Il 12 febbraio è stato pubblicato sulla rivista elettronica Times Higher Education un articolo dal titolo scioccante: “La ‘vera’ stima del costo del Research Excellence Framework (REF) supera il miliardo di sterline”. Per l’Italia, Roars aveva stimato il costo della VQR nell’ordine di 300 milioni di euro, mentre la stima di Geuna e Piolatto, scontando del 50% il costo opportunità, era di 182 milioni. Vi sono dunque buone, ulteriori, ragioni per ritenere che la VQR rappresenti un cospicuo, e quindi non banale, investimento a cui deve corrispondere un adeguato beneficio per la comunità – gli amici inglesi direbbero “value for money”.
Il 12 febbraio è stato pubblicato sulla rivista elettronica Times Higher Education un articolo dal titolo scioccante:
La ‘vera’stima del costo del Research Excellence Framework (REF) supera il miliardo di sterline
Tale stima è stata effettuata dal prof. Robert Bowman, direttore del Centro per i media nanostrutturati della Queen’s University di Belfast, sommando i seguenti addendi: 600 milioni per la preparazione della documentazione da sottoporre a valutazione, 300 milioni per la loro selezione e validazione, 200 milioni per la gestione centralizzata della documentazione, 100 milioni per gli studi di caso. Dal computo è stato escluso il costo del tempo dei docenti impiegati nella revisione dei prodotti. Il prof. Bowman ha ammesso che la sua stima, che tiene conto del costo totale degli stipendi dei professori, costituisce un tetto massimo, ed ha sfidato i colleghi a proporre modifiche realistiche alle sue assunzioni che consentano di giungere ad una cifra inferiore a 500 milioni di sterline, pari a 675 milioni di euro.
Ma veniamo a casa nostra. Il REF è uno sviluppo del RAE, a cui sono stati aggiunti gli studi di caso, e la VQR è figlia del RAE. E’ dunque lecito proporre alcuni parallelismi (cfr. http://www.de.unito.it/unitoWAR/ShowBinary/FSRepo/D031/Allegati/WP2014Dip/WP_16_2014.pdf). Se alla stima prudenziale del costo del REF di 500 milioni di sterline vengono sottratti i 100 milioni relativi agli studi di caso, si scende a 400 milioni di sterline, pari a 540 milioni di euro.
Una stima del costo della VQR da noi effettuata nell’aprile 2012 era dell’ordine di 300 milioni di euro, ottenuti come somma dei seguenti addendi: 7 milioni ANVUR, 9 milioni GEV, 51 milioni predisposizione dei prodotti da valutare, 19 milioni per costi interni di università ed enti di ricerca, 216 per i referaggi (https://www.roars.it/si-puo-stimare-che-la-vqr-costera-300-milioni-di-euro-e-a-pagarli-sara-luniversita/). Tale stima è stata in più occasioni contestata dall’ANVUR e da altri osservatori in base all’assunzione che il costo opportunità del tempo dedicato dai revisori non debba essere incluso nel computo. E tale è stata la scelta di Bowman che, tuttavia, è giunto ad una cifra quasi doppia della nostra (540 milioni rispetto a 300).
Geuna e Piolatto hanno pubblicato un rapporto dal titolo: “Lo sviluppo della valutazione della ricerca nel Regno Unito e in Italia: costoso e difficile, ma probabilmente meritevole di essere fatto (per unpo’)” (http://www.de.unito.it/unitoWAR/ShowBinary/FSRepo/D031/Allegati/WP2014Dip/WP_16_2014.pdf). La loro stima del costo della VQR è la seguente: 10 milioni di euro CINECA, 1 milione ANVUR, 66 milioni costi interni delle università ed enti, 105 referaggi (l’assunzione è che la revisione delle pubblicazioni è parte del lavoro dei ricercatori e che i ricercatori acquisiscono in tal modo nuove conoscenze, per cui il costo opportunità è stato scontato del 50%), per un totale di 182 milioni.
I tre esercizi adottano metodologie non completamente comparabili – nel primo il costo opportunità della revisione viene escluso, ma quello relativo alla predisposizione della documentazione risulta molto alto, mentre negli altri due viene incluso – ma nel complesso collocano il costo della valutazione della ricerca delle università e degli enti di ricerca tra 540 milioni e 182 milioni di euro, per cui il punto di caduta potrebbe essere intorno ai 300 milioni. Vi sono dunque buone, ulteriori, ragioni per ritenere che la VQR rappresenti un cospicuo, e quindi non banale, investimento a cui deve corrispondere un adeguato beneficio per la comunità – gli amici inglesi direbbero “value for money”.
Sorvoliamo sul fatto che due economisti e uno storico economico nel cosniglio direttivo dell’Anvur non considerino i costi opportunità come dei costi, fosse per loro il tasso d’intersee o lo sconto intertemporale non esisterebebro. C’è sempre da imparare, e comincio a pensare che i miei soggiorni dis tudio all’estero siano stati inutili,con buona pace di coloro che a ogni occasione ci cantano le magnificienze dell’education starniera. La frontiera è qui, altr che storie.
Ma venendo al sodo. La VQR ha richiesto a ciascun docente di selezionare tre prodotti sulla base di una lista di riviste di diverso grado. Dopo di che i risultati sono aggregatie si fa una graduatoria. Ora le liste delle riviste sono fatte, magari sono da aggiornare, il software che elabora i risultati dovrebbe essere a posto, ma comunque faccio presente che esistono software liberi a 16 variabili che usano entropie non estensive e risolvono problemi di aggregazione molto più seri e complessi e sono correntemente usati sia nell’industria del suono che in quella aeronautica. A questo punto vi chiedo ma ha senso non dico spendere 180 milioni, ma anche 10 milioni a bilancio per il funzionamento dell’ANVUE per fare una valuatzione ogni 4-5 anni? Non sarebbe razionale fare un bando tra le università per gestire la valutazione e prevedere una remunerazione a gettone per il Consiglio Direttivo, che avrebbe così un ruolo di garante, invece di remunerarlo con 1.281.000 l’aanno, costringendolo a produrre oggetti come la SUA, che fanno impallidire il Conte Raffaello Mascetti? Spiegatemi come fareste a un/a bambino/a di 6 anni perchè non si può fare.
Ho svolto il compito di valutatore della vqr, esaminando diversi lavori, e alla fine non ho ancora ricevuto il compenso previsto! Dicono che non hanno una lira…! Straordinario! Sarebbe pero’ utile, in vista della prossima vqr, che ci fosse qualche curioso disponibile a verificare, per i propri settori, se si sono correlazioni, sul piano dei migliori punteggi assegnati, tra gev e docenti delle universita’ di riferimento o accademicamenti vicini. Cosi’ si avrebbero dei dati empirici su cui impostare la discussione.
esatto. tutti a farsi belli (si fa per dire) del lavoro fatto – senza pagarlo.
PS per precisione aggiungo che ho fatto da valutatore per il MIUR di un progetto nel 2011-2012, e pure lì niente pagamento o rimborso delle missioni fatte. come al solito, f***i col c**o degli altri.
Caro collega Bellavista,
anche nel mio caso è andata come nel tuo. Ultima valutazione VQR consegnata nel febbraio 2013 (due anni fa!), dati fiscali e bancari comunicati in settembre 2013, nessun pagamento ancora ricevuto. Dopo diverse mail senza risposta, circa un mese fa una sconsolata funzionaria ha ammesso che al momento non ci sono notizie su quando saranno effettuati i pagamenti.
I costi della VQR sono stati in buona parte scaricati sul lavoro gratuito dei revisori.