In un contesto di cronico sottofinanziamento, aggravato dai tagli dell’ultimo quinquennio, la Legge di Stabilità inaugura un “Torneo VQR” in cui alcuni dipartimenti riceveranno un premio non indifferente (da 1.080.000 a 1.620.000 Euro annui), mentre altri rimarranno a bocca asciutta. Ma chi vince e chi perde in questo Renzi University Trophy (RUT)? Rovistando nelle pieghe del sito ANVUR, abbiamo rintracciato quanto serviva per condurre una simulazione realistica dell’intero torneo, ottenendo lista e premi dei 180 dipartimenti vincitori. Non mancano le sorprese: nel girone IUS, vengono  premiati i giuristi di Messina, mentre quelli di Padova rimangono al palo. Ma il punto scottante è un altro. Dietro la cortina fumogena della gara meritocratica, il RUT nasconde un piano quinquennale molto chiaro: 1,06 miliardi di Euro agli atenei del Centro-Nord, contro soli 154 milioni di Euro a quelli del Sud. Ma, dopo tutto, sono soldi in più, obietterà qualcuno. Non è nemmeno detto che lo siano, perché sono promessi a partire dal 2018. Se non arriveranno, i premi del RUT verranno presi dall’FFO e l’effetto netto sarà il travaso di 200 milioni dal Sud al Nord. Ma da dove spunta questa brillante idea del torneo dei dipartimenti? Una classifica internazionale di questo tipo è in voga tra gli economisti che sono arrivati addirittura a sviluppare una sorta di fanta-calcio dipartimentale (IDEAS Fantasy League). Un simpatico onanismo, pseudoscientifico ma innocuo (le dicerie sulla cecità sono altrettanto infondate quanto la bibliometria anvuriana). Il problema è che qualche consigliere di Renzi ha pensato di convertirlo in un metodo di allocazione delle risorse. Creando un mostro talmente sgangherato che …

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1. Ecco a voi il Renzi University Trophy

La legge di stabilità contiene tre articoli così intitolati:

  • 43. Fondo per il finanziamento dei dipartimenti universitari di eccellenza
  • 44. Procedimento per l’attribuzione del finanziamento
  • 45. Importo del finanziamento e modalità della sua utilizzazione

I primi due commi dell’art. 43 descrivono lo scopo e l’entità del finanziamento:

1. Al fine di incentivare l’attività dei dipartimenti delle università statali che si caratterizzano per l’eccellenza nella qualità della ricerca e nella progettualità scientifica, organizzativa e didattica, nonché con riferimento alle finalità di ricerca di «Industria 4.0», nel Fondo per il finanziamento ordinario delle università statali, di cui all’articolo 5 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, è istituita un’apposita sezione denominata «Fondo per il finanziamento dei dipartimenti universitari di eccellenza», con uno stanziamento di 271 milioni di euro a decorrere dall’anno 2018.
2. Il Fondo di cui al comma 1 è destinato al finanziamento quinquennale dei dipartimenti di eccellenza delle università statali, come individuati e selezionati ai sensi e per gli effetti dell’articolo 44.

Ma di cosa si tratta? Umberto Izzo ha usato la metafora del combattimento tra squadre di gladiatori in un articolo a cui rimandiamo i lettori che fossero interessati ad approfondire i complicati dettagli tecnico-normativi che regoleranno l’assegnazione di questi fondi (In arrivo i ludi dipartimentali. «AVE MIUR ET ANVUR, MORITURI VOS SALUTANT!»).

Ci sono ovvie ragioni per essere perplessi. In un contesto di cronico sottofinanziamento, aggravato dai tagli dell’ultimo quinquennio, si inaugura una competizione senza quartiere in cui alcuni dipartimenti riceveranno un premio non indifferente (a seconda delle dimensioni, da 1.080.000 a 1.620.000 Euro annui per tutto un quinquennio), mentre altri rimarranno a bocca asciutta. È lecito attendersi che questo Renzi University Trophy (RUT) finirà per approfondire le distanze non solo tra atenei forti e deboli, ma anche tra diverse aree del paese.

Tuttavia, qualcuno potrebbe obiettare che sono state previste clausole di salvaguardia a difesa degli atenei più deboli: nella prima fase del torneo viene premiato il singolo miglior dipartimento di ogni ateneo (purché rientri nella lista dei “migliori” 350 dipartimenti italiani). Inoltre, per limitare eccessive concentrazioni di fondi, ogni ateneo può far scendere in campo non più di 15 dipartimenti.

A prima vista, sembra che il giudizio sul provvedimento debba limitarsi a considerazioni di principio. Infatti, per effettuare una valutazione quantitativa dei suoi effetti, occorrono due informazioni fondamentali:

  1. La definizione dell’«Indicatore standardizzato della performance dipartimentale» (ISPD), che gioca un ruolo fondamentale nella costruzione della classifica dipartimentale nazionale e la cui definizione spetta all’ANVUR;
  2. i voti della VQR 2011-2014 ottenuti dai dipartimenti nelle 14 aree CUN che non sono ancora stati pubblicati.

Niente da fare, allora?

In realtà, non è il caso di arrendersi in partenza. A ben vedere, entrambi gli ostacoli sono superabili.

  1. L’ANVUR non solo ha già elaborato un «Indicatore standardizzato della performance dipartimentale», ma ha anche messo a disposizione, sotto forma di  tabelle Excel, gli indicatori standardizzati della  performance di tutti i dipartimenti italiani, relativamente alla VQR 2004-2010. Si tratta del cosiddetto voto standardizzato, messo a punto nell’ambito della collaborazione tra ANVUR e CRUI sull’affinamento degli indicatori VQR. Un indicatore sviluppato nel 2014, ma in cui ANVUR ripone ancora fiducia (è uno degli indicatori elencati a p. 22 delle Linee Guida AVA pubblicate il 4 luglio scorso).
  2. Di conseguenza, anche se non possiamo prevedere i voti della nuova VQR 2011-2014, possiamo tuttavia ricostruire chi avrebbe vinto il RUT se si fosse svolto sulla base dei risultati della precedente VQR 2004-2010, i cui voti, secondo l’allora Presidente dell’ANVUR, Stefano Fantoni, costituivano «una fotografia dettagliatissima e, sopratutto, certificata, della qualità della ricerca italiana».

In questo post, non solo ricostruiremo chi avrebbe vinto e chi avrebbe perso, ma anche come si sarebbero distribuiti i fondi tra atenei e aree del paese. Una simulazione che consentirà ai nostri lettori di comprendere meglio effetti e scopi del Renzi University Trophy.

2. Fase preliminare: selezioniamo i “campioni di ateneo”

Nella fase preliminare vengono selezionati i dipartimenti “campioni di ateneo”, nel seguente modo (art. 44, comma 9):

Nella prima fase, la commissione procede a valutare le domande presentate da ciascuna università statale in relazione al solo dipartimento che ha ottenuto la migliore collocazione nelle prime 350 posizioni della graduatoria di cui al comma 3. La valutazione della domanda ha ad oggetto il progetto dipartimentale di sviluppo di cui al comma 6, lettere b) e c). Esclusivamente in caso di esito positivo della valutazione, il dipartimento consegue il finanziamento

Notiamo subito che, in teoria, qualche campione di ateneo potrebbe veder bocciato il suo progetto dipartimentale di sviluppo da parte degli arbitri del torneo, ovvero dalla commissione composta da sette membri, di cui: a) due designati dal MIUR (uno dei quali fungerà da presidente); b) quattro designati dal Ministro del MIUR nell’ambito di due rose di tre membri ciascuna, indicate dall’ANVUR e dal CNGR; c) uno indicato dal Presidente del Consiglio dei ministri. Nella nostra simulazione, non siamo ovviamente in grado di anticipare i giudizi di questa commissione e, pertanto, faremo l’ipotesi che essa si limiti ad approvare le classifiche risultanti dall’applicazione degli indicatori quantitativi.

Come anticipato, sul sito dell’ANVUR sono già disponibili i valori di un Indicatore standardizzato della performance dipartimentale. Anzi, ne sono disponibili due versioni: nella prima la standardizzazione viene calcolata facendo riferimento alle diverse caratteristiche delle aree CUN, mentre nella seconda si standardizza facendo riferimento ai singoli settori scientifico-disciplinari (SSD). La standardizzazione di riferimento è quella per SSD, tanto è vero che il link attraverso il quale si scaricano le relative tabelle riporta la dicitura “consigliate dal Gruppo CRUI“. Per tale ragione, la simulazione farà riferimento alla standardizzazione per SSD.

La tabella pubblicata dall’Anvur sarebbe pronta all’uso se non fosse per poche ma illustri istituzioni, la cui partecipazione al torneo è regolata in modo particolare (art. 43, comma 4)

Per le istituzioni universitarie statali ad ordinamento speciale, ai fini dell’applicazione degli articoli 44 e 45, il riferimento ai dipartimenti si intende sostituito dal riferimento alle classi.

Niente paura: utilizzando la metodologia illustrata nel Documento tecnico, abbiamo ricostruito il voto standardizzato della Classe di Scienze matematiche e naturali e della Classe di Scienze umane – per la Scuola Normale Superiore di Pisa – e il voto della Classe Accademica di Scienze Sperimentali e della Classe di Scienze Sociali – per la Scuola Sant’Anna, sempre di Pisa. A partire dalle tabelle ANVUR-CRUI è stata ricavata una valutazione approssimata anche per la SISSA di Trieste e l’IMT di Lucca. Una mancanza a cui, invece, non è stato possibile rimediare è l’assenza di Perugia dalle tabelle ANVUR-CRUI, probabilmente dovuta a problemi tecnici legati ad una non completa definizione dei dipartimenti alla data della compilazione delle tabelle.

Con queste poche aggiunte, basta riordinare il file ANVUR-CRUI del voto standardizzato per ottenere la seguente classifica dei primi 350 dipartimenti del “RUT Ranking”. Vale la pena di notare che il numero totale dei dipartimenti in gara è 814. Dato che il DDL prevede di premiarne 180, se ne deduce che i dipartimento premiati saranno poco più di uno su cinque.

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Nella prima colonna vengono segnalati i Local Champs, ovvero i campioni di ateneo, che – previa positiva valutazione del loro progetto da parte dei sette arbitri – passeranno direttamente all’incasso del lauto premio. Vengono invece segnalati come “Out >15” quei dipartimenti che vengono subito eliminati, perché ci collocano oltre la 15-esima posizione nella classifica interna al loro ateneo.

La seconda colonna riporta la posizione nella classifica globale. Dopo il nome dell’ateneo e del dipartimento, le ultime due colonne riportano il voto standardizzato (su cui poggia tutta la classifica) e – last but not least – l’area disciplinare in cui il dipartimento ha ottenuto i migliori risultati. Quest’ultima è un’informazione importante, alla luce del comma 6 dell’art. 44 (il grasssetto è nostro):

La domanda di cui ai commi 4 e 5:
a) è presentata, per ciascun dipartimento, con riferimento a una sola delle quattordici aree disciplinari del Consiglio universitario nazionale (CUN);
b) contiene un progetto dipartimentale di sviluppo, avente durata quinquennale […];
c) qualora, al medesimo dipartimento, afferissero docenti appartenenti a più aree disciplinari, il progetto di cui alla lettera b) deve dare preminenza alle aree disciplinari che hanno ottenuto, all’esito dell’ultima VQR, i migliori risultati.

Per determinare la “Top Area” di ogni dipartimento, abbiamo di nuovo fatto riferimento al voto standardizzato ANVUR-CRUI, applicando le formule del caso per valutare le prestazioni nelle 14 aree CUN menzionate nel DDL, invece che nelle 16 aree presenti nelle tabelle sul sito ANVUR.

Per comodità dei lettori, riportiamo di seguito il solo elenco dei Local Champ.

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3. Fase preliminare: chi perde?

Nella classifica dei Local Champ, sono offuscati in grigio quei dipartimenti che, pur classificandosi al primo posto nel loro ateneo, non ce la fanno a rientrare nei primi 350 della classifica nazionale e vengono pertanto esclusi dai premi. Pertanto, sui 64 atenei in gara, ce ne sono otto che escono mestamente di scena fin dalla prima fase:

  1. Roma Foro Italico
  2. Palermo
  3. L’Aquila
  4. Urbino
  5. Basilicata
  6. Cagliari
  7. Siena Stranieri
  8. Perugia Stranieri

In questi atenei, che tu sia bravo o bravissimo non conta nulla. Le aggregazioni locali, spesso forzate dalle maglie quantitative della 240/210, hanno creato dipartimenti che non ce la fanno a entrare nei primi 350 e questo basta per mettere in punizione tutti. Inutile dire, che con altre aggregazioni – magari innaturali o persino dannose ai fini dell’organizzazione didattica – anche questi atenei avrebbero potuto conquistare il loro posto al sole, ma, come al solito, quando sono state prese le decisioni, le regole della gara erano ancora di là da venire.

È pure interessante esaminare come si distribuiscono le aree CUN “di eccellenza VQR” nei seguenti tre insiemi:

  • tutti i dipartimenti delle università statali;
  • i primi 350 dipartimenti del RUT Ranking;
  • i 56 Local Champ.

Come è possibile vedere, le percentuali non subiscono grandi variazioni, a parte la percentuale di Local Champ che eccellono nell’Area 09 (14,3%), decisamente maggiore sia della percentuale sul totale dei dipartimenti (8,2%) che di quella relativa ai primi 350 dipartimenti (8,0%).

 

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4. La seconda fase: i 14 gironi

La seconda fase del RUT si svolge in 14 gironi in ciascuno dei quali il numero dei trofei in palio può variare da un minimo di cinque ad un massimo di venti, come specificato nell’art. 4, comma 7:

Il numero dei dipartimenti finanziati, con riferimento a ciascuna delle 14 aree disciplinari del CUN, non può essere inferiore a 5 né superiore a 20. La suddivisione del numero dei dipartimenti finanziati, con riferimento a ciascuna delle 14 aree disciplinari del CUN, è stabilita, nel limite delle risorse economiche di cui all’articolo 43, con il decreto di cui al comma 1 del presente articolo, e tenuto conto:
a) della numerosità della singola area disciplinare, in termini di dipartimenti ad essa riferibili;
b) di criteri informati ad obiettivi di crescita e miglioramento di particolari aree della ricerca scientifica e tecnologica italiana.

Per poter simulare anche questa seconda fase, bisogna pertanto prevedere quanti saranno i trofei in ciascuna delle aree. Tenendo conto del punto a), nella precedente tabella, abbiamo dapprima ipotizzato una “Ripartizione proporzionale al totale”, che però assegnerebbe 31 trofei all’Area 06, un numero superiore al  massimo, che – come visto – è pari a 20 trofei per area. Si è quindi proceduto ad una suddivisione degli 11 trofei in eccesso tra le rimanenti aree. Ricordando che nel comma 1 dell’art. 44, si fa esplicito riferimento alle “finalità di ricerca di «Industria 4.0»”, sei trofei sono stati trasferiti all’Area 09 (Ingegneria Industriale e dell’Informazione) in modo che raggiungesse il numero massimo di 20. I rimanenti cinque trofei sono stati assegnati uno ciascuno alle cinque aree più numerose nella ripartizione proporzionale, giungendo infine a quella che nella tabella è indicata come Ripartizione proposta.

La procedura per costruire la graduatoria della seconda fase è descritta nel comma 10 dell’art. 44:

Nella seconda fase, tenuto conto del numero dei dipartimenti ammessi e di quelli esclusi dal finanziamento ai sensi del comma 9, la commissione valuta le rimanenti domande assegnando a ognuna di esse un punteggio da 1 a 100, di cui 70 punti sono attribuiti in base all’ISPD del singolo dipartimento e 30 punti sono attribuiti in base al progetto dipartimentale di sviluppo di cui al comma 6

Non potendo prevedere come i sette giudici assegneranno i 30 punti, ci limitiamo a riportare le classifiche dei 14 gironi costruite sulla base dell’ISPD, che, pesando per il 70%, sarà comunque decisivo anche nelle vere classifiche, oltre che in quelle simulate riportate di seguito.

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Con un po’ di pazienza, è possibile rendersi conto che gli esiti riservano qualche paradossale sorpresa. Per esempio, nel “Girone Ius” (quello dell’Area 12 – Scienze Giuridiche), Messina entra in zona premi con il suo Dipartimento di Giurisprudenza, mentre l’ateneo di Padova rimane a bocca asciutta. Il dipartimento padovano di Diritto Pubblico, Internazionale e Comunitario avrebbe un ISP decisamente migliore, ma viene eliminato dalla clausola che limita la partecipazione a 15 dipartimenti per ateneo. Una situazione del tutto simile riguarda il dipartimento padovano di Ingegneria dell’Informazione, che, pur classificandosi ottavo nel suo girone, viene eliminato per la medesima clausola.

5. La distribuzione dei premi

L’importo dei premi, stabilito nell’art. 45, viene modulato in base a cinque classi dimensionali:

1. L’importo annuale del finanziamento di cui agli articoli 43 e 44 è pari a 1.350.000 euro.
2. L’importo di cui al comma 1:
a) è ridotto del 20 per cento per il primo quintile, calcolato in base all’organico su base nazionale, dei dipartimenti che, ai sensi dell’articolo 44, comma 10, sono risultati assegnatari del finanziamento;
b) è ridotto del 10 per cento per il secondo quintile […];
c) è mantenuto invariato per il terzo quintile […];
d) è aumentato del 10 per cento per il quarto quintile […];
e) è aumentato del 20 per cento per il quinto quintile […].

Per determinare i quintili si devono ordinare i dipartimenti vincenti in funzione della numerosità del loro organico. Il 20% (un quinto del totale) con l’organico più piccolo rappresenta il primo quintile. Il successivo 20%, il secondo quintile, e così via fino al quinto quintile che raccoglie quel 20% che ha l’organico più numeroso. Nella nostra simulazione, i premi risultano assegnati come segue:

  • 1.080.000 € per il primo quintile: fino a 42 soggetti valutati (SV);
  • 1.215.000 € per il secondo quintile: da 43 a 50 SV;
  • 1.350.000 € per il terzo quintile da 51 a 59 SV;
  • 1.485.000 € per il quarto quintile: da 60 a 79 SV;
  • 1.620.000 € per il quinto quintile: sopra 80 SV.

Nelle ultime due colonne delle classifiche dei 14 gironi sono stati riportati anche i premi assegnati a ciascun dipartimento e il premio pro capite, ottenuto dividendo il premio per il numero dei soggetti valutati.  A causa della bizzarra metodologia basata sui quintili, il premio pro-capite è compreso tra 7.714 € (Milano Politecnico, Dip. Elettronica, Informazione e Bioingegneria) e 67.500 € (Lucca IMT). Tra il massimo e il minimo, c’è quasi un fattore dieci, difficilmente giustificabile. Un  indizio delle lacune aritmetico-statistiche di chi ha concepito il maldestro algoritmo.

7.  Un po’ di feticismo: ecco la classifica degli atenei

Come resistere alla tentazione di stilare una classifica degli atenei basata sui successi conseguiti dai loro dipartimenti? La prima classifica che viene in mente si basa sull’ammontare totale dei premi. La seguente figura, oltre che soddisfare i feticisti dei ranking, ha il pregio di rendere immediatamente visibile la ripartizione dei fondi tra i diversi atenei.

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Non ha però molto senso confrontare il premio ottenuto da atenei di dimensioni anche molto diverse tra di loro. Un indicatore più appropriato di successo nel RUT si ottiene rapportando il premio alle dimensioni dell’ateneo: se un ateneo è il doppio dell’altro e anche il suo finanziamento è doppio, possiamo legittimamente parlare di un ex-aequo. Nella seguente figura, riportiamo il “premio pro-capite”, ovvero la somma dei premi vinti dai dipartimenti divisa per il numero di soggetti dell’ateneo valutati nella VQR 2004-2010.

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Le prime quattro posizioni sono occupate istituzioni universitarie statali ad ordinamento speciale, che godono pertanto di un trattamento di assoluto favore rispetto agli atenei “normali”. È pure interessante notare che per incontrare un ateneo meridionale bisogna scendere fino alla 17-esima posizione (Sannio) e che gli atenei del Sud si affollano nella coda di chi ha premi pro-capite bassi o nulli. Ma della ripartizione territoriale dei fondi RUT dobbiamo discutere più estesamente nella prossima sezione.

8.  Terroni rottamati: Centro-Nord batte Sud 7-1

Per quantificare come il sistema universitario italiano si distribuisce tra Nord, Centro e Sud (Isole comprese) basta esaminare come si ripartiscono i soggetti valutati nella VQR.

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Ricordiamo che non vengono considerati atenei non statali e nemmeno Perugia, che – come spiegato a suo tempo – è stata esclusa dalla simulazione per la mancanza dell’indicatore ISPD nelle tabelle ANVUR-CRUI. Un’altra questione spinosa è quella dell’Università di Trento che è invece inclusa nella simulazione. L’ateneo trentino, a seguito della “provincializzazione“, non partecipa alla distribuzione dell’FFO degli atenei statali, ma pare voglia rientrare nel gioco (giusto in tempo, verrebbe da dire). Con questa avvertenza, i numeri dei soggetti valutati sono così ripartiti:

  • 18 365 – Nord (36%)
  • 17 420 – Centro (34%)
  • 15 325 – Sud (30%)

Pur non essendo tre parti esattamente uguali, le dimensioni appaiono confrontabili.

Vediamo ora come si ripartiscono i premi RUT.

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«Tesoro, mi si è ristretto il Sud!» verrebbe da dire. In effetti, i numeri parlano chiaro. Il premio totale annuo, che risulta essere pari 242 M€ (inferiore, pertanto, ai 270 M€ menzionati nell’art. 43), si ripartisce come segue:

  • 133 M€ – Nord (55%)
  • 78 M€ – Centro (32%)
  • 31 M€ – Sud (13%)

Mentre il Centro ottiene un premio grosso modo paragonabile alla sua quota dimensionale (32% del premio contro 34% dei soggetti valutati), il Sud perde 17 punti percentuali (13% del premio contro 30% dei soggetti valutati) a favore del Nord che, infatti, ne guadagna 19 (55% del premio contro 36% dei soggetti valutati).

Non bisogna scordare che il finanziamento è quinquennale. Dato che le cifre vanno moltiplicate per cinque, la torta in palio supera abbondantemente il miliardo di Euro. Ci troviamo quindi di fronte ad un provvedimento di carattere strutturale, rivelatore di quale politica universitaria intenda perseguire il Governo nel medio periodo.

A tale proposito, era stato il Parlamento a dare un’indicazione chiara su quali fossero le priorità. Come scrive Gianfranco Viesti, il 29 giugno scorso, la Camera, con voto pressoché unanime,

chiede al Governo di rivedere alcuni dei criteri di ripartizione del finanziamento delle università; purtroppo si occupa solo del cosiddetto “costo standard”, ma lo fa nel verso giusto: chiede infatti di aggiornarne il modello di calcolo, su tre aspetti cruciali (perequazione territoriale, considerazione dei fuori corso, dimensioni ottimali dei corsi di studio). In sostanza chiede, unanime, al Governo di modificare profondamente meccanismi di calcolo, arbitrari, fortemente penalizzanti per le università del Centro-Sud.

Una richiesta caduta nel vuoto. Nemmeno un mese dopo, un decreto MIUR stabilisce che per il 2016 il “costo standard” aumenterà di peso e sarà calcolato come in passato. Passa ancora qualche mese ed arriva la Legge di stabilità con il Renzi University Trophy. Un groviglio apparentemente indecifrabile, ma che, dietro la cortina fumogena della gara meritocratica, nasconde un piano quinquennale molto chiaro:

  • 1,06 miliardi di Euro agli atenei del Centro-Nord
  • 154 milioni di Euro a quelli del Sud.

Il RUT 2018 assomiglia alla Coppa FIFA 2014: se Germania-Brasile era finita 7-1, la partita tra Centro-Nord e Sud ripartisce i premi più o meno allo stesso modo, ma senza colpi di scena. The winner takes all è il principio ispiratore del RUT.  Come ha dimostrato la simulazione, si tratta di una regola scritta su misura per aggravare il distacco del Sud.

Un’ulteriore conferma che il destino delle Università del Sud non è una priorità di questo governo, il quale, al contrario, attua politiche destinate ad accrescere il divario economico-sociale tra le aree geografiche del paese.

9.  Ma sono pur sempre soldi in più … o no?

Per quanto possa destare scandalo bandire un torneo con regole così sfavorevoli agli atenei del Sud, ci sarà pur sempre chi osserva che dopo tanti tagli, siamo comunque di fronte ad un finanziamento aggiuntivo. Ma è davvero così? Andiamo a rileggere il comma 1 dell’art. 43:

nel Fondo per il finanziamento ordinario delle università statali […] è istituita un’apposita sezione denominata «Fondo per il finanziamento dei dipartimenti universitari di eccellenza», con uno stanziamento di 271 milioni di euro a decorrere dall’anno 2018.

Scopriamo subito una cosa interessante: il finanziamento dovrebbe partire nel 2018, dato che il 2017 sarà dedicato a scrivere le regole e a sottoporre le domande di partecipazione. Quindi, più che un finanziamento, questa è una promessa di finanziamento. C’è un impegno a stanziare 271 milioni per il RUT, ma nessun impegno sul futuro ammontare dell’FFO. Se nella Legge di Stabilità 2018 il Governo si troverà a corto di fondi, nulla impedirà di tagliare l’FFO esattamente di 271 milioni rispetto a quello precedente. In questo modo i conti rimarrebbero stabili da un anno all’altro, ma, il RUT rimarrebbe in vigore. Con quale risultato? Che, dovendo pagare i premi, li si preleverà dal resto dell’FFO, diminuendo la quota base e/o quella premiale. Non a caso, l’art. 43 parla di un’apposita sezione nel Fondo per il finanziamento ordinario delle università statali. Siamo troppo diffidenti? Quanti dei nostri lettori sono disposti a mettere una mano sul fuoco sulla presenza nella Stabilità 2018 di un gruzzolo di 271 milioni da destinare all’FFO dell’università? Non sappiamo nemmeno se Renzi sarà ancora al Governo …

Ebbene, se il gruzzolo verrà a mancare, quale sarà lo scenario? Molto semplicemente, per ciascun ateneo, bisognerà verificare se la diminuzione di FFO sarà compensata o meno dagli eventuali premi del RUT. Ci troveremmo di fronte al solito “gioco a somma nulla” dove si vince qualcosa solo portandola via a qualcun altro. Basandoci sulla ripartizione FFO 2015, abbiamo simulato quale sarebbe l’esito netto del RUT se nella Stabilità 2018 non salteranno fuori i 271 milioni promessi.

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  • +44 M€ – Nord
  • -5 M€ – Centro
  • -38 M€ – Sud

Moltiplichiamo per cinque anni e capiamo subito che ci troviamo di fronte al travaso di circa 200 milioni di Euro, sottratti agli atenei del Sud per essere trasferiti a quelli del Nord. Un vero intervento strutturale che darebbe il colpo di grazia alle Università meridionali.


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10.  C’è il rischio di diventare ciechi? No, ma …

Ma anche chi è assolutamente fiducioso nelle promesse sul contenuto della Legge di Stabilità dell’anno prossimo, deve porsi qualche domanda sul senso di questi Ludi dipartimentali, come li ha chiamati Umberto Izzo.

Come riportato da Gianfranco Viesti, l’investimento pro-capite nell’istruzione universitaria da parte di Germania e Francia è circa il triplo di quello italiano. Come se non bastasse, nel Mezzogiorno italiano, il distacco rispetto al Nord Italia è andato aumentando. Intanto, il paese è scivolato nell’ultima posizione tra tutti i paesi OCSE per quanto riguarda la percentuale di laureati nella fascia 25-34 anni.

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In questa situazione, non solo è urgente aumentare il finanziamento, ma – come d’altronde raccomandato dalla Camera nel suo voto di Giugno – va data assoluta precedenza agli interventi che riducano il distacco tra Nord e Sud e prevengano i collasso della formazione universitaria nel Mezzogiorno. Il sottofinanziamento è ormai certificato sia dal MIUR che dall’ANVUR:

Secondo le stime fornite da ANVUR (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca) nella relazione presentata a fine maggio, se nel 2015 si fosse applicata integralmente la formula del costo standard, sarebbe stato necessario un finanziamento di 6,5 miliardi di euro per coprire il costo della didattica attualmente erogata. […] Per assicurare una quota premiale del 30 per cento del finanziamento totale sono quindi necessari circa 7,5 miliardi di euro. Il divario rispetto ai 6,3 miliardi di euro del 2015 è di circa 1,2 miliardi di euro.

Maria De Paola e Tullio Jappelli

Escogitare complicate gare destinate a concentrare risorse in poche sedi va esattamente nella direzione opposta e suscita legittime domande sul progetto sociale ed economico di chi governa.

Ma da dove spunta questa brillante idea del torneo dei dipartimenti? Una classifica internazionale di questo tipo è in voga tra gli economisti che sono arrivati addirittura a sviluppare una sorta di fanta-calcio dipartimentale (IDEAS Fantasy League). Inutile dire che i punteggi sono calcolati con metodi notoriamente pseudoscientifici (“a harmonic mean of the resulting ranks”). Ognuno si diverte come può.

Insomma, niente più che un simpatico onanismo. Pseudoscientifico, ma innocuo (le dicerie sulla cecità sono altrettanto infondate quanto la bibliometria anvuriana). Il problema è che qualche consigliere di Renzi ha pensato di convertirlo in un metodo di allocazione delle risorse. Creando un mostro talmente sgangherato che persino alcuni economisti sono prontamente insorti per denunciarne le distorsioni:

In entrambi i casi gli autori suggeriscono dei correttivi, come, per esempio, “prevedere una platea più ampia di premiati, assegnando somme differenziate”. Conoscendo la natura pseudoscientifica delle classifiche, noi non riteniamo che il RUT sia emendabile. Non a caso l’HEFCE inglese, pur essendo responsabile del REF (l’equivalente della nostra VQR), sta alla larga da ogni tipo di classifica:

We have not produced any ranked lists of single scores for institutions or UoAs [Units of Assessment], and nor do we intend to.

E poi se si deve ampliare la platea dei premiati, sorge un problema di difficile soluzione: Quanto va ampliata? Poco? Tanto?

A meno che il vero criterio sia quello di ampliare quel tanto (e non di più) che serve a includere alcuni dipartimenti che nella nostra simulazione sono disdicevolmente rimasti a “ZERO TITULI“. Perché questo è quello che capita agli apprendisti stregoni: prima si lamentano che

la riforma non fa affluire più risorse ai gruppi di ricerca più attivi e non individua i rami secchi da tagliare negli atenei. Si tratta purtroppo di un’altra occasione perduta: presentarla come una riforma meritocratica è una mistificazione. (Jappelli e Pagano 2009)

Quando poi scoprono di far parte di un ramo secco, arriva il più classico dei “contrordine compagni”:

Giusto prevedere un premio per i dipartimenti migliori. Ma la selezione dovrebbe avvenire sulla base di criteri condivisi e sperimentati, mentre quelli indicati possono portare a risultati indesiderati. In prima applicazione, meglio prevedere una platea più ampia di premiati, assegnando somme differenziate. (Jappelli 2016)

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8 Commenti

  1. Cui prodest? cercate la risposta e scoprirete il perché ci ritroviamo in questa situazione, ma non solo nell’Università.
    Il senso di sconfitta è grande perché ogni giorno vengono perpetrate piccole e grandi ingiustizie e il cambiamento vi è, ma nel peggio.

  2. Ringraziando per la presentazione molto accurata e comprensbile, mi domando tuttavia perché si associano centro e nord e non centro e sud. Ragioni demografiche o areali ( di superficie)? Ma poco importa rispetto al fatto che diventa sempre più grave, fastidioso, allarmante, questo peso stritolante della burocrazia di stato o, meglio, di regime, in termini di sovraddimensionamento della burocrazia nonché di relativa spesa importante ma sterile per la comunità nella sua totalità. Diceva questo, stamane alla radio, anche un medico, per quanto riguarda il rapporto tra personale sanitario (medici, infermieri ecc.) e personale amministrativo negli ospedali.

    • La simulazione mostra che la premialità è grosso modo “neutrale” nei confronti del Centro (preso nel suo insieme). L’effetto principale è la punizione del Sud (e Isole) e lo spostamento di risorse verso il Nord. In controluce, si legge l’intenzione di continuare a spendere per il Centro (sussistenza) e il Nord (qualcosa di più), ma di strozzare il rubinetto per il Sud. Con tutti i limiti delle sintesi estreme, il titolo cerca di catturare questo progetto. Naturalmente, chi vuole farsi un quadro più dettagliato, trova le informazioni che gli servono nelle tabelle incluse nell’articolo.

    • Grazie. Era una domanda così, si vede chiaro che nemmeno sommando centro e sud si raggiunge il nord. Non so cosa aspettano i rettori per far modificare i criteri, sempre che a frittata fatta si possa intervenire. Quanto alle esternazioni ufficiali, non ho controllato alla Crui, però per il Miur ho trovato questo, purtroppo datato:
      MIUR – La legge di stabilità approvata oggi dal Consiglio dei Ministri “dimostra ancora una volta la centralità che scuola, università e ricerca hanno per il nostro Governo”. Così il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini. “Sono molto soddisfatta per le misure approvate che investono su giovani e capitale umano, anche attraverso il pacchetto Industria 4.0”. “Per il diritto allo studio c’è un evidente salto di qualità, con risorse fresche per garantire ai meritevoli ma privi di mezzi l’accesso ai percorsi universitari. Come prevede la nostra Costituzione. In particolare – prosegue il Ministro – stabilizziamo l’incremento del fondo per il diritto allo studio, prevediamo una no tax area per i redditi bassi e borse specifiche per studenti particolarmente meritevoli, che accompagneremo lungo il loro percorso universitario”. “Valorizzeremo – continua Giannini – i migliori dipartimenti universitari con fondi aggiuntivi che saranno in gran parte destinati all’assunzione di ricercatori. Daremo più fondi agli Enti di ricerca e una “dote” aggiuntiva ai ricercatori universitari da spendere per le loro attività”. Sono previsti più investimenti per gli Istituti tecnici superiori che offrono sbocchi reali nel mondo del lavoro e decontribuzioni per le aziende che assumono i neo diplomati che hanno fatto alternanza scuola-lavoro. È previsto uno stanziamento per l’organico della scuola e ci sono risorse per la copertura delle deleghe della Buona Scuola.
      OrizzonteScuola 15 ottobre 2016 – redazione
      Forse qualcuno può trovare qualche parere aggiornato di Miur e Crui?

  3. Mi dispiace molto che il dipartimento di Jappelli e Pagano non riceva il premio (almeno in questa simulazione), ma qui su ROARS avevamo già previsto tutto questo: https://www.roars.it/quanto-e-standardizzato-il-voto-standardizzato/ (e perdonate l’autocitazione).

    Il voto standardizzato non riesce a “depurare le valutazioni dalle differenze introdotte dalle diverse metodologie di valutazione usate dai vari GEV” come alcuni hanno sostenuto. L’area 13, ad esempio, è stata più severa di altre. Il confronto tra aree diverse non ha senso e produce effetti estremamente distorsivi.

    Aspettiamo di vedere dove metteranno le “toppe”.

    • Ringrazio Bruna Bruno per aver richiamato le falle metodologiche del “voto standardizzato”. Tra l’altro, esso viola proprio quello che la stessa Anvur scriveva a p. 7 del rapporto VQR 2007-2010, ovvero che
      __________
      “le tabelle che per comodità di visualizzazione riuniscono nel rapporto i risultati delle valutazioni nelle varie Aree non devono essere utilizzate per costruire graduatorie di merito tra le aree stesse, un esercizio senza alcun fondamento metodologico e scientifico.

      Questo stesso caveat riguarda in qualche caso il confronto tra settori scientifico-disciplinari (SSD) interni a un’Area.”
      http://www.anvur.org/rapporto/files/VQR2004-2010_RapportoFinale_parteprima.pdf
      ___________________
      Ciò non ha impedito ad Anvur di pubblicare le tabelle dei voti standardizzati dei dipartimenti italiani e nemmeno di proporre l’uso di questo indicatore all’interno delle procedure AVA. Per quanto esso sia concettualmente e metodologicamente errato è l’unico strumento “certificato” da Anvur per costurire una classifica nazionale dei dipartimenti. Se, prima di varare i Ludi dipartimentali, qualcuno dei creatori li ha simulati in anticipo, è verosimile che abbia usato proprio il voto standardizzato. Sarà interessante vedere se Jappelli e i suoi avranno la forza politica per far modificare a loro favore le regole del gioco. Regole che, tra l’altro, penalizzano pesantemente la Federico II nel suo complesso, ateneo non solo di Jappelli, ma anche del Presidente CRUI.


      Ciò, nonostante la condiscendenza di Gaetano Manfredi persino nei confronti delle Cattedre Natta (https://www.roars.it/manfredi-crui-su-cattedre-natta-iniziativa-che-va-nella-giusta-direzione-di-premiare-merito-ed-eccellenza/). Alcuni governanti sono proprio ingrati. E, d’altronde, era Kant che diceva:
      _______________
      «Chi si fa verme non può poi lamentarsi di essere calpestato»

  4. Il titolo del Giornale è semplicemente vergognoso, perché lascia intendere che la CRUI sia accondiscendente con questo governo per una presunta vicinanza politica del Presidente con il PD.

    Penso che invece i componenti la CRUI possano e debbano rivendicare, orgogliosamente, che la CRUI è sempre stata al servizio di ogni governo, indipendentemente dal colore della maggioranza che lo sostiene.
    E che sempre pronti sono e saranno a svendere virtù e conoscenza per compiacere chi ha il potere.

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