La riforma Moratti
Anche Letizia Moratti, Ministra dell’Istruzione, università e ricerca nel secondo governo Berlusconi fece approvare una riforma del sistema dei concorsi universitari. Si trattò come era già avvenuto nel passato di un “decreto delegato”, il Decreto Legislativo 6 aprile 2006, n. 164, in applicazione della delega prevista dall’art. 1 comma 5 della Legge 4 novembre 2005, n. 230. Il nuovo sistema dei concorsi non fu mai applicato, anche perché, a breve distanza dall’entrata in vigore del decreto, ci furono nuove elezioni che diedero luogo ad una nuova maggioranza e ad un nuovo governo.
Per l’accesso ai ruoli di professore di prima o seconda fascia la riforma Moratti prevedeva un giudizio di idoneità, distinto per fascia espresso da commissioni distinte per fascia, seguito da chiamate da parte delle facoltà. Le idoneità erano però a numero chiuso. Il numero massimo di idoneità conferibili era determinato da calcoli complicati che partivano dalla indicazione “dei posti da ricoprire” per ciascuna fascia e ciascun settore, da parte delle università. Per i professori ordinari questo numero era inizialmente raddoppiato e poi ulteriormente incrementato del 25% per idoneità “riservate” a professori associati anziani.
Per i professori associati questo numero era pure raddoppiato, con la previsione che all’interno dell’incremento le idoneità fossero riservate a diverse categorie tra le quali spicca uno sparuto drappello di tecnici laureati, cui per qualche ritardo o mancata raccomandazione non si poteva applicare la leggina di sanatoria del 1999 e cioè i “tecnici laureati già ammessi con riserva alla terza tornata dei giudizi di idoneità per l’accesso al ruolo dei professori associati, bandita ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n.382 e non valutati dalle commissioni esaminatrici”.
Bisogna anche osservare che, secondo la riforma Moratti, le chiamate degli idonei da parte delle facoltà dovevano essere “procedure selettive” che erano oggetto di appositi regolamenti deliberati e adottati dalle diverse sedi universitarie.
Per quanto riguarda i ricercatori la riforma Moratti si limitava a consentire la copertura dei relativi posti solo fino al 30 settembre 2013.
E’ probabile che tra le ragioni per le quali la riforma Moratti non fu mai applicata ci sia stata la difficoltà di determinare il numero massimo di idoneità conferibili.
Due anni di proroghe
Al Governo Berlusconi succedette nel 2006 il secondo governo Prodi che ebbe come Ministro dell’Università e della Ricerca Fabio Mussi. Il nuovo Governo decise innanzitutto di riordinare il sistema di reclutamento dei ricercatori universitari disponendo, attraverso una disposizione della Legge Finanziaria 2007 (art.1, comma 647 della Legge 27 dicembre 2006, n. 298), che il reclutamento fosse regolato da un Regolamento (ex art. 4 della Legge 400) anziché da norme di legge. Il Regolamento (redatto principalmente dal Sottosegretario Luciano Modica) risultò molto complesso anche perché si proponeva il difficile traguardo di tradurre in norme compatibili con la legislazione italiana le prassi in vigore nelle migliori università degli Stati Uniti. La bozza di regolamento si scontrò con le obiezioni del Consiglio di Stato. Una volta superate queste obiezioni, il regolamento finalmente adottato dal Governo nell’autunno del 2007, incontrò le obiezioni della Corte dei Conti che obiettava alla ipotesi di prevedere giudizi espressi da relatori anonimi, una ipotesi in contrasto con il diritto del cittadino di accedere agli atti della pubblica amministrazione che lo riguardano. In definitiva il Regolamento non fu mai applicato. Il Governo Prodi riaprì inoltre i concorsi a professore di prima e seconda fascia con le vecchie regole. L’ultima proroga della vecchia normativa avvenne poco prima dell’anticipato scioglimento delle Camere (Decreto Legge 31 dicembre 2007 n.248, convertito dalla Legge 28 febbraio 2008, n. 31). Per un periodo molto breve, dopo la pubblicazione del Decreto Legge n. 248 del 2007, fu in vigore una disposizione che limitava il numero degli idonei, nei concorsi di prima o seconda fascia ad un solo vincitore. Ma questa disposizione cadde con la conversione in legge del decreto.
La riforma Gelmini.
Nel giugno 2008 entrò in carica il terzo governo Berlusconi, con Maria Stella Gelmini Ministra dell’istruzione dell’università e della ricerca. Il primo provvedimento del governo in tema di reclutamento universitario fu adottato attraverso il Decreto Legge 180 del 10 novembre 2008, che alla vigilia (letteralmente) delle elezioni per la formazione delle commissioni dei concorsi di prima e seconda fascia revocò le elezioni e stabilì che al posto dei commissari eletti sarebbero stati nominati commissari sorteggiati. Per di più tutti i commissari, anche quelli per il ruolo degli associati, sarebbero stati professori di prima fascia. Analoghe disposizioni si applicavano alle commissioni dei concorsi per ricercatore.
Nel frattempo era in preparazione una riforma completa del sistema di reclutamento, che si concretò nella Legge 30 dicembre 2010,n. 240, tuttora in vigore, la cosiddetta Riforma Gelmini.
La nuova legge dichiara definitivamente “ad esaurimento” il ruolo dei ricercatori, anticipando il termine del 30 settembre 2013, previsto dalla Legge Moratti, oltre il quale non sarebbe stato più possibile bandire concorsi per il ruolo dei ricercatori. I ricercatori universitari, secondo la riforma possono essere assunti solo con un contratto “a tempo determinato”. Sono previsti però due tipi di contratto a tempo determinato. Il contratto di tipo a) può essere rinnovato fino a cinque anni, ma non dà nessuna garanzia in merito alla promozione a professore associato. Il contratto di tipo b) ha una durata massima di tre anni e non è rinnovabile, per concorrere ad un tale contratto è necessario tuttavia essere stato per almeno tre anni, ricercatore di tipo a) o titolare di una analoga posizione post-dottorale. Tuttavia, il ricercatore di tipo b) che abbia conseguito l’abilitazione di seconda fascia (cfr infra) ha diritto ad essere valutato per la promozione a professore associato. Questa promozione non può essergli negata per ragioni economiche in quanto, prima del bando, l’università deve prevedere nella programmazione del bilancio lo stanziamento necessario per l’assunzione in ruolo del ricercatore con la qualifica di professore associato.
Sembrerebbe che nelle intenzioni del legislatore, il reclutamento iniziale dovrebbe avvenire prevalentemente attraverso le posizioni di ricercatore di tipo b). E’ prevista tuttavia la possibilità di reclutare direttamente professori di prima e seconda fascia, attraverso concorsi cui possono partecipare solo i soggetti che hanno conseguito l’abilitazione, rispettivamente, di prima o di seconda fascia.
L’abilitazione, che comunque costituisce un requisito indispensabile per entrare nei ruoli, è conferita da commissioni nazionali, una per ogni “settore concorsuale” che restano in carica due anni. Le commissioni sono formate da quattro professori ordinari, sorteggiati tra chi si è autocandidato, ed uno studioso straniero. I settori concorsuali sono diretti discendenti dei raggruppamenti previsti dalle misure urgenti del 1973. E’ previsto però che nessun settore concorsuale conti meno di cinquanta professori di prima fascia afferenti al settore.
Chi consegue l’abilitazione potrà partecipare ai concorsi banditi dalle diverse sedi, ma come si è detto, i ricercatori di tipo b) abilitati, potranno essere chiamati senza una valutazione comparativa con altri possibili candidati. Per i primi sei anni di applicazione della legge la possibilità di essere chiamati direttamente varrà anche per gli abilitati che sono già nei ruoli dell’università ed aspirano ad una promozione.
A distanza di tre anni dalla approvazione della riforma non è ancora possibile valutarne gli effetti. La maggioranza delle commissioni ha completato i lavori, ma i risultati ufficiali sono noti soltanto per un piccolo numero di settori concorsuali. Il reclutamento attraverso i bandi per ricercatore di tipo b) non ha per ora funzionato. Sono pochissimi infatti i concorsi di questo tipo banditi dalle diverse sedi. E’ probabile infatti che prima di impegnare stabilmente risorse per bandire concorsi per ricercatori di tipo b) le università vogliano valutare i costi delle promozioni dei loro “interni” che risultano abilitati.
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Personalmente credo di essere stato beneficiato dalla presenza di soli PO nella commissione d’esame e dalla loro selezione (a parte l’interno) basata sul sorteggio.
La presenza di soli PO determina, almeno in linea di principio, pari forza nella scelta, ed il sorteggio impedisce, almeno in linea di principio, accordi preventivi.
Chiaro che il tutto ha senso se ci sono almeno 2 e 3 persone da idoneare. Come ai miei tempi.
Se si deve selezionare 1 sola persona, allora tanto vale far fare la scelta, consultata l’area scientifica interessata, direttamente al Rettore o al Direttore del Dipartimento, con chiamata diretta sulla base di una qualche lista considerata “ufficiale” o sulla base di una “call specifica”.
Il sorteggio non impedisce nulla … crea solo l’illusione. Purtroppo.
Se ci fossero state delle asticelle fisse a vincolare le commissioni [x n. di prodotti (articoli/manuali(trattati) necessari, ma non sufficienti] la storia forse sarebbe stata diversa … forse… perché la storia non si fa con i se.