A fine maggio a Roma si è discusso di scienza aperta nel workshop OpenAIRE. Si è parlato di accesso aperto, open data e di infrastrutture aperte per il sostegno alla ricerca e all’innovazione. Si è anche discusso del modo in cui queste innovazioni possano servire a liberare la scienza contemporanea da mercificazione e rankismo. Assente il MIUR. L’open science si avvia a diventare il presente della scienza. L’Italia ha eretto un fortino per difendere le posizioni di retroguardia?

Il 30 e il 31 maggio si è tenuto a Roma il National Workshop di OpenAIRE

Ricordiamo che OpenAIRE è un progetto finanziato dalla Comunità Europea che nella sua fase iniziale doveva servire a raccogliere le pubblicazioni ad accesso aperto dei progetti finanziati da FP7, poi si è esteso ai dati e in prospettiva diventerà la infrastruttura tecnologica su cui si baserà la European Open Science Cloud.

Il convegno ha riunito ospiti e interventi di elevatissima qualità. Dal MEP Julia Reda, che sta portando avanti la battaglia per la riforma del copyright in particolare per l’eccezione relativa al text and data mining, a Roberto Caso (presidente di AISA) che ha parlato di mercificazione della ricerca scientifica e di etica della scienza (un argomento demodé) e di come l’open science rappresenti una nuova speranza rispetto ai danni creati da mercificazione e rankismo. Da Marina Angelaki (EKT Atene) e Marianne Grootveld (DANS) che hanno parlato di policy sui dati della ricerca e di open access ai dati della ricerca (ricordiamo che la EU si propone di avere ad accesso aperto tutte le pubblicazioni esito dei progetti finanziati entro il 2020, e dal 2017 tutti i progetti presentati se produrranno dati dovranno obbligatoriamente avere allegato un data management plan). Da Barend Mons (EC High level Expert Group on “Open Science Cloud”) che ha parlato della OSC a Bjoern Brembs (Università di  Regensburg) che ha descritto come dovrebbe essere una infrastruttura tecnologica funzionale alle esigenze dei ricercatori, dove apertura, condivisione e collaborazione sono le parole chiave che si vanno a sostituire a chiusura e competizione.

Antonio Vetrò (centro NEXA) ha presentato le analisi sulle policy italiane per l’accesso aperto, esito del progetto Pasteur4OA , Paolo Budroni (Università di Vienna ) ha invece esposto gli esiti di una indagine nazionale condotta in Austria sul trattamento dei dati della ricerca con la finalità di costruire una policy nazionale e una infrastruttura nazionale che ospiti i dati. Ignasi Labastida (Università di Barcellona) ha presentato il toolkit elaborato da LEARN a supporto della creazione e implementazione delle policy sui dati della ricerca.

Questi solo alcuni fra gli interventi che si sono susseguiti nelle due giornate la cui documentazione (slide e video) sarà a breve disponibile  qui e qui.

Due giornate ricche di spunti di riflessione a cui valeva davvero la pena di essere presenti. Si è notata la assenza del MIUR che pure era stato invitato e che ha annunciato la creazione di un gruppo sui big data. Il MIUR  fa registrare assenze costanti nel contesto europeo tutte le volte che si parla di open science, ma l’assenza in un sede romana risulta abbastanza incomprensibile.

Concludiamo con la foto di una delle slide di Brembs che mettono a confronte due bandi di reclutamento di due enti tedeschi. Futuro e presente o presente e passato? E noi a che punto siamo?

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