C’è chi blocca la distribuzione di tutte le risorse già previste nei piani di ateneo, chi invia lettere minacciose in cui promette punizioni esemplari ai singoli ed ai dipartimenti, c’è chi promette di impegnarsi in futuro per il rilancio dell’università, c’è chi si preoccupa per la reputazione degli atenei … Anziché promettere di distribuire premi e punizioni, ed impegnarsi ad organizzare la giornata petalosa dell’università, noi vorremmo che i Rettori si assumessero la responsabilità di calpestare la protesta #stopvqr. Dato che hanno scelto da tempo da che parte stare, si prendano la responsabilità di sottomettere i prodotti al posto degli addetti che non (si) vogliono sottomettere. Saranno poi i tribunali amministrativi a dire chi aveva ragione e chi torto. Ci saranno costi, ma non importerà a nessuno. Come non interessa a nessuno quanto costa questa valutazione all’università italiana ed ai contribuenti. Dovranno però anche assumersene un’altra nei confronti delle comunità che li hanno eletti. Dovranno cioè dare conto in modo chiaro ed inequivocabile della dimensione della protesta. Qui c’è davvero in gioco la reputazione di ciascun rettore dell’università italiana, che da questa vicenda potrebbe uscire irrimediabilmente devastata.
L’avvicinarsi della scadenza per la sottomissione dei prodotti da parte degli addetti alla ricerca si avvicina. Ed i rettori sono sempre più impegnati a escogitare azioni ed interventi i più disparati per convincere i riottosi addetti alla ricerca a desistere dalla protesta e sottomettere le loro pubblicazioni alla VQR. C’è chi blocca la distribuzione di tutte le risorse già previste nei piani di ateneo, chi invia lettere minacciose in cui promette punizioni esemplari ai singoli ed ai dipartimenti, c’è chi promette di impegnarsi in futuro per il rilancio dell’università, c’è chi si preoccupa per la reputazione degli atenei (come se stare in alto o in basso nei ranking ANVUR volesse dire qualcosa per gli studenti e le loro famiglie, o per la comunità scientifica internazionale).
Questa reazione non dovrebbe sorprendere, perché la legge Gelmini ha fatto sì che i rettori non debbano più rendere conto ai loro pari, non essendo rieleggibili. Non ci sorprende che non prendano le difese degli addetti alla ricerca. Ci sorprende il modo in cui lo stanno facendo.
Anziché promettere di distribuire premi e punizioni, ed impegnarsi ad organizzare la giornata petalosa dell’università, noi vorremmo che si assumessero le proprie responsabilità. E si assumessero la responsabilità di calpestare la protesta #stopvqr.
Che abbiano il coraggio di scegliere al posto degli addetti alla ricerca del loro ateneo i prodotti della ricerca e sottometterli alla valutazione di ANVUR; che abbiano il coraggio di farlo anche per coloro che hanno inviato formale diffida a farlo: ogni scelta impone responsabilità.
I rettori hanno scelto da tempo di stare dalla parte della valutazione, anche quando questa sia basata su metodi pseudoscientifici, come quella di ANVUR. Quindi seguano le indicazioni del bando scritto da ANVUR. Si prendano la responsabilità di sottomettere i prodotti al posto degli addetti che non (si) vogliono sottomettere.
Saranno poi i tribunali amministrativi a dire chi aveva ragione e chi torto. Ci saranno costi, ma non importerà a nessuno. Come non interessa a nessuno quanto costa questa valutazione all’università italiana ed ai contribuenti.
Nel caso in cui i rettori decidano di assumersi questa responsabilità, dovranno però anche assumersene un’altra nei confronti delle comunità che li hanno eletti. Dovranno cioè dare conto in modo chiaro ed inequivocabile della dimensione della protesta. Dovranno dire quanti prodotti della ricerca hanno deciso di sottomettere forzosamente al giudizio di ANVUR, e dovranno dire quanti professori e ricercatori si sono rifiutati di partecipare alla VQR, ed in che forma.
Qui c’è davvero in gioco la reputazione di ciascun rettore dell’università italiana; e c’è in gioco la credibilità di una istituzione, la carica rettorale, che da questa vicenda potrebbe uscire irrimediabilmente devastata.
Post scriptum. La neolingua di questo post (sottomettere, addetti alla ricerca etc.) è tratta dal glossario ANVUR, cui ci adeguiamo per facilitare la comunicazione con MIUR e rettori.
Io sono/ho trasalito…
poi il PS mi ha tranquillizzato!
“Post scriptum. La neolingua di questo post (sottomettere, addetti alla ricerca etc.) è tratta dal glossario ANVUR, cui ci adeguiamo per facilitare la comunicazione con MIUR e rettori.”
Come dire :”Hanno usciti i verbi nuovi”.
E’ davvero svilente per i rettori, in particolare, e per l’Università italiana, in generale, che si chieda l’autorizzazione a fare ciò che non può essere autorizzato da chicchessia, perché in palese violazione di ogni legge (costituzionale, anzitutto) e di ogni regolamento stabilito (dall’Anvur stessa, anzitutto).
Prima compiano i loro abusi d’ufficio e di potere, poi ci lascino almeno la libertà di decidere se “diffidare” o no, senza chiederci il permesso.
L’abuso o il reato (a qualsiasi livello) sono tali se si commettono. Incredibile: hanno tradotto pure l’eventuale diffida nella loro “neolingua” e nel loro “neodiritto”, vale a dire: in un ricatto tanto più fastidioso perché dissimulato dalla retorica del “bene comune”.
Il problema è che la maggioranza dei docenti italiani (tranne quelli e quelle che protestavano già contro la pseudoriforma-Moratti; già allora una minoranza) ha accettato che un rettore non fosse più primus inter pares (ovvero un prof. universitario, prima d’ogni cosa) e divenisse un solerte funzionario distaccato del ministero. Ora ne paghiamo le conseguenze…
Posso dire che qui a Parma Rettore e CdA questa responsabilità se la sono presa esplicitamente: invieranno le pubblicazioni per tutti, con la motivazione che cosi’ vengono tutelate sia la struttura universitaria che i docenti in protesta.
Nessuno viene costretto a fare ciò che non vuole, e nessuno nasconde il numero degli astenuti (qui sono circa il 33%, e la nostra Amministrazione lo ha dichiarato ieri ufficialmente e pubblicamente, fornendo i numeri esatti).
Non so dire se alla lunga questa posizione assunta dalla nostra governance si rivelerà utile o dannosa, ma per lo meno è chiara, e non mette nessuno di noi “astenuti” alla berlina, nè veniamo forzati a fare alcunchè. Direi che comunque è meglio cosi’ rispetto a molte altre sedi…
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