«Un’aggiunta da 150 milioni di euro al budget delle università … che azzera quasi del tutto il taglio già in programma per il fondo di finanziamento ordinario del 2015». Non solo: «Una prima boccata d’ossigeno che può aprire le porte degli atenei subito a 700-800 ricercatori e a regime fino a 2mila nuovi cervelli all’anno». Se prestiamo fede ai quotidiani, la Legge di stabilità 2014 sembra essere un vero affare per l’università. Sarebbe bello se arrivasse davvero «un piccolo segnale di fiducia dopo anni di mannaia». Ma è tutto oro quel che luccica? Tanto per cominciare, ci sono «una serie di misure di spending review che toccano anche gli acquisti degli atenei (tagliati 34 milioni per il 2015 e poi 32 per i due successivi)». Ma le spine non finiscono qui. Per vederci chiaro, analizziamo il testo trasmesso al Capo dello Stato per la firma. Attenzione: testo aggiornato, con le modifiche apportate alla legge di stabilità, il 25.10.2014 alle ore 19,40. Vedi sotto.

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L’articolato, nelle parti che ci interessano, è in più punti mal scritto e pone problemi interpretativi, secondo uno stile non nuovo – purtroppo – al legislatore italiano.

Nelle righe che seguono si tenta una interpretazione: se essa è corretta, vi sono buoni motivi per essere seriamente preoccupati.

  • art. 13 c.  10 [18 c. 12]: si incrementa l’FFO (Fondo di Finanziamento Ordinario per gli atenei) a decorrere dal 2015 per 150 milioni di euro “al fine di incrementare la quota premiale”. Questa misura sterilizza in parte gli effetti del cosiddetto “taglio Tremonti”, pari a 170 milioni di €. Da notare che l’incremento per 150 milioni è stabile e non una tantum.
  • art. 21 c. 3 [22]: è prorogato fino al 31.12.2015 il blocco degli automatismi stipendiali per il personale non contrattualizzato (professori e ricercatori inclusi). Le retribuzioni sono bloccate dal 2010, con effetti che si riveleranno molto significativi in particolare sul personale più giovane, che a fine carriera si troverà ad aver raggiunto classi stipendiali inferiori a quelle che gli sarebbero spettato. Il danno si trasferirà, ovviamente, anche sul trattamento previdenziale.
  • art. 28 c. 15 [29 c. 18]: le risorse per la realizzazione di un polo universitario nella sede di Erzelli sono dirottate all’FFO a partire dal 2016 e fino al 2022 in ragione di € 5 milioni annui.
  • art. 28 c. 16 [29 c. 19]: l’FFO è ridotto di 34 milioni per il 2015 e di 32 milioni per il 2016 e 2017 dal 2016 al 2022, “in considerazione di una razionalizzazione della spesa per acquisto di beni e servizi da effettuarsi a cura delle università”. Gli indirizzi per l’attuazione della razionalizzazione saranno definiti con successivo DM.
  • art. 28 c. 17: i fondi della gestione stralcio del Fondo speciale per la ricerca applicata, pari a 140 milioni, sono versati alle entrate dello Stato per essere devoluti all’FFO.
  • art. 28 c. 21 [29 c. 24]: analoga previsione per il FOE (Fondo di Finanziamento per gli Enti Pubblici di Ricerca), che è ridotto di 42 milioni a decorrere dal 2015. Il [precedente] comma 20 prevede anche riduzioni per i compensi dei componenti i CdA degli enti di ricerca in modo da ottenere risparmi pari a 916.000 € nel 2015 e un milione a decorrere dal 2016. Tali importi sono sottratti al FOE.
  • art. 28 c. 28 [29 c. 31]: le università “virtuose” (ossia quelle che, ai sensi del Dlgs. 49 del 29 marzo 2012, “al 31 dicembre dell’anno precedente riportano un valore dell’indicatore delle spese di personale inferiore all’80 per cento”) possono assumere, dal 2015, ricercatori a tempo determinato di tipo A e B “anche utilizzando le cessazioni avvenute nell’anno precedente riferite ai ricercatori [..] [di tipo A], già assunti a valere sulle facoltà assunzionali del presente comma”. In sostanza, a partire dal 2015 gli atenei che rispettano il previsto parametro potranno applicare un turnover pari al 100% per ricercatori di tipo A e B utilizzando le risorse liberate dai ricercatori tipo A scaduti. Da notare che, nella presente formulazione, parrebbe che ciò si possa fare solo per i ricercatori “già assunti a valere sulle facoltà assunzionali del presente comma”. Dunque, la disposizione diventerebbe operativa non prima del 2018 (gli RTDa hanno durata pari a 3 anni, salvo l’eventuale proroga per altri 2 anni). Viene dunque sanato l’assurdo principio per il quale posti a tempo determinato sono sottoposti a turnover (un ricercatore TDa costa 0,5 punti organico, ma con le attuali regole alla sua fuoriuscita rientrano solo 0,25 punti organico a causa dei limiti di turnover), ma tale provvedimento riguarderebbe solo il futuro lasciando inalterata la situazione per quanto concerne gli RTDa già assunti.
  • art. 28 c. 29 [29 c. 32]: è soppresso il rapporto, vincolante per gli gli atenei con una percentuale di professori di I fascia superiore al 30 per cento del totale dei professori, fra assunzione o avanzamento di un professore ordinario e assunzione di almeno un ricercatore di tipo B. Il rapporto è adesso esteso a tutti i ricercatori, siano essi di tipo A o B.
  • art. 28 c. 30 [29 c. 33]: si estende alle università l’art. 3 c. 3 del dl 90/2014 (secondo periodo), in ragione del quale “a decorrere dall’anno 2014 è consentito il cumulo delle risorse destinate alle assunzioni per un arco temporale non superiore a tre anni, nel rispetto della programmazione del fabbisogno e di quella finanziaria e contabile.”

Si può dunque osservare quanto segue: l’FFO recupera parzialmente il taglio Tremonti ma si aggiungono ulteriori tagli, non piccoli, per gli anni 2015-2017 2022. Tali tagli sono legati a una razionalizzazione di spesa per gli acquisti di beni e servizi. Sembra per questo motivo che se ne possa dedurre che tali tagli siano permanenti e cumulativi. Va però osservato che, stando all’ultima versione della legge, pare che lo staff ministeriale sia riuscito (e per fortuna) a scovare un’ulteriore rifinanziamento dell’FFO per 140 milioni, grazie ai fondi FSRA. In tal modo le riduzioni di spesa sono di fatto sterilizzate, ma solo per i primi anni: la questione, insomma è rimandata. Va però ricordato che mentre i tagli sono permanenti, i fondi FSRA ed ex Erzelli sono una tantum. Quindi, una volta esaurite le risorse reperite, le riduzioni dell’FFO saranno effettive in modo del tutto analogo ai precedenti “tagli Tremonti”: e sono riduzioni di dimensioni importanti.  [Sarà da vedere come e quanto i tagli, in piccola parte ridotti e solo dal 2016, grazie allo storno dei fondi “Erzelli” impatteranno sul funzionamento degli atenei].

Le norme che favoriscono l’assunzione di ricercatori sembrano soprattutto dirette agli RTDa, sancendo – casomai ce ne fosse ancora bisogno – la morte della “tenure track” all’italiana. Inoltre tali norme, per quanto ragionevoli, pare che resteranno non operative per lungo tempo: sarebbe stato ragionevole che esse fossero state immediatamente applicabili, per le cessazioni di RTDa già assunti: allo stato, infatti, le assunzioni di RTDa si traducono in una perdita secca di capacità assunzionale da parte degli atenei, a causa dei vincoli di turnover; infatti, se la lettura qui fornita è corretta, si prevede il turnover al 100% a partire dal 2018 (calcolando la data di scadenza di RTDa reclutati nel 2015 e non prorogati), anno per il quale il turnover sarebbe comunque risalito – salvi futuri interventi legislativi – al 100%. Da questo punto di vista, la disposizione è del tutto vuota. In questo senso, il Governo sembra aver scelto di applicare un turnover al 100% solo ed esclusivamente a quelle assunzioni di RTDa compiute da atenei “virtuosi”: per questo motivo, tutte le assunzioni già perfezionate di RTDa, e per questo riferibili anche ad atenei che non rispettino i parametri dell’80%, ricadranno sotto la scure dei vincoli di turnover. Resta il fatto che da più parti si riteneva necessario incentivare il reclutamento di RTDa, anche per rimediare alla preannunciata emorragia di assegnisti ex lege Gelmini, che dovrebbe cominciare fra pochi mesi, quando costoro matureranno il quarto anno di contratto e non potranno essere rinnovati. Se l’interpretazione qui proposta è corretta, la legge di stabilità non assicura alcun rimedio all’esodo degli assegnisti, con tutte le conseguenze negative che ciò avrà sugli Atenei e sugli individui.

Infine, il cumulo delle risorse previsto dall’art. 29 c. 33 consente, parrebbe di capire, di far salvi margini di spesa (punti organico) derivanti dalla cessazione di personale non ancora utilizzati, adottando un termine massimo per l’uso di tali margini pari a tre anni.

In conclusione, ancora una considerazione sull’FFO, basata su quella che pare l’interpretazione più probabile e più attenta alla lettera della disposizione.

Il “taglio Tremonti” avrebbe causato una riduzione dell’FFO di

  • -170 milioni permanenti

Il “rifinanziamento” proveniente dalla legge di stabilità di

  • +150 milioni permanenti

porta il taglio a

  • -20 milioni permanenti

A questi si aggiungono

  • +140 milioni ex fondo FSRA una tantum
  • -34 milioni per il 2015 permanenti
  • -32 milioni per il 2016 dal 2016 al 2022. permanenti
  • -32 milioni per il 2017
  • +10 +35 milioni ex Erzelli (anni 2016 e 2017-22) una tantum

I tagli di spesa permanenti, pari a 278 milioni di €, dovrebbero cominciare a farsi sentire sull’FFO solo fra qualche anno, una volta consumate le risorse ex FSRA. Speriamo che nel frattempo si cominci a pensare a un rifinanziamento del sistema oltre che ad assicurare un minimo di stabilità e di certezza agli atenei, affinché possano programmare le loro attività senza essere continuamente esposti a variazioni del finanziamento assegnato.

Se ipotizziamo che la boccata d’ossigeno costituita dal 140 milioni dell’ex fondo FSRA venga distribuita su due anni (2015 e 2016), abbiamo il seguente quadro riassuntivo.

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Dopo il 2015 e il 2016, in cui tagli e rifinanziamenti, grosso modo, si compensano a vicenda, ricomincia l’erosione dei tagli. Complessivamente, il minor finanziamento da qui al 2023 ammonterebbe a quasi un miliardo e mezzo di Euro (1.431 milioni, per la precisione) e, curiosamente, il taglio medio annuale sarebbe pari a -159 milioni, una cifra poco minore del taglio Tremonti (-170 milioni). Insomma, la boccata d’ossigeno è solo temporanea, mentre nel lungo periodo l’obiettivo rimane la completa realizzazione del “piano Tremonti”. Anzi, peggio del piano Tremonti, in quanto, a partire dal 2023, la variazione oramai consolidata rispetto al 2014 sarebbe pari a -278 milioni.

Pertanto, in cambio della (temporanea) boccata di ossigeno, c’è stato un incremento del +64% del taglio a regime, che è passsato dal paventato -170 di Tremonti ad un ben più pesante -278 nel 2023. Insomma, non solo l’iniziale dilazione del taglio Tremonti verrà ripagata quasi interamente entro il 2023, ma da quel momento in poi il taglio permanente (-278 milioni) supererà di ben 108 milioni annui l’attuale taglio Tremonti (-170).

Il che porterebbe il saldo totale a -108 milioni, fra ora e il 2017, con l’FFO che solo dal 2018, ricomincerà a crescere (sempre grazie alle quote ex Erzelli) di 5 milioni/anno.

E’ certo vero che queste cifre sono migliori di quelle di cui si è parlato solo poche settimane fa. E che anziché un immediato “taglio Tremonti” di 170 milioni ci ritroviamo con un “taglio Renzi” di 108 milioni fra il 2015 e il 2017, dunque spalmato su più anni e per questo più gestibile oltre che – sicuramente molti sperano – oggetto di possibile correzione (spes ultima dea). Resta il fatto che rebus sic stantibus, e se bene abbiamo compreso – da qui al 2018 – l’FFO continuerà a decrescere.

Chi scrive si augura di poter essere smentito o, meglio ancora, di veder scritta diversamente la legge di stabilità proposta al Parlamento.

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31 Commenti

  1. Carissimi,
    per quel che può valere, scrivo qui la mia proposta di decreto legge, di modifica della l. n. 240/2010, la cui esigenza sorgerebbe proprio a seguito del venir meno del vincolo po-rtdb, e dunque una volta approvata la legge.
    Sicuramente, ci saranno molti errori/orrori, sia attivi che omissivi, ma il senso della proposta rimane, e non è certo questa la sede per le limature.

    Nella legge 30 dicembre 2010, n. 240:
    1) il primo comma dell’art. 16 è sostituito dal seguente:
    1. E’ istituita l’abilitazione scientifica nazionale, di seguito denominata «abilitazione». L’abilitazione ha durata quadriennale e richiede requisiti distinti per le funzioni di professore di prima e di seconda fascia e di ricercatore di ruolo. Sono ammessi alla procedura per l’ottenimento dell’abilitazione alla funzione di ricercatore di ruolo solo coloro che, al momento della relativa domanda, sono titolari di un contratto di cui all’articolo 24, comma 3, lettera a), a cui si applica la disciplina di cui all’articolo 24, comma 5-bis. L’abilitazione attesta la qualificazione scientifica che costituisce requisito necessario per l’accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori e al ruolo di ricercatore.

    2) il primo comma dell’art. 18 è sostituito dal seguente:
    1. Le università, con proprio regolamento adottato ai sensi della legge 9 maggio 1989, n. 168, disciplinano, nel rispetto del codice etico, la chiamata dei professori di prima e di seconda fascia e dei ricercatori di ruolo, esclusivamente ai sensi dell’articolo 24, comma 5-bis, nel rispetto dei principi enunciati dalla Carta europea dei ricercatori, di cui alla raccomandazione della Commissione delle Comunità europee n. 251 dell’11 marzo 2005, e specificamente dei seguenti criteri:
    a) pubblicità del procedimento di chiamata sul sito dell’ateneo e su quelli del Ministero e dell’Unione europea; specificazione del settore concorsuale e di un eventuale profilo esclusivamente tramite indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari;
    informazioni dettagliate sulle specifiche funzioni, sui diritti e i doveri e sul relativo trattamento economico e previdenziale;
    b) ammissione al procedimento, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 29, comma 8, di studiosi in possesso dell’abilitazione per il settore concorsuale e per le funzioni oggetto del procedimento, ovvero per funzioni superiori purche’ non già titolari delle medesime funzioni superiori. Ai procedimenti per la chiamata di professori di prima e di seconda fascia possono partecipare altresì i professori, rispettivamente, di prima e di seconda fascia già in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, nonche’ gli studiosi stabilmente impegnati all’estero in attività di ricerca o insegnamento a livello universitario in posizioni di livello pari a quelle oggetto del bando, sulla base di tabelle di corrispondenza, aggiornate ogni tre anni, definite dal Ministro, sentito il CUN. In ogni caso, ai procedimenti per la chiamata, di cui al presente articolo, non possono partecipare coloro che abbiano un grado di parentela o di affinità, fino al quarto grado compreso, con un professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata ovvero con il rettore, il direttore generale o un componente del consiglio di amministrazione dell’ateneo;
    c) applicazione dei criteri di cui alla lettera b), ultimo periodo, in relazione al conferimento degli assegni di ricerca di cui all’articolo 22 e alla stipulazione dei contratti di cui all’articolo 24 e di contratti a qualsiasi titolo erogati dall’ateneo;
    d) valutazione delle pubblicazioni scientifiche, del curriculum e dell’attività didattica degli studiosi di cui alla lettera b). Le università possono stabilire il numero massimo delle pubblicazioni in conformità a quanto prescritto dal decreto di cui all’articolo 16, comma 3, lettera b), e accertare, oltre alla qualificazione scientifica dell’aspirante, anche le competenze linguistiche necessarie in relazione al profilo plurilingue dell’ateneo ovvero alle esigenze didattiche dei corsi di studio in lingua estera;
    e) formulazione della proposta di chiamata da parte del dipartimento con voto favorevole della maggioranza assoluta dei professori di prima fascia per la chiamata di professori di prima fascia, dei professori di prima e di seconda fascia per la chiamata dei professori di seconda fascia, dei professori di prima e di seconda fascia e dei ricercatori di ruolo per la chiamata dei ricercatori, e approvazione della stessa con delibera del consiglio di amministrazione.

    3) all’art. 24, dopo il comma 5, è inserito il seguente comma 5-bis:

    5-bis Nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione, nel terzo anno di contratto di cui al comma 3, lettera a), solo se finalizzato a svolgere anche attività di didattica e, nel caso in cui i relativi oneri sono a carico di altri soggetti, quando è stata stipulata una convenzione almeno quindicinale, l’università valuta il titolare del contratto stesso, che abbia conseguito l’abilitazione scientifica di cui all’articolo 16, ai fini della chiamata nel ruolo di ricercatore, ai sensi dell’articolo 18, comma 1, lettera e). In caso di esito positivo della valutazione, il titolare del contratto, alla scadenza dello stesso, e’ inquadrato nel ruolo dei ricercatori, mantenendo gli obblighi di didattica previsti dal contratto di cui era titolare. La valutazione si svolge in conformità agli standard qualitativi riconosciuti a livello internazionale individuati con apposito regolamento di ateneo nell’ambito dei criteri fissati con decreto del Ministro. La programmazione di cui all’articolo 18, comma 2, assicura la disponibilità delle risorse necessarie in caso di esito positivo della procedura di valutazione. Alla procedura e’ data pubblicità sul sito dell’ateneo.
    Se il titolare del contratto ha presentato domanda per l’ottenimento dell’abilitazione alla funzione di ricercatore di ruolo, il contratto è prorogato fino alla pubblicazione del relativo esito e, qualora l’esito sia positivo, fino al termine della procedura di chiamata di cui all’articolo 18, comma 1, lettera e), nonché, quando anche l’esito della procedura di chiamata sia positivo, fino al primo giorno in cui è possibile prendere servizio in base al decreto di nomina in ruolo.

    Mi spiace non aver potuto mettere in grassetto le parti nuove degli artt. 16 e 18, mentre è chiaro che il comma 5-bis dell’art. 24 sarebbe tutto nuovo (se pur mutuato dal comma 5).
    Francamente, allo stato non mi pare ci sia un’altra via di salvezza per il reclutamento (in senso stretto) di docenti universitari in Italia. Altrimenti, dovremo arrenderci ad un sistema che, in pratica, si occupa solo di progressioni di chi è già dentro. Per quanto riguarda l’rtdb, secondo me non ci sarebbe neppure motivo di eliminarlo espressamente…lo si potrebbe pure lasciare lì, tipo panda, per ricordarsi di un insuccesso.
    Tom Bombadillo

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