro svolto da Anvur e gruppo di lavoro. Ovviamente, in questo secondo caso l’omissione di riviste come “Mind” risulterebbe ancora più grave.

    • @ Mario Ricciardi:
      Beh, però il problema resta tutto quanto.
      Se ritenevano di non essere in grado di produrre liste esaustive (sia con riferimento alla classe A, sia con riferimento a ciò che vale come rivista scientifica tout court), allora delle due l’una, o lasciavano cadere il tentativo (non lo aveva ordinato il medico di fare queste liste), oppure dovevano almeno contemplare un successivo sistema di integrazione che consentisse a chi riteneva di essere rimasto escluso di chiedere il riconoscimento.
      La sequenza di ragionamento pratico:
      1) faccio una lista che pone limiti netti (in-out),
      2) la uso per dirimere autori di qualità da autori non di qualità
      3)ammetto che non sono in grado di produrre una lista esaustiva

      non rappresenta una sequenza accettabile.

    • Caro Andrea,

      concordo. A proposito, alle luce di quel che sta emergendo su questa lista di riviste, sarei curioso di vedere quella delle riviste scientifiche (su cui sono state calcolate le mediane).

  9. Pubblicare in riviste di prestigio, internazionali, di sicura affidabilità non è mai facile, una peer review negativa o anche solo articolata ed attenta (che richieda, ad esempio, la verifica delle fonti citate) può essere un insostenibile affronto per un PO (un associato o addirittura un ricercatore). Questa è la ragione per la quale l’Accademia Italiana in genere evita di pubblicare in riviste internazionali, ma si limita, quando lo fa, a partecipare a convegni per poi consegnare il proprio contributo “senza note e bibliografia”, così come è stato letto. I nomi italiani che compaiono nelle riviste internazioni sono spesso nomi di «esuli per amore della scienza», ovvero di donne ed uomini che per poter fare ricerca sono stati costretti a lasciare il Belpaese.
    La terza mediana è sono molti aspetti un discrimine importante in quando consente di individuare ricerche di sicuro valore scientifico, studi sottoposti ad un attento e ponderato vaglio critico, spesso realizzati con finanziamenti di enti di ricerca (ovviamente non italiani).
    In molti settori concorsuali, tuttavia, non è stata prevista alcuna pubblicazione in riviste di fascia A, neppure per diventare ordinario. Per quale ragione, prof. Graziosi?

    • cara autographa,
      è evidente: 50+1 dei 101 ordinari del (ipotetico) settore in questione non hanno pubblicato in queste riviste
      per fortuna esiste un criterio che dice che può diventare ordinario del settore chi ha almeno un articolo su queste riviste, e non chi ha zero anche lui
      peccato che (almeno nel mio settore) il criterio possa essere sostituito da aver pubbicato un qualsiasi libro con ISBN
      a parte tutto il resto, che Graziosi abbia dovuto passare gran parte del suo tempo a difendere la terza mediana è preoccupante

  10. Il problema non è la terza mediana. E’ come è calcolata, e soprattutto cosa compare nelle liste delle riviste di classe A. Io appartengo all’area 10, macrosettore anglistica e americanistica, non sono interessata a diventare ‘commissario’, ma ho visto che ho il semaforo ‘verde’ (penso per via delle mediane due e tre, perché ho pubblicato solo un libro negli ultimi 10 anni). La rivista internazionale Journal of Victorian Culture (editore Routledge/Taylor and Francis) che ha pubblicato recentemente un mio articolo (dopo doppia blind peer review, revisioni, re-submissions, e quant’altro) non compare nella lista di classe A, mentre scopro che supero la terza mediana per altri lavori pubblicati ‘sotto casa’ (o quasi) — non necessariamente peggiori, ma che sicuramente non sono stati vagliati così attentamente da specialisti. Lo stesso è accaduto a una mia collega che, dopo una rigorosa trafila, ha pubblicato un articolo su Textual Practice, altra rivista importante che non è presente nell’elenco delle riviste di classe A per il nostro macrosettore, in cui invece compaiono riviste nostrane innumerevoli, tra le quali — ad esempio — Francofonia, Cultura tedesca e Romània orientale (probabilmente riviste di classe A rispettivamente per francesisti, germanisti e specialisti di studi rumeni, ma sicuramente non molto rilevanti per gli anglisti-americanisti). Ma stiamo dicendo sul serio, o ci stiamo prendendo in giro?

    • Cara Luisa Villa,

      credo che tutti coloro i quali riscontrino tali intollerabili squilibri nella lista di loro competenza dovrebbero segnalare la questione al più presto all’Anvur (come io ho fatto per filosofia).
      Questo, si noti, è particolarmente opportuno per quelli che siano convinti che, almeno in linea di principio, l’introduzione della terza mediana abbia senso, giacché a fronte di certi indifendibili confronti tra riviste escluse ed incluse diviene indifendibile l’idea stessa, sostenuta qui sopra da Graziosi, della terza mediana.
      Di più, se le liste sono state fatte in questo modo si leva un’ombra inquietante anche su ciò che verrà considerato semplicemente rivista scientifica (seconda mediana).

  11. Nei settori umanistici le liste di fascia A per le abilitazioni sono state costruite così:
    1. invito alle Società a fornirne
    2. nomina di un gruppo di lavoro che ha lavorato sulle liste 1 e su quelle preparate dai Gev per la vqr a inizio anno
    3. parere dei gev sull’operato del gdl
    4. decisione finale anvur.

    Nei settori bibliometrici valevano le riviste ISI e Scopus su cui avevano pubblicato docenti e ricercatori italiani

    • ps -aggiungo che credo che in altre aree, come la matematica, sono state usate banche dati addizionali, ma sono tutte informazioni disponibili sul sito anvur

    • Dal documento di accompagnamento delle mediane per i settori non bibliometrici risulta diversamente:

      “Inizialmente si è predisposto l’archivio delle pubblicazioni indicizzate su Web of Science e su Scopus, costruito mediante interrogazioni delle basi dati che utilizzavano il cognome, l’iniziale del nome e l’affiliazione dei soggetti.
      Successivamente, ogni prodotto inserito sul sito docente è stato utilizzato come dato di ingresso di una interrogazione lanciata sull’archivio costruito in precedenza.”

      Non mi risulta che tale documento sia contraddetto da altre note sul sito ANVUR (anche se non è la prima volta che l’ANVUR pubblica note in contraddizione con le sue stesse delibere, vedi il caso dell’indice h_c)

    • Mi compiaccio che si sia seguito un procedimento a piú passi, un po`meno che si cerchi di fare lo scarica barili delle responsabilità! Visti i risultati direi che le persone e metodologie che hanno eseguito questo compito non sembrano essere state all`altezza di svolgerlo con sufficienza, ottusamente perseguito uno scopo con metodi fantasiosi da più parti criticati (certo dai vertici politici e giornali largamente e demagogicamente appoggiate).
      Le mediane intorno non hanno “una zona grigia” ma un buco nero di disguidi, carenze, metodologie inadeguate, finalità non chiare, basi di dati inadeguati, calcoli e ri-calcoli, persone disinformate, poca chiarezza, poca trasparenza, comunicazione inadeguata, …… Causa il poco tempo? Anche.. ma non è questo il punto chiave!
      Quanto e fino a che punto un organo politico top-down (finanziario) può controllare l´Università e orientarla? Quali sono le reali visioni per il futuro dell´Università Italiana in Europa? Perché non avere un sistema dal basso? Uscendo dalle VECCHIE logiche di CONTROLLO ma passando attraverso la PARTECIPAZIONE! Quello che ANVUR ci propone non è una modernizzazione ma un arretramento del sistema, una visione limitata e impoverita di quello che c`era. Io condivido la necessità di cambiamento e “modernizzazione” ma rimane il punto del COME, quale innovazione e visione vogliamo!
      Non credo nelle metodologie “esclusive” o “Divide et impera” (per la mia esperienza non funzionano MAI! Se non per mantenere al potere chi è ai vertici dei “sistemi”) ma credo in quelle “inclusive” dove le persone vengono coinvolte e valutate dal punto di vista lavorativo non con mediane e “medianette” o statistiche LAST MINUTE, ma vengono valutati nella totalità del loro lavoro, ruolo, insegnamento, personalità, internazionalizzazione, numero di progetti, etica lavorativa,….. sulla base di metodologie condivise. Partiamo dalle persone e non dai numeri!

    • “Nei settori bibliometrici valevano le riviste ISI e Scopus su cui avevano pubblicato docenti e ricercatori italiani”

      Spero proprio di no. Sarebbe tragico che un candidato esterno all’università italiana non si vedesse contata una rivista ISI o Scopus, magari di altissimo livello, solo perché non ci ha pubblicato nessun docente e ricercatore italiano. Spero di cuore che questa assurdità sia limitata ai settori non bibliometrici (non perché ce l’abbia con loro ma in una logica di riduzione del danno).

    • Mi scusi, De Nicolao. Ma i commissari stranieri verranno nominati d’ufficio anche se non hanno inoltrato la domanda?

    • No, dovrebbero essere selezionati tra quelli che hanno fatto apposita domanda. A tanto, dovrebbero essere indotti anche da un “gettone” di 16 keuro + spese.

  12. Mi pare che i commenti finora apparsi non abbiano considerato un paio di aspetti che per alcune discipline fortemente legate al territorio – come per es. l’archeologia, la storia dell’arte ma anche, ritengo, la biologia – sono fondamentali. Intendo dire che l’oggetto della ricerca condiziona l’accesso a riviste internazionali o comunque di fascia A. Ad esempio, se scrivo un articolo sui Fori imperiali di Roma è facile che una rivista di fascia A sia interessata a pubblicarlo. Se invece studio gli insediamenti agricoli romani della Barbagia è assai più difficile. Sia dal punto di vista dell’avanzamento della ricerca che della protezione del patrimonio culturale, però, potrebbe darsi che il secondo sia più importante. Diciamo che è una versione particolare dell’effetto mainstream.
    Secondo aspetto: le ricerche sul territorio spesso ottengono finanziamenti dagli enti locali e vengono perciò pubblicate dagli enti finanziatori, che si affidano generalmente a editori locali con una distribuzione meno efficiente. In questa maniera i giovani che dipendono più di altri da questi finanziamenti hanno meno occasione di accedere alle riviste di fascia A (senza contare gli effetti negativi sull’editoria locale).

  13. Del tutto condivisibili i rilievi di L. Villa, per i settori umanistici. In riferimento al chiarimento di Graziosi occorrebbe sapere davvero come ha lavorato questo “gruppo di lavoro”. Il confronto tra le liste gev e quella finale ANVUR mostra discrepanze macroscopiche. Riviste che non comparivano nelle liste gev (“esperti della valutazione”, se non vado errato), o erano in fascia C, ora sono promosse in A. Con la non trascurabile conseguenza che chi ha due o tre articoli su una di esse può ora essere commissario.

  14. Evidenzio una oggettiva ulteriore causa di illegittimità dell’elenco delle riviste di classe A pubblicate il 6 settembre sul sito ANVUR.
    Mi riferisco in particolare all’elenco relativo all’Area 13 Settori Concorsuali 13/B1‐B2‐B3‐B4‐B5.
    Ecco il ragionamento.
    1) Avendo con tale elenco l’ANVUR integralmente recepito la lista delle riviste selezionate dal GEV 13 (salvo alcuni minimi aggiustamenti***), essa ha evidentemente fatto propri i criteri di selezione a suo tempo utilizzati dallo stesso GEV 13;
    2) Uno dei due criteri di inclusione utilizzati dal GEV 13 è stato l’Impact Factor a 5 anni tratto da WoS. A tal proposito il GEV ha utilizzato la release 2010 del Journal Citation Reports (JCR)-Thomson Reuters e tale scelta risulta corretta in quanto la valutazione di cui si occupa il GEV ha ad oggetto il periodo 2004-2010 (tra l’altro alla data di prima pubblicazione della lista GEV l’ultima release JCR disponibile era proprio la release 2010);
    3)Poiché invece:
    a)le liste per l’abilitazione scientifica serviranno a valutare lavori pubblicati entro il 20 novembre 2012 (solvo sopsensione delle procedure…);
    b) fin dal 28 giugno 2012 era disponibile la release 2011 del Journal Citation Reports (JCR) (cfr. http://thomsonreuters.com/content/press_room/science/688332);
    l’Anvur avrebbe dovuto basare la propria selezione ai fini della abilitazione sulla release 2011, quella più aggiornata e disponibile ben due mesi prima della pubblicazione delle liste;
    4) Basta una veloce simulazione per verificare che se si fosse utilizzata la release 2011 la lista delle riviste in classe A-Area 13-Settori Concorsuali 13/B1‐B2‐B3‐B4‐B5 sarebbe diversa.
    Il ragionamento vale ovviamente per tutte le altre liste (altre aree-sett conc) che, avendo integralmente (o quasi) recepito la lista delle riviste selezionate dal GEV di competenza hanno evidentemente fatto propri i criteri di selezione a suo tempo utilizzati dallo stesso GEV e non hanno utilizzato release aggiornate delle fonti di dati.

    ***Tale elenco include:
    1) 444 delle 446 riviste selezionate dal GEV 13 (dal titolo delle due riviste escluse si può supporre che tale esclusione sia stata motivata dalla “non pertinenza” dei temi trattati da tali riviste con quelli oggetto dei Settori Concorsuali 13/B1‐B2‐B3‐B4‐B5);
    2) ulteriori 26 riviste, molte delle quali trattano temi “non pertinenti” con quelli oggetto dei Settori Concorsuali 13/B1‐B2‐B3‐B4‐B5.

  15. Caro De Nicolao,

    ho appena controllato (mi ero molto stupito e preoccupato di possibili errori) e a me risulta che il doc. di accompagnamento Anvur alle mediane per i settori non bibliometrici non contiene alcun riferimento a riviste ISI o Scopus. esso descrive in sostanza la procedura da me esposta.
    cordialmente, ag

    • Certamente, ma io non mi riferivo ai settori non bibliometrici. Piuttosto, mi riferivo alla seguente affermazione:

      Graziosi: “Nei settori bibliometrici valevano le riviste ISI e Scopus *su cui avevano pubblicato docenti e ricercatori italiani*”

      Sarei preoccupato se le riviste utili nei settori bibliometrici fossero limitate a quelle su cui hanno pubblicato docenti e ricercatori italiani. Avendo a disposizione i database ISI e Scopus è molto più logico che vengano ritenuti utili tutti gli articoli su una qualsiasi delle riviste indicizzate, a prescindere dal fatto che vi abbia pubblicato qualcosa un universitario italiano (criterio molto provinciale, by the way). Se non fosse così, si tratterebbe di un’ulteriore grave falla.

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