Cingolani è 2.700-mo nella graduatoria Clarivate, ma secondo il Sole 24 Ore è “uno dei dieci scienziati più citati al mondo per le scienze dei materiali”. All’autore dell’articolo, Luca De Biase (Editor di innovazione al Sole 24 Ore e Nova24) sarebbero bastati pochi clic di mouse per verificare che il direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia non compare negli elenchi degli Highly Cited Researchers curati da Clarivate Analytics, quelli a cui si fa normalmente riferimento (ne fa uso anche il ranking ARWU delle università). Infatti, per le Scienze dei materiali l’elenco comprende 152 ricercatori, mentre Roberto Cingolani si colloca oltre la 2.700-ma posizione. Da dove questo titolo di “top cited”, allora? Sembra provenire da Google Scholar che, per ogni parola chiave, produce una classifica di “highly cited”, ma solo degli scienziati che possiedono un profilo pubblico sulla piattaforma e senza distinguere in quale settore hanno ottenuto le citazioni. A differenza di Clarivate che censisce tutti (e distingue i settori), quella di GS è una gara ristretta a chi vuole parteciparvi. Ma nemmeno così Cingolani entrerebbe nella top 10 di Materials Science, perché i concorrenti più citati di lui sono pur sempre troppi. Cingolani ce la fa perché nel suo profilo usa una keyword meno diffusa (Material Science) che viene selezionata da un gruppo meno numeroso (e nel complesso meno agguerrito). La svista del Sole 24 Ore avrà fatto felice l’ufficio stampa dell’IIT: al direttore scientifico viene attribuito un titolo prestigioso e se il bluff salta (come è accaduto), la responsabilità è di De Biase che non ha fatto le verifiche del caso. Per difendere il controverso istituto genovese e il suo tesoretto di oltre 415 milioni (che alcuni danno per misteriosamente scomparsi), ormai tutto fa brodo, anche i fake ranking.

[aggiunta del 24.08.2017] Luca De Biase ha replicato su Nova: Non potevo verificare perché è «a pagamento». De Biase (Sole24) non lo sa, ma le liste degli Highly Cited sono gratis.

All’inizio di agosto il Sole 24 ore ha pubblicato un articolo intitolato «Come la scienza, cerco l’essenza delle cose», firmato da Luca De Biase, Editor di innovazione al Sole 24 Ore e Nova24 (l’inserto del Sole dedicato a scienza e nuove tecnologie). Protagonista assoluto dell’articolo è Roberto Cingolani, che lo stesso articolo ricorda essere «fondatore e direttore da una dozzina d’anni dell’Iit» (l’Istituto Italiano di Tecnologia).

Dopo aver ricordato una carica ricoperta da quasi mezza generazione, il pezzo assume subito tonalità decisamente agiografiche. L’immagine iniziale è accattivante. Massaggia sapientemente il cuore del lettore, evocando uno spicchio del privato di Cingolani:

«Un paio d’anni fa, Alkis Cingolani era alto più o meno come iCub. Lo si vedeva in una foto nella quale il figlio più giovane del direttore dell’Iit, era ritratto accanto al piccolo, famosissimo robot dalla faccia carina realizzato dall’istituto di ricerca di Genova. Con un briciolo di ironia e una montagna di paterna soddisfazione, Roberto Cingolani, uno dei dieci scienziati più citati del mondo per le scienze dei materiali, fondatore e direttore da una dozzina d’anni dell’Iit, comparava i due “esseri” sottolineando soprattutto le differenze: il cervello di iCub funzionava grazie a un miliardo di transistor, mentre Alkis poteva contare su centomila miliardi di sinapsi, consumando un quinto della potenza elettrica e sviluppando il doppio delle operazioni al secondo».

L’inciso, da noi evidenziato in grassetto, contiene un’affermazione impegnativa: Cingolani sarebbe uno dei dieci scienziati più citati del mondo per le scienze dei materiali.

Lo dice il Sole 24 Ore. Non solo. A scriverlo è il capo della sua redazione dedicata alla scienza e tecnologia. Sarà certamente vero. E il lettore, assimilata subliminalmente la patente di eccellenza dispensata da quell’inciso, prosegue sereno nella sua lettura.

Tuttavia, come monitorato dalla nostra rubrica Fake News 24, la redazione di Roars ha dovuto abituarsi a non prendere per oro colato le informazioni pubblicate dal quotidiano di Confindustria. E, anche in questo caso, ha deciso di controllare.

Seguiteci. Sono solo 4 punti. E ne vale la pena.

1. Nelle liste Clarivate degli Highly Cited, Cingolani non c’è

Il Sole afferma che Cingolani rientra tra i primi dieci scienziati più citati del mondo nel settore della «Scienza dei Materiali». Tra gli addetti ai lavori, quando si parla di “scienziati più citati”, il pensiero va subito alle liste degli Highly Cited Researchers, curate da Clarivate Analytics. Anche senza essere dei grandi esperti, ecco cosa si ottiene se si cerca “highly cited” su Google.

Entrambi i primi link fanno riferimento alle liste curate da Clarivate. Anche chi non conosce l’inglese, se cerca “scienziati più citati“, ai primi posti trova diversi articoli in italiano del 2016 che fanno riferimento ai 3100 Highly Cited Researchers di Clarivate e in particolare ai 44 italiani compresi nell’elenco. Gli Highly Cited Researchers di Clarivate sono ben noti anche perché uno dei criteri (20% di peso) usati nella compilazione di una delle più note classifiche internazionali di atenei, l’Academic Ranking of World University (ARWU), è proprio il numero di ricercatori inclusi in questi elenchi.

Per consultare gli elenchi basta cliccare sul link

http://hcr.stateofinnovation.com/

dove una maschera permette di fare ricerche per nominativi, categorie scientifiche e affiliazioni. Ebbene, basta una rapida verifica per accertarsi che il Direttore di IIT non compare nelle liste Clarivate dei cosiddetti Highly Cited Researcher.

Facciamo un ulteriore controllo: scorriamo, sempre sul sito di Clarivate Analytics, l’intera lista degli Highly Cited Researchers nel settore Materials Science.

La lista include 152 scienziati (il numero di scienziati presenti nella lista varia a seconda delle dimensioni del settore), ma di Roberto Cingolani non c’è traccia.

La lista, che si basa sulla banca dati Essential Science Indicators di Clarivate (banca dati che fino al 2016 era gestita da Thomson-Reuters), viene stilata analizzando circa un decennio di produzione scientifica, così come censita da Web of Science (attualmente, viene considerato il periodo 2004-2014). Nella lista, aggiornata ogni anno, entra chi ha scritto il numero maggiore di articoli Highly Cited (lavori che rientrano nell’1% degli articoli più citati del proprio settore tra quelli pubblicati in un dato anno). Per maggiori dettagli tecnici rimandiamo direttamente al sito di Clarivate Analytics che spiega le procedure usate per stilare le liste. In ogni caso, Cingolani non ci è mai entrato.

I dubbi s’ispessiscono. Come mai?

 2. Come si classifica Cingolani? È 2746-esimo

Consultando gli Essential Science Indicators (l’analizzatore fornito assieme alla banca dati WoS) e compilando la lista degli scienziati maggiormente citati nel settore di Scienza dei Materiali, si osserva che:

  • Cingolani appare alla posizione no. 2746 (ex aequo con molti altri) su 5545 ricercatori censiti, per quanto riguarda il numero di Highly Cited Paper;
  • egli si classifica alla posizione no. 2716, per quanto riguarda il numero di citazioni ottenute da articoli pubblicati da riviste del settore Scienza dei Materiali.

Si noti che WoS adotta un sistema rigido di classificazione in settori. Le citazioni e gli Highly Cited Paper del settore X devono riferirsi a pubblicazioni su riviste del settore X e non di altri settori. Questo permette di evitare incongrue classifiche settoriali. Se una persona lavora in due settori S1 e S2, potrebbe diventare Highly Cited in S2 con le citazioni ottenute da lavori del settore S1. Ad esempio, supponendo che un fisico si occupi tangenzialmente anche di Economia, costui potrebbe facilmente diventare Highly Cited in Economia usando le citazioni ottenute dai lavori di Fisica dove si ricevono di norma molte più citazioni che in Economia. In particolare non è possibile diventare Highly Cited nella Scienza dei Materiali contando le citazioni di propri articoli dedicati ad altri temi scientifici.

3. Highly-Cited Do It Yourself… su Google Scholar

Ma allora su cosa è fondata l’affermazione per la quale Cingolani sarebbe fra i primi 10 scienziati più citati al mondo nel settore della Scienza dei materiali? La risposta è, a un tempo, banale e sorprendente. Apparentemente, l’unica spiegazione che si può dare a questo interrogativo è che l’autore dell’articolo abbia eletto a rapido dispensatore di verità bibliometriche Google Scholar, che, come è ben noto ai lettori di Roarsnon è affidabile come strumento di misurazione bibliometrica.

Chiariamo il punto. Cingolani ha un profilo su Google Scholar. Il ricercatore che intenda apparire con un proprio profilo su Google Scholar non ha che da creare il suo profilo, più o meno come si fa su Facebook, riconoscendo come propri i lavori che Google Scholar suggerisce come opera dell’autore. Lo scienziato elenca poi i settori in cui lavora, o meglio i settori in cui afferma di lavorare. Su tutto questo non c’è nessun controllo, in Google Scholar tutto è automatico (d’altra parte, è – apparentemente – gratis, come Facebook). Se Paolo Rossi decide di riconoscere come propri i lavori molto citati di un omonimo, queste citazioni saranno conteggiate nel suo profilo. E se Tizio, in cuor suo, è convinto di lavorare nei settori S1, S2 ed S3, egli può attribuirsi liberamente i relativi tag, anche se ha, per dire, il 99% delle pubblicazioni nei settori S1 e S2 e solo l’1% nel settore S3.

Si dà il caso che Google Scholar effettui anche una classifica degli scienziati più citati in ogni settore, mettendo in fila tutte i ricercatori che si sono attribuiti il tag di quel settore. Ricercatori – si noti bene – che vengono classificati in quel settore cumulando tutte le loro citazioni, anche quelle riferite a pubblicazioni il cui tag si riferisce a settori differenti. Nel profilo di Cingolani, troviamo sono due settori «taggati”: nanotechnology e material science.

Un esempio per capire. Consideriamo un grande immunologo che attualmente vanta su Google Scholar 150mila citazioni. Supponiamo che l’immunologo instauri con un esperto di Economia del Lavoro una collaborazione che dia luogo a 3/4 articoli in questo secondo settore. A questo punto, l’immunologo potrebbe legittimamente aggiungere nella sua pagina il tag del settore Labour Economics, diventando istantaneamente, ma solo per Google Scholar, il secondo autore più citato della storia di questo campo dell’Economia. Si tratterebbe di una madornale distorsione, discendente dal fatto che Google Scholar non adotta la buona pratica descritta al punto 2).

Usando Google Scholar e cliccando sul tag «Material_Science», che Cingolani ha impiegato sulla sua pagina, osserviamo che Cingolani appare alla posizione numero 9, ma a questo piazzamento contribuiscono le citazioni avute da articoli pubblicati in tutti gli altri campi nei quali il suo nome risulta fra gli authors dell’articolo. Ecco una prima spiegazione della stranezza rilevata e descritta ai punti 1 e 2 che invece vedevano Cingolani lontanissimo dalle posizioni di testa.

Ancora. La consultazione di Google Scholar produce fatalmente risultati assai differenti da quelli ricavabili da WoS. Quest’ultima è una banca dati a pagamento. Che censisce in maniera sistematica un numero di pubblicazioni scientifiche selezionate e classifica tutti gli scienziati che pubblicano in un determinato settore. Google Scholar, invece, classifica solo gli scienziati che decidono di crearsi un proprio profilo, lasciando fuori molti altri scienziati, non di rado tra i più citati. Anche per questo non secondario motivo, l’affidabilità dei dati riportati da Google Scholar non è minimamente confrontabile con quella esibita dai dati Clarivate ricavati da WoS.

4. Una svista provvidenziale che vale la “top 10”

Adesso, mentre l’errore descritto al punto 3) è grave, ma è abbastanza classico, nel caso di Cingolani ci s’imbatte in un’ulteriore anomalia. La traduzione standard di «Scienza dei Materiali” in inglese, infatti, non è «Material Science», come sorprendentemente indicato nel profilo di Google Scholar di Cingolani, bensì «Materials Science». Si veda per esempio la seguente risposta alla domanda Why is it “material science” instead of “materials science”? postata nella comunità English Language and Usage di stackexchange.com.

In particolare, è interessante il grafico che confronta la frequenza di Materials Science e Material Science nei testi di Google Books. Nella risposta non si omette di ricordare che, originariamente, l’espressione Material Science veniva usata in un senso filosofico, come «Scienza materialistica».

Ebbene, se prendiamo il tag standard, «Materials_Science», Google Scholar restituisce un ranking differente, nel quale appaiono esperti del settore con numeri assai diversi da quelli ottenuti seguendo il tag «Material_Science».

Se uniamo gli esperti dell’ufficiale «Materials_Science» a quelli del più eclettico «Material_Science», otteniamo un altro ranking globale, nel quale Cingolani non risulta più al numero 9, ma al numero 61, anche commettendo il più classico e grave errore descritto al punto 3) e sempre tenendo conto della inaffidabilità della classificazione di Google Scholar.

In sintesi: l’affermazione che Cingolani sia uno dei dieci scienziati più citati del mondo per le scienze dei materiali sembra appartenere al novero di quelle post verità che l’uso spregiudicato e ingenuo della rete rende così difficile contrastare.

5. Cercare davvero “l’essenza delle cose”

Terminato l’esercizio di debunking, si viene assaliti da altri dubbi. Consapevoli, grazie alla lettura dell’articolo dedicato a Cingolani, che «il nemico dello scienziato è il mentitore», davvero si può immaginare che un giornalista specializzato come De Biase ignori elementari regole di verifica delle fonti? Bastava chiedere a qualche esperto di bibliometria. Ma non solo. Come abbiamo mostrato, anche la più elementare verifica svolta tramite Google avrebbe inevitabilmente condotto agli elenchi di Clarivate, dove Cingolani non c’è. Perché De Biase accetta il rischio di servirsi di ranking non certificati, suggeritigli da qualcuno o sbrigativamente reperiti in rete, che accreditano presso la vasta platea dei suoi lettori l’immagine di un Cingolani nell’Olimpo della cosiddetta «eccellenza scientifica» mondiale?

Fra le righe del ritratto agiografico proposto al lettore, il Sole 24 non esita a fornire una valutazione decisamente positiva sull’IIT dell’era Cingolani:

nonostante fosse partita come una vicenda esageratamente politica si è tradotta in un progetto scientifico di grande portata che potrebbe avere un impatto importante sullo sviluppo economico italiano nell’epoca della conoscenza.

Cercare davvero «l’essenza delle cose”, tornando al titolo dell’articolo che abbiamo analizzato, fa sorgere una domanda. Non è che il Sole 24 Ore accetta incautamente di correre questi rischi perché impegnato in una campagna mediatica pro Cingolani e pro IIT, adesso che «il fondatore» (così lo definisce l’articolo di De Biase) ha deciso di farsi da parte e l’istituzione genovese attende un nuovo leader?

La posta in gioco è trovare argomenti per convincere il Paese che IIT (qui gli articoli che gli abbiamo dedicato) meriti di continuare a essere finanziato come si è fatto finora. Ovvero, come una istituzione straordinaria (nel senso del «posta al di fuori dalle regole previste per gli altri»), che in questi anni è stata destinataria di ingenti finanziamenti pubblici, allocati attraverso un canale riservato, del tutto parallelo rispetto ai canali di finanziamento ordinario che tengono faticosamente in vita il «mondo normale» della Ricerca e dell’Università italiana. Un canale riservato che non ha prodotto risultati all’altezza delle spese se, in termini di produzione scientifica, l’IIT è due volte meno efficiente del Politecnico di Bari.

Questo è accaduto mentre contestualmente quel «mondo normale» della ricerca ha visto drammaticamente restringersi le fonti di finanziamento, con un impatto sistemico su tutte le sue dimensioni, a partire dal calo degli iscritti per arrivare ai giovani precari della ricerca e alla feroce competizione per aggiudicarsi risorse decrescenti, assegnate con algoritmi valutativi macchinosi e pseudoscientifici.

C’era e c’è ancora la crisi. Ma non per Cingolani e IIT, che in tempi così duri è riuscito ad accumulare un tesoretto di oltre 415 milioni, come Elena Cattaneo ha il merito di non farci dimenticare.

 

 

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10 Commenti

  1. Io potrei farmi un profilo Google Scholar con il tag ‘Controls Systems’ (quello comunemente usato è ‘Control Systems’). Non solo entrerei nella top ten degli Highly Cited, ma sarei il primo al mondo. Con questa medaglia d’oro al petto, voglio sperare che trovare qualche ingenuo che mi scriva un’agiografia non sia così difficile.
    ‘Highly Cited subito’ è la variante secolarizzata di ‘Santo Subito’. Ed è una pacchia, perché al posto del miracolo basta un gioco di prestigio con i tag.

  2. A me questo sottile equivoco tra Materials Science e Material Science riporta alla memoria i capi di abbigliamento con la marca tarocca che vendevano al mercato negli anni ’80: le tute Addas (originali: Adidas), le borse Mandarancia Drink (originale: Mandarina Duck) e le scarpe Rebook (originale: Reebok) oppure Like (invece di Nike). Ecco un simpatico articolo che rievoca quel periodo.

    http://www.glianni80.com/mamma-voglio-le-like/
    _______________

  3. Leggere prima l’articolo sul Sole, ché è uno stucchevole capolavoro retorico di superpanegirico, che va dal privato al professionale, dalla laboriosa infanzia al futuro ancor più luminoso del presente. Ricorda il tipo di biografia che si poteva scrivere su Elena Ceausescu, chimica di fama mondiale a capo di un istituto di ricerca. La sua decostruzione non è difficile, ma richiede del tempo, è più urgente interrogarsi sulle finalità. A parte le questioni di bilancio attentamente e di nuovo evitate, cosa bolle in pentola in pieno agosto che deve essere o anticipato o prevenuto?

  4. Ispirati dal comunicato stampa, molti siti e giornali che hanno dato rilevanza elevata alla notizia, hanno equivocato sul fatto che il premio fosse dato a Stoccolma (solo perchè si tiene quì il congresso dell’associazione) con il fatto che fosse una specie di Nobel sui materiali. Per altro, vi sono numerose altre associazioni sui materiali, e si potrebbe discutere a lungo se questo premio sia il più prestigioso.
    Accanto al problema della scarsa professionalitá dei giornalisti, vi è quindi quello di come in una cultura della “show science”, dove far vedere è più importante che fare, la complicitá tra giornalisti ed uffici stampa porti a creare ad arte notizie, che divengono lo strumento attorno a cui si costruisce il supporto ad una eccellenza nelle parole più che nei fatti. Ed i politici (almeno la parte che decide) credono che questa sia l’eccellenza! E la finanziano.
    Si potrebbe anche discutere a lungo della politica dell’IIT, che utilizza i soldi (pubblici) per finanziare vari gruppi di ricerca, che in cambio mettono il nome dell’ IIT (ed il suo Direttore ad esempio) tra gli autori. Consiglio di andare a vedere le pubblicazioni di L. Manna. E’ istruttivo a questo riguardo.

    • Salve, sono Liberato Manna, dell’Istituto Italiano di Tecnologia. Rispondo al post di Melinowiz in quanto mi sento chiamato direttamente in causa. Credo che lei faccia riferimento al premio che ho ricevuto di recente, e a cui i media italiani hanno dato una risonanza eccessiva a mio parere. In una intervista che è stata da poco pubblicata dal sito del 24 ore, ho cercato di chiarire meglio la questione.
      Consideri che quando noi rilasciamo una intervista, non abbiamo il controllo completo del testo che alla fine la testata pubblicherà, e di conseguenza non è facile valutare le ripercussioni a cascata. Le faccio un esempio partendo proprio dall’articolo appena pubblicato sul sole 24 ore. Nella introduzione, si afferma che io sono il 24 chimico al mondo. Quella classifica è stata pubblicata alcuni anni fa da Thomson Reuters, e fa riferimento al periodo 2000-2010. Ovviamente, alcune mie pubblicazioni in quel periodo sono legate al mio lavoro di dottorato e di postdoc negli Stati Uniti, con un gruppo di ricerca particolarmente forte e attivo nel settore. E’ evidente che, se si rifacesse la classifica ora, non sarei ventiquattresimo ma molto più giù. Tuttavia quella informazione è lì, disponibile sul web e puo’ essere facilmente travisata. E’ evidente che non sono stato io a suggerire quella introduzione al giornalista.
      Non mi è chiaro invece il suo riferimento alle mie pubblicazioni. Puo’ essere più specifico per favore?

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