Quali saranno gli effetti indiretti della riforma costituzionale sull’Università?  L’art. 117 della Costituzione vigente menziona la ricerca scientifica e tecnologica nell’ambito della definizione delle legislazione concorrente Stato-Regioni. Nella proposta di riforma si introducono invece come nuove competenze statali esclusive l'”istruzione scientifica universitaria e programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica”. 

In questo modo si offre copertura costituzionale all’articolato pacchetto di misure legislative che il governo Renzi ha già messo a punto: cattedre Natta (per 500 super-docenti scelti da commissioni nominate dal presidente del consiglio), ludi dipartimentali (che sposteranno irreversibilmente risorse dagli Atenei del Sud e delle Isole, a quelli del Nord), finanziamento diretto del governo ai singoli docenti. Tutte misure caratterizzate da un inusitato accentramento delle decisioni nelle mani della presidenza del consiglio. Dopo il referendum, se la linea governativa risulterà confortata dal voto, il nuovo articolo 117 della costituzione servirà per legittimare queste misure.

I colleghi che si lamentano e mugugnano nei corridoi hanno ancora tre giorni per decidere. Dopo il 4 dicembre non resterà che tacere.

depression

A pochi giorni dal voto è opportuno riflettere attentamente su un “effetto indiretto” costituzionale (nel senso dei colpi di biliardo che imprimono una particolare rotazione alla palla per indurla a colpire in modo imprevedibile) passato inosservato e che non è entrato nella discussione pubblica.

L’art. 117 della Costituzione vigente, nell’ambito della definizione delle legislazione concorrente Stato-Regioni, menziona la ricerca scientifica e tecnologica, accoppiandola – lì, si direbbe, giustamente – all’idea del “sostegno all’innovazione per i settori produttivi”.

Il legislatore costituzionale del 2001 sapeva di rivolgersi ai territori e accettava l’idea di offrire una legittimazione costituzionale agli enti e centri di ricerca che molte regioni avevano nel tempo istituito. Il legislatore del 2001 parlava di ricerca scientifica e tecnologica (rigorosamente) non universitaria e la metteva al servizio (perché il concetto a seguire è collocato nello stesso periodo della norma) dell’innovazione dei sistemi produttivi regionali, con una caratterizzazione territoriale sottintesa proprio dal fatto che in quel punto la Costituzione tratta di legislazione concorrente Stato-Regioni.

Ma un conto è la ricerca scientifica extra-universitaria al servizio dei territori delle regioni. Un conto è l’Università.

Nella nuova competenza statale esclusiva dello Stato immaginata e propostaci dal governo, si coglie l’occasione per inserire una parola che non ha mai albergato nell’art. 117: “universitaria“.

Nella proposta di revisione costituzionale sottoposta a referendum si parla infatti di “istruzione scientifica universitaria e programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica“, introducendo così nuovo materiale testuale e nuovi dispositivi di senso (cioè: parole) nella nostra Costituzione, menzionando esplicitamente un termine che doveva rimanere gelosamente custodito nel recinto dell’art. 33 della nostra Carta fondamentale.


articolo-33


E guarda caso la parola che non c’era (“universitaria”) viene messa accanto a un altro gruppo di parole in parte nuove: “programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica”.

Non dimentichiamo che il nuovo Parlamento potrà sfoggiare non solo i suoi muscoli elettorali, ma anche quelli istituzionali: il nuovo Senato dei non eletti parteciperà alla designazione dei componenti della Consulta con la nomina due giudici di sensibilità governativa. La futura Corte Costituzionale potrà fare tesoro del richiamo esplicito alla “istruzione universitaria” e alla “programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica”, quest’ultima non più riferita alla precedente competenza concorrente con le regioni ordinarie. E potrà servire a costruire argomentazioni tese a giustificare l’idea che il governo abbia titolo a dettare l’agenda strategica della ricerca scientifica e tecnologica condotta dall’università anche investendo sulla didattica. Per un approfondimento del punto si rimanda qui.

In sintesi: nella proposta di riforma costituzionale c’è una parola “universitaria” che prima non c’era, sta nella competenza esclusiva, ed è quella che potrebbe permettere di incidere testualmente sull’interpretazione costituzionale, retroagendo anche sull’art. 33.

Lo Stato, se vuole “governare l’innovazione”, può creare (e di fatto crea) tutte le cabine di regia che vuole, ma non deve farlo dettando istituzionalmente l’agenda della ricerca universitaria. Certamente non con il finanziamento ordinario.

Quali sono gli scenari resi possibili dalla nuova formulazione costituzionale? In genere gli scenari possibili disegnati dai giuristi a seguito di modifiche costituzionali sono caratterizzati da un elevatissimo grado di incertezza. In questo caso però ci sembra che alcune leggi ordinarie già approvate e bozze di decreti del governo ci permettano di capire bene quale sia la portata della riforma costituzionale su università e ricerca.

Il nuovo articolo 117 della costituzione sembra disegnato appositamente per dare legittimazione postuma alle visioni governative in via di attuazione.

L’elenco è presto fatto:

  • le 500 cattedre Natta, definite nella legge di stabilità 2016, per le quali la bozza di DPCM prevede che sia direttamente la Presidenza del consiglio a nominare delle commissioni che sceglieranno i professori che se le aggiudicheranno [si veda qui];
  • il torneo tra i dipartimenti, il Renzi University Trophy (artt. 43-45, legge di stabilità 2017) che permetterà al governo di finanziare direttamente i dipartimenti vincenti, scavalcando gli organi istituzionali degli atenei; [si veda qui]
  • il finanziamento ordinario diretto dal governo a ricercatori e professori associati, scavalcando gli atenei (art. 41, legge di stabilità 2017); [si veda qui]
  • la misura sui cosiddetti “dottorati innovativi”, che s’innesta sulla fortissima contrazione che i dottorati italiani hanno conosciuto negli ultimi anni [si veda qui].

In particolare il torneo tra dipartimenti , come abbiamo dettagliatamente documentato in questo post, si configura come un modo per trasferire risorse ordinarie di funzionamento dagli atenei del Sud – cui andranno 154 milioni di euro – a quelli del Centro-Nord che riceveranno 1,06 miliardi, dietro la cortina fumogena del premio al merito.

Con il torneo tra dipartimenti c’è però in gioco anche l’autonomia degli Atenei cui viene tolta la facoltà di ridistribuire al loro interno risorse fra le aree del sapere, verticalizzando il rapporto fra esecutivo e dipartimenti premiati. Di fatto le scelte discrezionali di fondo del Governo attuale condizioneranno per cinque anni, cioè ben oltre il mandato elettorale, l’allocazione strutturale delle risorse che la collettività investe per dare effettività all’art. 33 della Costituzione.

Le misure di cui stiamo parlando sono state finalizzate in tempi sapientemente coerenti con la riforma costituzionale. La “cabina di regia” ha lavorato in perfetto sincronismo.

Se passa il Sì, l’innovazione testuale non tarderà a produrre i suoi effetti. Banalmente, riceveremo mail che annunceranno nuovi adempimenti da espletare, senza più alcuna difesa, quali obbedienti e rassegnati esecutori di una ricerca di base strutturalmente condizionata dalle scelte dell’esecutivo.

Il voto che tutti noi deporremo nell’urna il 4 dicembre, è anche il voto su questa implementazione e sugli scenari applicativi che prospetta al senso più nobile e profondo del nostro impegno quotidiano nell’Università, che è quello che dovrebbe indurre a difendere il valore della libertà accademica e della autonomia dell’Università [si rimanda qui].

I colleghi che in corridoio s’indignano, e con occhi rabbiosamente spenti e frasi di circostanza si lamentano per quello che piove loro in testa, già adesso, se guardano con favore a questa riforma costituzionale, hanno ancora pochi giorni per riflettere e fare pace con loro stessi.

Oppure dal 5 dicembre sapranno come dimostrare il loro intimo stato di belligeranza. Tacendo.

 

 

 

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43 Commenti

  1. Scusa, ma il suo ragionamento non mi convince. Premesso che ho deciso di scrivere ROARS e quindi annullare la scheda, ma perché mai mi dovrei far convincere da ragionamenti che mi sembrano, lo dico con rispetto, elettoralmente “forzati”?
    Provo a sintetizzare il suo ragionamento:
    votiamo NO perchè altrimenti la nuova costituzione permetterà al governo di fare più tranquillamente quello che già fa. Mi scusi, ma se le cose “brutte” le fa già, votando NO lascio tutto com’è adesso, e le cose “brutte” continuerà a farle, con l’alibi che l’ha costretto la coalizione e il bizantinismo della attuale costituzione. … il NO non risolve ed è per questo che non voto NO, il SI non risolve ed è per questo che non voto SI. Annullo la scheda, scrivo ROARS e mando il mio messaggio, se tutti e 60.000 facessimo così qualcuno, forse, se ne accorgerebbe!

    • Certo paolo…ma anche NO :-D
      .
      Votando NO si ferma intanto questa brutta riforma della Costituzione…non del regolamento della bocciofila comunale. Scusate se è poco.

    • Lilla, ho deciso: annullerò per la prima volta in vita mia la scheda. Voterò: ROARS.
      Vota e fai votare ROARS :-)

  2. Devono prendere atto del malcontento, altrimenti sarà l’ennesima occasione perduta. La caduta verso il basso non ha limite e la riduzione della rappresentatività sarebbe addirittura sancita da noi. La solita storia del tacchino contento di celebrare il Natale.

  3. Il diffusissimo malcontento nell’Università, devastata da venti anni di riformismo maldestro e di tagli selvaggi, brilla per inerzia, silenzio e supina rassegnazione.
    Con questa vicenda del referendum gli statali hanno ottenuto il rinnovo del contratto, i pensionati l’aumento delle pensioni minime, i giovani il bonus e così via.
    Gli universitari non sono nemmeno stati presi in considerazione e hanno ricevuto solo provvedimenti inutili, odiosi e controproducenti, quali le cattedre Natta, il torneo dipartimentale con i risultati già scritti e nuovi bizzarri processi di valutazione che si sommano ai troppi già in essere.
    Una comunità silente e perennemente divisa non è una comunità. E questo è purtroppo quello che ci meritiamo, per aver subito in silenzio questo scempio per troppi anni.
    Col referendum, qualunque sia il risultato, non cambierà nulla. Purtroppo sono diventato scettico. L’unica speranza è che si risveglino gli studenti, perché i professori e i ricercatori ormai non li sveglia più nessuno.

  4. Lo sforzo di connettere le vicende del Referendum con le politiche universitarie dei governi degli ultimi 20 anni (forse anche di più) non mi convince. Per l’Università che vinca il SI o il NO cambia molto poco, non esiste da parte di alcuna forza politica un progetto serio sull’ Università e la ricerca. La destra leghista è all’ età della pietra, il PD è in buona parte subalterno al mantra bocconian o/ confindustriale, il M5S è in materia il vuoto pneumatico.
    La stampa governativa è allineata al mantra di cui sopra, quello che traspare dalla stampa di opposizione (vedi Fatto Quotidiano) spesso ricalca i soliti stereotipi sui baroni, sul povero ricercatore fuggito all’ estero perchè oppresso in Italia, quindi per l’università e la ricerca dove butta, butta male. Ovunque solo fuffa, demagogia e incompetenza, Allora meglio che si voti sul merito della riforma, perchè per recuperare qualcuno in grado di fare una politica decente su università e ricerca dovremo aspettare ancora molto.

    • Non c’è un particolare sforzo di connessione, ma un’analisi dell’art. 117 “riformato” (che il lettore trova qui: https://www.roars.it/lautonomia-delluniversita-al-tempo-della-riforma-costituzionale/). Inoltre, quelli che sono citati non sono interventi risalenti ad anni fa, ma “visioni governative in via di attuazione”, ovvero:
      – le 500 cattedre Natta,
      – i Ludi dipartimentali, il Renzi University Trophy
      – il finanziamento ordinario diretto dal governo a ricercatori e professori associati
      – la misura sui cosiddetti “dottorati innovativi”.
      Sono tutti interventi di cui i colleghi si lamentano nei corridoi o davanti al distributore automatico. Se passa la riforma, avremo ancora meno difese di fronte a una serie di interventi tutti recentissimi e tutti promossi dallo stesso governo che chiede di riformare la Costituzione. No, non è vero che “Per l’Università che vinca il SI o il NO cambia molto poco” e la chiusa del post è un monito quanto mai opportuno:
      _________________
      “I colleghi che in corridoio s’indignano, e con occhi rabbiosamente spenti e frasi di circostanza si lamentano per quello che piove loro in testa, già adesso, se guardano con favore a questa riforma costituzionale, hanno ancora pochi giorni per riflettere e fare pace con loro stessi.

      Oppure dal 5 dicembre sapranno come dimostrare il loro intimo stato di belligeranza. Tacendo.”

    • @ De Nicolao
      Lodevolissimo ma del tutto vano parlare ai sordi (tantissimi, mi creda, fra i suoi colleghi) che, al referendum, hanno già da tempo-da sempre deciso di premiare il pupazzo, il suo agghiacciante partito e il loro disegno paradittatoriale (o perlomeno di non osteggiarli), e giungono persino a fare finta che (come puntualmente documentato da roars negli scorsi mesi) gli unicissimi sprazzi di attenzione e sostegno alle istanze favorevoli a una politica universitaria diversa dalla presente, orribile e umiliante, non siano giunti dal M5S e dal “Fatto” (con “il manifesto”, il solo quotidiano cartaceo non tristamente appecoronato al regime vigente in questo povero paese, cioè popolo).
      C’è chi scrisse un “Discorso sulla servitù volontaria”. Era francese, ma si direbbe che conoscesse e tenesse presenti gli italiani ancora (e molto) più dei suoi conterranei

    • Giuseppe De Nicolao Personalmente credo che la riforma non sposti nulla sull’Università. Le cose citate si fanno a Costituzione vigente come tutte le infinite scelleratezze fatte negli ultimi 20 anni. La barriera costituzionale per la difesa dell’ Università (come dice anche il post citato) è l’articolo 33 e non il 117 (Competenze Stato Regioni) dove anzi trovo la riforma sin troppo timida, essendo io un ammiratore del modello statuale francese. Che lo stato riprenda una competenza esclusiva in materia di istruzione mi trova perfettamente d’accordo in particolare su Istruzione Universitaria e Ricerca Scientifica e tecnologica. I Comitati regionali di coordinamento previsti dal DPR 25 del 1998 (governo di centrosinistra terrorizzato dai tam tam dellea Lega) sono stati una autentica iattura, sono stati i principali artefici della moltiplicazione di sedi universitarie, anche in luoghi improbabili, solo per soddisfare le clientele locali di turno.

    • “Le cose citate si fanno a Costituzione vigente come tutte le infinite scelleratezze fatte negli ultimi 20 anni”
      _______________________
      In certi casi ci si ammazza anche con le cinture di sicurezza. Io preferisco tenerle allacciate. Se le cattedre Natta verranno fermate (non è detto), sarà anche grazie all’art. 33. Indebolirlo, non mi sembra la strategia migliore. Soprattutto alla luce della coerenze dei provvedimenti già ora sul tavolo e della coerenza con il progetto di riforma costituzionale.

    • Mi sembra chiaro che questo referendum sia anche una orrenda prova di forza del governo in carica, che vorrebbe modificare la costituzione contro buona parte del paese (e speriamo contro più del 50% dei votanti), con una maggioranza parlamentare ottenuta grazie a una legge illegittima e facendo macerie del proprio stesso partito. Ci volevano vent’anni di Berlusconi per arrivare a proporre una simile oscenità.

    • @Giuseppe De Nicolao
      L’Art. 33 non viene toccato, sul 117, la mia critica è che hanno fatto troppo poco.

      @Ciro
      Mi piacerebbe parlare con una persona e non con uno pseudonimo. Non amo il Fatto Quotidiano anche se penso che ogni governo ha bisogno di chi lo frusti, quindi speriamo ci sia sempre una sana e dura stampa di opposizione. Una delle cose che non amo è la gestione dei blog piena di Troll anonimi che usano l’insulto invece del cervello.

    • “L’Art. 33 non viene toccato, sul 117, la mia critica è che hanno fatto troppo poco.”
      ______________
      Nessuno ha detto che viene modificato l’art. 33, ma è stato spiegato in dettaglio come il nuovo art. 117
      ______________
      “identifica un’azione di apposizione di limiti non richiesta nella delimitazione delle competenze Stato-Regioni, rivelando il suo carattere strumentale alla volontà di far dire dal 5 dicembre in poi alla nostra Carta costituzionale ciò che essa, come abbiamo visto, oggi non dice.
      Per altro verso fa capire perchè da parte governativa si ostenta tanta sicurezza nel ricordare che la Costituzione subordina l’autonomia universitaria alle “scelte sistemiche che la politica è chiamata a fare”…”
      https://www.roars.it/lautonomia-delluniversita-al-tempo-della-riforma-costituzionale/
      ____________________
      Una lettura supportata da argomenti giuridico-costituzionali e anche da citazioni testuali di un esponente di governo, oltre che dal raffronto con le misure politiche messe in atto con grande coerenza tra di loro e con la chiave di lettura fornita da Umberto Izzo. Dispiace dover ripetere all’infinito, ma per contestare questa tesi sarebbe bene entrare nel merito dell’analisi di Izzo che, non a caso è richiamata da questo (più agile) post dedicato ai “colleghi che in corridoio si lamentano”.

    • Non si preoccupi del mio cervello, lucidamente funzionante come attestano forma e contenuti di tutti i miei interventi (che fra l’altro – forse lo avrà capito – spesso danno per implicite, anche per ovvie ragioni di contenimento della loro lunghezza, la ripresa e l’approvazione delle analisi e ARGOMENTAZIONI contenute nei post di questo sito); e non chiami insulti quelle che sono mere registrazioni della lampante realtà (registrazioni dure e incattivite, indubbiamente, come del resto non possono non essere quando si è costretti a confrontarsi con dittatorucoli arrembanti, certo da operetta – siamo pur sempre in italia e fra italiani – ma nondimeno nocivi e a loro modo pericolosi).
      Dopodomani voterà serenamente sì, cioè pupazzo e pd. Come del resto è assolutamente logico e giusto che faccia chi gradisca il turpe modello dell’uomo solo al comando (cioè, per definizione, del miserabile solo al comando), ovvero sia, ben prima che politicamente, caratterialmente-esistenzialmente di destra (e, per chi risponda a tale identikit – cioè per la chiara maggioranza del popolo italico -, quale occasione migliore di quella, che ormai da non poco tempo si offre in Europa e in particolare in italia, di votare per la destra piena e feroce votando e dicendo di avere votato un partito di centrosinistra?)

  5. Cari colleghi vicini e lontani, se NON volete diventare ancor di più pedine inerti e inermi di un sistema che mira (come un qualsiasi padrone miope, avido e in fin dei conti tonto) a risparmiare sulla vostra pelle e sulla vostra salute fisica e mentale; se NON volete mettervi ancor di più nelle mani di una iperburocrazia che costa enormemente, danneggiandovi, e che ha eroso la democrazia sostanziale; se NON volete diventare partecipanti e sostenitori di una gara ignobile e ascientifica dove si sa già chi saranno i vincitori … regolatevi di conseguenza.

  6. Sottoscrivo l’appello di Marinella Lorinczi. Non offrire le vene al conte Dracula, non assicurare consensi a chi palesemente considera l’istruzione un affare di McDonald’s e la ricerca un affare di IIT.

  7. Ho cercato di riassumere qui le ragioni per le quali esprimerò un convinto NO alla proposta di riforma della Costituzione: http://www.biuso.eu/2016/12/02/anche-per-questo-voto-no/

    Tra i documenti, ho inserito anche l’articolo di Roars -come sempre lucido e documentato- dedicato alle conseguenze della riforma sull’Università e sulla libertà di ricerca.
    Spero davvero che la gran parte dei colleghi si renda conto di che cosa è in gioco per il nostro lavoro di docenti/studiosi e per la nostra identità di cittadini.

  8. Non so se sia autentica (se non lo è, mi scuso per esserci cascato) ma laStampa.it ha pubblicato una lettera intitolata “Gli scienziati per il Sì al Referendum”. I dubbi sull’autenticità derivano dal non comprendere cosa possa aver indotto diversi colleghi (alcuni anche molto noti) a firmare un testo così. Pensavo fosse Lercio o uno di quei siti con l’URL storpiato ad arte per assomigliare a quelli più noti. Ma sembra davvero laStampa.it
    _____________________

    “Siamo preoccupati per la piega incivile che sta prendendo il dibattito sul prossimo referendum, sembra una corrida invece di una discussione politica, in cui il toro è Renzi.

    È preoccupante vedere un’opposizione che ritiene suo compito supremo far cadere il governo, questa non è la democrazia che vogliamo. Il governo sia giudicato e magari bocciato al compimento del suo mandato: sia quello nazionale, che quello di Roma, Milano, Napoli o Torino. Questo è ciò che avviene in tutti i sistemi sani e questo è in parte uno degli obiettivi di questa riforma.

    Noi ci siamo convinti delle ragioni del SI anche se da scienziati lasciamo aperto il campo al dubbio. Non ci pronunciamo sui dibattiti fra costituzionalisti e politologi di opposte fazioni. Ci limitiamo a constatare che le ragioni del NO abbiano spesso l’effetto di disorientare l’elettore invece che di orientarlo, e riteniamo che le opzioni proposte in alternativa a questa riforma siano poco convincenti in quanto si elidono a vicenda.

    Ad esempio: Il nuovo senato è un senato di nominati. Questa obiezione ci pare del tutto illogica. Il nuovo senato dovrà rappresentare le istituzioni locali, e a meno di non voler completamente cambiare il sistema istituzionale italiano, non è logico che rappresenti i cittadini in modo diretto creando un nuovo luogo di conflitti.

    Si poteva fare una riforma migliore. Questo è tautologico, per chi crede nella scienza, ma in politica quello che è meglio per X è peggio per Y, ed in democrazia alla fine il quesito si scioglie votando.

    La riforma è pasticciata, Questa è un’asserzione di tipo assiomatico su cui non è possibile argomentare. La riforma non è una priorità dei cittadini. Verissimo ma sono gli addetti ai lavoriche da più di trenta anni hanno individuato questi cambiamenti come necessari ed il sistema istituzionale non più adatto ai tempi ma, per veti incrociati e convenienze politiche non sono mai riusciti a cambiarlo. La vittoria del NO non sarà la sconfitta di Renzi ma la definitiva sconfitta di tutta la classe politica ed un’ulteriore occasione persa per l’Italia. […]
    http://www.lastampa.it/2016/11/29/italia/speciali/referendum-2016/scienziati-per-il-s-al-referendum-zjmx3MF8vw36GKrOTdv7mL/pagina.html

    • Non so se sia vera ma credo lo sia poichè sapevo che nell’ambiente dei miei colleghi matematici romani girava qualcosa di simile. Non vedo la meraviglia, molte persone e moltissimi scienziati pur non amando questo governo trovano inaccettabili i toni e le esasperazioni della polemica. Raramente si è vista in politica in Italia una violenza di questo tipo e certamente le più grandi responsabilità sono del M5S e della Lega. Sono stati creati dei cluster di persone che hanno perso la capacità di parlare con chi non la pensa come loro, senza trascendere immediatamente subito nell’ insulto. D’altra parte è palese l’incapacità del M5S di parlare con gli intellettuali, anche quelli maggiormente critici del governo. La incapacità di rapportarsi con il pensiero libero e critico è tipico di tutti i politici (Renzi compreso), ma con M5S la pretesa è obbedienza cieca e assoluta. Difficile per un intellettuale e uno scienziato accettare tutto ciò. Io sarei felice se in futuro alcuni dei colleghi di ROARS trovassero uno spazio politico e ricevessero attenzione dal M5S, perchè la presenza di persone qualificate aiuterebbe quel movimento a crescere e formare una classe dirigente, ma credo che ciò non sia possibile per un movimento che non è capace al suo interno di governare la diversità.

    • “Non vedo la meraviglia”
      ________________
      Il testo zoppica, sembra scritto da un adolescente, nemmeno troppo bravo. Come si fa a scrivere: “Ci limitiamo a constatare che le ragioni del NO abbiano spesso l’effetto di disorientare l’elettore invece che di orientarlo, e riteniamo che le opzioni proposte in alternativa a questa riforma siano poco convincenti in quanto si elidono a vicenda”. Se si propone una riforma costituzionale, il punto è se sia meglio o peggio dell’esistente. Non che si debba “orientare” (?) l’elettore e neppure si vede come le proposte alternative possano elidersi. Infatti, l’alternativa è mantenere l’attuale Costituzione, una scelta assolutamente chiara e univoca. Il testo sembra fondarsi sul presupposto – indimostrato – che il cambiamento sia comunque un cambiamento in meglio e che questo sia certificato da non meglio definiti “addetti ai lavori”: “La riforma non è una priorità dei cittadini. Verissimo ma sono gli addetti ai lavori che da più di trenta anni hanno individuato questi cambiamenti come necessari”. Possibile che i colleghi firmatari non siano al corrente dell’appello dei 56 costituzionalisti? [http://www.libertaegiustizia.it/tag/lappello-dei-costituzionalisti/]. È vero che c’è stato anche un appello di “giuristi per il sì”, ma di sicuro non si possono dare per scontati “cambiamenti necessari” senza argomentarli invocando l’ipse dixit di “addetti ai lavori” tutt’altro che concordi. E si potrebbe andare avanti così. È veramente un testo imbarazzante. Lo ripeto: non perché sostenga il sì, ma per il modo con cui lo sostiene.

    • @p.marcati
      Scusi, Marcati, ma qui non si vota per il M5S, per il PD o per un partito. Il 4 dicembre 2016 si deciderà il destino della Costituzione, vale a dire delle regole comuni. Prendere una decisione di voto guardando all’uno o all’altro partito non mi sembra molto razionale.
      Renzi potrà rimanere al governo fino a che avrà una maggioranza, potrà vincere le prossime elezioni o perderle. Lui o chiunque altro. Domani non si tratta di questo. Le persone e i partiti, compreso il M5S, passano. La Costituzione resta.

    • @p.marcati
      Dimenticavo: quanto ai “toni e le esasperazioni della polemica”, mi sembra che il governo ne sia stato protagonista assoluto. Con la differenza che non è un partito ma, appunto, il governo. Circostanza che mi sembra assai grave.

    • @Alberto Giovanni Biuso Sono daccordo che si vota sulla Costituzione e non sul governo, la mia tesi nei post di sopra era che la politica italiana tutta è subalterna alla visione bocconiano/confindustriale compresi i giornai all’ opposizione come FQ
      Poi sono arrivati due tipi di commenti, un tipo che diceva M5S no loro sono meglio e il secondo tipo molto diffuso sopra, voto NO per mandare un segnale al Governo. Quindi purtroppo non ci si può fare nulla è tutto dentro il frullatore. Quindi può succedere che un gruppo di persone serie e rispettabili decida anche in avversione a M5S di votare SI.

    • @Francesco Sylos Labini Per carità gli argomenti di merito sono tutti legittimi, solo i fanatici hanno la verità in tasca. Ecco perchè è importante che una democrazia si fondi sul rispetto della diversità e sul rispetto degli altri. Ieri ho ascoltato gli interventi di Rodotà e Settis e credo che comunque la si pensi fossero momenti alti di democrazia. Trovo da fanatici insultare Benigni, Santoro, Barca, Prodi, accusandoli di avere fatto una scelta opposta solo per convenienza personale, quello è il moderno olio di ricino mediatico.

    • Giuseppe De Nicolao ” Il non vedo la meraviglia” poteva anche essere una vera cattiveria da parte mia :) Noi matematici è noto che spesso abbiamo dei problemi con la lingua italiana, il testo sembra certamente un draft poi pubblicato con una certa fretta. importante però è capire il “mood” per cui una serie di persone che sono fuori dalle mischie per le poltrone, professionalmente persone molto serie, fuori anche da meccanismi di clientela politica, decidano di fare quel tipo di uscita pubblica. A me, forse sapendo che non lo avrei fatto, non è stato chiesto di firmare, però mi sono permesso nei post sopra di dare la mia interpretazione della loro lettera, interpretazione tutta mia.

    • Certo, nel frullatore ci stanno tante cose. Ma, su tutte e infinitamente trascendente per importanza le altre, quello che scrive Biuso: la difesa dell’attuale Costituzione. Attraverso la ripulsa di una sua alterazione che si risolverebbe in ulteriore marginalizzazione-ridicolizzazione del ruolo e del potere almeno in qualche misura co-decisionale dei cittadini “normali” (in politichese, l’espressione da usare è “ulteriore restrizione degli spazi democratici”), quelli insomma che non siano membri o più o meno alti papaveri impaccati di denaro di lobbies bancario-finanziario-speculative, delle multinazionali, della troika, della più “alta” e marcia imprenditoria, della trilateral, insomma dei potentati di cui il pupazzo è il solerte, gassato, spietato sicario. Si dirà: me se, in ultima analisi, si chiede a un popolo se vuole o no sprofondare in una ancor maggiore, e chissà per quanti decenni irreversibile, irrilevanza-sudditanza, come potrà mai rispondere “ebbene sì, lo voglio”? Potrà, potrà; potrebbe, potrebbe. Per capacitarsene, basta leggere de La Boétie. E tenere presente che, per precise ragioni storico-culturali (ma si direbbe, ahimè, anche per un’oscura e umiliante determinazione “genetica”), l’italico è un popolo in cui pullulano psicologie da schiavi nati e/o da menefreghisti totali accettanti la prepotenza di qualunque manganellatore si faccia avanti.
      Con il pd e il pupazzo, per fortuna, gli “intellettuali” dialogano bene. Il dialogo consiste in questo: in cambio di silente approvazione-sottomissione o (a piacere) di qualche più o meno robusto contributo alla propaganda propupazzo, innumerevoli componenti dell’establishment editoriale-accademico-mediatico (ne vediamo e ascoltiamo a frotte sulle reti Rai colonizzate-militarizzate quasi addirittura di più di quanto lo fossero durante i begli anni in cui al manganello stava il faro politico-esistenziale del pupazzo) conservano le prebende, i vantaggi, i privilegi, le prelazioni da tempo più o meno immemorabile assicuratigli dal cosiddetto partito di riferimento. I più penosi (ma, a loro modo, anche i più gustosi da vedere e sentire all’opera) sono quelli che, fra i più sbilanciatisi a sinistra in passato (i compagni, o meglio i compagnucci all’italiana), restano più gelosamente aggrappati al bandierone del partito e continuano a sventolarlo anche ora che – dopo essere stato partito di sinistra fino all’89 ed essere divenuto di centro sotto veltroni e Bersani – è partito di destra piena.
      Certo che è difficile, per gli intellettuali e non solo, dialogare con i 5S. Tanto per fare solo un esempio, Grillo, che è poco meno psicopatico del pupazzo, parlò di Rodotà, non molto dopo averlo spinto gagliardamente come candidato al quirinale, come di un vecchio arnese benignamente sottratto da loro all’ibernazione avanzata in cui avrebbe versato (a proposito, concordo con Biuso circa il fatto che anche questa campagna referendaria abbia confermato l’inarrivabilità, in fatto di volgarità e prepotenza, del pupazzo e dei relativi scherani; ma, per non parlare ovviamente della lega, i 5S tengono validamente botta). Dialogare, per gli intellettuali e non solo, con un politico, con qualunque politico, è estremamente difficile. Il politico, ogni politico, è per definizione un monumento più o meno granitico di faziosità: per essere quello che è e ripetere a manovella infinite volte quello che dice, deve letteralmente chiudere la mente alle (non di rado ottime) ragioni altre da quelle che caldeggia/di cui è piazzista. Insomma, per definizione, una brutta persona, o almeno una mente sbagliata, quasi esattamente l’opposto di quella che dovrebbe contraddistinguere un buon ricercatore-studioso-intellettuale. Resta però il fatto che, come documentato negli ultimi mesi da roars, il M5S (insieme a SI, che però, al momento di votazioni-elezioni, non potrà mai andare lontano perché si sottoporrà al giudizio di un popolo profondamente di destra contenendo nel suo nome la mortale – in italia – parola “sinistra”) è stata la forza politica che ha manifestato sensibilità e dato appoggio a rivendicazioni (in buona parte roarsiane) favorevoli a una politica universitaria diversa da quella vigente, che è volgare, umiliante e fallimentare. Poi, come ho già scritto in questo sito, sono il primo ad ammettere che è possibile che, se mai dovessero giungere a governare, i 5S decidano e facciano, non dico il contrario, ma qualcosa di diverso o anche di molto diverso da ciò che lasciano ragionevolmente prevedere che deciderebbero e farebbero. Sono uomini e donne; e per di più italiani e italiane; e per di più politici e politiche. Inoltre, ho vissuto più che abbastanza per diffidare ormai praticamente di tutto e di tutti e attendermi ogni genere di delusione. Tuttavia, è di solare evidenza che votare pd, tanto più nella versione a trazione pupazzo, significa implementare la forza che dà LA CERTEZZA ASSOLUTA della perpetuazione-intensificazione dell’attuale politica universitaria (nonché delle altre relative agli altri settori, che abbiamo sotto agli occhi e vediamo dispiegarsi così felicemente); mentre i 5S incarnano la possibilità (si noti che non arrivo nemmeno a dire “la probabilità”) che venga attivata una politica universitaria in qualche misura diversa. Io una differenza fra le due opzioni ce la vedo

    • Personalmente e per quello che può valere con i M5S ho discusso varie volte. Spesso sul tema dell’Università e della ricerca hanno avuto posizioni del tutto condivisibili, mentre altre volte no. Ma comunque ci si può discutere come con quasi (quasi) tutto l’arco politico.

    • @p.marcati
      “Quindi può succedere che un gruppo di persone serie e rispettabili decida anche in avversione a M5S di votare SI.”
      Insomma questi scienziati e matematici sono stati vittima di un impulso irrazionale, che ha confuso la parte con il tutto, trascurando il significato complessivo di una situazione a favore di una sola delle sue componenti.
      Dato che in questo caso non si tratta soltanto di enunciati teorici ma di decisioni che hanno delle conseguenze civili e politiche, la circostanza mi sembra piuttosto grave.

  9. Anche senza entrare nel merito degli argomenti, i giuslavoristi che in 90 e più hanno firmato la lettera “Votiamo no”, da un punto di vista formale (vedi l’uso dell’anafora), se la cavano decisamente meglio degli “scienziati per il Sì”. Se fosse un esercizio liceale che richiede la stesura di un “testo argomentativo”, direi che i “giuslavoristi” sono più bravi degli “scienziati”.
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    Votiamo No. Le ragioni dei giuslavoristi
    – La riforma realizza un forte e pericoloso accentramento dei poteri. E sui temi del diritto del lavoro le novità introdotte non sono affatto convincenti. Più debole la partecipazione democratica delle forze economiche e sociali. Oltre 90 le firme raccolte

    Desideriamo esprimere il nostro parere sulla legge costituzionale recante disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione. Il nostro giudizio è negativo, sia per una valutazione complessiva della riforma che si sottopone al voto e dell’assetto istituzionale che si intende porre in essere, sia per ragioni specifiche attinenti alla materia del lavoro. […]

    Voteremo No al referendum costituzionale del 4 dicembre perché la formazione del Senato prevista è priva di senso. Avremmo infatti un Senato composto, a rotazione, da presidenti di regione, consiglieri regionali e sindaci appartenenti a diversi schieramenti politici. […]

    Voteremo No al referendum costituzionale del 4 dicembre perché è del tutto inaccettabile lo scambio che si realizza tra Stato e regioni (a statuto ordinario). Le regioni vengono private di essenziali funzioni politico-legislative, offrendosi loro la consolazione di uno pseudo “Senato delle regioni”. […]

    Voteremo No al referendum costituzionale del 4 dicembre perché l’abolizione della competenza concorrente di Stato e regioni nella materia della tutela e sicurezza del lavoro avrebbe l’effetto di riportare tutte le funzioni ora svolte dai Servizi per l’impiego regionali o provinciali alla gestione del Ministero del lavoro. […]

    Voteremo No al referendum costituzionale del 4 dicembre anche perché l’inserimento in Costituzione di un esplicito riferimento alle “politiche attive del lavoro” tra le competenze dello Stato, è solo apparentemente innovativo, in quanto la materia rientrerebbe comunque nella più ampia definizione di tutela e sicurezza del lavoro. […]

    Voteremo No al referendum costituzionale del 4 dicembre perché il c.d. voto a data certa, imponendo al parlamento di pronunciarsi in via definitiva entro settanta giorni, limita fortemente la possibilità per le competenti Commissioni della Camera di svolgere quelle indagini e quelle ricerche che spesso sono necessarie per avere piena contezza della situazione che si intende regolare e degli effetti che la nuova legge può produrre. In tale attività istruttoria è frequente, nelle materie lavoristiche e previdenziali, il ricorso all’audizione delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro, degli enti previdenziali, degli enti esponenziali degli interessi che si vanno a regolare, nonché di esperti della materia.

    La ristrettezza dei tempi del procedimento legislativo avrebbe dunque l’effetto di limitare fortemente la possibilità per le formazioni sociali, garantite dall’articolo 2 della Costituzione, di partecipare alla vita politica economica e sociale del Paese, come previsto dall’art. 3 […]

    Voteremo No al referendum costituzionale del 4 dicembre anche perché la riforma costituzionale nulla innova in materia di previdenza sociale, mentre il ritorno della previdenza complementare e integrativa alla competenza esclusiva statale, senz’altro condivisibile, ha un effetto praticamente nullo […]

    Voteremo No al referendum costituzionale del 4 dicembre anche perché l’attribuzione allo Stato della competenza ad emanare disposizioni generali e comuni per la tutela della salute e per le politiche sociali introduce un elemento di incertezza ulteriore circa l’esatto riparto di competenze […]

    Infine, voteremo No al referendum costituzionale del 4 dicembre anche perché nel riscrivere la clausola di supremazia, mediante la quale lo Stato può sostituirsi alle regioni e agli enti locali, si fa un generico riferimento alla tutela dell’unità giuridica ed economica dello Stato, omettendo lo specifico riferimento, attualmente previsto, alla tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti di diritti civili e sociali. Ciò se in linea generale non impedisce l’intervento dello Stato su questo aspetto, d’altra parte conferma la mancanza di attenzione dell’attuale legislatore costituente a questa fondamentale istanza.

    http://www.radioarticolo1.it/articoli/2016/11/29/7918/votiamo-no-le-ragioni-dei-giuslavoristi

  10. Quando una classe dirigente si mostra palesemente inadeguata a fare qualsiasi cosa, quando ogni cambiamento è un peggioramento, quando non esiste alcun dialogo con i cittadini, per quale motivo bisognerebbe alimentare il consenso al governo?
    A chi affidiamo modifiche costituzionali così fondanti?
    Infine, esistono necessità cogenti o si tratta dell’ennesima propapaganda trascinata per mesi mentre la nave affonda?

  11. «In un momento dove il mondo si divide tra coloro che pensano di cambiare le cose con la violenza fisica o verbale e i disonesti, che invece proprio nulla vogliono cambiare — spiega Daniele Ronda – credo che la vera svolta si possa innescare solo lavorando su noi stessi. Perché un’ idea o un’azione può cambiare il mondo solo se prima cambia la vita di colui che la esprime…credo sia proprio questa “LA RIVOLUZIONE”».

    https://www.youtube.com/watch?v=UGNYD91_Bt0

  12. Se non vi conoscessi sarei scandalizzato. Ma so bene chi siete voi di ROARS, aspiranti ANVURIANI (diversi) che cercano un appiglio per avere potere in questo schifo di Università. IO VOTO SI e sono molto più rivoluzionario ed innovativo di voi!

    • Questo sì che è complottismo! E dice molto sulla bizzarra logica che muove i fautori del Sì al referendum costituzionale.
      Qui infatti si va molto oltre la dichiarazione dei matematici (!!) che votano Sì per fare un dispetto al M5S, prescindendo dai contenuti che modificano 47 articoli della Costituzione su 139.
      Ma sospetto che si tratti o di un troll o di pura ironia.
      Concordo con Sylos Labini: questo momento di buonumore ci voleva.

    • Ebbene sì, è giunto il momento di confessarlo di fronte a tutti. Sono anni che io complotto nell’ombra per entrare nel direttivo Anvur o almeno per avere un ruolo piccino piccino come consulente bibliometrico. Se riuscirò nel mio intento, il voto standardizzato dei dipartimenti non sarà più basato sulla somma, ma sul prodotto di percentili e, invece di adottare una standardizzazione basata sulla variabile casuale con “distribuzione normale”, proporrò di standardizzare con la “distribuzione subnormale” che, oltre ad essere tecnicamente più solida, è anche metaforicamente più appropriata.

    • Caro Braccesi
      anche a me capita di non condividere alcune posizioni degli amici di ROARS e certo non lo nascondo, ma si discute ribattendo argomento su argomento, non chiudendo gli argomenti degli altri dicendo “cercano un appiglio per avere potere ..”.
      Le confesso che questa frase (a meno che lei non facesse ironia) non mi piace.
      Sul voto poi siamo tutti liberi (almeno per ora) di non essere iscritti al Sacro Blog di Grillo o al Partito Democratico (la destra usuale non la considero neanche) e di votare come cavolo ci pare.

  13. Possiamo essere contenti del risultato del referendum costituzionale.
    Non ha perso nessuno perché hanno vinto la Costituzione, la libertà, il popolo italiano, la parte migliore della nostra storia.
    Da qui si può ricominciare, con il contributo tutte le persone che vogliono un’Italia decente. Spero che la scuola e l’università ascoltino le esigenze più vitali dei nostri giovani e non le sirene di un potere che nulla sa e nulla vuole sapere di giustizia, di ricerca scientifica, di crescita culturale, di critica all’esistente.

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