Dedicato alle famiglie Bernoulli (dodici scienziati tutti parenti o affini) e Curie-Joliot (mamma, babbo, figlia e marito della figlia tutti premi Nobel).
«Come capo dipartimento ti faccio i complimenti per il tuo curriculum, come padre sono costretto a non ammetterti al procedimento» A questo fu costretto quel professore universitario, non ricordo il nome, il quale – avendo indetto come direttore di dipartimento un procedimento di selezione per titoli ed esami per professore associato, e alla selezione essendosi presentato proprio suo figlio, ricercatore precario, che risultava di gran lunga il più titolato, dovendo il direttore ottemperare rigorosamente agli obblighi della legge 240/2010 – pensò bene di cavarsela prima complimentandosi e poi escludendo dalla selezione il brillante giovanotto. «Ma papà, ho H-index 40, dieci pubblicazioni su Nature, tutti sanno che sono oggettivamente il migliore nel settore concorsuale e sono a posto anche con tutti i criteri aggiuntivi dell’ANVUR. Non si può fare niente per superare questa ingiustizia?» – implorò piangendo il giovane. Pochi sapevano che questo padre e direttore di dipartimento aveva sposato in seconde nozze una sorella della prima moglie. Fu per questo che …
Liberamente ispirato a “Quel Generale Romano” di Achille Campanile in “Vite degli Uomini Illustri”, dove l’autore racconta ironicamente la storia di Tito Manlio Imperioso Torquato, passato alla storia per aver condannato a morte suo figlio Tito, reo di aver trasgredito un ordine in battaglia, nonostante che tale trasgressione fosse stata decisiva per la vittoria della battaglia stessa.
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Dedica
Dedicato alle famiglie Bernoulli (dodici scienziati tutti parenti o affini) e Curie-Joliot (mamma, babbo, figlia e marito della figlia tutti premi Nobel).
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Quel professore universitario
«Come capo dipartimento ti faccio i complimenti per il tuo curriculum, come padre sono costretto a non ammetterti al procedimento»
A questo fu costretto quel professore universitario, non ricordo il nome, il quale – avendo indetto come direttore di dipartimento un procedimento di selezione per titoli ed esami per professore associato, e alla selezione essendosi presentato proprio suo figlio, ricercatore precario, che risultava di gran lunga il più titolato, dovendo il direttore ottemperare rigorosamente agli obblighi della legge 240/2010 (vedi nota in calce) – pensò bene di cavarsela prima complimentandosi e poi escludendo dalla selezione il brillante giovanotto.
«Ma papà, ho H-index 40, dieci pubblicazioni su Nature, tutti sanno che sono oggettivamente il migliore nel settore concorsuale e sono a posto anche con tutti i criteri aggiuntivi dell’ANVUR. Non si può fare niente per superare questa ingiustizia?» – implorò piangendo il giovane.
Pochi sapevano che questo padre e direttore di dipartimento aveva sposato in seconde nozze una sorella della prima moglie. Fu per questo che il giovane ricercatore gli disse:
«E come zio non potresti farmi una buona raccomandazione per il capo dipartimento acciocché riceva mio padre il quale gli chiederà un’eccezione per me? So che il capo dipartimento è vedovo della sorella di tua moglie, mia zia. Quindi in fondo siete parenti».
Il professore, sentendosi in colpa, raccolse le idee e calcolò che il grado di parentela era il 3° in linea collaterale. Impossibile procedere alla chiamata per la Legge Gelmini che imponeva l’esclusione fino al quarto grado di parentela o affinità.
«Sentiremo tuo cognato» disse alla fine.
Ora bisogna sapere che il figlio del direttore del dipartimento a sua volta aveva sposato una zia materna e pertanto suo cognato – per parte di moglie – era sempre il direttore del dipartimento, che veniva così a essere in un certo modo un cumulista di titoli di parentela.
Disgraziatamente il parere del cognato fu sfavorevole. Si sa come sono i cognati. Si lasciano metter su dalle rispettive mogli. E poi in quanto cognato rientrava nelle affinità di 2° grado.
«Che si rivolga piuttosto al cugino!».
Siccome la vecchia madre del direttore del dipartimento, rimasta vedova, aveva sposato in seconde nozze uno zio materno del giovanotto, il cugino di quest’ultimo era il direttore stesso.
Ma anche il cugino rispose picche: parentela di 4° grado.
«Io non c’entro» disse «sono un cugino d’acquisto, lasciatemi in pace, sbrigatevela tra voi».
In conclusione fece capire che si riteneva estraneo alla faccenda e preferiva che essa fosse risolta tra i parenti stretti.
Dal canto proprio il giovane ricercatore, condannato alla disoccupazione o all’emigrazione, non sapeva rassegnarsi alla sentenza del direttore del dipartimento.
Anche suo padre continuava ad abbracciarlo e a dirgli:
«Ma possibile che non si riesca a trovare un nostro parente che interceda presso quel dannato direttore di dipartimento? Perché non provi con tuo suocero? Forse una sua parolina …».
Tra parentesi il dannato direttore di dipartimento era lui.
Conclusione, di fronte alle insistenze del padre e del figlio, l’ineffabile direttore del dipartimento decise di consultare anche il suocero del figlio. Cosa che non gli fu difficile fare seduta stante, perché il suocero era lui in persona.
Difatti il direttore del dipartimento aveva adottato la minore delle sue cognate rimasta orfana in tenera età, che poi il giovane ricercatore aveva sposato.
Purtroppo ogni insistenza fu vana: affinità di 1° grado.
Visto che anche il suocero si mostrò poco tenero nei riguardi del ricercatore escluso dalla selezione, il direttore di dipartimento, che non voleva avere scrupoli di coscienza, convocò, a scanso di responsabilità, il consiglio di famiglia, che poi coincideva col consiglio di dipartimento.
C’erano il direttore del dipartimento, il padre del giovane, lo zio, il cognato, il cugino e il suocero. Beninteso, era sempre e solo lui, il professore.
Dopo un’animata discussione davanti a uno specchio, il consiglio deliberò di rivolgere una supplica al Rettore in persona.
Ora bisogna sapere che il Rettore era né più né meno il direttore di dipartimento medesimo, perché l’incompatibilità tra carica rettorale e direzione di dipartimento era stata messa in discussione da una recente sentenza del Consiglio di Stato.
Nemmeno il Rettore volle assumersi da solo la responsabilità.
Preferì consultarsi col Ministro dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca (che naturalmente era lui).
La risposta del ministro, protocollata e trasmessa per PEC al direttore, fu negativa.
Il povero giovane fu costretto a emigrare negli Stati Uniti, dove lo accolsero dopo una semplice intervista su skype.
Bisognava vedere il dispiacere del consiglio di dipartimento e delle autorità dopo questo esito infausto.
Come piangevano!
Tutti quanti: il padre, lo zio, il cognato, il cugino e il suocero, insieme alle massime cariche accademiche e dello Stato: il direttore del dipartimento, il rettore e il ministro.
Che poi erano tutti la stessa persona.
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Nota:
L.240/2010 Art. 18 (Chiamata dei professori)
Comma 1 Lettera b): “In ogni caso, ai procedimenti per la chiamata, di cui al presente articolo, non possono partecipare coloro che abbiano un grado di parentela o di affinità, fino al quarto grado compreso, con un professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata ovvero con il rettore, il direttore generale o un componente del consiglio di amministrazione dell’ateneo”.
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Promemoria:
PARENTELA
1° grado: genitori, figli
2° grado: nonni, nipoti, fratelli
3° grado: bisnonni, bisnipoti, zii, nipoti (figli di fratelli)
4° grado: arcavoli, trisnipoti, prozii, pronipoti, cugini
AFFINITA’
1° grado: genitori del coniuge, figli
2° grado: nonni del coniuge, nipoti del coniuge, fratelli del coniuge
3° grado: bisnonni del coniuge, bisnipoti del coniuge, zii del coniuge, nipoti del coniuge (figli di fratelli del coniuge)
4° grado: arcavoli del coniuge, trisnipoti del coniuge, prozii del coniuge, pronipoti del coniuge, cugini del coniuge
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Conclusione
Nel nostro Paese ci sono ricercatori rovinati per un arcavolo.
O forse per una riforma fatta “a cavolo”.
Grazie, ar cavolo.
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Nicola Casagli
Firenze, 30 dicembre 2017
Settimo anniversario della cd. riforma Gelmini (Legge 30 dicembre 2010, n. 240)
Molto divertente! Resta il fatto che il nepotismo fa schifo.
Il problema è cosa intendere per nepotismo. Se la definizione è quella della legge Gelminj…
Resta il fatto che il nepotismo è più vivo e vegeto che mai, tanto che ormai è percepito in università come una questione di secondo piano, buona per scandalizzare i soliti rosiconi e moralisti senza arte nè parte.
Il nepotismo biologico è quantificato dai numeri che seguono (omonimie in eccesso pari all’1,36% dei docenti). Numeri destinati a scendere ulteriormente, in virtù del comma 1.b dell’art. 18 (citato da Casagli) della 240/2010. Di cose più vive e più vegete ce ne sono parecchie, direi.
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https://www.roars.it/la-bufala-delle-omonimie-in-cattedra/
La ricerca di Alesina tiene conto delle omonimie, ma esistono anche i figli di docenti donne (o nipoti di docenti) che non hanno lo stesso cognome e che sono stati compresi nell’art. 18 comma 1b (quantificare tutto ciò sarebbe molto interessante). Poi ci sono i trucchetti per rimanere nello stesso dipartimento sviando la 240(convivenza invece di matrimonio di docente ed ex allievo/a o tra colleghi), relazioni che sono fino a un certo punto fatti spontanei ma che in parte nascono già nell’alveo di un sistema lobbistico e corrotto che sottrae posti a molti esterni meritevoli il più delle volte.
O si misura o non si misura. Non è che non si misura e poi si applica una correzione per quello che non si sa.
ALLESINA non Alesina. Attenzione ai falsi positivi del nepotismo. Non credo siano neanche parenti.
Forse mi manca dello spirito, e non ho compreso il senso complessivo del raccontino. In particolare, mi viene di commentare: cercarsi un altro dipartimento no, vero?
La norma di cui si tratta forse risolve poco, ma ci dovrebbe evitare per il futuro lo spettacolo indecoroso di “figli di” a una porta da quella di mamma o papà.
Ciò detto, caldeggerei proprio un divieto per i figli di professori universitari di ripercorrere le orme dei genitori, non fosse che sarebbe un divieto incostituzionale.
Mi sono proprio scocciato in tutti questi anni di vedere in ogni dove famiglie di professori universitari negli stessi settori e nelle stesse aree. Ed è sotto gli occhi di tutti che, per come si costruisce una carriera accademica, i figli di fanno per lo più concorrenza sleale ai figli di nn.
LL: «Mi sono proprio scocciato in tutti questi anni di vedere in ogni dove famiglie di professori universitari negli stessi settori e nelle stesse aree.».

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Come già osservato in un altro commento, i dati raccontano un’altra storia:
https://www.roars.it/la-bufala-delle-omonimie-in-cattedra/
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Se poi si contano le omonimie a livello di SSD (invece che di Area CUN), la presenza “in ogni dove famiglie di professori universitari negli stessi settori” sembra una vera e propria bufala.
In alcuni Atenei, fra cui il mio, la Legge Gelmini è stata applicata alla lettera e i dipartimenti sono obbligatoriamente omogenei per settore disciplinare. La chiamata in un ssd può essere fatta solo dal dipartimento referente di quel ssd. In ogni modo l’articolo voleva essere uno scherzo sui danni del nepotismo e dell’anti-nepotismo. È un po’ come la corruzione e l’anti-corruzione oppure i virus e gli anti-virus. Spesso la cura fa più danni del male.
Un figlio di professore indipendentemente dal nepotismo o meno ha un vantaggio ambientale notevole. Infatti a differenza dei peones che devono inparare a proprie spese e da soli ha infomazioni cultura e preparazione di prima mano inoltre gli viene spiegato fin da piccolo come funziona l’ambiente e le leggi non scritte. Tolto questo ho conosciuto figli d’arte obiettivamente molto bravi che non hanno rubato una carriera, quindi essere `figlio di` non dovrebbe essere una discriminante assoluta. Poi se cerchiamo parentele ci sono molti figli non biologici ma “adottati” dove l’amore del genitore adottante è cosi grande che esagera nel valuare le qualità del figlioccio. Quindi posso essere moderatamente daccordo a bloccare i figli biologici ma arrivare fino al 4 grado è da pazzi. Quanti di noi conoscono i parenti e affini fino al 4 grado?
PS: a scanso di equivoci io sono un peones.
@Enrico:
“devono inparare a proprie spese e da soli”… eh, sì, devono imparare…
“io sono un peones”… imparare e studiare ancora molto…
;)
Come ha ben osservato Enrico “Un figlio di professore indipendentemente dal nepotismo o meno ha un vantaggio ambientale notevole”. E’ come se a una corsa ciclistica uno dei due concorrenti ha incorporato nel telaio un motorino elettrico che migliora significativamente le prestazioni della sua bici. Basta questo per affermare che il nepotismo è inaccettabile in una nazione democratica come la nostra che lo specifica anche nell’art. 3 della Costituzione. E molti che credono che sia un fenomeno fisiologico inestirpabile dimostrano di essere democratici solo a chiacchiere.
Vorrebbi suggiriri ad “aristotele” che si cambiesse il nomignolo da “aristotele” ad “attento alla sostanza”, per raggiungere una migliore aderenza con la vita reale.
Con rispetto parlando, qualcuno ha mai fatto la statistica di quanti figli di militari frequentano le Accademie Militari o le Scuole Allievi Marescialli?
Quale che sia la percentuale, per me sarebbe incostituzionale proibirlo.
Stessa cosa per l’Università.
Perché l’unico vero problema è il sotto finanziamento.
No, non è l’unico vero problema, ma è macroscopico e drammatico per chiunque non chiuda gli occhi.
“Resta il fatto che …” non mi risulta che qualcuno degli scandalizzati abbia finora fornito una definizione di nepotismo utilizzabile a fini giuridici, senza incorrere in macroscopiche illegittimità, dalle quali non è, a mio avviso, esente la stessa menzionata disposizione della legge Gelmini. Non capisco, poi, per quale ragione legittima (diversa da rancore, livore, frustrazione, più o meno comprensibili) a un valido studioso debba essere preclusa la carriera universitaria, solo perché figlio o parente di professore universitario. Non mi risulta che qualcuno abbia mai dimostrato che la presenza di parenti nell’università sia causa di uno scadimento del livello della ricerca scientifica o della didattica, senza dover scomodare i coniugi Curie e i loro parenti. A meno di ricorrere a luoghi comuni o ai renziani “è noto che”, “è dimostrato che”, “tutti sanno che”, etc.
Credo anch’io che un divieto per legge, come ben mostra l’articolo, sfiori il ridicolo: anche perché i ‘rimedi’ si trovano subito, ossia si piazza il parente ingombrante non in America, come il fantasioso esempio di Casagli mostra, ma in un limitrofo e accogliente dipartimento locale, il quale ovviamente prima o poi chiederà indietro il favore.
Resta il fatto che il nepotismo fa schifo, all’Università come ovunque. Certo è residuale dal punto di vista statistico, come sostiene De Nicolao; ma basta incappare in uno o due casi ‘visti da vicino’ di ‘figli di’ (a voi non è mai capitato? beati voi!) per schifarsi a vita. Dopodiché parliamo d’altro, è giusto.
Dal dizionario Treccani: Nepotismo: Favoreggiamento in genere di parenti e amici, nell’assegnazione di uffici, incarichi, ecc.
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Il punto è che non bisognerebbe favorire nessuno, a prescindere da norme più o meno cervellotiche. Il nepotismo accademico ha a che fare con il favoreggiamento di allievi o studiosi della propria scuola/cordata/sede. Da un certo punto di vista, l’esito dell’ultimo PRIN nelle scienze economiche ha tutti gli aspetti di un femomeno nepotista, in cui i “nepotes” facevano capo alla Bocconi.
https://www.roars.it/i-bocconiani-sono-il-5-ma-il-77-dei-fondi-prin-sh1-va-ai-loro-progetti/
Quattro considerazioni:
1) Questo è esattamente l’argomento citato dai vari baroni: “che colpa ne ho io se mio figlio è ‘Il Migliore’?” (che si legge: “i geni non sono acqua…”)
2) Questo blog spesso ridicolizza i vari numeri magici che dovrebbero misurare la qualità degli scienziati, ma per dimostrarci che il candidato è perfetto, subito si riporta il numero di articoli su Nature (rivista di classe A++!) e l’h-index…
3) Con questi numeri, il candidato troverà di sicuro posto in un’altra università. Infatti, potrebbe tranquillamente ambire ad un esilio dorato ad Harvard, MIT, Stanford, ecc. Si potrà consolare con uno stipendio di gran lunga superiore, e con colleghi e risorse inimmaginabili in Italia. Le calde lacrime mi sembrano una esagerazione.
4) Da quando la legge è entrata in vigore, i casi di nepotismo sono diminuiti. La legge è terribile per tanti aspetti, ma questo è uno dei pochi pregi.
Noi redattori di Roars restiamo sempre stupiti dalle difficoltà di comprensione testuale manifestate da docenti e ricercatori universitari. Il registro del pezzo di Casagli è ironico-surreale (come d’altronde emerge da tanti indizi come il riferimento a Campanile e l’espressione “grazie, ar cavolo”). Pensare di cogliere una contraddizione perché nel testo si scrive ««Ma papà, ho H-index 40, dieci pubblicazioni su Nature» vuol dire aver scambiato un divertissement per qualcos altro. L’ansia di collezionare articoli su Nature e di incrementare il proprio h-index accelera troppo i ritmi e ci spinge (un po’ tutti) a leggere in modo affrettato. Noi di Roars ci ostiniamo a pensare che ci siano dimensioni (tra cui l’ironia e lo sberleffo) che meritano di essere coltivate e, proprio perché sappiamo che qualcuno nemmeno più le riconosce, ci ostiniamo a proporre pezzi come questo. Altrimenti, ci riduciamo tutti quanti a meccanici massimizzatori di h-index.
“1) Questo è esattamente l’argomento citato dai vari baroni: “che colpa ne ho io se mio figlio è ‘Il Migliore’?” (che si legge: “i geni non sono acqua…”)”.
Proviamo a ribaltare il ragionamento. Ipotizziamo che Tizio sia effettivamente un genio. Torno a domandare: per quale legittima ragione Tizio non dovrebbe diventare professore universitario, se figlio o parente di professore? Non ho detto, ovviamente, che tutti i figli/parenti dei professori debbano diventare professori. Solo quelli meritevoli. Come tutti.
Mi sembra che l’argomentazione dei “nemici dei baroni” sia, sul punto, logicamente piuttosto debole e giuridicamente insostenibile.
“4) Da quando la legge è entrata in vigore, i casi di nepotismo sono diminuiti.”
Mi domando come si possa constatare la variazione di un fenomeno che non si è in grado di definire. Cosa è diminuito? Il nepotismo. Cos’è il nepotismo?
Il punto (che non dovrebbe essere difficile da capire, persino per un professore universitario…) non è se Tizio sia o non sia un genio, ma che a valutare se lo sia o meno possa essere il suo Papà (o la sua Mamma, se preferisce…)
“Nepotismo: Favoreggiamento in genere di parenti e amici, nell’assegnazione di uffici, incarichi, ecc.”
Purtroppo, la definizione non è giuridicamente utilizzabile, per la sua vaghezza.
Temo che l’unica soluzione logicamente percorribile sia quella della legge Gelmini. Dubito, tuttavia, che sia legittima. Non credo che sia giusta. In ogni caso, non è in grado di prevenire o reprimere il deprecabile fenomeno dell’assegnazione di cattedre a soggetti non meritevoli, a scapito di soggetti più meritevoli. Siano essi parenti, figli, coniugi o monadi.
Giuseppe De Nicolao: è sconcertante che tu voglia liquidare come bufala il problema dei figli di. Sono docente di materie giuridiche: ti posso fare un elenco ben lungo, e così sarebbe in grado di stilarlo qualunque mio collega, di figli di nell’area CUN 12 – Scienze Giuridiche, alcuni discreti, qualcuno forse bravo, molti modesti o modestissimi, e di cui con relativa facilità si possono ricostruire le vicende accademiche e l’influenza avuta in tali vicende dai loro illustri papà. E non ho bisogno di improbabili tabelline per constatare che in Germania e Stati Uniti (dove peraltro ho insegnato a più riprese) il fenomeno non ricorre, per lo meno in dimensioni così anomale e con le modalità che si conoscono. Aggiungo che i tuoi numeri nulla dicono di come sono state costruite molte di queste vergognose carriere. E per chi dice è così pure in altri settori: si vergogni!
Sinceramente, siamo stanchi di anonimi con i loro “ti posso fare un elenco ben lungo, e così sarebbe in grado di stilarlo qualunque mio collega …”. Se non avete il coraggio di firmarvi, fornite almeno dati concreti. Intanto, per chi vuole affrontare la questione da un punto di vista scientifico, guardare i numeri è un passaggio obbligato. I numeri sono quelli che ho citato (forniti da una fonte non sospettabile di indulgenza). Se avete numeri migliori, tirateli fuori.
Da anonimi è anche facile affermare di avere insegnato “a più riprese” e “peraltro” in Germania e Stati Uniti.
ah, caro De Nicolao, quanta pazienza devi avere a cercare di confutare le scemenze che tanti (colleghi? aaaaaaaaaaaargh!) scrivono senza il conforto di nulla più che la loro particulare esperienza (frustrazione?) – ti ringrazio per quello che fai, ma ahimè ti dico che non si sfugge alla degradazione dei social, dei blog e di quant’altre forme prenda la ‘piazza’ internettiana che ci rende tutti peggiori… :(
Colgo infine l’occasione di questa piattaforma di discussione per rilevare che una questione poco o punto tematizzata nel dibattito sull’università – questione alla quale ROARS potrebbe a mio avviso dedicare più spazio (mi ricordo solo un intervento, se non sbaglio, di Figà-Talamanca) – è quello della mobilità tra atenei. Capisco che chi ha iniziato la propria carriera nell’università sotto casa sua ci vorrebbe restare. Capisco che chi ha avuto la fortuna di iniziare in un ateneo più prestigioso o anche solo più grande vorrà approfittare dell’attuale situazione. E capisco pure che chi è in attesa di upgrade non si vorrà esporre pubblicamente, e spera che almeno a casa sua riuscirà ad ottenere l’agognato avanzamento di carriera. Ma la provincializzazione dell’università italiana, per come il fenomeno si è accentuato negli ultimi anni a causa del sotto-finanziamento e del meccanismo dei punti organico, mi sembra costituisca un serio problema, con ricadute di medio-lungo periodo.
Io ho visto tante coppie che lavorano nello stesso laboratorio. Anzi l’università li promuove e pubblicizza come esempio virtuoso di conciliazione fra il lavoro e la vita privata. Un esimio professore russo mette in primo piano il fatto che i suoi figli siano scienziati in vari istituti in giro per il mondo.
Dinastie militari, vanno bene?
Se ci fossero più posti in Università e Ricerca, chi ha il potere sarebbe meno indotto a comportamenti rischiosi. E spesso è il contorno di cariche e ruoli a importare più del titolo e dell’appannaggio (che è poco più di una mancia per molti).
“alcuni discreti, qualcuno forse bravo, molti modesti o modestissimi, e di cui con relativa facilità si possono ricostruire le vicende accademiche e l’influenza avuta in tali vicende dai loro illustri papà.”
Si potrebbe dire, con pari legittimità logica:
“alcuni discreti, qualcuno forse bravo, molti modesti o modestissimi, e di cui con relativa facilità si possono ricostruire le vicende accademiche e l’influenza avuta in tali vicende dai loro illustri maestri”.
Non saprei dire quale dei due fenomeni sia più grave e se davvero si tratti di fenomeni diversi, rispetto al problema di fondo, che è l’assegnazione di cattedre a soggetti non meritevoli.
Anche io conosco colleghi bravi, mediocri e scarsi, che hanno raggiunto i vertici della carriera accademica. Alcuni sono figli o parenti di professori, altri no. Non mi sembra che il problema dell’università italiana sia il nepotismo.
“E’ come se a una corsa ciclistica uno dei due concorrenti ha incorporato nel telaio un motorino elettrico che migliora significativamente le prestazioni della sua bici. Basta questo per affermare che il nepotismo è inaccettabile in una nazione democratica come la nostra che lo specifica anche nell’art. 3 della Costituzione.”
Molto più semplicemente, “un figlio di”, se non è proprio fesso, avrà osservato il proprio genitore, l’avrà ascoltato e avrà imparato cose che i suoi colleghi devono apprendere ex novo. Non soltanto nozioni, ma anche come apprendere, come fare ricerca e, non da ultimo, quello che un tempo si chiamava il galateo accademico (sa rivolgersi a un professore, sa distinguere un ricercatore da un associato e un associato da un ordinario, etc.). E’ chiaro che tutto ciò si traduce in un vantaggio di partenza, per nulla sconcio e, direi, inevitabile. Mutatis mutandis, più o meno come un figlio di uno sportivo o di un musicista,di un attore, di un cantante, etc. Tutto qui. Non scomodiamo sempre la nostra povera Costituzione, anche quando proprio non c’entra! Se no, finiremo per dire che la famiglia Bach (o Strauss) era incostituzionale e antidemocratica …
Ammazza quanti commenti. Di solito con Casagli ci si fa una risata, ma non si commenta. Resta il fatto che l’iperbole di questo racconto finisce con l’immaginare che, comunque, il consiglio di famiglia coincideva col Consiglio di Dipartimento. Lapsus che forse spiega perchè alla fine si fanno norme del cavolo come quella criticata!
Non è un lapus. L’ho scritto con premeditazione. Portando al limite il meccanismo delle incompatibilità, fra parenti, affini, arcavoli, pronipoti, coniugi, conviventi more uxorio, love story, collaboratori, allievi, coautori, amici e conoscenti – seguendo il ragionamento di ANAC – alla fine il risultato è questo: resteranno dipartimenti di una sola persona che discute e litiga con se stessa. Bisognerà comunque modificare la Legge Gelmini nell’articolo sulla numerosità dei dipartimenti ;-)
Come sempre alcuni commenti sono sconcertanti. Comunque sulla questione era intervenuto meno scherzosamente anche Stefano Semplici: https://www.roars.it/non-sara-lanac-a-salvare-i-concorsi-universitari/