Le questioni aperte del DM “Punti Organico” 2013

Negli ultimi giorni la discussione sui criteri adottati dal Ministro Carrozza per la ripartizione dei Punti Organico ha suscitato diversi interventi e reazioni.

Da ultimo citiamo l’editoriale del Prof. Gianfranco Viesti, pubblicato sulla prima pagina de “Il Mattino” del 27 Ottobre, nel quale, tra le altre cose, l’autore commenta l’intervista rilasciata allo stesso giornale dal Ministro e si chiede se la questione del mancato inserimento della clausola di salvaguardia, che avrebbe limitato le sperequazioni di cui abbiamo ampiamente parlato, sia una questione meramente tecnica oppure anche politica. È di oggi la replica di tre dei candidati alla segreteria del PD (Cuperlo, Civati, Pittella), i quali chiedono al Ministro di rivedere il suo D.M.

La stessa richiesta era stata già avanzata nei giorni scorsi da deputati di SEL, PdL e Fli, mediante una interrogazione parlamentare.

Di notevole importanza è stato l’intervento su Roars del Prof. Marco Mancini, Capo de Dipartimento del MIUR, il quale ha spiegato le ragioni tecniche che hanno determinato le forti disparità della ripartizione dei punti organico illustrate ai lettori di Roars nel post del 21 Ottobre.

Ringraziamo molto il Prof. Mancini per la chiarezza delle sue argomentazioni e soprattutto per la sua disponibilità al dialogo, virtù che dovrebbe essere prese ad esempio dai vertici di altre amministrazioni dello Stato.

Sono essenzialmente due i punti centrali toccati nella replica del Prof. Mancini: la questione di aver utilizzato criteri che erano validi “limitatamente all’anno 2012” e la questione della mancata fissazione della clausola di salvaguardia (presente lo scorso anno).

In questo post analizzeremo le argomentazioni del MIUR, che, diciamolo subito, ci appaiono poco convincenti e che, temiamo, non costituiscano affatto un deterrente per quegli atenei che, sentendosi danneggiati dai criteri adottati, stanno meditando di ricorrere al tribunale amministrativo. Poiché le conseguenze di eventuali ricorsi sulle assunzioni effettuate dagli atenei “avvantaggiati” dal DM potrebbero essere difficilmente gestibili, avanzeremo alla fine di questo post una proposta concreta al Ministro Carrozza per uscire dall’impasse.

Prima di avventurarci in discussioni tecniche, è doveroso osservare come la replica del Prof. Mancini sollevi diverse questioni “politiche” non di poco conto. Infatti se la tesi del MIUR è quella per la quale “avevamo le mani legate”, cioè il Ministero si sarebbe soltanto limitato ad applicare, in modo meccanico e fatalista, la normativa, ci si chiede se sia giusto comportarsi come se le leggi, i decreti, i regolamenti di questo Paese siano un dato di fatto “immodificabile”. In altre parole, questa vicenda ci interroga tutti su a che cosa serva la Politica.

“Avevamo le mani legate”

Come spiegato in un precedente post, un primo grande problema nel riparto, effettuato dal MIUR, delle risorse rivenienti dai pensionamenti per il 2013 è stato che il Ministero ha ripartito tali risorse utilizzando criteri validi “limitatamente all’anno 2012”. Criteri che dovevano essere aggiornati per l’anno 2013 mediante un Dpcm (Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri) su proposta del Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca.

Infatti il decreto-legge Monti sulla spending-review prevede che il turn-over si calcoli sul totale degli atenei italiani e che:

L’attribuzione a ciascuna università del contingente delle assunzioni è effettuata con decreto del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, tenuto  conto  di  quanto previsto dall’articolo 7 del decreto legislativo 29 marzo  2012,  n.  49.

Tale articolo 7, al comma 1 prevede che i criteri e gli indicatori elencati alle lettere a), b), c) – in pratica i vincoli assunzionali riassunti dalla Tabella 1 – siano validi

comunque limitatamente all’anno 2012

Tabella 1. Indicatori articolo 7 Dlgs 49/2012

Indicatore spese personaleIndicatoreindebitamentoISEFRegime assunzionale
≥ 80%> 10%turn-over al 10%
≥ 80%≤ 10%turn-over al 20%
< 80%≤ 1turn-over al 20%
< 80%> 1turn-over al 20% + ∆

Per gli anni successivi al 2012, lo stesso articolo 7 prevede che tali criteri vadano rideterminati con apposito Dpcm, che tuttavia tanto il Governo Monti quanto il Governo Letta non hanno mai emanato.

A tale osservazione il Capo Dipartimento Mancini risponde dicendo che

È del tutto evidente che, se esiste una contingentazione al livello di sistema (il 20%, quindi il 50% e così via), ci si deve limitare ad utilizzare per i calcoli il solo comma 1 dell’art. 7 che disciplina le assegnazioni ai singoli Atenei

e che

Se tale limitazione a livello di sistema non fosse stata presente (come era originariamente previsto al momento dell’emanazione del D.L. 49/2012 a partire dall’anno 2013), allora e solo allora ci sarebbe stato bisogno di un DPCM per ridefinire le percentuali a livello di sistema

Mancini motiva la sua tesi limitandosi a dire che essa «è del tutto evidente». Onestamente, con tutta la buona volontà, non riusciamo proprio a comprendere perché sia “evidente” che vada utilizzato il solo comma 1 dell’articolo 7 e non considerato anche il resto dell’articolo.

Per questo rileggiamo cosa dice la legge:

L’attribuzione a ciascuna università del contingente delle assunzioni è effettuata con decreto del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 7 del decreto legislativo 29 marzo  2012, n. 49.

Ebbene, ci pare invece non solo “evidente” ma anche molto esplicito che la legge indichi espressamente che si debba tener conto di quanto previsto dall’intero articolo 7. Infatti se il legislatore avesse voluto prescrivere l’applicazione di una specifica parte dell’articolo 7 (per esempio il solo comma 1 come interpreta il Ministero) avrebbe dovuto farlo esplicitamente. In mancanza di tale indicazione, ogni interpretazione per cui si debba applicare questa o quest’altra parte dell’articolo 7 appare ampiamente discrezionale, tanto da dover essere argomentata e non data per scontata.

Vi è anche un’altra ragione, “logica”, per la quale è necessario considerare tutte le parti dell’articolo 7. Al comma 1 è infatti scritto esplicitamente che i criteri enunciati (e utilizzati dal MIUR per fare i calcoli) solo validi «comunque limitatamente all’anno 2012». Ora per assurdo assumiamo che si debba tener conto del solo comma 1, i cui contenuti, quindi, sono validi solo per l’anno 2012. Bene, quale sarebbe la conseguenza per gli anni successivi al 2012? Risposta: il vuoto normativo!

Invece è lo stesso articolo 7 che regola cosa deve accadere per gli anni successivi al 2012. Lo fa al comma 6, parte integrante dell’articolo:

6. Le disposizioni di cui al presente articolo sono ridefinite per gli anni successivi con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione […].

Secondo il Capo Dipartimento Mancini tale Dpcm doveva essere emanato se e solo se non ci fosse stato il vincolo al turn-over esteso all’intero sistema universitario, in quanto a tale scopo era stato originariamente pensato il Dpcm e non allo scopo di rideterminare i criteri di calcolo per la ripartizione dei punti organico.

Anche questa motivazione ci sembra infondata. Infatti anche i criteri del comma 1, utilizzati dal MIUR, erano stati originariamente pensati per uno scopo molto diverso per quello per il quale sono stati poi usati dal Ministero. Seguendo il ragionamento di Mancini, allora, non si sarebbero potuti utilizzare nemmeno i criteri del comma 1?

L’interpretazione della norma va fatta tenendo conto del contesto normativo nella quale essa si inserisce, scegliendo una soluzione, tra quelle possibili, che non strida apertamente con una o più norme che regolano la stessa materia. In ogni caso ci pare che la scelta operata dal Ministro non fosse una via obbligata.

Va in questa stessa direzione anche l’autorevole parere del Consiglio Universitario Nazionale, secondo il quale il varo del Dpcm era stato anzi reso ancor più necessario proprio dall’introduzione del turn-over di sistema al 20%, interpretazione dunque opposta a quella del Capo Dipartimento del MIUR. Infatti, secondo il CUN, tale Dpcm poteva essere usato proprio al fine di calmierare le distorsioni ormai ben note a tutti.

L’intervento del Ministro, come anche del Capo Dipartimento, sono tesi a dire che “abbiamo solo applicato le norme, e quindi avevamo le mani legate”. In realtà a noi sembra che il problema nasca proprio dal fatto che le norme non sarebbero state applicate! Infatti le norme che il MIUR ha applicato quest’anno sono quelle che, per espressa volontà del legislatore, erano valide esclusivamente per l’anno 2012. Perfino considerando il solo comma 1 questo problema permane, perché l’espressione «limitatamente all’anno 2012» è contenuta proprio al comma 1!

Insomma, temiamo che su questo punto non se ne esca, e che le dichiarazioni di Mancini accrescano i dubbi anziché dissiparli.

La clausola di salvaguardia: questione tecnica o questione politica?

Più delicata, dal punto ti vista tecnico, appare la questione del “tetto” massimo del 50%, presente nel DM “Punti Organico 2012” ma non nel DM “Punti Organico 2013”. Questione, come vedremo, più “politica” che “tecnica”.

Il MIUR, nella sua replica, ci dice qual è la ragione per la quale la clausola di salvaguardia era presente nel DM Profumo e non nel DM Carrozza: nel 2012, sostengono al MIUR, era vigente il limite massimo al 50% per singolo ateneo dovuto al “Decreto Tremonti” (decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112) e sue successive modificazioni. Poiché, stando all’interpretazione del Ministero, gli effetti del “Decreto Tremonti” sono scaduti nell’anno 2012, non si è potuto inserire il tetto nell’anno 2013.

Come detto, questa risposta del Ministero, trasferisce la questione dalla sfera puramente tecnica a quella politica. La domanda che infatti appare scontato chiedere al MIUR è la seguente: se si sapeva, come ammesso dal Capo Dipartimento Mancini, che gli effetti del “Decreto Tremonti” erano scaduti nel 2012, e quindi che per il 2013 non era possibile inserire alcun tetto, perché mai il Governo non ha ritenuto di re-introdurre ex-lege la clausola di salvaguardia? Sarebbe bastata una riga nel “Decreto del Fare” oppure nel “Decreto Scuola, Università e Ricerca”.

È stata dunque una scelta politica del Ministro Carrozza o del Governo la mancata re-introduzione, mediante legge, del tetto al 2013? Oppure ci sono state resistenze all’interno del Ministero? Oppure il Ministro, semplicemente, non è stato informato?

Ora veniamo all’aspetto più tecnico della questione. Dicevamo, secondo il MIUR, il “tetto” nel 2012 sarebbe dovuto agli effetti del “Decreto Tremonti”, esplicitamente citato nell’articolo 7 del Dlgs 49, al comma 1, lettera c):

[…] e comunque nel rispetto dei limiti di spesa di cui all’articolo 66, comma 13, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni

Tale decreto-legge, con le sue successive modificazioni, è anche citato nelle premesse del DM “Punti Organico 2012”, che ricordiamo è datato al 22 Ottobre 2012.

Bene, leggiamo il contenuto del Decreto Tremonti e sue successive modificazioni alla data nel quale è stato applicato, cioè Ottobre 2012:

Per il triennio 2009-2011, le università statali, fermi restando i limiti di cui all’articolo 1, comma 105, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, possono procedere, per ciascun anno, ad assunzioni di personale nel limite di un contingente corrispondente ad una spesa pari al cinquanta per cento di quella relativa al personale a tempo indeterminato complessivamente cessato dal servizio nell’anno precedente

Colpo di scena: il Decreto Tremonti, quando è stato applicato nella determinazioni del Punti Organico 2012, non recava alcuna restrizione al 50% per singolo ateneo, in quanto i suoi effetti erano scaduti nel 2011!

Ma che cosa è successo? Il punto è che il Decreto Tremonti era stato modificato in precedenza proprio dalla spending-review di Monti (Luglio 2012, quindi prima del DM “Punti Organico 2012”), la quale prevedeva che:

All’articolo 66, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato da ultimo dall’articolo 1, comma 3, del decreto legge  29 dicembre 2011, n. 216, convertito nella legge 24 febbraio 2012, n. 14, al comma 13 le parole “Per il quadriennio 2009-2012” sono sostituite dalle seguenti “Per il triennio 2009-2011

Secondo questa interpretazione, quindi, il tetto massimo del 50% introdotto dal Ministro Profumo nel DM “Punti Organico 2012” non può trovare la sua giustificazione nell’applicazione del Decreto Tremonti, bensì in una decisione discrezionale da parte del Ministro.

L’interpretazione fornitaci ieri dal MIUR, invece, è diversa. Secondo il MIUR non conterebbe la data nella quale il Decreto Tremonti è stato concretamente applicato (Ottobre 2012), ma la data di entrata in vigore del Dlgs 49 (cioè Maggio 2012, prima della spending-review).

La questione è molto delicata e lasciamo dunque agli esperti commentare quale delle due interpretazioni sia la più aderente alla lettera delle normative. La nostra speranza, tuttavia, è che non sia qualche tribunale amministrativo a dover dirimere la questione, in quanto le conseguenze per la credibilità del sistema universitario e le certezze di chi ci lavora sarebbero devastanti.

Per tale ragione avanziamo una proposta concreta al Ministro Carrozza, proposta che se accolta potrebbe in un colpo solo riportare una maggiore equità nella ripartizione dei punti organico e al tempo stesso dissipare ogni timore legato alle conseguenze che un possibile ricorso al TAR da parte degli atenei danneggiati dal suo D.M. potrebbe avere sul reclutamento.

Una proposta per il Ministro Carrozza

Dall’intervista del Ministro Carrozza a “Il Mattino”, come pure dalle parole del Capo Dipartimento Mancini, si comprende come il Ministro sia consapevole che la distribuzione dei punti organico avvenuta quest’anno abbia prodotto notevoli effetti distorsivi, dovuti all’assenza della clausola di salvaguardia. Il Ministro sembra rammaricarsi di non aver potuto inserire tale clausola, in quanto ritiene che per farlo occorra una legge.

Come anche il recente, autorevole parere del CUN ha confermato, in realtà si sarebbe potuto inserire il tetto anche senza una legge, ma un semplice Dpcm. Ma non importa.

È infatti ancora possibile intervenire attraverso una legge.

Sarebbe sufficiente che il Governo presentasse un semplice emendamento al Decreto Scuola, Università e Ricerca, attualmente in discussione in aula alla Camera, nel quale

  1. Sospendere, in autotutela, gli effetti del DM “Punti Organico 2013”
  2. Re-introdurre la clausola di salvaguardia al 50% per singolo ateneo, onde ripartire nuovamente e celermente i punti organico con l’applicazione di tale vincolo

L’emendamento troverebbe il sostegno di gran parte dell’arco parlamentare: come detto, autorevoli esponenti del PD (Cuperlo, Civati, Pittella) hanno perfino già esplicitamente richiesto emendamenti correttivi in questo senso, ma in precedenza anche esponenti di SEL, PdL e Fli, mediante una interrogazione parlamentare, avevano richiesto la re-introduzione della clausola di salvaguardia.

Il Ministro Carrozza ha l’opportunità di restituire dignità alla Politica, quale strumento concreto di risoluzione dei problemi, attraverso il quale le parole “equità” e “coesione” vincano sui tecnicismi e sulla rassegnazione di chi “ha le mani legate”.

Un calcio di rigore al 90° minuto. Gentile Ministro, se la sente di tirarlo?

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17 Commenti

  1. Complimenti davvero per questa analisi lucida e competente. Rimane l’amarezza che al Ministero si scelga arbitrariamente tra criteri scaduti e non più utilizzabili, invece di proporne di nuovi e ragionevoli come richiesto dalla normativa.

  2. Aggiungo una variante alla proposta concreta: a mio avviso si potrebbero ricalcolare i PO con i criteri dello scorso anno, ma portare le differenze in compensazione al 2014, consentendone l’uso già al 1 gennaio 2014.
    Infatti è possibile che i favoriti dalla distribuzione attuale si stiano già lanciando in prese di servizio e potrebbe essere tardi per bloccarli. D’altra parte la garanzia dell’uso dei residui già al primo gennaio potrebbe calmare le ansie degli sfavoriti…

  3. Non posso che sottoscrivere in pieno l’appello del Dott. Cappelletti Montano. E’ evidente, e lo spero, che tutta questa storia sia frutto di una disattenzione del ministero. La possibilità di rimediare è certamente alla loro portata e potrebbe seppellire le polemiche. Gli effetti del DM Punti Organico 2013 sono talmente paradossali e ingiusti, che è il naturale compito del ministero provvedere al loro riaggiustamento. Speriamo solo che l’orgoglio venga messo da parte e finalmente si lasci spazio al buonsenso. Ministro, un rigore in zona Cesarini non è un lusso che capita a tutti, non ci deluda.

  4. Articolo eccellente, come già il primo. Si dimostra chiaramente ció che era evidente ai più: Mancini si arrampicava sugli specchi e da parte del miur ci sono state o scelte consapevoli o ignoranza e passività dolose. Di certo non è vero che avevano le mani legate.

    Se questo fosse un paese che valorizza il e le competenze Cappelletti Montano dovrebbe essere immediatanente investito di un ruolo dirigenziale al miur.

  5. Articolo molto ben scritto, perché esemplifica in modo comprensibile una questione intricatissima, dovuta al fatto che da 20 anni le Leggi italiane non si scrivono più in Parlamento, ma nei ministeri, che non hanno la medesima competenza degli uffici parlamentari. D’altra parte, nel caso in questione, si interpretano Decreti Legge (fatti dal governo) e decreti Legislativi (sempre fatti dal governo): sono norme di rango primario, ma, di fatto, non sono leggi di origine parlamentare: ecco il motivo del gran casino!
    Una sola osservazione tecnica a BCM: il (pessimo) decreto “Tremonti”, nella formulazione in cui prevedeva il limite del 50% per ogni singolo ateneo, è stato in vigore per circa metà del 2012: oggettivamente, poiché il DM del “contingente” gestiva la questione per l’intero 2012, sarebbe stato un pò forzato ignorare una norma primaria (decreto convertito in legge) valido per una buona metà del 2012.
    Per concludere, quello che risulta evidente, di sicuro anche a Mancini, è che che si fa quello che si vuole fare: se la “quota di riequilibrio” fosse stata ritenuta necessaria, il Ministro l’avrebbe infilata in uno dei numerosi decreti legge del governo di cui fa parte.

  6. Mi sembra un appello assolutamente condivisibile. Mi chiedo, però – se c’è una convergenza tanto ampia di forze politiche a favore di una correzione – perché questa correzione debba avvenire post eventum. Un pilastro della giurisprudenza è che la legge deve essere certa; ora, i mutevoli decreti del ministero sembrano fatti apposta per intaccare questa certezza.
    Sorge dunque la questione: o la legge è stata scritta da persone che neanche capivano cosa stavano facendo, oppure da persone che lo capivano benissimo – due prospettive egualmente inquietanti.
    Sarebbe bello che qualcuno dal ministero chiedesse almeno scusa – visto che in Italia non vige il commendevole uso di dimettersi, come sarebbe d’uopo nelle democrazie occidentali in seguito ad un errore.

    • queste cose non avvengono per caso e l’estensore sapeva cosa faceva visto che il risultato è in perfetta coerenza con l’obiettivo di riduzione della dimensione dell’università che è il fine ultimo delle politiche iniziate da Gelmini/Tremonti (ovviamente chi per loro).

  7. Sul Corriere della Sera, Gianna Fregonara (moglie del premier Enrico Letta) firma un articolo sulla controversa assegnazione dei punti organico (http://rassegna.unipv.it/bancadati/20131028/SI91019.pdf). L’articolo è accompagnato da un’intera pagina di infografiche. Curiosamente, l’estensore della didascalia dell’infografica afferma che “tutti dovranno comunque ridurre gli organici”, in piena contraddizione con il grafico dove ben quattro atenei sforano il 100% di turn-over. Forse, non riusciva a capacitarsene. Nel caso della Scuola Sant’Anna, il Corriere ha dovuto troncare la barra perché finiva fuori scala. Nel grafico del Corriere sembra quasi alla pari con la Scuola Normale di Pisa, ma se le si resituisce il pezzo amputato, Sant’Anna svetta al di sopra di tutti.


    • In realta` tutte e quattro le universita` con un turnover sopra il 100% sono evidentemente rappresentate fuori scala (confrontate SNS 160% con Siena 82%). Al Corriere ormai devono risparmiare anche sull’inchiostro dei grafici…

  8. Articolo molto interessante e profondo, che penso apra le porte ad un dibattito più ampio sui diversi modi di concepire la premialità all’interno del sistema universitario. Siamo a un punto in cui ci si chiede se la questione del mancato inserimento della clausola di salvaguardia sia stata una scelta tecnica o politica (mi viene da pensare più alla seconda, anche quando ci si appella a questioni tecniche). Dalle analisi precedenti é chiaro che in un sistema senza clausole di salvaguardia, si creano delle sperequazioni verso le realtà più deboli. Ma non è prevista nella Tabella 1 del Decreto della Programmazione Triennale proprio una quota di interventi specifici per fini perequativi? Qualcuno sa come vengono distribuiti questi fondi? A me non sembrerebbe illogico pensare ad un sistema che spinga fortemente le Università a tenere i conti in ordine, con poi degli interventi perequativi per le realtà che lavorano in contesti più svantaggiati. Non mi sembra invece giusto mettere delle clausole che continuino ad annullare le differenze tra chi si impegna a rispettare certi obiettivi e chi no. Naturalmente nel dibattito sulla stampa (e temo anche nella conoscenza dell’argomento tra i candidati PD), tutto si limita alla questione delle tasse più basse o più alte, ma in realtà la distribuzione dei punti organico tiene conto anche della quota personale e dell’indebitamento. C’è chi pur lavorando in un contesto svantaggiato si è impegnato duramente per ridurre questi indici e chi no, perchè tanto ci sono sempre le clausole di salvaguardia. Non sarebbe ancora più semplice usare la quota di interventi specifici per gli interventi perequativi?

  9. Grazie ancora a Beniamino Cappelletti Montano poiché la sua competenza e l’onesta intellettuale è una boccata d’aria fresca.
    Dopo l’ultimo caso del decreto sul femminicidio,[1] è chiaro che si può inserire di tutto in un decreto, anche non pertinente figuriamoci se pertinente e condiviso dentro e fuori al Parlamento e alla luce del giorno.

    Questa proposta risolutiva di Cappelletti Montano non è un rigore al novantesimo. La palla è dentro come vedono tutti dentro e fuori lo stadio. Ora sta al Ministro decidere di convalidare oppure annullarlo per un inesistente fuorigioco stile Moreno. [2, 3]

    [1] http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/10/11/violenza-contro-donne-si-scrive-decreto-femminicidio-ma-e-legge-omnibus/740552/

    [2] http://it.wikipedia.org/wiki/Byron_Moreno
    [3] http://www.youtube.com/watch?v=Zm_EpltqH6Y

  10. “Manifestazioni degli studenti in occasione della Giornata internazionale per il diritto allo studio: Atenei soffocati da mancanza di finanziamenti e dal blocco delle assunzioni”
    http://www.repubblica.it/scuola/2013/11/14/news/universitari_proteste-70979424/?ref=HREC1-16
    ——–
    “In questa legge di stabilità non si investe in alcun modo nella scuola”, continua Daniele Lanni, portavoce della Rete degli studenti medi. “Abbiamo denunciato quanto il decreto-Istruzione fosse insufficiente, e ci aspettavamo, proprio a partire da questa legge di stabilità un investimento forte sulla scuola. Perché investire nell’Istruzione significa dare un futuro al Paese”. Una richiesta che arriva anche da oltreconfine. E venerdì prossimo le unioni degli Universitari di Austria (ÖH), Belgio (FEF), Francia (UNEF), Germania, (FZS), Italia (UDU) e Svizzera (VSS-UNES-USU) si uniranno per chiedere ai rispettivi governi di rimettere al centro della loro azione politica “una istruzione di alta qualità” che considerano “un fondamentale diritto umano, un bene pubblico e una pubblica responsabilità”.

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