Ai commissari che saranno nominati nell’abilitazione scientifica nazionale sono richiesti poteri sovraumani, sia nella loro capacità di lavoro, sia per le loro competenze scientifiche.

 

Cominciamo dal primo punto: i tempi. In base a quanto stabilito dall’Anvur, le commissioni delle valutazioni comparative dovrebbero finire i propri lavori entro la fine di febbraio del prossimo anno; inoltre v’è una generale e del tutto plausibile aspettativa che, ai fini di garantire serietà all’esame dei titoli, i commissari debbano leggere integralmente le pubblicazioni presentate dai candidati. È possibile realizzare queste due condizioni? Facciamo quale piccolo conto della serva.

Commissari stakanovisti

Prendiamo in considerazione il caso delle discipline umanistiche e quello di Storia della filosofia, per il semplice fatto del quale conosco le consuetudini in tema di pubblicazioni; tuttavia il ragionamento è facilmente estensibile ad altri raggruppamenti analoghi del campo umanistico (per quelli scientifici non saprei e lascio la parola agli esperti). Per il concorso a professore ordinario sono previste almeno tre monografie e 22 articoli. Di solito le monografie in questo campo non sono mediamente meno di 200 pagine, per cui tre sono 600; calcolando anche 15 pp. in media per articolo, facciamo circa 330. E così siamo a circa 930 pagine in media per candidato. E chi conosce il settore sa bene che queste stime sono assai prudenziali.
Ipotizziamo ora quanti siano i candidati nell’area (che comprende tutti gli storici della filosofia: antichisti, medievisti e generali): dal numero dalle domande e dalla conoscenza del settore, possiamo ipotizzare che probabilmente non saranno meno di 200; ma possono raggiungere numeri anche più alti, in considerazione delle doppie o triple domande e di molti esterni che tenteranno la sorte.
Quante pagine può mediamente leggere un commissario al giorno? Di solito si sostiene che quando si va al di sopra della 400 parole al minuto, il tasso di comprensione crolla al di sotto del 50%; invece si ritiene che la velocità normale di lettura con piena comprensione del testo non possa andare al di là delle 200/230 parole al minuto; questo ovviamente per un testo normale, non di certo uno filosofico. Tuttavia vogliamo assumere che i commissari siano dei superuomini che hanno sviluppato capacità di lettura eccezionali, così assumiamo il primo valore come quello da loro effettivamente usato. Ogni pagina di un libro contiene in media circa 400 parole, in un testo non fitto di note. Per cui assumiamo che in effetti sia possibile leggere una pagina al minuto. Per leggerne 186.000 sono necessari così 3100 ore. Ora ammettiamo che ogni commissario dedichi a questo lavoro di lettura e valutazione 12 ore al giorno, sospendendo ogni altra attività e impegno (il che è irrealistico, in quanto i commissari non vengono dispensati dai loro doveri didattici e scientifici e devono spesso seguire anche le incombenze derivanti dalle loro cariche istituzionali). Ebbene, dividendo 3100 ore per 12, risulteranno 258 giorni, sabati, domeniche e feste comprese, ininterrottamente. Ciò significa circa 8 mesi. Otteniamo così i valori qui di seguito indicati per diverse ipotesi sul numero dei candidati:
E ci siamo fermati a 500 perché già i numeri sono abbastanza apocalittici.
Domanda al Ministro e ai genialoni dell’Anvur: come pensano che i commissari possano adempiere il loro compito con coscienza entro il 28 febbraio, cioè in non più di tre mesi (ipotizzando che inizino il loro lavoro a dicembre, il che è del tutto improbabile), se i numeri sono questi? E ripetiamo, abbiamo fatto un calcolo prudenziale, con delle ipotesi del tutto irrealistiche circa l’impegno dei commissari nella lettura; e poi bisogna considerare i tempi delle riunioni, dei verbali, dei giudizi da stendere e così via.
Insomma, si profila ancora una volta una valutazione “ictu oculi”, così come è avvenuto per un recente concorso per Presidi, in cui il sovrintendente regionale ha avuto l’ardire di affermare che i commissari, a fronte del numero esorbitante di temi da correggere e dei tempi brevi assegnati, avevano proceduto appunto utilizzando il “colpo d’occhio”, con inevitabili ricorsi al TAR e strascichi che ancora perdurano.

Commissari onniscienti

Ma veniamo ora alla qualità intrinseca dei commissari, cioè alle loro competenze disciplinari, continuando a stazionare sul settore disciplinare da noi considerato (ma al solito questo esempio è facilmente estensibile anche ad altri settori) e prendendo questa volta in esame il curricolo dei commissari stranieri. Non si tratta qui, ovviamente, di entrare nel merito della qualità di ciascuno di essi sulla quale, c’è da esserne certi, il sapiente crivello dell’Anvur avrà agito secondo scienza e coscienza, selezionando i ‘migliori’ tra coloro che si sono resi disponibili. Ma alcune considerazioni si impongono.
Primo. La geografia europea è equamente rappresentata: su sei commissari selezionati due sono di lingua inglese, uno di lingua tedesca, due di lingua francese, uno di lingua spagnola (utilizziamo il criterio della lingua riferendoci anche all’università di appartenenza, ma segnaliamo che ciascuno di essi ha presentato il curricolo nella sua lingua madre).
Secondo. Salta subito all’occhio che per tutti i commissari candidati al sorteggio le competenze sono addensate soltanto all’interno di pochi ambiti specialistici. Si contano, infatti, un medievista, illustre specialista del pensiero dell’Aquinate e di Meister Eckhart; due studiosi la cui attività di ricerca spazia prevalentemente all’interno della tradizione filosofica rinascimentale (di uno dei quali non è annesso al curricolo l’elenco delle pubblicazioni). Sono presenti, ancora, un modernista, grande conoscitore della tradizione seicentesca e settecentesca (supponiamo, perché anche in questo caso nel curricolo pubblicato sul sito ministeriale non compaiono le pubblicazioni). Infine, un antichista, interprete della tradizione platonica e stoica e uno studioso del Seicento e di Ortega.
E la restante parte della storia della filosofia? Delle due l’una: all’estero non la sia studia abbastanza e la qualità scientifica delle produzioni è così scadente che il setaccio Anvur l’ha scartata, non ritenendola all’altezza della produzione nostrana; oppure, i colleghi studiosi stranieri hanno ritenuto poco utile cimentarsi come commissari nell’agone intellettuale italiano, nonostante l’appannaggio di ben sedicimila euro “plus expenses”, come recita in bella mostra l’annuncio ufficiale sul sito ministeriale. E anche questa circostanza non crediamo sia cosa da poco[1].
Sta di fatto che l’intera storia della filosofia, almeno nella sua componente ‘estera’, stando così le cose, e dopo che si è preteso ‘assurdamente’ di riunirla  in un unico macrosettore concorsuale, non potrà essere oggetto di utile e approfondita valutazione, avuto riguardo per i titoli dei candidati non antichisti. non medievisti e non modernisti. E ciò perché, al netto delle eccellenti competenze di settore mostrate dai colleghi stranieri, è noto come in un concorso che si è voluto imbastire alla luce di indicatori di trasparenza e di scientificità meritocratica, è a tutti universalmente noto come una valutazione tra pari sia possibile solo se si conosce in partenza di cosa si stia parlando.
Nel nostro caso, senza nulla sottrarre alle competenze dei colleghi esteri, è quasi certo che i giudizi sulla produzione dei candidati che hanno studiato cose “fuori dal seminato”, sarà tecnicamente poco pertinente e comunque incompleta. Si obietterà che un ‘ribilanciamento’ delle competenze della commissione  potrà essere possibile per i rimanenti quattro quinti e che ci si possa ‘attendere’ una più equa distribuzione delle pertinenze scientifiche. Ma se così fosse la dea bendata non dovrebbe essere più tale. O, pur rimanendo tale, essa dovrebbe distribuire equamente la sua sorte, affinché secoli e secoli di filosofia e tematiche su tematiche vengano giudicate con metri e valutazioni non differenti. Insomma, una sorta di ‘aiutino’ alle leggi della probabilità. Si sta procedendo forse ‘lodevolmente’ in tale senso (v. articolo di De Nicolao in merito)? Un adagio del rabbi Ben Akiba recitava: “Nulla è già stato”. Ne deriva, logicamente, che tutto è possibile.
Si potrebbe obiettare che è sempre possibile per la commissione, qualora le competenze al suo interno fossero carenti, servirsi di un parere scritto “pro veritate” di un esperto (art. 8, comma 3 del DPR 222 del 14-09-11). Un passo assai delicato, questo: innanzi tutto v’è la possibilità di una moltiplicazione di esperti, in quanto gli ambiti di ‘incompetenza’ dei commissari sono potenzialmente numerosissimi; v’è poi di fatto la situazione per cui il giudizio finale viene affidato solo ad una persona, con l’esautoramento pratico della commissione: altrimenti perché nominare un esperto se poi se ne rifiuta il giudizio? Infine in base a chi si nomina come ‘esperto’, si predeterminerà verosimilmente l’esito del giudizio, con una sostanziale deresponsabilizzazione della commissione: è un altro a togliere le castagne dal fuoco.

Amministrativisti, al lavoro!

Sono questi ulteriori elementi che daranno lavoro ai tribunali amministrativi? L’unica via d’uscita sarebbe – almeno in merito al primo problema (per il secondo non so francamente quale soluzione si possa concepire) – quella di allungare i tempi della correzione;  anche se ciò fosse possibile, tutto questo ambaradan che è stato messo in piedi non guadagnerebbe granché in credibilità. Un’altra strada è quella di voler dichiarare le mediane prescrittive, in modo da rimettere a loro l’onere della decisione e nella sostanza procedere a una sorta di selezione di massa per tutti coloro che le soddisfano, giustificando in tal modo una accelerazione del processo di valutazione. Ma sarebbe una soluzione peggiore del male: la funzione delle commissioni sarebbe del tutto vanificata, dando ciò nuovo impulso ai ricorsi. Insomma siamo davanti a  un bel pasticcio da cui sembra difficile uscire e che a nostro avviso è dovuto al meccanismo stesso così come è stato concepito. Perché il male sta proprio nella concezione stessa di questa abilitazione, a cui poi l’Anvur ha aggiunto il carico dell’incompetenza e del dilettantismo: è l’idea di un Grande Concorso Nazionale Unico per Tutti i Settori Disciplinari con Commissione Onnisciente: un mostro che, come hanno dimostrato altri eventi consimili (ad es. il caso del TFA) e come finirà sicuramente per accadere in altre situazioni (l’incipiente concorso per docenti della scuola), finisce per divorare gli apprendisti stregoni che lo hanno liberato, contribuendo ad affossare ancor di più la ricerca e l’università italiana.

 


[1] Se facciamo il conto della serva, i circa 185 commissari Ocse (tanti sono i settori concorsuali) costano solo in appannaggio 2.960.000 euro. Se poi consideriamo che a costoro devono essere garantiti circa 15 giorni di soggiorno, con vitto e alloggio, per riunioni e incombenze varie, oltre le spese di viaggio, mediamente fanno circa 4250 ciascuno (250 euro al giorno con un costo di viaggio di 500 euro – stime sempre prudenziali), le spese ammontano a complessive 786.250 euro; ovvero un totale di 3.746.250 euro, per lo meno. Tanto ci sta costando il discredito internazionale per tale misura, unica al mondo (in nessun paese è previsto per legge l’esperto internazionale quale tecnica di ‘incivilimento’ delle carriere accademiche).

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10 Commenti

  1. In qualche commissione sembra che i commissari accetteranno anche chi non passa i 2 parametri ma solo uno se nel CV si sono competenze che meritino la promozione. = Asticella bassa per far passare più candidati possibile= non leggeranno un lavoro.

  2. Il limite minimo delle tre monografie e 22 articoli per presentarsi al concorso da ordinario era stato proposto (solo proposto) da CUN, ma mai stato ratificato da nessuno. Per queste abilitazioni non risulta da nessuna parte. Concordo comunque su tutto il resto, ovvero sul difetto di giudizio, che aprirà le porte a una valanga di ricorsi (non solo al TAR). Altra cosa: come la mettiamo con gli articoli scritti in inglese o in tedesco? Qualora uno dei commissari non sappia una di queste due lingue (e i casi sono molti), come fa a giudicare un lavoro scientifico?

  3. Il Presidente dell’ANVUR Fantoni, a Padova per le giornate di In-Formazione sull’A.V.A., ha detto che le domande di abilitazione registrate sono in tutto poco meno di 70000, contando le due fasce e i 184 settori concorsuali.

    Giusto per confermare che una stima di 400 domande in media per commissione è realistica.

  4. Nel caso interessino, sono uscite le mediane per le riviste di classe A del settore 12 (diritto). Link in calce.
    Segnalo in particolare l’incredibile valore di 13 (tredici!) del settore 12F1, credo si tratti di diritto dell’UE. Tredici papers di classe A penso sia un record galattico! Ancor più incredibile se contrapposto allo zero spaccato di IUS/09 (mi pare sia diritto internazionale).
    Come possa un’area di ricerca, tra l’altro piuttosto omogenea come il diritto, avere criteri così opposti di valutazione delle riviste, e delle relative mediane, è fenomeno da riservare ai dogmi di fede…

    http://www.anvur.org/sites/anvur-miur/files/medianeclassea_area12.pdf

  5. Per inciso: le Commissioni potranno avere accesso agli atti solo dopo aver fatto la prima riunione, nella quale dovranno stabilire i criteri.
    Poichè fra la nomina della Commissione (e quasi nessuna delle 184 Commissioni è stata già nominata) e il suo effettivo insediamento devono passare 30 giorni (tempo per possibili ricusazioni dei Commissari) il conto è presto fatto! I Commissari riceveranno gli atti probabilmente a Gennaio (nella migliore della ipotesi) … e quindi avranno 2 mesi per completare tutto! Che significa che dovrebbero leggere pubblicazioni e cv in non più di una quarantina di giorni!

    • Alcune commissioni sono già state nominate e i decreti sono online.
      Ma ai 30gg per la ricusazione, (il 20 dicembre!!!) vanno aggiunti 15gg di tempo per dare ai candidati la possibilità di ritirarsi.
      Quindi la commissione, se tutto va bene, il 21 dicembre (venerdì, 3 gg prima di natale!) si riunisce stabilisce i criteri e poi si fa le ferie per 15gg (scadenza 6 Gennaio), iniziando quindi ad operare subito dopo le feste (il 7 Gennaio).
      Questo ammesso che un commissario non venga ricusato e che si riuniscano effettivamente il 21.
      Sono pronto a scommettere in una proroga per decreto del ministro.

  6. Penso sia molto chiaro che se resta la data di febbraio quella in cui i commissari devono completare la loro valutazione, va a finire che il colpo d’occhio si riduca alla verifica del superamento delle mediane, perchè immagino non possa esservi altro. Ciò significherebbe un gran numero di abilitati dei quali la stragrande maggioranza rimarranno con la sola abilitazione, fra l’altro scaduta tra quattro anni. C’è da aggiungere che se l’abilitato è anche un precario le probabilità che precario rimanga diventeranno estremamente alte. Siamo all’assurdo che un precario valutato abilitato alla docenza per far cassa vada a lavorare come operatore in un call center……. mondo d’oggi!

  7. Ancora non ho letto nessuna discussione sugli “esperti” esterni. Ma valgono anche per loro tutte le incompatibilità presenti per la nomina della commissione?
    Ovvero è possibile dare al padre/marito/parente il compito di valutare il lavoro del figlio/moglie/parente?
    Su che basi vengono scelti? devono superare le mediane?
    E’ possibile ricusarli?

    Io vedo nell’uso di questi esperti un cavallo di Troia per far rientrare gli esclusi nelle commissioni. Vuoi che il tuo allievo sia idoneato ma la commissione non vuole prendersi la responsabilità, si nomina un esperto esterno compiacente (se non direttamente il “barone” di turno) ed è fatta.

    Spero che anche su questa importante caratteristica della procedura vengano accesi i riflettori perché tutto vada per il meglio.

    • @Plymouthian

      Poni un problema molto serio.
      La questione dei commissari (selezionati con bando) che nominano ad libitum “sub-commissari” (senza bando) e delegano a questi ultimi parte del lavoro di valutazione (sotto forma di richiesta di “pareri”) merita di essere approfondita molto attentamente.
      Si tratta di una soluzione procedurale che non ho finora visto in altre fattispecie di evidenza pubblica. Questa brillante idea è stata esplicitata direttamente dalla Legge Gelmini (art. 16, c. 3, lett. i). Non si finisce mai di imparare da questa ASN (che presto potrebbe divenire, da valutazione avente ad oggetto la produzione scientifica, essa stessa oggetto della letteratura scientifica, in particolare di quella giuridica).
      Comunque, quanto meno sul dovere di astensione in caso di conflitto di interessi, non avrei dubbi: deve valere anche per i “sub-commissari” come per i commissari, in quanto i primi, pur essendo soggetti privati, partecipano allo svolgimento (anche se in veste e con ruoli diversi) della medesima funzione oggettivamente pubblica di valutazione che è attribuita ai commissari.
      Può essere interessante la lettura (che consiglio a tutti) dell’art. 1, comma 1-ter, della L. 241/1990, da vedere in combinato disposto con l’art. 6-bis della stessa legge (il nuovo testo di entrambe le disposizioni è frutto della recente legge anti-corruzione n. 190 del 2012).

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