Nella VQR 2004-2010, alcuni lavori sono stati valutati attraverso peer review, ed altri attraverso la bibliometria.mescolando i voti così ottenuti. Per verificarne la comparabilità, i due metodi di valutazione sono stati applicati ad un campione di verifica che ha mostrato in modo inequivocabile che bibliometria e peer review danno risultati drasticamente diversi. Unica eccezione sembra essere stata l’area 13 (Scienze economiche e sociali) dove però l’esperimento di verifica presenta delle irregolarità tali da inficiarne i risultati .

Per quanto riguarda le scienze umane nella maggior parte dei casi non è stato possibile individuare indicatori quantitativi per cui è stata utilizzata massivamente la peer review.

Che i voti nelle diverse aree non sarebbero stati confrontabili era già stato previsto dall’ANVUR. In realtà non risultano confrontabili nemmeno i voti in diversi SSD della stessa area, ragion per cui ANVUR e CRUI hanno elaborato almeno tre standardizzazioni diverse, proposte per la valutazione dei collegi di dottorato ai fini dell’accreditamento o per la ripartizione delle risorse all’interno degli atenei. Una Babele per del tutto prevedibile a causa degli errori di progetto iniziali e degli errori realizzativi.

E’ di questi giorni l’annuncio di un centro studi, in seno all’Anvur, che si occuperà principalmente della valutazione nelle scienze umane e della individuazione di indicatori quasi-quantitativi.Nel momento in cui si imporrebbe una seria revisione esterna dell’operato dell’agenzia, i cui errori hanno reso inutilizzabili gli esiti di una VQR oltremodo impegnativa e costosa, l’ANVUR ribadisce la sua autoreferenzialità varando un centro studi per la bibliometria di stato, che difficilmente avrà l’autonomia necessaria ad  avviare una riflessione seria sull’intero impianto della VQR, sugli indici e sulle fonti.

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6 Commenti

  1. Nello sviluppo di un progetto ci sono momenti in cui è opportuno adottare azioni correttive, ma è anche indispensabile capire quando ci si è incanalati in un vicolo cieco e allora forse la soluzione migliore è fermarsi.

    Nel nostro caso è chiaro a tutta la comunità scientifica che l’ANVUR sia un progetto da sospendere e invece insistono.

    Ma voi non provate come me un senso di frustrazione e di impotenza difronte a simili idiozie e difronte all’impossibilità di essere capiti o alla perniciosa volontà di non esserlo?

    In più c’è il timore che l’arrogante incompetenza superi la malafede.

  2. La “riflessione seria” sull’impianto della VQR, dell’ASN e dell’AVA dovrebbe essere fatta attraverso specifiche “valutazioni esterne” – o almeno così si fa nel resto del mondo.
    La ricerca in ambito valutativo dovrebbe essere appannaggio di coloro che, avendo posizioni accademiche o professionali congruenti, eseguono programmi di sicuro spessore scientifico pubblicandone i relativi risultati nelle riviste specializzate, o dove essi ritengono più opportuno. Non mi risulta che altrove siano le Agenzie di valutazione o di assicurazione della qualità a promuovere simili attività (neanche in Russia, per dire).
    Quello che devono fare – e non è poco – le Agenzie, è fissare una metodologia seria e ben accetta per i propri programmi di valutazione, data/acquisita la conoscenza scientifica sulla materia e i requisiti politico-amministrativi come vincoli esterni con cui confrontarsi.

  3. La sfacciataggine associata all’insipienza non ha limiti. Non si dimettono manco morti. Però l’inventiva non gli manca: per come sono pagati … lo credo bene. Certo è una brillante conclusione della carriera universitaria finire, dopo il pensionamento, nel direttivo dell’Anvur, con questi risultati e sprechi di soldi, per di più. Uno si domanda, ma da dove vengono e di che cosa si sono occupati? Avete visto “L’Aria che tira”, 23 giugno 2014, sulla 7, la parte sull’Anvur? Condotta allo stesso modo di come l’Anvur conduce tutte le sue operazioni: senza capo né coda.

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