downloadQui di seguito una breve guida per orientarsi nelle recenti vicende che riguardano l’università e la ricerca di questo Paese. Si tratta di fatti apparentemente slegati: cercherò di trovare il filo che li unisce.

Secondo Raffaele Cantone, responsabile dell’Anac, vi è “un grande collegamento, enorme, tra fuga di cervelli e corruzione” tanto che l’università è, più di ogni altro settore dell’amministrazione pubblica, quello in cui c’è il più alto il numero di nepotismo. E questo nonostante la legge Gelmini che era stata varata proprio per “tagliare le unghie ai baroni”.

In realtà l’agenzia nazionale della valutazione (Anvur) non ha fatto altro che consegnare la guida delle politiche dell’istruzione a una sorta di “comitato di salute pubblica” che in questi anni ha imposto una “rivoluzione dall’alto” della scuola e dell’università dettando l’agenda in fatto di valutazione a governi che hanno rinunciato ad averne una propria. Questo comitato, imponendo una modalità di valutazione sconosciuta sul pianeta Terra, ha di fatto imposto un controllo politico sulla ricerca e l’università. La riforma Gelmini invece di tagliare le unghie ai baroni ha perciò concentrato il potere accademico nelle mani di una piccola élite di nomina politica che ha fatto un pasticcio di dimensioni colossali con la valutazione.

Bisognerebbe allora riflettere sul fallimento dell’Anvur, ma il governo reputa più semplice trovare la scorciatoia. Il governo sta infatti per varare una “contromisura”: le Cattedre Natta per finanziare la chiamata diretta di 500 docenti scelti senza concorso. Il problema del reclutamento è nella formazione delle commissioni che sceglieranno i magnifici 500. Pare che nel decreto sia previsto che sia il Presidente del Consiglio a nominare i presidenti delle commissioni che a cascata nomineranno i commissari. Il comitato di salute pubblica di nomina politica avrà così un potere ancora più grande di controllo sulle carriere degli accademici e sulla ricerca da loro effettuata. Una situazione di sapore nord-coreana che non si è verificata neppure sotto il fascismo.

Così mentre una buona parte della classe accademica ha drizzato le orecchie ai richiami delle Cattedre Natta, lo smantellamento del sistema procede a gonfie vele e senza intoppo alcuno. E’ di questi giorni un rapporto dell’Associazione Dottorandi Italiani (Adi) che denuncia il crollo dei posti di dottorato in Italia: se nel 2006 erano 15.733, dieci anni dopo nel 2016 sono diventati 8.737 (-44,5%).

Eravamo già il fanalino di coda in Europa e abbiamo consolidato il nostro piazzamento nel ranking. Inoltre l’Adi conferma la stima di un elevato tasso di espulsione per il post doc: nei prossimi anni solo il 6,5% di chi attualmente è assegnista di ricerca riuscirà a accedere a un ruolo strutturato. Di fronte a questi numeri cosa fa il governo?

Il governo pensa a Expo e al progetto Human Technopole che ha generato una valanga di critiche per come è stato gestito (un “bando” con un solo concorrente, l’Istituto Italiano di Tecnologia) anche da parte senatrice Elena Cattaneo. Ma il perché di tutta questa fretta ce lo spiega un articolo di Marco Ponti su Lavoce.info e con la ricerca ha davvero poco a che fare:

Ma torniamo al dopo-Expo e alla vicenda dei terreni. Il piano economico iniziale prevedeva che fossero in parte dedicati a un grande parco, in parte edificati a uso privato. Infatti era prevista la rivendita di tali terreni resi edificabili realizzando una rilevante plusvalenza: si parla di un prezzo di alienazione di 300 milioni sui 160 di costo. Costo di acquisto che era risultato rilevantissimo, a favore dei proprietari privati, in relazione al precedente uso agricolo dei terreni stessi (la vicenda fu molto chiacchierata, a suo tempo). Ma se tali soldi fossero stati recuperati con profitto, almeno i contribuenti non sarebbero stati danneggiati, anzi. Tuttavia l’asta andò deserta né, si badi, sembra vi siano state contrattazioni successive al ribasso, al fine di recuperare almeno parte di quei soldi. […] È intervenuto salvificamente il governo, promettendo di realizzarvi, con ingenti investimenti sia iniziali che per l’esercizio, un centro di ricerca dedicato alle scienze per la salute, nominatoHuman Technopole. […] L’operazione in corso di riutilizzazione dell’area Expo suona molto come una accelerazione non del tutto meditata per evitare di rendere clamorosa la mancata, e promessa, vendita dei terreni per recuperare fondi pubblici. Peccato che questa operazione sia fatta spendendone altri”.

E chi paga le spese? I giovani ricercatori di cui sopra ovviamente che, a parte sparute eccezioni, sono concentrati ad aumentare i proprio indici bibliometrici senza avere una percezione di chi e perché gli sta rubando il futuro e senza avere interesse ad andare oltre la propaganda governativa dei baroni e dei loro figli. In compenso, per non farsi mancare nulla e per aggiungere il danno alla beffa, il governo ha aperto la loro svendita: come spiega Invest in Italy, un opuscolo del Ministero dello Sviluppo Economico scritto per attrarre gli investimenti stranieri, “un ingegnere in Italia guadagna in media 38.500 euro, quando in altri Paesi europei lo stesso profilo ne guadagna mediamente 48.800” dato che “i costi del lavoro in Italia sono ben al di sotto dei competitor come FranciaGermania. Inoltre, la crescita del costo del lavoro è la più bassa rispetto a quelle registrate nell’Eurozona”. Insomma gli stessi argomenti usati da Invest in Albania tanto per mettere in chiaro a chi si punta a fare concorrenza.

Ma ovviamente lo sviluppo del paese si riprenderà con la vittoria del “Sì” al Referendum Costituzionale così imparano i parrucconi e i gufi universitari: e come no.

(Pubblicato su Il Fatto Quotidiano)

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14 Commenti

  1. Io, a questa descrizione dei tristi tempi in cui viviamo, aggiungerei, anche un illustre assente: il Parlamento, che ha evidentemente rinunciato da un pezzo, ed in particolare sull’ Università, ad essere il luogo in cui le istanze della Società prendono forma di legge, diventando di fatto, sui temi universitari, il passacarte di un Governo già adesso poco controllato dal potere legislativo. Che ognuno ne tragga le conseguenze per il referendum del 4 dicembre.

  2. Ho sentito un servizio su Niels Bohr, in cui si ricordava che per lui le scienze ‘esatte’ e quelle umanistiche (in particolare la filosofia, credo) si completavano a vicenda. Ma dal momento che la coerenza totale umana non si dà, egli avrebbe anche affermato, ma non so in quale contesto, che “Non esiste nulla fino a che non viene misurato.” Quest’ultima massima potremmo indicarla all’Anvur come programma, e salendo gerarchicamente, al Miur a quindi al governo. Al quale ultimo però in questo momento dell’università non importa proprio nulla, preso com’è nella battaglia per il referendum, la quale sta assumendo un tono violento e un andamento all’americana: importante attaccare, con qualsiasi arma. Delega invece a singoli a sferrare attacchi contro l’università, v. Cantone e gli altri/altre. E poi, se vincessero, tocca anche all’università e se ne vedranno di belle… In questo scenario le discipline umanistiche scompaiono o quasi. Reggeranno forse quelle che “misurano il mondo” in qualche modo; del resto la quantificazione del sociale viene praticata da tempo, a volte senza scrupoli o correttivi qualitativi, per cui, estremizzando, si possono fare constatazioni in sequenza che si contraddicono; tanto, tutto può cambiare col trascorrere del tempo, nonché in situazioni diverse, importante essere produttivi; perseguire un’idea, per il puro piacere di approfondirla, è assurdo e controproducente. Parafrasando Virginia Woolf (Una stanza tutta per sé, cap. III), “è notoria l’indifferenza [dell’Anvur]. Non chiede alla gente di scrivere [tanto per scrivere secondo le proprie inclinazioni]. Non ne ha bisogno. Non gli interessa se X non trova la parola giusta, se Y verifica scrupolosamente questo o quel fatto. Naturalmente, non vuol pagare quel che non desidera. E così [lo studioso] deve sopportare, specialmente durante gli anni creativi della giovinezza , ogni forma di distrazione e di scoraggiamento. … Se, nonostante tutto ciò, qualcosa emerge, è un miracolo …“

  3. Non ho le stesse certezze di Pastore e Sylos Labini. Mi permetto di ricordare che gli artefici della legge 240/2010 e della campagna di denigrazione che la ha preceduta sono tutti schierati militarmente per il NO: Gelmini, Brunetta, Tremonti, la Lega, etc. Non penso di sbagliare, ma a quei tempi Renzi non era nemmeno sindaco di Firenze e la Boschi probabilmente conseguiva qualche laurea o qualche master in qualche università. Direte non significa niente ed avete ragione, ma ritenere che la vittoria del NO con questa brigata sia migliorativa per l’Università non mi convince. Non mi convince semplicemente perché il 5 Dicembre (il giorno dopo il referendum), se vince il NO, non cambia niente ed in un Paese senza speranze come l’Italia questo non è un fatto positivo.

    • A parte il fatto che la politica universitaria continua a essere nelle stesse mani di quelli che hanno scritto la riforma Gelmini (e cioè non di Renzi) la chiusura finale sulla questione del referendum vuole sottolineare che il paese non funziona proprio perché chi ha la guida in mano (gli stessi da una decina d’anni) invece di considerare quali sono i problemi, crea falsi problemi per abbindolare le masse. E questo senza neppure entrare nel merito del referendum, che non mi sembra neppure ci sia bisogno di farlo. Buona fortuna.

    • Di fatti non c’entra niente. Su cose serie come la Costituzione non mi preoccupo di chi sono gli eventuali “compagni di viaggio”.
      Mi interessano di più, nell’ ottica dei rapporti tra Politica e Università, quanto trasparenti siano certi processi decisionali, quanti contrappesi ci sono per i pesi e quanto la stessa strutturazione del mondo della Ricerca e Università sia un bene condiviso del Paese o una clava da usare per altri scopi (come è avvenuto nel recente passato e continua ad avvenire).

  4. Gelmini, Brunetta, Tremonti, la Lega sono per il no esclusivamente per due motivi comprensibili anche a un bambino abbastanza sveglio: non sono al potere (e dunque avversano “a prescindere” qualunque iniziativa di chi ce l’ha nell’intento ovvio di sostituirglisi) e la riforma, sia pur chiaramente di destra (e dunque conforme ai loro più cari desiderata) per un’ampia serie di motivi fra cui uno dei principali è che promuove il modello vecchio come il mondo e da sempre tanto caro alle italiche genti dell’uomo (o meglio del buffone) solo al comando, NON è (sfortunatamente per loro) stata fatta da loro insieme al loro (ormai attempatissimo) cosiddetto leader.
    A conferma che la realtà, e in particolare quella fetta che ne è il bel paese ove il sì suona, è l’alveo dell’assurdo e del grottesco ancor prima che del male, l’esito del 4/12 dipenderà in non piccola parte dalla risposta che avrà il seguente quesito: saranno di più quelli di destra che, votando contro la loro visione delle cose e quindi contro se stessi per conformità all’indicazione data dai loro referenti politici e/o acredine nei confronti della sinistra (tramutatasi in realtà in destra), voteranno il-logicamente e in-coerentemente no, oppure saranno di più i sedicenti di sinistra o di centrosinistra che, per “disciplina di partito” o perché neppure hanno compreso i termini delle questioni in campo o perché comicamente temono l’apocalisse come conseguenza dell’eventuale vittoria del no, voteranno sì contravvenendo in modo penoso ai princìpi cui DICONO di richiamarsi?

  5. Caro Ferrara, da anni la sinistra raccoglie consensi politici nella e dalla nostra categoria; cultura e sinistra da anni (secondo me a torto) vengono lette come correlate. Da cui, per Berlusca unipubblica (non commerciale, o Luis o altre private) voleva dire sinistra (unipubbiche ufficio collocamento dei figli di prof. universitari e piene di comunisti -Berlusca-). Da anni (troppi) cadiamo in questa trappola delle sirene sinistre.
    Ora mi permetta la banalizzazione, se la sua fidanzata la tradisce, lei si incazza no? Se a tradirla invece fosse una sua conoscente che la tratta anche male e la dispregia non crede che ci resterebbe meno male?
    Da anni crediamo all’amore della sinistra per l’istruzione la formazione etc.(si ricorda la cgil e i lavoratori della conoscenza?) e quindi per l’università, ma alla prova dei fatti veniamo solo sedotti ( mi viene in mente la volpe il corvo e il pezzo di formaggio). Il gioco è dire che tra di noi vi sono mele marce (i Baroni i cattivi -che non siamo “noi” ma sono sempre gli “altri”-). Come i capponi di Renzi(o), litighiamo mentre siamo portati al mercato. Appena capiamo com’è ci incazziamo come delle bisce o no?
    Mi creda la sconfitta al referendum per Renzi non sarà la fine del Pd, ci penseranno Corriere, confindustria, bocconiani, economisti neo-liberisti a salvarlo.. ma allora i voti per il referendum li prenda da loro…io non ci casco più….

  6. L’unica cosa su cui PD, M5S, Lega e Forza Italia concordano e hanno fatto l’unita’ nazionale è spalare sterco sull’ università. Dal Corriere (non dello sport), al Sole 24 ore, a Repubblica per finire al Fatto Quotidiano, giornalmente abbiamo un genio che dall’ estero bombarda sull’ Italia. Io sono stato in USA diverso tempo (con tenure) e quando ero li venivo trattato da “gran figo italiano all’ estero”, poi sono tornato e sono diventato, secondo i sunnominati quotidiani, un barone, un mafioso corrotto, un schifezza di ricercatore, mando giovani bravi all’ estero perche’ loro hanno la scienza infusa dallo spirito santo (oppure o miracolo di san gennaro) ma io non gli ho insegnato nulla. Morale se sei all’ estero non tornare, che appena varchi i patri confini hai una transizione di fase e da oro ti trasformi in m****a

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