La crisi attuale sta intensificando la richiesta di controllare e tracciare gli studenti in maniera più intensiva. In questo post, si offrono osservazioni sulle tecnologie di datafication e automazione messe in campo per l’istruzione universitaria, nel contesto del Covid-19. La datafication e l’automazione dell’Università sono alimentate da tre forze principali: 1) un diffuso desiderio di quantificazione e misurazione; 2) l’uso delle tecnologie di analisi dati per potenziare il monitoraggio della performance; 3) l’“industria globale dell’educazione” che offre servizi, infrastrutture, piattaforme e app nel tentativo di costruire un mercato dei loro prodotti in ambito universitario. Un aspetto chiave dei Learning Management Systems è la capacità di fornire learning analytics, il numero di accessi negli edifici, gli accessi ai software, i prestiti bibliotecari, le presenze, la consegna di compiti. Tutti questi dati sono messi insieme, analizzati e consegnati automaticamente ai cruscotti. Un aspetto chiave del successo dei sistemi di Online Program Management è che le compagnie che li forniscono usualmente coprono anticipatamente i costi di installazione dei programmi di studio on line. Le aziende, successivamente, prendono dal 50% al 60% delle tasse studentesche come rimborso dell’investimento iniziale. Le conseguenze di lunga durata includono: 1) La delega del giudizio professionale a sistemi automatizzati, come se tali giudizi fossero equiparabili a quelli normalmente presi dai lavoratori. 2) La fusione del modello dell’istruzione universitaria con il modello di business delle piattaforme. 3) Austerità per le università e mercato redditizio per le aziende delle piattaforme. 4) Vere e proprie macchine d’ansia che governano comportamenti reattivi nell’istruzione universitaria – con individui che agiscono per soddisfare determinati parametri di misurazione piuttosto che in nome di una missione collettiva e di valori comuni. 5) Nuove forme di governance algoritmica dell’Università. Nel complesso, questi sviluppi suggeriscono l’espansione del modello di Università fondata sui dati, governata in modo crescente attraverso algoritmi, analisi di informazioni e sistemi automatizzati, in cui i ruoli di insegnanti e studenti sono, di fatto, ridefiniti.
Pubblichiamo questo articolo ripreso e tradotto dal blog di Ben Williamson, ricercatore presso il Centre for Research in Digital Education, University of Edinburgh, del 6 Maggio 2020.
Negli ultimi 5 anni circa, la raccolta di dati e i processi automatizzati sono diventati via via più diffusi nell’istruzione universitaria. Molte funzioni, pratiche e operazioni sono state rese accessibili alle macchine dalle tecnologie digitali; l’insegnamento, l’apprendimento e la gestione sono state trasformate da quel processo che abbiamo definito ‘datafication’.
La datafication sta facendo progredire anche l’automazione, grazie all’impiego di tecnologie sempre più smart che processano informazioni digitali, automatizzando così molte operazioni. Poiché le Università hanno ora cominciato a considerare un futuro “perturbato” dal Covid -19, che verosimilmente sarà caratterizzato da apprendimento a distanza, la datafication e l’automazione potranno espandersi ed intensificarsi ulteriormente.
Su un articolo del Guardian di questa settimana, in tema di didattica on line e futuro dell’istruzione universitaria durante e dopo la pandemia di Covid-19, l’ex-ministro dell’Università Chris Skidmore ha sostenuto che “le Università hanno bisogno di tracciare il progresso degli studenti da remoto” – per assicurarsi che non siano a rischio drop out – e selezionare esempi di istituzioni che hanno già sviluppato alti livelli di capacità di monitoraggio. La crisi attuale sta già intensificando la richiesta di controllare e tracciare gli studenti in maniera più intensiva.
In questo post, che è un work in progress, si offrono osservazioni iniziali e provvisorie su come tali tecnologie e prassi di datafication e automazione siano state messe in campo per l’istruzione universitaria, nel contesto del Covid-19 (facendo seguito ai post precedenti focalizzati principalmente sul settore scuola). L’intento è incoraggiare gli educatori, i ricercatori, i responsabili e gli studenti a riflettere criticamente sull’attuale estensione della datafication e dell’automazione, sulla loro potenziale portata e sulle conseguenze nei mesi ed anni a venire.
Datafication dell’Università
La datafication e l’automazione dell’Università sono alimentate da tre forze principali.
Prima, ad un ampio livello sociale e culturale, c’è ora un diffuso desiderio di quantificazione e misurazione, rese possibili dai sistemi che processano dati digitali. Questo è evidente, ad esempio, dal consenso espresso nei confronti di diverse tecnologie biometriche indossabili (FitBits etc) da parte degli utenti, dalla quotidiana esposizione di dati epidemiologici da parte di politici ed esperti, e dai discorsi pubblici sul conteggio dei casi di Covid-19. Sebbene molto contestati, le visualizzazioni e le successioni di numeri generati digitalmente esercitano un fascino potente. Questo accade anche per l’Università, come storicamente evidente dall’impiego di rankings e league tables come fonti accreditate di conoscenza numerica, e oggi è progressivamente più evidente con il sempre maggiore utilizzo di cruscotti, piattaforme, analisi di dati.
Seconda, la politica universitaria si è via via focalizzata sul monitoraggio della performance, sulla competizione e la mercificazione, nell’ultima decade. L’enfasi dell’Office for Students sulla regolamentazione del mercato guidata dai dati in Inghilterra è una manifestazione evidente di questo desiderio politico di controllo del settore, attraverso la quantificazione. La Quality Assurance Agency scozzese (QAA) ha condotto un Ehnancement Theme per esplorare l’uso dei learning analytics e di altre forme di analisi dati digitali per il miglioramento delle”esperienze” dello studente e dei suoi risultati. Organizzazioni come i Dipartimenti governativi dell’istruzione e delle attività produttive, agenzie di settore come HESA, Jisc e QAA, i think thank Policy Connect, Nesta and HEPI, i consulenti della KPMG, McKinsey’s e Deloitte, ed altri attori del settore, hanno tutti promosso l’uso delle tecnologie di analisi dati per potenziare il monitoraggio della performance e il miglioramento dell’istruzione universitaria.
Infine, terzo, l’“industria globale dell’educazione” che offre servizi, infrastrutture, piattaforme e app ha tentato di costruire un mercato dei loro prodotti in ambito universitario, coprendo ogni aspetto: reclutamento e ammissione, attraverso il learning management, sistemi di risorse, informazione e biblioteche degli studenti, sistemi di rilevamento di plagio e contract cheating, valutazioni online e supervisione di esami, collocamento, monitoraggio dei laureati e delle loro competenze. Si tratta di uno spazio molto redditizio in cui organizzazioni for profit possono produrre investimenti in capitali di rischio o acquisire come clienti diverse istituzioni, promuovendo vantaggi reputazionali o migliorando le attività di assunzione e selezione, incrementando risultati quantificabili nelle student experience surveys, o livelli di occupabilità dei laureati.
Insieme, il diffuso desiderio di quantificazione, la mercificazione dell’Università e l’industria dell’educazione globale hanno prodotto una proliferazione di tecnologie di analisi e raccolta dati (data analytics) che stanno ora espandendosi ed intensificandosi come risposta alla pandemia di coronavirus.
Infrastrutture digitali di insegnamento e apprendimento
Due particolari tecnologie di datafication e automazione sono state messe a fuoco durante questo periodo di pandemia: i sistemi di learning management e i corsi di laurea online. Non si tratta di esempi di tecnologie particolarmente “spettacolari” nel campo della datafication, specie se confrontate con l’enfasi sull’intelligenza artificiale, tuttavia la loro ordinarietà, come parte delle infrastrutture di insegnamento e apprendimento universitario, le rende particolarmente significative in occasione delle ipotesi di riapertura e riorganizzazione delle istituzioni con una didattica a distanza.
I sistemi di learning management sono la spina dorsale dei corsi universitari praticamente ovunque e le aziende che li gestiscono hanno accumulato un’ampia quantità di dati relativi all’istruzione, in alcuni casi dati incrociati di milioni di studenti. Con centinaia di fornitori, di cui principali in UK sono Blackboard, Moodle e Canvas, oltre ad un mercato totale di Learning Management Systems (LMS) valutato per decine di miliardi, le piattaforme si differenziano facendosi concorrenza tra loro attraverso la progettazione continua di aggiornamenti e funzionalità.
Un aspetto chiave dei Learning Management Systems è la capacità di fornire learning analytics, ossia analisi e monitoraggio dei dati dell’apprendimento attraverso dispositivi incorporati o integrabili esternamente. Solutionpath è uno dei principali providers di learning analytics. La sua piattaforma StREAM (Student Retention Engagement Attainment a Monitorig) genera automaticamente e quasi in tempo reale una “valutazione dell’impegno” (engagement score) per ogni individuo iscritto all’interno delle organizzazioni aderenti. Questo avviene collezionando dati che rappresentano la partecipazione degli studenti ai loro corsi, i dati dei Learning Management Systems, il numero di accessi negli edifici, gli accessi ai software, i prestiti bibliotecari, le presenze, la consegna di compiti. Tutti questi dati sono messi insieme, analizzati e consegnati automaticamente ai cruscotti. Se il pattern del comportamento dello studente cambia nel tempo, viene prodotto un segnale nella piattaforma StREAM che rende possibile l’intervento dello staff.
Di recente, si è sviluppato molto interesse attorno all’impiego di archivi digitali contenenti un gran numero di dati di studenti da impiegare in servizi personalizzati automatizzati (recommender services). L’azienda Instructure, che gestisce il Learning Management System Canvas, ad esempio, è stata appena acquistata dalla compagnia privata Thoma Brava per 2 miliardi di dollari, per impiegare i suoi archivi di dati globali allo scopo di produrre raccomandazioni personalizzate sull’apprendimento per ciascuno studente: un programma inizialmente denominato DIG. Come il direttore generale dell’Instructure aveva annunciato in un meeting l’anno scorso:
Noi possediamo il più completo database sulle esperienze formative del pianeta. Date le informazioni che abbiamo, nessun altro possiede attualmente simili risorse per sviluppare algoritmi o modelli predittivi … Noi possiamo trarre informazioni, correlarle attraverso ogni sorta di Università, curricolo, etc e possiamo cominciare a produrre raccomandazioni e suggerimenti per ogni singolo studente o insegnante su come poter migliorare…La nostra iniziativa, DIG, è la prima e la principale piattaforma di Machine Learning (ML) e Artificial Intelligence (AI), e noi la produrremo e la faremo fruttare grazie all’offerta di diverse funzionalità, informazioni e algoritmi predittivi
La concorrenza nel campo dei Learning Management Systems e il livello di interesse da parte di investitori e committenti sta accelerando lo scivolamento verso forme algoritmiche di raccolta di informazioni, previsioni e raccomandazioni; un’automazione che insidia la stessa relazione educativa tra studenti e docenti.
Lo sviluppo di Learning Management Systems che ospitano algoritmi di raccomandazione e associazione si riflette nella nuova categoria di Learning Experience Platform (LXP). La caratteristica principale di una Learning eXperience Platform è quella di essere progettata per automatizzare la “scoperta intelligente” e la “raccomandazione” di contenuti di apprendimento significativi. Mentre i Lerning Management Systems convenzionali sono basati su cataloghi di attività da ricercare, una piattaforma progettata per fornire Learning eXperience è organizzata più come un canale YouTube o Netflix, ossia una piattaforma a gestione di contenuti con tecnologie integrate che ne consente la continua associazione. Un LXP colleziona continuamente dati sul comportamento degli studenti, sul loro apprendimento, sui loro risultati, li analizza e li processa.
L’AULA LXP, per esempio, usata da molteplici fornitori universitari in UK, si presenta come un “campus digitale” capace di “progettare esperienze di apprendimento di alta qualità”, definite Dream courses e “sostenere il passaggio verso l’apprendimento blended o completamente online”. Il suo “LMS Data Importer” rende automatico il passaggio di tutti i contenuti e l’informazione da altri sistemi obsoleti, e la piattaforma mostra una interfaccia denominata Engagement API per monitorare in tempo reale l’attività degli studenti, in modo da offrire agli insegnanti suggerimenti e raccomandazioni personalizzate e precise per migliorarla. AULA LXP ha collaborato con WonkHE, un’organizzazione che raccoglie notizie, opinioni e analisi, nell’ambito di una conferenza organizzata online sulle risposte della politica universitaria alle chiusure causate dal COVID.
Così facendo, i fornitori di Learning Management Systems diventano non soltanto l’ossatura digitale e la struttura portante dei corsi universitari ma sempre più partner attivi dei processi pedagogici. Essi intervengono nel sostenere l’apprendimento online, producono raccomandazioni personalizzate, sviluppano “campus digitali” o “dream courses”, utilizzano la mole sconfinata e continuamente aggiornata dei loro dati per proporre innovazioni nell’insegnamento, miglioramento dei risultati istituzionali e delle performance quantificabili. Tali piattaforme diventeranno, con ogni probabilità, sempre più centrali nell’insegnamento universitario, data anche la prevedibile diffusione della didattica online.
Con l’acronimo OPM, Online Program Management, si intendono servizi e infrastrutture forniti per permettere alle università di realizzare corsi online a distanza. Attualmente si stanno moltiplicando rapidamente in USA e UK. Le aziende fornitrici di Online Program Management offrono anche ampia possibilità di analisi dati delle proprie piattaforme, mettendo a disposizione mezzi per automatizzare il tracciamento e monitoraggio degli studenti. Tra le varie aziende troviamo 2U, Noodle Partners and Academic Partnership, o grandi case editrici come Wiley e Pearson, oltre a fornitori di MOOC (Coursera, FutureLearn).
Una delle aziende di maggiore successo, 2U, fornisce la piattaforma 2UOS (2U Operating System). Si tratta di una piattaforma online di insegnamento e apprendimento, con funzioni di analisi dati che generano informazioni sugli studenti, supporto tecnico, oltre a vere e proprie campagne di marketing digitale mirate e specifiche, grazie a tecniche di machine learning e artificial intelligence. 2UOS si è presentata, prudentemente, come una tecnologia chiave per le Università che intendessero gestire al meglio la transizione all’insegnamento online durante la pandemia di Covid 19.
I fornitori di Oline Program Management, inizialmente collocatisi come valido supporto per le strategie di internazionalizzazione delle varie istituzioni e Università desiderose di acquisire quote di “mercato studentesco internazionale”, oggi forniscono valido supporto per la transizione alla didattica online sia per studenti internazionali che in ambito nazionale.
Un aspetto chiave del successo degli Online Program Management è che le compagnie che li forniscono usualmente coprono anticipatamente i costi di installazione dei programmi di studio on line, garantendo anche le infrastrutture tecniche per consentire di integrare i vari corsi. Ciò permette alle Università di risparmiare sui costi di installazione e sviluppo. Le aziende, successivamente, prendono dal 50% al 60% delle tasse studentesche come rimborso dell’investimento iniziale.
Come già visto per le Learning Experience Platform (LXP) i fornitori di Online Program Management (OPM) si presentano come piattaforme pedagogiche intermediarie private, situate a metà strada tra lo studente iscritto e lo staff accademico, in un dato corso. Questo accade tanto più se gli studenti frequentano solo online o attraverso modelli di istruzione ibrida.
Pandemic markets
La corsa all’istruzione da remoto e ai corsi di laurea online è divenuta ormai una parte di mercato significativa. La società di consulenza HolonIQ sostiene che gli Online Program Managements costituisco una fetta pari a 7 miliardi di dollari di quel mercato globale pubblico-privato che “il Covid 19 accelererà considerevolmente” fino a 15 miliardi di dollari, previsti entro il 2025:
Oggi più che mai (Covid 19) le università nel mondo sono sempre più alla ricerca di partner privati per costruire competenza, per sostenere e differenziare le loro offerte, per accelerare la crescita e raggiungere la sostenibilità. Per questo, il capitale privato e il mercato finanziario stanno guardando con interesse al segmento Accademico PPP [Public Private Partnersip NdR]
Inoltre, gli Online Program Management sono una chiave per la crescita tecnologica in un più ampio Mercato Globale dell’Istruzione Universitaria Online valutato da HoloniIQ pari a 36 miliardi di dollari nel 2019 e progettato per aumentare fino a 74 miliardi nel 2025, con nuove opportunità per i fornitori di mercato:
“questi cambiamenti della dinamica di mercato saranno con molta probabilità accelerati dal COVID-19; mentre gli attuali e più grandi protagonisti dell’ online stanno guadagnando fette di mercato in forza dei loro brand e della loro portata, questa situazione, per nuovi fornitori, finora prevalentemente offline, rappresenta un’opportunità per ampliare la loro offerta anche online con studenti nuovi o già esistenti”
Le piattaforme online di Program Management, insieme con i Learning Management Systems rappresentano la funzione chiave di quel settore di tecnologia dell’educazione che nei primi tre mesi del 2020 soltanto, stando a quanto calcolato dalla HoloniIQ, “ha generato 3 miliardi di dollari di capitale di rischio (venture capital) nella Global EdTech”.
Tali piattaforme private, alimentate da venture capital, capitali privati e tasse degli studenti, sono ora doppiamente rafforzate nel mercato globale dell’istruzione, dal momento che le Università rapidamente stanno transitando verso il modello di didattica online. Nel linguaggio della finanza, il trimestre Q1 del 2020 ha prodotto un vero e proprio boom in quelli che possiamo definire edtech pandemic markets.
Ma questo quarto di attività finanziaria potrebbe avere conseguenze di lunga durata e implicazioni per l’istruzione universitaria ben più profonde in futuro.
Come elenco provvisorio, tali conseguenze includono:
– Trasferimento di competenze alle compagnie proprietarie delle piattaforme e ai sempre più efficienti sistemi che esse stanno inserendo nelle prassi e nei programmi universitari. La datafication e l’automazione sono state legittimate dai decisori politici, da consulenti, edu-business e think thank come mezzo utile per migliorare l’istruzione universitaria. Ciò incoraggia, di fatto, la delega del giudizio professionale a sistemi automatizzati, come se tali giudizi fossero equiparabili a quelli normalmente presi dai lavoratori. In questo modo, inoltre, si ridefiniscono le prassi educative e la progettazione dei curricoli, in modo da renderli compatibili con gli schemi digitali o le modalità di insegnamento possibili tramite piattaforma. Le aziende diventano sempre più coinvolte nella progettazione dei cosiddetti Dream courses e nella strutturazione dei programmi di studio online.
– Fusione del modello dell’istruzione universitaria con il modello di business delle piattaforme. Le piattaforme dipendono dall’estrazione e dall’analisi dei dati come fonte di profitto. Nell’Università delle piattaforme, i dati degli studenti non solo usati solo per misure di performance dell’Università stessa, ma anche come fonte di valutazione per le compagnie Edtech private. Il business dell’Edtech sta prosperando grazie ad un ”effetto network” dovuto al crescente numero di istituzioni che competono l’una con l’altra nello stringere partenariati pubblico-privato con le varie aziende. Nick Srnicek nel suo libro Platform Capitalism sostiene che le piattaforme digitali siano diventate l’infrastruttura principale della società; potremmo aggiungere che le piattaforme Edtech stanno oggi diventando strutturali nell’istruzione universitaria in contesto Covid, con potenziali effetti a lungo termine.
– Austerità per le università e mercato redditizio per le aziende delle piattaforme. Il passaggio all’istruzione online attraverso le piattaforme, come l’integrazione di Learning Management Systems o Online Program Management, aumenta il rischio di nuova precarietà nelle Università, contrariamente al sempre più elevato investimento e spesa privata per nuove tecnologie digitali. Laura Czierniewicz, in maniera convincente, osserva che “il sottofinanziamento e i tagli ai fondi, che accrescono rischi di frammentazione settoriale e collasso, sono ora affiancati dalla mercificazione e dalla crescente e libera infiltrazione di grandi corporations, che stanno ridisegnando il volto dell’Università”.
– Nuovi motori analitici di ansia in tempo reale. Se i ranking e le classifiche, come hanno sostento Wendy Espeland and Michael Sauder, sono vere e proprie macchine d’ansia che governano comportamenti reattivi nell’istruzione universitaria – con individui che agiscono per soddisfare determinati parametri di misurazione piuttosto che in nome di una missione collettiva e di valori comuni – allora nuove forme di datafication e automazione possono generare anche nuove forme di ansia. Liz Morrish ha osservato che per la forza lavoro accademica le richieste sono aumentate, in seguito all’introduzione di rankings e league tables, creando una “cultura della sorveglianza sul lavoro” in ambito universitario. La datafication abilitata dalle piattaforme digitali potrebbe esacerbare queste pressioni, essendo potenzialmente in grado di introdurre misure di performance in tempo reale negli spazi di lavoro, inclusi gli uffici universitari e le classi, con una possibilità molto preoccupante di crescente sorveglianza sia degli studenti che dello staff accademico anche dopo la pandemia.
– Nuove forme di governance algoritmica dell’Università. Per governance algoritmica, come la definiscono Christian Katzenbach e Lena Ulbrich, si intende l’impiego di “algoritmi come forma intenzionale di governo dei contesti sociali, che altera il comportamento degli individui, per esempio, nel modo di trattare i cittadini o di gestire i lavoratori”. La governance algoritmica prevede la creazione di profili dettagliati degli individui (data doubles) che potrebbero condurre a “selezione sociale, discriminazione, oppressione da parte dello stato e manipolazione di consumatori e cittadini”. Man mano che i processi algoritmici e analitici diventano sempre più automatizzati e “fuori controllo”, essi generano forme di “governance automatizzata” in cui i soggetti hanno sempre minore autonomia nelle proprie decisioni.
Nel complesso, questi sviluppi suggeriscono l’espansione del modello di Università fondata sui dati, governata in modo crescente attraverso algoritmi, analisi di informazioni e sistemi automatizzati, in cui i ruoli di insegnanti e studenti sono, di fatto, ridefiniti. Docenti e studenti avranno bisogno, nei prossimi mesi di sottoporre a un approfondito giudizio critico le tecnologie automatizzate in ambito universitario, per giungere a risposte collettive e contribuire a ricostruire le istituzioni del futuro.
[…] B. Williamson: Datificazione e governo algoritmico dell’Università durante e dopo il Covid 19 La crisi attuale sta già intensificando la richiesta di controllare e tracciare gli studenti in maniera più intensiva. In questo post, si offrono osservazioni iniziali e provvisorie su come tali tecnologie e prassi di datafication e automazione siano state messe in campo per l’istruzione universitaria, nel contesto del Covid-19 […]