Segnaliamo ai lettori il documento siglato da ADI, ANDU, CISL-Università, CNU,CONFSAL-CISAPUNI-SNALS, CoNPAss, Federazione UGL Università, FLC CGIL, LINK, RETE29Aprile, SNALS-Docenti, UDU, UIL RUA.
A pochi giorni dalla presentazione della nuova legge finanziaria crediamo che la pazienza sia ormai finita e gli annunci di stampa lasciano presagire gli ennesimi interventi spot senza alcuna ragionevolezza di sistema. In un quadro di sotto-finanziamento del sistema universitario, di cancellazione del diritto allo studio, di azzeramento delle prospettive dei ricercatori più giovani, di blocco dei salari ha preso avvio la nuova procedura di valutazione della qualità della ricerca scientifica. Senza ombra di dubbio sono i soldi dei cittadini a sostenere la libertà della scienza e del suo insegnamento come un bene di tutti e per tutti. Per questo le università e i loro docenti devono essere valutati in modo rigoroso, attraverso metodologie condivise dalle comunità scientifiche, per rendere effettiva la loro responsabilità, valorizzare i migliori, eliminare i privilegi e ridurre le inefficienze.
La Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR) è stata introdotta in Italia proprio con la promessa che si sarebbe finalmente avviato un percorso virtuoso in questa direzione. Sono tuttavia inaccettabili, e sotto gli occhi, di tutti gli effetti distorsivi prodotti dalle modalità con le quali è stata realizzata e dall’uso che è stato fatto dei suoi risultati:
la marginalizzazione della “missione” della didattica. Praticamente tutti gli incentivi sono stati concentrati sulla qualità dei prodotti della ricerca. Risultato: per i professori e per coloro che aspirano a “fare carriera” ogni ora trascorsa al servizio degli studenti rischia di apparire come un’ora di tempo perso;
la trasformazione delle nostre comunità di ricerca in falangi armate secondo la logica non più semplicemente del publish or perish, ma addirittura del publish and kill. Occorre scalare con ogni mezzo le “dettagliatissime” classifiche dell’ANVUR. Risultato: pochi sopravvivranno a questa guerra di tutti contro tutti e il sistema-paese ne risulterà alla fine impoverito;
la spregiudicata utilizzazione della parola d’ordine del “merito” per giustificare una brutale riduzione del finanziamento al sistema universitario, che era già ai livelli minimi fra i paesi più avanzati. Il blocco del turn over e quello degli scatti di anzianità sono gli elementi più evidenti di questa politica, ma gli effetti di lungo periodo saranno la progressiva desertificazione universitaria di intere aree del paese, l’espulsione degli attuali precari e la sostanziale cancellazione del diritto allo studio, soprattutto per i giovani nati nel posto sbagliato.
Abbiamo più volte rimarcato che l’operato dell’ANVUR è parte, ormai, dei mali del sistema universitario italiano e sta gravemente minando la qualità della nostra ricerca e burocratizzando il funzionamento dei nostri atenei.
Per quanto attiene la scarsità di risorse, finanche la timida Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, inviando all’ANVUR le sue osservazioni sul bando della nuova VQR, relativa ai “prodotti” degli anni 2011-2014, ha denunciato la gravità delle conseguenze del taglio delle risorse, avvertendo che “sarà possibile garantire la collaborazione del sistema universitario allo svolgimento del nuovo esercizio VQR 2011-2014” solo a condizione che vi sia il recupero delle risorse tagliate. Nei dipartimenti dei nostri atenei la misura è ormai colma!
Chiediamo alla CRUI di ribadire la propria posizione e, interpretando il malessere ormai da troppi anni diffuso negli Atenei, di invitare le università italiane a non parteciperà alla VQR 2011-2014, almeno fino a quando Governo e Parlamento non avranno dato una risposta concreta e definitiva sul recupero delle risorse sufficienti a garantire:
livelli del diritto allo studio coerenti con l’art. 34 della Costituzione;
lo sblocco totale del turn-over con un vasto piano straordinario di reclutamento per le attuali generazioni precarie e adeguate opportunità di carriera per gli attuali docenti universitari “strutturati” (così da evitare un conflitto interni/esterni);
la fine della incomprensibile discriminazione della quale sono vittime i docenti universitari a causa del prolungamento selettivo del blocco degli scatti di anzianità, con ripristino, ai fini stipendiali e previdenziali, del livello di classi che avrebbero maturato in questi anni di prelievi “straordinari”.
E’ ora più che mai necessario costringere Governo e Parlamento a cambiare rotta e garantire:
la restituzione immediata del 100 per cento delle risorse complessive sottratte al sistema universitario in questi anni, da destinare al diritto allo studio, a nuove assunzioni, allo sblocco degli scatti di anzianità e della contrattazione per il PTA.
l’assegnazione dei fondi cosiddetti “premiali” in modo chiaramente distinto e aggiuntivo rispetto all’assegnazione di quelli necessari a garantire il normale e buon funzionamento delle università e l’assegnazione di fondi di importo equivalente per premiare i risultati e i miglioramenti ottenuti in aree meno favorite dalle condizioni socio-economiche complessive.
la valorizzazzione dell’attività didattica dei docenti e si tenga conto del contesto socio-economico degli atenei, e che si avvii la revisione radicale degli attuali sistemi di valutazione e accreditamento che stanno aggravando le disparità tra atenei. Tali revisioni dovrebbero essere basata sulla co-decisione dei criteri tra componenti studentesche e docenti (ad esempio con un lavoro istruttorio CUN-CNSU), e non mediante una ulteriore imposizione dell’ANVUR.
Riteniamo sia giunto il momento che i singoli docenti, gli studenti, i Dipartimenti e gli organi di governo degli Atenei diano corpo a forme di protesta forti. A ognuno per la sua parte chiediamo di mettere in campo tutte le azioni necessarie a fermare il prossimo esercizio di valutazione almeno fino a quando non sarà data una positiva risposta alle nostre richieste.
Chiediamo ai Rettori, ai Consigli di Amministrazione, ai Senati Accademici, ai Consigli di Dipartimento di approvare mozioni che recepiscano queste proposte e a farsi parte attiva nei confronti del Ministro, del CUN e della CRUI, affinché questi ultimi impegnino Governo e Parlamento a rispondere nel giusto modo alla condizione drammatica del sistema universitario italiano.
Chi fra i docenti acquisirà (o ha già) l’identificativo ORCID, previsto tassativamente dal bando della nuova VQR, si rifiuterà di elencare in ordine di preferenza i prodotti di ricerca attraverso lo strumento informatico messo a disposizione dal CINECA. Di conseguenza gli organi di governo si rifiuteranno di trasmettere le pubblicazioni all’ANVUR perché non selezionate dai docenti interessati. Chiediamo infine a coloro che effettueranno le valutazioni dei “prodotti” di sottrarsi alla logica della lotta darwiniana artatamente imposta al sistema per farlo implodere, assegnando ad ogni lavoro la valutazione massima (con l’ovvia eccezione di eventuali plagi o “falsi”).
E’ evidente che senza una positiva risposta da parte del Governo, l’adesione alla protesta da parte di un largo numero di docenti metterà in discussione la partecipazione delle Università alla valutazione VQR 2011-2014 e il funzionamento della stessa.
Noto alcune sovrapposizioni con il testo del comunicato seguente, che sta circolando via email, a firma di Incoronato (CIPUR) e Merafina (CNRU).
“Il progresso delle conoscenze non avrebbe avuto luogo senza la libertà di ricerca di cui hanno potuto godere gli scienziati. La tutela del diritto a mettere in discussione principi e prassi della pratica scientifica sono intrinsecamente incompatibili con una struttura universitaria burocratica e gerarchica, perché un tale diritto verrebbe calpestato se, nel praticarlo, è necessario criticare il lavoro scientifico di qualcuno al quale la legge ha riservato privilegi feudali nell’allocazione delle risorse e la gestione delle carriere accademiche. Il risultato, inevitabilmente, sarebbe un forte impulso al conformismo scientifico; proprio ciò che non è necessario per il progresso delle conoscenze.
L’esistenza di chi fa ricerca è caratterizzata da continue valutazioni connesse sia alla carriera accademica (ci si sottopone a valutazioni concorsuali per: dottorato di ricerca; posti di ricercatore; posti di professore associato; posti di professore ordinario), sia al finanziamento di un progetto di ricerca (da parte di agenzie di finanziamento italiane e straniere) e sia alla pubblicazione su una delle varie riviste scientifiche dei risultati della propria ricerca. Sono poche le altre attività umane soggette a processi continui di valutazione come quelle relative alla sviluppo della carriera accademica.
Come si riconosce oramai in ambito internazionale, la valutazione della ricerca non può essere basata su una serie di indicatori bibliometrici la cui inadeguatezza e fallibilità è – finalmente – riconosciuta ampiamente anche dai principali beneficiari di tale sistema di indicatori, ma deve essere un processo basato sull’analisi critica di dati e informazioni, che porta a un giudizio nel merito da parte di persone. Pur consapevole del fatto che un tale giudizio, come la storia del progresso delle conoscenze dimostra, può in seguito risultare sbagliato, questo passaggio sembra ineludibile e per la specificità di questa attività è assolutamente essenziale evitare qualsiasi conflitto di interessi (di carriera, di finanziamenti, imprenditoriali) delle persone che esercitano questa funzione.
Inoltre, la ricerca scientifica a livello internazionale sta subendo un processo di snaturamento in quanto la si valuta anche in termini di produttività scientifica come se si stesse parlando di produzione manifatturiera.
Autorevoli esponenti del mondo scientifico, in primis premi Nobel, hanno condannato le ubriacature sia bibliometristiche e sia produttivistiche per i gravissimi danni che stanno procurando alla scienza, non ultimo l’inaridimento di specifici settori fondamentali per il progresso delle conoscenze.
I Docenti Universitari italiani nel corso di questi anni hanno dato prova di altissimo senso di responsabilità, contribuendo a farsi carico delle difficoltà del paese e con tangibili e significativi sacrifici economici rendono possibile il mantenimento e il funzionamento dell’insostituibile sistema dell’istruzione universitaria. Moltissimi Ricercatori universitari, ai quali a norma di legge non competerebbe alcun obbligo d’insegnamento, hanno accettato di tenere insegnamenti senza incremento di retribuzione.
Le retribuzioni dei Docenti universitari oggi si caratterizzano per:
a) blocco degli scatti stipendiali, che solo per la docenza universitaria sono privi di meccanismi di recupero alla fine del blocco (Finanziaria 2010);
b) abolizione della ricostruzione di carriera – che veniva effettuata a seguito di progressione di carriera conseguente al passaggio di ruolo o di fascia – a seguito della legge 240/2010;
c) blocco degli adeguamenti al costo della vita – in modesta percentuale calcolato sui contratti del Pubblico Impiego stipulati nell’anno precedente – anch’essi dal 2010;
d) blocco di adeguamenti ad hoc delle retribuzioni, l’ultimo risalente al lontano luglio 1990;
e) blocco dell’Assegno aggiuntivo, detto anche Assegno di tempo pieno – erogato a coloro che si dedicano esclusivamente alle attività universitarie – risalente al lontanissimo 1985, con un intento per nulla mascherato di penalizzare la scelta del tempo pieno.
Va segnalato che, contrariamente a quanto si sente spesso ripetere, gli scatti sono erogati a docenti universitari in servizio in altri paesi europei quali, ad esempio, la Spagna.
Così come va segnalato che, nonostante i sacrifici economici richiesti alla docenza universitaria e le scarse risorse assegnate al sistema universitario, l’analisi comparata della ricerca scientifica degli enti di ricerca ed università del nostro paese è ai livelli di quella di altri paesi industriali avanzati.
La Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR) è stata introdotta in Italia con la promessa che si sarebbe finalmente avviato un nuovo percorso nella direzione di una migliore valorizzazione dell’attività di ricerca. Sono tuttavia inaccettabili e sotto gli occhi di tutti alcuni effetti prodotti non dalla valutazione in quanto tale, ma dalle modalità con le quali è stata realizzata e soprattutto dall’uso che è stato fatto dei suoi risultati:
1) La marginalizzazione della “missione” della didattica. Praticamente tutti gli incentivi sono stati concentrati sui prodotti della ricerca. Risultato: per i professori e per coloro che aspirano a “fare carriera” ogni ora trascorsa al servizio degli studenti diventa un’ora di tempo perso.
2) La trasformazione delle nostre comunità di ricerca in “falangi armate” secondo la logica non più semplicemente del publish or perish, ma addirittura del publish and kill. Occorre scalare con ogni mezzo le “dettagliatissime” classifiche dell’ANVUR. Risultato: pochi sopravvivranno a questa guerra di tutti contro tutti e il sistema-paese ne risulterà alla fine impoverito.
3) L’enunciazione del “merito” come parola d’ordine utilizzata ai soli fini di tentare di mascherare la brutale riduzione del finanziamento al sistema universitario, che era già ai livelli minimi fra i paesi più avanzati. Il blocco del turn over e quello degli scatti biennali sono gli elementi più evidenti di questa politica, ma gli effetti di lungo periodo saranno anche la progressiva desertificazione universitaria di intere aree del paese e una sostanziale riduzione del diritto allo studio, soprattutto per i giovani nati nel “posto sbagliato”.
La Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, inviando all’ANVUR le sue osservazioni sul bando della nuova VQR, relativa ai “prodotti” degli anni 2011-2014, ha denunciato la gravità delle conseguenze del taglio delle risorse, avvertendo che “sarà possibile garantire la collaborazione del sistema universitario allo svolgimento del nuovo esercizio VQR 2011-2014” solo a condizione che vi sia il recupero delle risorse tagliate.
Chiediamo dunque alla CRUI di annunciare che i docenti delle università italiane non parteciperanno alla VQR 2011-2014, almeno fino a quando Governo e Parlamento non avranno dato una risposta concreta e definitiva sul recupero delle risorse sufficienti a garantire la fine dell’incomprensibile discriminazione della quale sono vittime i docenti universitari a causa del prolungamento selettivo del blocco degli scatti di anzianità, con ripristino, ai fini stipendiali e previdenziali, del livello di classi che avrebbero maturato in questi anni di prelievi “straordinari”.
Chiediamo altresì alla CRUI di esprimersi senza esitazioni sulla inderogabile:
A) prevalenza statale del sistema Università-Ricerca dato l’insostituibile ruolo della Stato, come studi recenti hanno dimostrato, nell’investire nella ricerca per il progresso delle conoscenze. Un tale tipo di investimento, possibile solo da un entità statale che a differenza di una imprenditoriale non mira al profitto o alla produzione di prodotti da commercializzare, è un prerequisito per future scoperte e un paese che adotta una tale strategia di investimento sta investendo sul proprio futuro. Solo investendo adeguatamente in ricerca per il progresso delle conoscenze è possibile per un “Einstein” ottenere finanziamenti per le sue ricerche, la cui applicabilità immediata è nulla, ma la cui influenza sul progresso delle conoscenze può comportare, ovviamente solo a posteriori, cambiamenti paradigmatici.
B) caratteristica di non contrattualizzazione della docenza universitaria che sottraendo i docenti ad una qualsiasi anche mascherata dialettica retributiva negoziale, insieme al principio di inamovibilità, svolge un ruolo chiave nel contribuire a proteggere e rafforzare le libertà di insegnamento, libertà di ricerca e la posizione permanente di influenza sociale dell’università.
C) struttura della retribuzione dei docenti universitari (che abbiamo recentemente dimostrato essere pienamente sostenibile da parte del sistema universitario italiano) caratterizzata da scatti automatici e da eventuali aumenti consolidati per meriti didattici, scientifici e manageriali; meriti da certificare e non valutare con criteri uguali per tutti gli atenei.
D) esigenza di uno sblocco totale del turn-over con un vasto piano straordinario di accesso per le attuali generazioni precarie ed un piano straordinario di progressioni di carriera (evitando così un conflitto interni/esterni).
Chiediamo ai singoli docenti universitari e ai loro Dipartimenti di aderire a una forma di protesta forte che dia un segnale inequivocabile che la misura è colma. Chi di noi acquisirà (o ha già) l’identificativo ORCID, previsto tassativamente dal bando della nuova VQR, si rifiuterà di elencare in ordine di preferenza i prodotti di ricerca attraverso lo strumento informatico messo a disposizione dal CINECA. Se saremo tanti, costringeremo Governo e Parlamento a cambiare rotta.
Chiediamo infine ai nostri studenti di non considerare questo problema come “un affare dei professori” totalmente slegato dalle problematiche studentesche, a cominciare dalla tutela dei livelli del diritto allo studio coerenti con l’art. 34 della Costituzione.
In aggiunta, condividiamo la preoccupazione espressa dalla CRUI in merito al recupero delle risorse sottratte al sistema universitario negli ultimi anni, sottolineando inoltre che tali risorse sono indispensabili anche per ripristinare i livelli di diritto allo studio, il turn-over, e il rinnovo del contratto per il personale TAB.
Riteniamo altresì valide le motivazioni per assegnare fondi “premiali” in modo chiaramente distinto e aggiuntivo rispetto a quelli necessari, e questo in base al principio che fondi “premiali” vanno messi a bilancio senza sottrarli a chi fa il proprio dovere.
In conclusione, invitiamo i Rettori, i Consigli di Amministrazione e i Senati Accademici a farsi parte attiva nei confronti del Ministro, del CUN e della CRUI, affinché sollecitino una pronta risposta dal Governo e dal Parlamento, e evidenziamo che, se venisse a mancare una risposta concreta, l’adesione alla protesta da parte di un largo numero di docenti universitari dei singoli dipartimenti metterà a rischio il processo di valutazione legato alla VQR 2011-2014.”
14 Ottobre 2015
Alberto Incoronato
Marco Merafina
È mentre gli italiani si fanno giudicare da ubriacature bibliometristiche e produttivistiche…. Renzi annuncia “…Cioè Alla fine 500 professori che riportiamo o che portiamo a fare i professori slegati dalle dinamiche burocratiche tradizionali della pubblica amministrazione.”…. vi ripoto una parte della sua intervista a “Che tempo che fa”, domenica 11 Ottobre 2015, min. 44:00 …..
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Renzi:- Un po’ più serietà! Però, mi scusi, questo è un passaggio importante. L´Italia questo tema l`ha sottolineato per prima, l`importanza di recuperare una dimensione unitaria. Cioè se dico, per il nostro paese in futuro immagino un ruolo meno, meno secondario rispetto a quello fatto sino ad oggi.
E sto pensando su questo al Mediterraneo, all´Africa, agli investimenti in cooperazione, agli investimenti culturali. Perché poi non saremo mai una super potenza nucleare, però SIAMO UNA SUPER POTENZA CULTURALE, e allora dobbiamo portare gli studenti di quei paesi a crescere da noi. (riferimento al discorso precedente)
Fazio:- Anche se la fuga dei cervelli continua. Noi parliamo molto d’immigrazione ma poi c`è l´emigrazione. Per ogni emigrato che entra, ho letto, ci sono tre italiani che vanno all´estero a lavorare.
Renzi:- Sì! C´è anche un passaggio da dire. Non è che tutti quelli che vanno all´estero sono necessariamente dei cervelli e quelli che rimangono qua sono dei pancreas.
Fazio:- No certo! ….Tre italiani, tre italiani…. Forza lavoro….
Renzi:- Il punto è che una parte degli italiani negli ultimi anni se ne è andata dall´Italia. IO dico….Se un ragazzo vuole andare a inseguire il proprio sogno fuori dall´Italia, BENE!
Però, vorrei creare un clima per cui se se la sente di tornare, trova un paese dinamico, vivo!
Ecco! Da questo punto di vista, noi metteremo in legge di stabilità una misura ad hoc, …gliela dico subito se vuole… perché mi ha fatto un “assist” inconsapevole.
Per portare non soltanto da fuori Italia, ma anche italiani, 500 professori universitari, per attrarre i cervelli, per dirla come dice Lei… anche italiani non necessariamente stranieri o da fuori.
L´abbiamo fatto per i direttori dei musei.
Fazio:-Cioè!
Renzi:- Cioè noi diamo con un concorso nazionale, che sia un concorso basato sul MERITO, MERITO, MERITO! Non importa di chi sei amico, è importante chi sei, cosa hai fatto, quali progetti hai.
E gli diamo non soltanto l´assegno come professore ma anche una sorta di gruzzolo (??) che si può tenere per i propri progetti di ricerca e che può spendere in una qualsiasi Università che decide di investire (??).
Cioè Alla fine 500 professori che riportiamo o che portiamo a fare i professori slegati dalle dinamiche burocratiche tradizionali della pubblica amministrazione.
I 500 PIÙ BRAVI (??), vorrei che potessero scegliere l´Italia. Perché l`Italia è questo nel mondo, cioè è un luogo dove le idee …..possono veramente fiorire.
Il problema è che negli ultimi anni noi abbiamo perso qualche posizione… allora riuscire ad avere un ruolo non basato sull´istinto, non basato su quello che.. che.. che..che..dice il giornale la mattina, allora bè ….vedo che la Francia bombarda qui, io bombardo là, questo è un atteggiamento da “Risiko”, la politica estera è una cosa un pochino più seria. E avere questo atteggiamento credo debba renderci anche un po` più orgogliosi dei nostri valori….. continua……
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http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-97e00f59-dd60-4efa-a89d-29f50f86f453.html
La cosa incredibile è che una frase del genere “Cioè noi diamo con un concorso nazionale, che sia un concorso basato sul MERITO, MERITO, MERITO! Non importa di chi sei amico, è importante chi sei, cosa hai fatto, quali progetti hai.” l’ha detta la Gelmini ! Evidentemente Renzi e Gelmini hanno lo stesso sceneggiatore che gli scrive le battute.
Una teoria plausibile quella che “Evidentemente Renzi e Gelmini hanno lo stesso sceneggiatore che gli scrive le battute.“ La seconda ipotesi potrebbe essere che semplicemente hanno la stessa forma mentis :-)
Noto che non ce la state facendo. Pazienza. Ma anche peccato. Infatti, come so benissimo che sapete e condividete, verso le 16.30 non ho espresso giudizi arbitrari e tantomeno calunnie, ma (per usare il linguaggio del Wiener Kreis) pure proposizioni protocollari, oggettive registrazioni di una cronaca chiara come il sole; e questo senza la minima concessione a scurrilità o turpiloquio.
Li vogliamo proprio trattare coi guanti il gentleman di estrema destra laidamente sedicente di sinistra (nonché ovviamente nemico esiziale di cultura e università) che ha posto le condizioni per la reintroduzione della dittatura e i milioni e milioni e milioni (fra cui tanti e tanti e tanti del “corpo” accademico) che, votandolo, gli consentiranno tosto di tradurre la potenza in atto?
Esiste il diritto a questo mondo e noi non vogliamo essere chiusi per diffamazione.
Pura registrazione di una cronaca evidentissima è ben altro da diffamazione.
Se poi, come vedo accadere in questo miserevole paese (cioè popolo), moltissimi (con ogni probabilità la netta maggioranza, e certamente la quasi totalità degli addetti a giornali catodici e non) vedono (oppure dicono-scrivono di vedere, fingendo per loro convenienza o, nei molti casi più atrocemente patologici, a proprio salato danno) altro o tutt’altro dalla lampante realtà (senza dimenticare i tanti che se ne infischiano, come fanno sempre e comunque in omaggio a una solidissima tradizione nazionale), ebbene, niente di meno nuovo sotto il sole.
Avete presente la favola sui vestiti nuovi dell’imperatore? Io ho da sempre caro l’unico non indecente, il bambino che dice ciò che vede. Il diritto non consente di fare il bambino o di dare la parola a chi fa il bambino? Sarà perché è da sempre in mano a chi più o meno turpemente comanda
No il diritto non consente, mi spiace. Inoltre noi ci firmiamo con nome e cognome, e sopporteremmo le conseguenze delle sue ingiurie, lei no. Quindi adesso basta recriminare, grazie.
Forse possono essere ingiurie solo nella seguente accezione del termine (cito la Treccani): “atto o discorso o pensiero che implicitamente comporti un giudizio sfavorevole, tale da urtare la suscettibilità altrui”.
Certo, se il giudizio vero, anzi la mera constatazione della realtà è (non implicitamente ma del tutto esplicitamente) sfavorevolissima per il soggetto constatato, dovrebbe essere un problema grave e umiliante per lui. Ma lei ha ragione a ricordarmi che il mondo ha un livello tale che invece può essere un problema penale per il constatante. Quindi chiudiamo qui
Buongiorno a tutti. Volevo chiedere una cosa:
mi confermate che i nuovi docenti, quelli che sono andati in carica dopo i concorsi con le abilitazioni con i criteri Anvur:
1. hanno avuto dei VANTAGGI e non degli svantaggi per la ricostruzione di carriera, in quanto oltre a non avere il periodo di starordinariato, sono stati messi nella classe stipendiale 4 che era la massima a cui poteva aspirare un docente negli anni precedenti, e poteva essere ottenuta solo con 12 anni di anzianità visto che venivano riconosciuti solo i 2/3 (quindi no straordinariato e classe maggiore o uguale a quello che avveniva prima)
2. non sono sottoposti al blocco degli scatti stipendiali.
Scrivo questo perché è opinione diffusa che i nuovi docenti siano stati “penalizzati” mentre sembrerebbe invece che non lo siano.
Visto che siete una delle pochissime voci indipendenti ed oneste sull’accademia, potete fare chiarezza, magari con un articolo dedicato?
Grazie
Non sono esperto di classi stipendiali, ma credo di poter escludere che i colleghi neo-assunti siano esentati dal blocco degli scatti.
Sugli scatti, potrei essermi sbagliato, anche se, essendo i nuovi scatti triennali e non essendo a conoscenza di atenei che abbiano messo in funzione la “valutazione del complessivo impegno didattico, di ricerca e gestionale ai fini dell’attribuzione degli scatti triennali”, è possibile che i docenti post-Gelmini non li abbiano ancora ricevuti. Sarebbe interessante, avere notizie più precise dagli interessati.
Ho appena aperto il primo cedolino da associato e c’è scritto classe 0.
evidentemente c’è qualcosa che non va nel suo cedolino, oggi ho letto il bellissimo articolo di Maurizio Zani in prima pagina e direi che conferma esattamente quello che dicevo io quindi mi sembra impossibile che si possa essere in classe 0, inoltre gli scatti non sono bloccati
https://www.roars.it/i-docenti-gelmini-sono-gia-s-bloccati/
Anche io ho letto proprio ora l’articolo di Zani, che mi pare si soffermi principalmente sulla questione degli scatti e non sulla classe stipendiale. Mi sfugge qualcosa?
ps. come ricercatore ero in classe 4.
Se si tratta del “primo cedolino da associato” è normale che sia in classe 0, che dura tre anni (cf. le tabelle allegate al DPR 15 dicembre 2011, n. 232). Si passa in classe 1 dopo tre anni nel nuovo ruolo in caso di valutazione positiva.
Comunque, il nostro ateneo non ha ancora comunicato nulla a chi ha già fatto tre anni nel ruolo post-Gelmini.
Evidentemente non per tutti “..i docenti “Gelmini” sono (già) s-bloccati”…
Buongiorno,
scrivo per far notare che non è possibile affermare che i PA/PO entrati con la Gelmini sono avvantaggiati economicamente rispetto agli altri: l’unico vero vantaggio oggettivo è che non devono essere confermati e questo consente indubbiamente di lavorare più rilassati, ma non incide sulla retribuzione.
A livello economico la maggioranza di loro ha invece avuto un danno retributivo rilevante in quanto ha perso la ricostruzione di carriera che per molti avrebbe garantito il passaggio alle classi 3 e 4: tutti partono infatti dalla classe 0 indipendentemente da quanti anni di servizio hanno fatto. L’innalzamento dello stipendio base previsto dalla Gelmini non compensa l’aumento che in passato era legato all’inserimento nelle classi 3 e 4: il danno è ovviamente tanto maggiore quanto più si è anziani (come carriera).
Solo chi è passato PA/PO con un’anzianità non superiore ai 6 anni (e sono pochissimi) ha avuto un vero vantaggio. Quest’ultimo sarebbe più significativo per i PO, ma è probabilmente un caso di “scuola”, ovvero non esistono neo PO con un’anzianità così piccola (e mi scuso con gli interessati se ho sbagliato, in tal caso tanti complimenti e… molta invidia! eh eh).
E’ poi non valutabile il concetto dello “sblocco già verificatosi” in quanto nessuno degli assunti in base alla Gelmini ha maturato i tre anni di anzianità per chiedere la valutazione cha permette di acquisire il nuovo scatto stipendiale.
Segnalo peraltro che tutti, post o pre Gelmini, hanno invece un significativo credito verso lo Stato. Senza pretendere di essere trattati come i magistrati (che hanno dalla loro la sentenza dell’Alta Corte a noi contraria), tale credito nasce semplicemente dall’equiparazione con gli altri dipendenti della PA che si occupano di ricerca (ovvero lo “sblocco” degli scatti con decorrenza dal 1° gennaio 2015). A questo si deve poi da aggiungere il riconoscimento economico-giuridico dei quattro anni persi.
Il tutto, per chi avrà la valutazione positiva dell’Ateneo, porta ad un incremento mensile retributivo che oscillerà (valori spannometrici per difetto) dai 150 ai 250 euro: il valore varia a seconda del ruolo e del fatto che nel frattempo si sia ottenuta una promozione (si noti che quest’ultima incide in negativo).
Conclusione: continueremo a discutere tra chi sta “meno peggio” tra PA/PO pre e post Gelmini o ci attiveremo per avere quanto ci spetta?
Saluti,
Paolo Tedeschi
PS Non si chiedono invece gli arretrati, ovvero le retribuzioni perse tra il 2011 e il 2014: esse rappresentano infatti il sacrificio di ricercatori e docenti a favore della collettività. Si chiede solo quanto dato dal governo alle altri dipendenti della PA (ovviamente magistrati esclusi).
[…] Niente valutazione senza valorizzazione […]