A passo di lumaca, il Miur sta rendendo noti i risultati delle procedure per l’abilitazione scientifica 2012, che avrebbero dovuto concludersi originariamente nel giugno 2013, termine poi prorogato a settembre e poi a novembre. In ogni caso, le commissioni avrebbero dovuto concludere i loro lavori entro il 2013, ma i risultati in molti settori scientifico disciplinari non sono ancora stati resi noti, il che ha provocato la protesta di numerose associazioni scientifiche. Qui di seguito esaminiamo solo una parte dell’area umanistica, e cioè i risultati di Storia, tre settori di Diritto,  Filosofia politica e Scienza politica, Sociologia. Si tratta, in tutto, di 1.020 candidati all’abilitazione come professore di prima fascia e 2.969 candidati per la seconda fascia, in tutto circa 4.000 candidati.

Prima di tutto i grandi numeri: come si vede dalle tabelle, in alcuni settori (Storia contemporanea e Sociologia) hanno partecipato centinaia di candidati. La commissione di Storia contemporanea avrebbe dovuto esaminare i titoli e le pubblicazioni di 541 candidati che presentavano 2.088 lavori per la prima fascia e 5.100 per la seconda fascia, in totale 7.188 monografie, curatele o articoli. La commissione di Sociologia (SPS/07, SPS/11 e SPS/12) ha ricevuto 2.664 pubblicazioni dai candidati alla prima fascia e 5.088 da quelli alla seconda fascia, per un totale di 7.752 lavori. In realtà, i curricula dei candidati comprendevano non solo i 18 lavori richiesti (12 per la seconda fascia) ma elencavano anche pubblicazioni precedenti al 2002 (data limite fissata dal Miur), oltre a produzioni locali, minori o di tipo giornalistico, quindi i commissari avevano sotto gli occhi i titoli di decine di migliaia di opere. La farraginosa macchina messa in moto dalla legge 240 del 2010 e poi definita nel suo funzionamento dal DPR n. 222 del 2011, oltre che da una serie di delibere dell’Anvur, ha assegnato alle commissioni un compito palesemente impossibile da realizzare nei termini di legge, quello di “valutare analiticamente” questa alluvione di libri e articoli.

Hanno conseguito l’abilitazione il 31,1% dei candidati alla prima fascia e il 31,7% di quelli alla seconda fascia. All’interno di questo dato generale troviamo però delle forti differenze tra le percentuali di abilitati nelle diverse aree, in particolare per la prima fascia: nell’area 14, il settore Storia delle dottrine e delle istituzioni politiche ha registrato il 47,4% di abilitati, cioè quasi la metà dei candidati, mentre il settore Sociologia generale, giuridica e politica soltanto il 19,6%, meno di un candidato su cinque.Per la seconda fascia, Sociologia dei processi culturali ha considerato idonei il 19,4% dei candidati mentre Diritto comparato e Filosofia politica il 42%, più del doppio.

Poiché stiamo parlando di un gran numero di candidati, gran parte dei quali già interni all’università quindi vincitori di un concorso precedente, la distribuzione dei risultati avrebbe dovuto essere non troppo differente tra le varie aree, anche perché le mediane calcolate dall’Anvur non risultavano poi così differenti fra i settori scientifico-disciplinari.

Come si sa, le mediane rappresentavano il valore numerico che divideva ogni categoria di candidati in due parti uguali: nelle aree come medicina, biologia e “scienze dure” poteva presentare domanda di abilitazione solo chi aveva una produzione scientifica uguale o maggiore della cifra calcolata dall’Anvur in almeno due mediane. Nelle aree umanistiche, una su tre. In ogni caso le mediane erano derogabili se la commissione lo dichiarava preventivamente nei criteri motivando in maniera adeguata.

Il risultato è stato che le commissioni hanno interpretato differentemente il loro ruolo e i loro poteri, richiedendo ai candidati livelli di produzione assai diversi e introducendo criteri supplementari, più o meno restrittivi, per l’abilitazione. Il modo con cui sono stati valutati parametri come “internazionalizzazione” e “coerenza con la disciplina” “partecipazione a progetti di ricerca” è stato eterogeneo, così pure il giudizio sull’importanza o meno di superare le mediane. Per esempio, la commissione di Sociologia generale, giuridica e politica ha negato l’abilitazione a un candidato a cui i calcoli dell’Anvur attribuivano 13 monografie, 44 articoli o contributi in volume e 2 articoli in rivista di fascia A, quindi superava almeno del doppio tutte e tre le mediane. La commissione di Storia delle dottrine e delle istituzioni politiche ha concesso l’abilitazione a un candidato che presentava 2 monografie, 16 articoli o contributi in volume e zero articoli in riviste di fascia A, quindi superando una sola mediana su tre fra i dubbi di almeno un commissario (produzione “carente nell’ultimo decennio e non completamente attinente alla disciplina cui il candidato concorre”). Naturalmente, nelle aree umanistiche è particolarmente evidente che tra due candidati quello con indicatori maggiori non è necessariamente il migliore, dato che le sue pubblicazioni

potrebbero essere state di scarso valore o persino fuori tema.

Più che da differenze soggettive tra valutatori “severi” e “indulgenti”, i risultati di questo universo di circa 4.000 candidati provenienti da 14 aree scientifico-disciplinari sembrano l’inevitabile risultato di una forte arbitrarietà, originata dalle regole ambigue, confuse e contraddittorie partorite dal Miur e dall’Anvur. Oggi l’attenzione è concentrata sui risultati ma, in un’ottica meno miope, il problema è come ci si è arrivati, basti ricordare il “balletto” delle mediane calcolate, ritirate, ricalcolate e ripubblicate talvolta dopo che le commissioni avevano già iniziato i loro lavori.

Alcune commissioni (Storia medievale) hanno attribuito notevole importanza alle esperienze didattiche, altre non hanno nemmeno menzionato la questione. Che dire, inoltre, della commissione di Storia contemporanea, che si trova di fronte un candidato con “innumerevoli esperienze didattiche e di ricerca compiute soprattutto in USA”, insieme a “una produzione a dir poco imponente che lo qualifica tra i maggiori esperti nel nostro paese degli argomenti da lui studiati” e poi gli nega l’abilitazione per “mancanza di adeguate esperienze organizzative nel campo accademico”?

I casi di giudizi sostanzialmente positivi seguiti poi da bocciatura per carenza di “internazionalizzazione” o di “coerenza col settore disciplinare” sono parecchi e daranno origine ad altrettanti ricorsi. Al convegno sulla ricerca organizzato a Roma il 21 febbraio da Roars, il giurista Sabino Cassese ha espresso ironicamente la sua valutazione dell’intero processo: “I miei allievi avvocati ringraziano, perché ci saranno centinaia di ricorsi al TAR. I miei allievi magistrati amministrativi avranno molto da lavorare nei prossimi mesi e anni e saranno loro, non la comunità dei medici, a decidere se un chirurgo è abile o no”.

Nel processo si sono probabilmente inseriti anche calcoli corporativi. In un’epoca di risorse estremamente scarse, infatti, il meccanismo che si è immediatamente avviato è quello di bandire le chiamate (selettive e nel rispetto dei vincoli del turn-over) nelle aree dove i Dipartimenti dispongono di candidati interni abilitati (la cui promozione costa una frazione di ciò che costa l’assunzione di un esterno) e di rinviarli a tempi migliori per le altre aree. Questo significa che il futuro dell’insegnamento e della ricerca per molti settori scientifico disciplinari dipenderà non da necessità “oggettive”, o da priorità definite all’interno di un dibattito trasparente, ma dalla “disponibilità” di abilitati. Pochi abilitati, pochi posti, molti abilitati, molti posti: i numeri fanno capire che alcune commissioni erano coscienti di questa dinamica, altre no.

La lettura dei giudizi sul sito del Miur e i primi ricorsi al TAR del Lazio hanno rinfocolato le polemiche giornalistiche: l’attenzione si è concentrata su alcuni settori (Storia antica) dove si segnalavano casi di “vincitori noti in anticipo”. In altre parole, i quotidiani accusavano le commissioni di aver manipolato i risultati per favorire raccomandati, fedelissimi dei “baroni” e altri membri della Casta o aspiranti tali. In realtà potrebbero esserci stati solo alcuni casi di “fuga di notizie” dato che per molte commissioni la pubblicazione degli esiti si è avuta diversi mesi dopo la chiusura dei lavori.

Ma più sostanzialmente, come ha scritto Francesco Coniglione, i professori universitari “non sono postelegrafonici” e quindi si tratta di un’ottica sbagliata: “In un sistema normale che premia il merito scientifico, il fatto che si sappia in anticipo chi vincerà un certo concorso deve essere ritenuto la condizione normale e non può essere considerato affatto una patologia”. Per quale motivo? Perché “prima di arrivare ad una valutazione (come l’ASN), lo studioso ha pubblicato articoli e volumi, ha frequentato congressi, fa parte di società scientifiche (…) Insomma uno studioso degno del nome è conosciuto molto prima del momento in cui si sottopone a valutazione, specie in settori concorsuali molto specialistici e per le fasce più alte delle qualificazioni”. La valutazione è quindi “il momento finale in cui viene formalmente riconosciuto un consenso e una stima già socialmente consolidata nella comunità scientifica. Ecco allora che è del tutto possibile prevedere i vincitori di tale valutazione: anzi, se così non fosse, si dovrebbe sospettare che la commissione abbia adoperato criteri del tutto arbitrari”.

La verità è che il debole e incostante giornalismo italiano si è rilevato una volta di più incapace di percepire la dimensione sistemica del processo di abilitazione scientifica nazionale, il cui sbocco logico avrebbe dovuto essere la libertà dei dipartimenti di chiamare chiunque fosse in possesso dell’abilitazione, senza ulteriori formalità. Invece, la legge 240 del 2010 ha introdotto l’ASN senza abolire i concorsi locali (ribattezzati “chiamate selettive”) realizzando in pratica una grande operazione illusionistica. La macchina burocratica gigantesca e inefficiente messa in piedi all’italiana doveva operare essenzialmente per rinviare tutto e mascherare il drastico calo di organici in atto all’università con chiacchiere sul merito e la trasparenza. Con coerenza degna di miglior causa, i tre ultimi governi hanno operato per risparmiare sugli stipendi, indifferenti alla qualità della didattica e della ricerca, nonché al futuro dell’università.

L’introduzione di criteri bibliometrici come le mediane (all’estero oggetto di critiche scientifiche approfondite, più volte illustrate da Roars) avrà un effetto semplicissimo: quello di adeguare anche l’università italiana alla logica del Publish or Perish, che forse permette di punire i “fannulloni” ma non garantisce affatto migliori risultati per la ricerca. Peter Higgs, che ha ottenuto il Nobel nel 2013, ha detto recentemente che per anni non ha pubblicato nulla e che, nel 1964 quando ipotizzò l’esistenza del bosone, “nessuno ci credeva, nessuno voleva lavorare con me”. Da allora, in 50 anni, ha pubblicato meno di dieci articoli scientifici. Insomma, non avrebbe superato le mediane e sarebbe stato invitato dal Miur e dall’Anvur a cercarsi un altro lavoro.

 

 

Abilitazione Scientifica Nazionale 2012- I fascia

MacrosettoreSettore scientifico

Candidati

Abilitati

Percentuale abilitati

11/A2Storia moderna

90

30

33,3

10D/1Storia antica

45

15

33,3

11/A1Storia medievale

49

19

38,8

11/A3Storia contemporanea

116

40

34,5

12/B2Diritto del lavoro

34

13

38,2

12/D1Diritto amministrativo

116

34

29,6

12/E2Diritto comparato

97

25

25,8

14/A1Filosofia politica

50

19

38,0

14/A2Scienza politica

65

14

21,5

14/B1Storia delle dottrine e delle istituz. politiche

57

27

47,4

14/C1Sociologia generale

148

29

19,6

14/C2Sociologia dei processi culturali

84

31

36,9

14/D1Sociologia dei processi economici, del lavoro, dell’ambiente

69

21

30,4

TOTALI

1.020

317

31,1

 

Abilitazione Scientifica Nazionale 2012- II fascia

MacrosettoreSettore scientifico

Candidati

Abilitati

Percentuale abilitati

11/A2Storia moderna

236

93

39,4

10D/1Storia antica

158

42

26,6

11/A1Storia medievale

172

56

32,6

11/A3Storia contemporanea

425

173

40,7

12/B2Diritto del lavoro

78

25

32,1

12/D1Diritto amministrativo

256

75

29,3

12/E2Diritto comparato

186

78

41,9

14/A1Filosofia politica

200

84

42,0

14/A2Scienza politica

153

55

35,9

14/B1Storia delle dottrine e delle istituz. politiche

177

63

35,6

14/C1Sociologia generale

424

71

16,7

14/C2Sociologia dei processi culturali

283

55

19,4

14/D1Sociologia dei processi economici, del lavoro, dell’ambiente

221

71

32,1

TOTALI

2.969

941

31,7

 

Articolo originariamente uscito su “Il Bo – giornale dell’università di Padova

 

 

 

 

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2 Commenti

  1. Mi ha colpito questo passo:”….il futuro dell’insegnamento e della ricerca per molti settori scientifico disciplinari dipenderà non da necessità “oggettive”, o da priorità definite all’interno di un dibattito trasparente, ma dalla “disponibilità” di abilitati. Pochi abilitati, pochi posti, molti abilitati, molti posti: i numeri fanno capire che alcune commissioni erano coscienti di questa dinamica, altre no”.

    Chiaramente il tema è da trattare con attenzione. Naturalmente essendo che l’articolo presenta che almeno per come ho letto per il settore di “Storia antica” sono stati segnalati “casi di “vincitori noti in anticipo” penso che dobbimo entrare più nel merito.

    Come la pensate?

    Certo, è non secondario che insieme alle varie pieghe del tema ottimamente presentate proprio un tema come la “Storia antica” debba essere così sbilanciato almenno rispetto ai settori non umanistici s’intende.

    Proprio quì in un commento su un articolo di qualche mese fa ho cercato di presentare le motivazioni che la cultura umanistica deve essere certo trasversale rispetto ad archeologia, filosofia, lettere, etc. ma in particolare la critica testuale su opere di autori antichi è importante. Leggendo quest’articolo penso che si debbano analizzare e recensire con spirito critico anche le opere degli autori moderni. Penso che questa potrebbe essere una sfida. In questo modo si potrebbe obiettivamente quanto meno rilamciare una pioggia di verifiche corrente in funzione delle opere di “storia antica”. Di certo è poco ma potrebbe essere di qualche utilità.

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