È presto per dire come andrà a finire l’inedita forma di protesta che va sotto il nome di #stopVQR. L’unica cosa certa è che ha sbagliato di grosso chi pronosticava che non avrebbe dato fastidio a nessuno. Quanto meno ha messo in crisi i rettori e i governi degli atenei. Infatti,  lo #stopVQR,  anche dovesse dissolversi come neve al sole, ci lascerà in eredità un grottesco campionario di reazioni  da parte di vertici accademici finiti oltre l’orlo di una crisi di nervi per una protesta che avevano preso sotto gamba. C’è chi prende spunto dai cinegiornali Luce e diffonde percentuali nazionali inventate di sana pianta e chi crede di essere tornato alle lotte operaie e ricorre alla serrata. In altri casi, è la stampa locale che ammorbidisce le schiene dei riottosi, ingigantendo il peso dei “fannulloni”. Un repertorio un po’ datato, se non fosse che nella girandola di voci spunta anche il possibile ricorso a tecniche più al passo con i tempi come il phishing.

CinegiornaleLuce

1. Cinegiornali di guerra

Il 23 febbraio, nel corso di una riunione con i direttori di dipartimenti di Genova,  rettore e prorettore alla ricerca relazionano sullo stato di avanzamento della VQR 2011-2014, informando che la percentuale di adesione all’astensione a livello nazionale sarebbe inferiore al 5%. Ne segue la raccomandazione mettersi in contatto con i renitenti usando come arma di convincimento il fatto che la protesta è di fatto fallita.

La manipolazione dei numeri è un classico strumento della propaganda di guerra, che, però, perde efficacia se effettuata senza alcuna cognizione di causa. Nella VQR 2004-2010 la percentuale di prodotti mancanti era pari al 5,1%. Nel momento in cui tutti gli atenei arrancano nel tentativo di convincere i renitenti, diffondere la notizia che la percentuale nazionale sarebbe inferiore al 5%, oltre a non essere credibile è sintomatico dello stato di panico di una governance che inciampa persino  sull’ABC delle tecniche di disinformazione.

Il 5% deve essere una percentuale dai forti connotati simbolici se in quegli stessi giorni anche il rettore del Politecnico di Milano si sente in dovere di comunicare ai direttori che molte università hanno indici di astensione sotto il 5%. L’uso dell’aggettivo “molte” è ciò che fa la differenza tra i dilettanti e i professionisti. Impossibile falsificare una valutazione così generica che, tuttavia, esercita un certo effetto psicologico.

Stranamente (o forse no), in tale occasione il rettore del Politecnico ha evitato di essere troppo preciso sui dati dell’ateneo, limitandosi a riportare che 9 dipartimenti su 12 avevano conferito almeno il 95% dei prodotti (il fascino del 5% colpisce ancora!). Da altre fonti ci risulta che in quel momento le schede caricate erano meno dell’80% del totale.

Ieri (2 marzo) al Politecnico di Milano le schede caricate erano l’87% del totale, con un’astensione concentrata in pochi dipartimenti, tra cui il DEIB.

Insomma, se anche al Politecnico di Milano faticano a raggiungere la fatidica soglia del 95%, a Genova devono averla sparata proprio grossa.

2. A Pisa si ricorre alla “serrata”

Serrata: Sospensione totale o parziale del lavoro disposta dal datore di lavoro come mezzo di intimidazione, di coercizione e di rivalsa contro i lavoratori, durante vertenze e lotte sindacali

Con mozione approvata con delibera n. 47 del 2 marzo 2016, il Consiglio di Amministrazione dell’Università di Pisa ha stabilito di sospendere tutte le iniziative di investimento già programmate in base al bilancio di previsione 2016, ovvero

  • bando PRA
  • bando Grandi Attrezzature scientifiche
  • politiche di reclutamento del personale
  • fondi di ricerca di Ateneo

Non avendo messo (per ora) i lucchetti ai portoni dell’ateneo, non si può parlare di serrata in senso stretto, ma di fronte a questa prova di forza, l’analogia coglie bene il clima.

Una volta messo in chiaro che il padrone delle ferriere non tollera scioperi, il CdA pisano ha invitato i direttori a procedere al caricamento forzato dei prodotti dei docenti che non avessero inviato formale diffida.

3. Il Quotidiano di Puglia bombarda Unisalento

Inerzia_Salento

Il Quotidiano di Puglia, per dar manforte al Rettore che cerca di far rientrare la protesta, non esita a bombardare la reputazione dei docenti dell’ateneo. Infatti, intervista un dottorando del Dipartimento di Scienze dell’Economia, il quale dichiara

la cosa più avvilente è che ciò che ci fa affondare è spesso la totale inattività di alcuni docenti. Con la protesta, rischiamo che questo effetto copra chi non fa nulla e dia un segnale al ministero ancora peggiore di quello che realmente siamo.

Chi legge immagina che a Lecce la percentuale di inattivi nella precedente VQR fosse particolarmente alta. Insomma, come si permettono i docenti leccesi, tra cui si annidano troppi fannulloni inveterati, di protestare, con il rischio che le percentuali degli astenuti si sommino a quelle – già alte – degli sfaticati? Ma sono veramente così alte? Per verificarlo bastava consultare il Rapporto Finale della VQR 2004-2010. Come si vede, la percentuale di prodotti mancanti di Unisalento (4,49%) è inferiore a quella nazionale (5,1%).

Unisalento_inattivi

4. Parma: a pesca di prodotti mediante il phishing?

Ma, se si dovesse prestar fede al commento di un lettore, il primato dell’espediente più ingegnoso per indurre i renitenti alla collaborazione potrebbe spettare a Parma.

PARMA: caricamento forzoso o phishing?
Il ns. ateneo, a fronte di una percentuale di astensione del 34,5%, ha avviato una procedura di “phishing” nei confronti degli astenuti, mandandoci una E-Mail in cui veniamo invitati a fare login su un apposito sito web predisposto allo scopo di mostrarci le pubblicazioni scelte per noi dall’Amministrazione, ed eventualmente cambiarle.
Peccato che il solo fatto di fare login su tale sito produca un effetto di “presa visione” delle pubblicazioni preselezionate, per cui, anche se non si procede a sostituirle, di fatto le stesse vengono considerate “accettate” e verranno inviate.
In questo modo probabilmente l’amministrazione spera di aggirare la necessità di fare un invio “forzoso”, senza alcuna autorizzazione, delle nostre pubblicazioni, utilizzando il mero accesso alla procedura online come “presa visione per accettazione” della scelta delle pubblicazioni.
Il tutto profittando dell’innata curiosità umana (“andiamo a vedere quali pubblicazioni han scelto…”). Una specie di truffa, insomma!

In tutta onestà, esitiamo a credere che si possa ricorrere al phishing (1) per abbassare le percentuali di astensione dalla VQR, ma il solo fatto che lo si possa pensare rende l’idea dello scollamento tra i docenti e i vertici accademici che dovrebberlo rappresentarli.

In altre epoche poteva capitare di ubriacarsi in una bettola e risvegliarsi come membro dell’equipaggio di un veliero che aveva già salpato le ancore.

A noi nemmeno un boccale di rhum di bassa qualità, in cambio dell’arruolamento forzato. Che sia riservato ai componenti dei GEV, che, nonostante le metodologie pseudoscientifiche di ANVUR, non hanno ancora battuto ciglio?

jack

(1) phishing Probabile variante ortografica della parola inglese fishing (pescare), con cui si indica una frode informatica finalizzata all’ottenimento di dati personali sensibili (password, numero di carta di credito ecc.) e perpetrata attraverso l’invio di un messaggio di posta elettronica a nome di istituti di credito, finanziarie, agenzie assicurative, in cui si invita l’utente, generalmente al fine di derubarlo, a comunicare tali informazioni riservate.

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14 Commenti

  1. Gli estremisti della VQR sono davvero allo sbando se utilizzano ormai le modalità più scorrette e persino delittuose, come il phishing, pur di tentare di uscire dalla situazione nella quale si sono cacciati da soli.
    Avevano evidentemente sottovalutato le radici e il significato di una mobilitazione che sta svelando le complicità del sistema universitario con i propri affossatori e che -nonostante le falsità che vengono propalate- sta avendo successo.

  2. A seguito di una precisazione inviataci oggi dal ns. servizio ricerca, spiego meglio la situazione qui a Parma.
    La Delibera assunta dal CdA è perfettamente regolare, ed a mio avviso non avrebbe dovuto produrre gli effetti perversi che si stanno invece sviluppando. Essa infatti testualmente recita:
    “il CdA DELIBERA di dare mandato all’Amministrazione di trasmettere tempestiva comunicazione personale a ciascun docente, la cui posizione risulta ancora aperta o non eseguita, per invitarlo a confermare le n. 2 pubblicazioni scelte dall’Amministrazione nell’ottica di ottimizzare il risultato complessivo dell’Ateneo o, in alternativa, suggerire una o due
    sostituzioni dei predetti prodotti, che verranno valutati solo se migliorativi e non in conflitto con i prodotti già scelti da altri addetti. Per adempiere a tale procedura, nella predetta comunicazione gli addetti riceveranno istruzioni per completare una apposita procedura informatica.
    In assenza di adesione a detto invito, l’Amministrazione provvederà d’ufficio, entro il termine stabilito del 14 marzo 2016, all’inserimento dei prodotti della ricerca indicati nella comunicazione e secondo l’ordine di importanza all’uopo specificato.”

    A me sembrava tutto regolare, infatti si parla di “invito” e sembra sia perfettemente lecito e possibile non aderire a tale invito, dopodichè l’Amministrazione provvede “motu proprio”, senza estorcere alcun consenso a chi non lo vuole dare.
    Il problema è scaturito dalla particolare tecnica informatica utilizzata per inviare tale invito, che, al contrario di quanto previsto dalla delibera, non conteneva affatto l’indicazione dei prodotti di ricerca preslezionati dall’Amministrazione, e di fatto invitava ad accedere ad un apposito sito web per prendere visione delle pubblicazioni scelte, al fine di confermare tale scelta o di cambiarla, ma senza prevedere la possibilità di confermare la “non scelta”.
    Tutto qui, non penso proprio che si tratti di un tentativo di phishing scaltro e preordinato, ma solo di una impropria attuazione informatica di una delibera che prevedeva invece una procedura sostanzialmente corretta (anche se forse politicamente deprecabile, ma questo è un altro discorso).
    Sarebbe bastato predisporre una procedura informatica “a tre uscite”:
    1) confermo di non voler effettuare alcuna scelta
    2) accetto la scelta fata in mia vece dall’Amministrazione
    3) indico una diversa scelta delle mie pubblicazioni
    Mancando però l’opzione 1), una volta che uno “ci casca” ed accede la portale web, si trova solo le possibilità 2) e 3).
    Si tratta quindi di un errore commesso da chi ha messo in piedi la procedura, e non di uno schema preordinato da Rettore, CdA ed altri…
    Errore che tuttavia rischia di fornire, alla fine della procedura, indicazioni numeriche del tutto falsate sul numero di docenti che hanno “scelto di non scegliere” alcunchè…
    Fortunatamente ci siamo accorti subito del problema, e la gran parte degli aderenti alla protesta ha accuratamente evitato di accedere al portale web mal configurato. Qualcuno ci è cascato, però…
    La curiosità umana è sempre una brutta bestia, e confesso che anch’io avrei voluto vedere che pubblicazioni avevano scelto per me… Fortunatamente mi sono trattenuto!

  3. Ieri ero seduto alla scrivania del mio ufficio e stavo, come sempre, tentando di allineare tutte le cose da sbrigare per massimizzare l’efficacia del mio lavoro. Ho letto la comunicazione, proveniente dall’amministrazione dell’Ateneo, con la quale ero messo al corrente delle sopra citate intenzioni. Non so perché, ma la mia mente ha interrotto la routine in corso, e ho viso di fronte a me le immagini di Marcinelle.

  4. Sì Sì un grandissimo successo!
    Una specie di purga benefica, chiaramente per tutti, perché é bello condividere le gioie con le altre persone, i propri colleghi, i dirigenti e tutta la comunità. Sapendo di essere utili, di aver fatto il proprio dovere in coscienza e sapendo di lavorare in un ambiente sano e produttivo.
    Ma sopratutto questa cura benefica la si potrà ricordare per molto molto tempo con gioia, sperando che si rinnovi sempre più spesso.
    L´Accademia italiana va incontro a bei tempi! Dopo questo grande successo morale, etico e scientifico.

  5. Il rettore dell’universita’ di Palermo ha appena comunicato che procedera’ con il prelievo forzoso delle pubblicazioni.
    In pratica, a meno di una esplicita lettera di non adesione, gli uffici di UNIPA procederanno per silenzio assenso a conferire i prodotti.
    What a shame!

    P.S.= per fortuna avevo cancellato i PDF!

  6. Per testimoniare che ne n ci sono solo i rettori sull’orlo di una crisi di nervi, ma anche colleghi preoccupati per una protesta giusta nei fini, ma sbagliata nei mezzi, vi posto la replica che ho inviato al blog del candidato rettore Iannaccone. Altre repliche simili gli sono state inviate e sono in attesa di pubblicazione:

    Caro Giuseppe,

    Intervengo in merito alla tua ultima mail e al tuo ultimo post intitolato “La calma e la forza”. Qui ti riferisci alla mozione del CdA del 2 marzo 2016, sostenendo che, se sarai eletto rettore, annullerai quella mozione. Non vedo tuttavia che cosa ci sia da annullare. La mozione stabilisce una sospensiva di operazioni onerose a favore della ricerca di Ateneo, le quali, peraltro, con l’eccezione dei fondi di Ateneo individuali, sono state istituite dallo stesso CdA molto di recente e non esistevano in precedenza, e questo grazie a una prudente politica di risanamento del bilancio che ha consentito di ricavare le necessarie risorse aggiuntive. La sospensiva è cautelare e dovuta, mi sembra, in attesa di valutare se e quanto sarà il danno che l’Ateneo dovrà fronteggiare se venissero a mancare le risorse della quota premiale dell’FFO legata alla VQR. Se si verificherà tutta la serie di eventi favorevoli che i sostenitori della protesta immaginano (ottenimento degli scatti stipendiali e dei relativi incrementi stipendiali, rinvio della VQR, inserimento dei prodotti da parte dei protestatari ecc.), tale sospensiva potrà essere rimossa dal presente governo o da quello che seguirà l’elezione del prossimo rettore. Se invece la VQR verrà chiusa, e il nostro Ateneo verrà fortemente penalizzato grazie a un’adesione molto più alta che altrove (e, diciamolo, proprio grazie al sostegno tuo e di altri candidati), questo o il futuro governo sarà obbligato a rinunciare a quegli investimenti, o in alternativa ad altri come nuovi posti e scorrimento di personale docente e amministrativo, costruzione di nuove aule e manutenzione di quelle esistenti ecc. Insomma, se la coperta sarà più stretta, ci sarà da tagliare qualcosa o finire tra le università con disavanzi paurosi di bilancio.
    Puoi spiegare agli elettori che cosa farai se per caso, dico per caso, ti troverai con decine di milioni in meno nel bilancio che dovrai gestire?
    Vengo alla seconda parte della tua promessa, perché oltre a dire che annullerai la sospensiva (cosa che forse non potrai fare), scrivi che annullerai “ogni azione discriminatoria e punitiva nei confronti dei partecipanti all’astensione temporanea dalle procedure VQR”. Non leggo nella mozione del CdA nessuna minaccia di discriminazione, ma forse mi sbaglio. Se ti riferisci a una eventuale distribuzione di risorse, ad esempio per la ricerca, in base al fatto di avere o meno boicottato la VQR, la sospensiva mira appunto a evitar qualunque decisione affrettata prima di conoscere l’entità del danno che la protesta ha recato al nostro Ateneo. Ma la mia domanda, in quanto collega che ha “orgogliosamente” (per riprendere il bell’avverbio usato da un mio collega di dipartimento) chiuso la propria VQR, è la seguente: se mancheranno risorse, è davvero giusto farne pagare le conseguenze a tutti in parti uguali? Perché io che ho agito responsabilmente dovrei avere meno fondi di chi mi ha boicottato? Togliere solo a questi ultimi sarebbe discriminazione o giustizia? Sono domande semplici, ma che attendono una risposta da parte di tanti colleghi, amministrativi e studenti orgogliosi di appartenere a questa Università e orgogliosi anche della loro dignità scientifica e professionale, ma che si sentono minacciati dalle scelte di colleghi che fanno del male prima di tutto a loro.
    Nelle forme tradizionali di sciopero – che i sostenitori della protesta hanno sempre scartato con la scusa pinocchiesca che danneggerebbero gli studenti (domando: una settimana di sciopero durante gli esami crea un danno maggiore agli studenti di quattro anni di futuri mancati finanziamenti?) – sono gli scioperanti a rimetterci di tasca propria, facendo il bene anche dei crumiri, se la protesta viene accolta. In questa surrealistica e per loro comoda protesta dei docenti, devono essere i crumiri a rimetterci per un danno (non recato al datore di lavoro, ma ai lavoratori stessi!) il cui peso i protestatari porterebbero solo in parte? Io penso che sarebbe saggio e giusto che pagassero loro interamente il peso della protesta. Tu propagandi questo come discriminazioni. Sptta a te spiegare agli elettori non aderenti alla protesta perché discriminerai loro, perché di questo si tratterà.
    Ultima osservazione: i rettori hanno già più volte e con forza richiesto una proroga e la ministra ne ha data una brevissima e irrisoria, segno che il governo difficilmente intende fermarsi. Non puoi arrivare tu, frescone (come direbbero i più giovani), e dire che se tu fossi il rettore faresti esattamente questo!
    Sono già stato troppo lungo. Avrei cose da dire anche sulle ragioni e soprattutto sull’opportunità politica della protesta in questo mondo grillino-leghista che ci vede come dei privilegiati e dei parassiti, e in un’Europa in cui molti statali hanno pagato le conseguenze della crisi molto più caro di noi, ma le rinvio a un’altra volta. Ti invito a leggere le pagine FB di molti nostri amministrativi, e scoprirai che la protesta è accolta con frasi del tipo “andate a vangare!”. Bel risultato per la nostra dignità di docenti!

    Un caro saluto

    Marco

    • Jannaccone nel suo blog risponde così.

      Caro Marco,

      grazie per i commenti, ti rispondo sui punti salienti:

      – Comincio correggendo le parole che tu mi attribuisci. Non ho detto che “annullerò la mozione”, ma che “il mio primo obiettivo sarà annullare la mozione”, nel senso che promuoverò e proporrò al CdA l’annullamento della mozione.

      – Bloccare tutte le spese senza dare una valutazione quantitativa del danno e delle riserve disponibili appare più una “serrata” minacciosa che una misura precauzionale (è stato addirittura bloccato il calcolo del rating di Ateneo, che di per sé non comporta distribuzione di risorse).

      – Il risultato della scorsa VQR ha pesato poco nella distribuzione dei fondi tra i vari settori dell’Ateneo. Perché secondo te il CdA vuole far pesare il risultato di questa VQR molto di più? È chiaro che si tratta di una minaccia.

      – I rettori hanno pubblicamente chiesto una proroga solo sulla base di ragioni tecniche, facendo finta che la protesta non esistesse (anche nella lettera della CRUI del 4 febbraio). Non ho mai visto pubblicamente chiedere il rinvio sulla base della protesta. Quello che propongo, se leggi in alto, è diverso.

    • (è stato addirittura bloccato il calcolo del rating di Ateneo, che di per sé non comporta distribuzione di risorse)
      ———————————
      Salvo mettere rating 0 a chi ha aderito alla protesta.

    • Incredibile: ci sono colleghi “orgogliosi” di aver chiuso la propria VQR. Comincio a pensare che Perotti & c. avessero proprio ragione: l’università italiana è davvero irriformabile.

    • Sì, è incredibile che ci siano docenti orgogliosi di non aver reagito:
      – alla sottrazione di 90.000 € (in media);
      – alla discriminazione rispetto ad altre categorie non contrattualizzate della pubblica amministrazione;
      – ai ricatti e alle pressioni subite;
      – al clima barbarico che in queste settimane si respira nei Dipartimenti;
      – alla sottrazione di fondi alla ricerca;
      – al futuro che inesorabilmente si chiude per i nostri studenti, per i nostri figli.
      Quale immenso senso di colpa deve muoversi in questa struttura collettiva e categoria professionale per generare simili sentimenti, simili convinzioni?

    • Poverino, scrive “segno che il governo difficilmente intende fermarsi”, lasciando intendere che RISPETTA la volontà del governo, di QUESTO governo.
      Da standing ovation di venti minuti per inintelligenza e/o falsità, poi, lo strepitoso “in questo mondo grillino-leghista che ci vede come dei privilegiati e dei parassiti”. Peccato che, da almeno otto anni a questa parte, a screditare mediaticamente e bastonare-umiliare in ogni modo con provvedimenti governativi e ministeriali la categoria dei docenti non solo universitari sia stata la ripugnante, compatta, indifferenziata destra pidiellinpiddina, cioè quelli che, del resto, erano i soli a poterlo fare avendo tenuto e tenendo il manganello in mano. Dunque, legittima la menzione della lega sia in quanto è stata vassalla totale del pdl dal 2008 al 2011, sia per via della ben nota elevatezza e finezza del sentire della sua base elettorale nei confronti dei lavoratori intellettuali; ma il riferimento al M5S è, ripeto, un capolavoro di inintelligenza e/o di falsità da pasionario del pupazzo. A meno che non lo sia di ignoranza: hai visto mai che gli sia sfuggito che il M5S ha finora trascorso 0 minuti al governo?

  7. Ho sentito ripetere da più parti, contro chi si astiene dalla VQR, l’argomento per il quale uno sciopero per essere “onesto” deve essere o masochistico, cioè danneggiare chi sciopera, o sadico, cioè far soffrire dei terzi incolpevoli, quali gli studenti.

    Gli scioperi, però, non si fanno per soddisfare le proprie parafilie, ma per far prendere sul serio una propria rivendicazione. Hanno quindi speranza di essere efficaci se riescono a creare un problema all’interlocutore da cui si vuole essere ascoltati, cioè, in questo caso, non sono certo gli studenti.

    Se lo scopo è farsi sentire dai rettori,l’astensione dalla VQR è un atto efficace, che ha il pregio supplementare di puntare su un procedimento inviso a molti per motivi non salariali, ma scientifici, politici e morali (v. per esempio Stefano Semplici qui: https://www.roars.it/il-consistente-impegno-di-governo-e-parlamento-a-favore-delluniversita-e-dei-suoi-docenti/).

    È vero che la controparte da cui ci si dovrebbe far ascoltare non sono i rettori, bensì il governo. E certamente l’astensione sarebbe stata insensata e irresponsabile se i rettori avessero lottato col coltello fra i denti contro l’arroganza dell’esecutivo. Non mi risulta, però, che l’abbiano fatto: per questo gli scioperanti, per poter diventare un problema per il governo, sono stati costretti a diventare preliminarmente un problema per loro.

    Quanto all’inopportunità politica della protesta di fronte a una presunta opinione pubblica sfavorevole, credo si debba riflettere su due aspetti:

    – i colleghi, anche se enfatizzano una vertenza salariale che per me è solo la ciliegina schifosa di una torta nauseante, hanno il merito e il coraggio di dire, insieme, un no a un processo di asservimento e di svilimento della ricerca che finora è stato individualmente criticato ma collettivamente subito;

    – perché tanta paura che l’opinione pubblica tratti chi protesta come barone e parassita? Ci si teme incapaci di dimostrare di non esserlo?

    Chi non combatte una battaglia perché ha paura di perdere ha già perso – e perso senza dignità, quando avrebbe potuto o vincere, o perdere con onore.

    • “Gli scioperi, però, non si fanno per soddisfare le proprie parafilie,”
      __________________________________
      Quelli immaginari, invece, sì

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