(apparso originariamente su UniNews24)
150 anni di questione meridionale. Poi arriva lui: l’idolo delle casalinghe di Voghera, esperto in varie ed eventuali, la voce del ‘buon senso comune’. Sto parlando di Massimo Gramellini, tra le più coraggiose penne del giornalismo nostrano. Forse non è il solo ad avere intuizioni così brillanti, ma di certo è l’unico ad avere il coraggio di scriverle a chiare lettere in editoriali come “Magna Grecia” (31 luglio). Lui non ha paura: perché un vero giornalista non deve avere paura di scrivere quello che pensa, per quanto scomodo possa risultare ai potenti. O, forse, perché per dispensare consigli con tanta sicurezza su cose su cui non ci si è documentati ci vuole proprio un grande coraggio.
La ricetta di Gramellini per il Sud prevede che
un premier decisionista alla Renzi
somministri una “Cura Choc”:
“abbattere le tasse a livelli irlandesi per attrarre capitali stranieri. E trasferire il controllo del territorio dalle mafie allo Stato (non alle mafie di Stato), se è il caso con l’impiego dell’Esercito”.
Certo, l’originalità non è il suo forte: la scorciatoia neoliberismo “meno tasse = più imprenditori” era già vecchia quando lui stesso aveva ancora i capelli. Lui però ce la ripropone in salsa italiana: capitalismo sì, ma col controllo dello Stato; e, già che ci siamo, include un’ampia spruzzatina di trash (l’idea di combattere la mafia con l’esercito mi pare ottima per un film di Quentin Tarantino).
Ma siccome qui ci occupiamo precipuamente di università, concentriamoci soprattutto sulla “purga” proposta per gli atenei del Sud: una drastica riforma universitaria anti-clientelare che spazzi via il pulviscolo delle facoltà che fabbricano disoccupati e concentri ogni risorsa su quattro-cinque atenei, uno per regione, facendone poli di eccellenza.
A voler essere maliziosi, si potrebbe pensare che tanto rancore verso il mondo accademico derivi da qualche frustrazione personale di Gramellini: mai laureatosi, una volta definì gli anni di iscrizione a Giurisprudenza “i più stupidi e inconcludenti della [sua] vita”. Ma, evitando di indulgere nella psicanalisi da bar, limitiamoci a un rapido fact-checking sull’affermazione per la quale gli atenei del Sud sarebbero una “fabbrica di disoccupati”.
Sarebbe bastato fare una decina di minuti di ricerca sui database di ISTAT per scoprire che la disoccupazione, nel Mezzogiorno, colpisce molto più duramente chi non ha conseguito una laurea. Per citare un solo dato, consideriamo il tasso di disoccupazione per tutta la popolazione sopra i 15 anni, nel primo triennio del 2015: il 20,5% in media, che scende a 12,2% per i laureati. Certo che per essere fabbriche di disoccupati, questi atenei del Sud sono proprio inefficienti; ma d’altronde, si sa, nel Sud Italia non funziona niente.
Per quanto riguarda l’idea di concentrare le risorse in 4-5 poli di eccellenza (che poi è la riedizione di un’idea di Renzi): ammesso e non concesso che si decida di rottamare alcune di queste ‘fabbriche difettose di disoccupati’, prendendo alla lettera l’idea di salvarne “una per regione” ci si ritroverebbe al paradosso di lasciare intatti i piccoli atenei come quello della Basilicata e del Molise, unici nella loro regione, e di dover invece scegliere se decapitare (o accorpare?) atenei voluminosi e prestigiosi come la Federico II o l’Orientale di Napoli.
Ora, le proposte un tanto al chilo come quelle di Gramellini non sarebbero un problema se fossero scritte su qualche comunicato di secessionisti nordisti col tank nel cortile. Ciò che rattrista è che campeggiano sulla prima pagina di un quotidiano nazionale – e ancor più triste è pensare che il vice-direttore de La Stampa, sia pagato molto più delle migliaia di giornalisti e blogger seri che riportano correttamente i dati e le loro fonti, e argomentano con attenzione e prudenza le loro considerazioni.
Eppure, i “Buongiorno” di Gramellini stanno lì, e parlano a tutto il Paese. E qualcuno addirittura li apprezza. Come mai?
La spiegazione più plausibile per questo genere di fenomeni l’ha data Umberto Eco, in un saggio ormai più che cinquantenario in cui, ironicamente, si chiedeva del successo di un altro Bongiorno: il conduttore televisivo Mike.
La spiegazione di Eco è piuttosto semplice: Bongiorno ha successo per la sua mediocrità; perché il conduttore de “La Ruota della Fortuna” faceva sentire un po’ migliore anche il più umile degli spettatori. Parimenti, i Buongiorno di Gramellini consacrano i luoghi comuni e le soluzioni più semplicistiche portnadoli sulla prima pagina di un quotidiano nazionale. Chiunque cerchi risposte semplici alla complessità del mondo, ma sia troppo benpensante per accontentarsi della soluzione-Salvini (ruspa!), potrà fare una proposta banale e sentirsi meno scemo, perché una proposta altrettanto semplice e ‘di buon senso’ sarà lì, sulla prima pagina de La Stampa. “Quindi, dopotutto” penserà, “se la mia idea è riportata anche sulla prima pagina di un quotidiano nazionale, non poteva essere un’idea stupida”.
E invece, sì: è sulla prima pagina de La Stampa proprio per questa ragione.
Visto che abbiamo citato Eco, torna in mente una sua recente affermazione che ha fatto scandalo:
I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività.
Ammesso che i social media abbiano davvero qualcosa da farsi perdonare, ci rimane il dubbio che, nel fare i confronti, Eco non avesse ben presente la qualità attuale della cosiddetta “stampa tradizionale”.
Voi credete che Gramellini sia uno stupido? Che sia necessario fondare idee come quelle da lui espresse su dati rigorosamente scientifici per poter avere accesso a giornali e case editrici prestigiose? Lo credete ancora nonostante la vicenda Sole 24ore-Politecnico-Luiss da voi così bene interpretata e raccontata? Vi sbagliate.
Gramellini è un furbo e sa che ormai le regioni meridionali economicamente deboli dell’Europa saranno abbandonate. Operazione perfettamente riuscita in Portogallo, tentata e non ancora perfezionata in Grecia, un po’ più difficile in Italia, perchè potrebbe coinvolgere parte dell’opinione pubblica del resto del Paese. I vari Gramellini non devono tranquillizzare gli stupidi che la pensano come lui, ma indurre i meno stupidi a pensarla come lui. Per questo sono scesi in campo anche ricercatori universitari, che hanno pubblicato libri in case editrici di livello nazionale (una volta di sinistra), sostenendo le loro assurde teorie con dati statistici contraffatti, teorie che sono state divulgate con un’audience del tutto spropositata, grazie all’appoggio di radio e televisioni nazionali.
Che cosa se ne farà l’EU delle regioni meridionali dell’Europa abbandonate? Credo che il progetto sia di sistemarle in un area-euro di serie B (di cui si è già parlato) per produrre beni industriali intermedi a basso prezzo, che occorrono allEuropa sviluppata, e allo stesso tempo per mantenere in piedi un mercato di consumo non del tutto trascurabile di beni prodotti dall’industria del nord. Il tutto condito dal miraggio della promessa di un ritorno in serie A, se l’economia della regione ci riesce con infrastrutture e con università e con il capitale umano di cui disporrà dopo questa bella cura.
“ci rimane il dubbio che, nel fare i confronti, Eco non avesse ben presente la qualità attuale della cosiddetta “stampa tradizionale”.”
Sempre che c´´entri con il valore e ruolo delle universita meridionali, non c´´e alcun dubbio che Eco non ha presente nemmeno tante altre cose della comunicazione odierna, in particolare di quella in rete, che si estende oramai anche alla stampa tradizionale (che non e piu quella dei tempi di Hegel), corredata dei commenti scritti dei lettori ecc. Per non parlare delle ricerche sofisticate sulle opinioni espresse in rete.
Quanto alla massima del successo collegato alla mediocrita della persona di successo, confortante (ma sara cosi veramente?) per chi tale successo – traducibile in danaro, opportunita ecc. – non ha, se la massima fosse generalizzabile (ma non lo e, per fortuna), andrebbe applicata a molti altri. Una rondine non fa, dunque, primavera e si dovrebbe semmai ragionare su come un certo successo e stato non solo raggiunto, ma soprattutto costruito, sempre che i dati da decostruire siano raggiungibili, verificabili, veritieri.
Tutto vero. Non credo che Marco Viola volesse fare un’analisi scientifica del successo di Gramellini (c’è un limite a tutto, nonostante le derive autoreferenziali della ricerca scientifica), ma piuttosto rovesciare su di lui (ma anche su Eco, nel finale) lo stesso tipo di argomentazione, leggera e brillante. Come d’altronde non mi sembra che Eco ai tempi di Fenomenologia di Mike Bongiorno intendesse fare un’analisi scientifica del fenomeno, tanto è vero che quel divertissement può essere letto, insieme a tanti altri, in Diario Minimo.
Sara, ma quel commento sugli imbecilli che popolano i social media non e ne leggero ne brillante ne divertente, ma solo acre.
e infatti viene messo in dubbio da Marco Viola che scrive “Ammesso che i social media abbiano davvero qualcosa da farsi perdonare …”
Carissimi,
a me l’articolo è piaciuto, perché pone in connessione diverse cose che, in effetti, lo sono:
1) La questione meridionale, che nasce con la conquista del sud da parte di uno Stato che, anche prima della formale abdicazione di Carlo Alberto, e certamente in connessione alle frequentazioni inglesi di Vittorio Emanuele (che gli valsero i soldi -ovviamente, in prestito: ché non mi stancherò mai di ripeterlo, ma il pensiero liberale, stringi stringi, a quello si riduce ed è strumentale- e l’appoggio navale, per la sua opera di conquista del terzo stato più ricco d’Europa), aveva abbracciato in pieno l’ideologia liberale (paradigmatica, al proposito, la legge ad hoc del ’57, per abrogare il delitto d’usura, che ovviamente l’Inghilterra protestante e liberale non contemplava);
2) l’odierno ritorno -dal 1980, ma con maggiore vigore precipitazione oggi, grazie al vincolismo esterno dell’eurozona- delle politiche economiche liberali, che sembrava fossero state sconfitte dalla storia nel ’29, ma dagli anni ’70 anno ripreso fiato, pure accademicamente, per poi tradursi in drammatica realtà, almeno in Italia quasi sempre grazie (paradossalmente) alla sinistra, per cui l’unica critica che potrebbe muoversi all’articolo è che non si tratta di politiche già vecchie quando il proponente ancora aveva i capelli, ma di politiche già vecchie ben prima che lui nascesse;
3) la relazione tra pensiero liberale, o liberista se vi piace Croce, e l’attacco all’Università, perché i tre bocconi ghiotti sono proprio Università, Sanità e Pensioni, che devono essere devitalizzate nella loro forma pubblica, perché decollino le corrispondenti realtà private a pagamento, meglio se a credito;
4)il rapporto tra conformismo e successo, specie nei media, perché spesso lo spazio viene dato a chi sostiene ricette e opinioni -tanto meglio se basate su fattoidi, invece che su fatti- conformi e strumentali alla prosecuzione delle medesime politiche liberali già in atto, fortemente volute da chi se ne avvantaggia enormemente, ovverosia da chi già dispone di mezzi quasi illimitati, con i quali possiede o finanzia, direttamente o indirettamente (cioè con la pubblicità), pure i media.
Per altro, quando parlo di conformismo, non mi riferisco nel modo più assoluto ad un do ut des: su questo non voglio essere frainteso!
Secondo me, molti giornalisti, politici, ed anche accademici, danno alla causa liberale, senza che gli sia stato promesso proprio niente, magari per reale convinzione.
Del resto, quanto è facile (auto)convincersi delle idee di successo, che tanta fortuna portano a chi le abbraccia e sostiene pubblicamente, che in genere non viene mai dimenticato?
Ad esempio, Monti, con tutto il suo insuccesso politico in Patria, è stato nominato alto commissario (o quello che è) delle risorse proprie UE.
Sarà interessante vedere se Franceschini, qualora il consenso politico dovesse venirgli meno in Patria, troverà estimatori non nazionali, cioè esteri o sovranazionali, dopo le nomine esterofile degli ultimi giorni, che pure sono certo avrà fatto per reale convinzione, e senza sperare di ingraziarsi nessuno.
Tom Bombadillo
Marco Viola è un grande :-)
Quindi il sogno di Gramellini è una purgona al Meridione, un bel siringone di olio di ricino che spazzi via tutte quelle fabbricacce di disoccupati e lasci solo distese di campi da arare e di bungalow sulle spiagge.
Commossa, mi è venuta la curiosità di leggere anche i suoi libri: “Fai bei sogni”, “Avrò cura di te”, ma anche “L’ultima riga delle favole”.
Molti anni fa un professore universitario tedesco raccontò come la Germania Ovest aveva proceduto con le Università dell’Est dopo la riunificazione. Vado a memoria e allora non controllai il racconto. La struttura universitaria della Germania Est era diversa da quella dell’Ovest e si voleva uniformarla a quella dell’Ovest non distruggerla. Per il personale docente fu deciso che sarebbe stato sottoposto a un giudizio (non conosco i criteri). Solo chi superava il giudizio restava. Per quel che riguarda le strutture di ricerca decisero di potenziarle e per tre anni le Università dell’Ovest non ricevettero finanziamenti per quello che noi chiameremmo “materiale inventariabile” ovvero per l’acquisto di nuove strumentazioni (qualcuno può accertare che le cose andarono effettivamente così?).
L’idea che le ristrutturazioni delle Università si fanno chiudendo è una idea (vetero?) industriale e può funzionare se chi ristruttura può decidere quale è il prodotto. E’ priva di senso nel caso dell’Università.
La procedura di “uniformazione” tra le università delle due Germanie è un tema di un certo interesse. Alcune chiavi di lettura sono meno ottimistiche riguardo alla “fairness” con cui venne condotta l’operazione (soprattutto nella valutazione dei professori). Qualche anno fa, Roars aveva segnalato questo contributo:
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Joachim Küpper (Freie Universität Berlin): Evaluation in Germany
Evaluation in the Human Sciences: Towards a Common European Policy
Bologna, December 12-13 2008
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che, purtroppo, non è più disponibile all’URL originario: http://www2.lingue.unibo.it/evaluationinthehumanities/Evaluation%20in%20Germany.pdf
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In ogni caso, secondo Hermann Glaser (Deutsche Kultur 1945-2000, 2nd ed., Bonn 2003), su 38.900 “staff and faculty members” quasi 20.000 persero il posto. Credo che un possibile testo per approfondire l’argomento sia:
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Rust, Val Dean, and Diane Rust. The unification of German education. Vol. 32. Taylor & Francis, 1995.
Sulla linea di De Nicolao.
Furono formate commissioni di universitari tedesco-occidentali che, oltre a verificare il livello strettamente professionale, verificavano anche il coinvolgimento nella politica ufficiale. Questi erano i criteri la cui applicazione e peso nel giudizio probabilmente variavano da caso a caso. A seguito di questo procedimento vi furono allontanamenti e una sorta di colonizzazione occidentale sui posti vacanti. Io ricordo che comunque era stato introdotta una differenziazione stipendiale, a vantaggio dei docenti dell´´Ovest. Ricordo meglio il caso di un docente, stimato romanista e romenista, che quando interrogato sulla sua lealta al partito, aveva risposto che proveniva da una famiglia modesta, lo stato lo aveva fatto studiare e che dunque non poteva che essergli riconoscente. Lui si salvo probabilmente anche perche licenziarlo sarebbe stato veramente scandaloso.E continuo a lavorare nella citta di Bach.
la pagliuzza, la trave, l’occhio e c’è un Udinese per tutti. se volete ve lo spiego
L’Udinese?!?
Per quel che ne so ha ragione Marinella, la Germania Est è stata “terra di conquista” sotto molti aspetti, e anche sotto quello universitario. Il mio collega mi diceva che i “full professor” hanno mantenuto il posto, indipendentemente dal coinvolgimento col governo precedente (e questo lo scandalizzava); a tutti gli altri (anche se avevano una “permanent position”) era concesso “concorrere per il posto che occupavano”. Per quel che ne so, alla Humboldt è andata abbastanza bene, probabilmente in sedi meno prestigiose no.
Gramellini ha sbagliato, ma qui ci sono un sacco di persone che fanno e scrivono cose di cui non sanno una m..z..
… e credersi superiori agli altri è un grosso errore: si rischia di perdere uno a zero in casa.
Più chiaro?
Se Gr. ha sbagliato, basta questo. Gli altri, che semplicemente la pensano diversamente oppure hanno altri punti di riferimento, non hanno per lo meno la pretesa di pontificare come editorialisti, opinionisti o direttori di quotidiani. E come dice UE nazionale, nei social media circolano legioni di imbecilli, dunque potremmo essere TUTTI nella muito autorevole norma (ho appena riascoltato l´italo-brasiliano appiccicaticcio di Scilipoti…). Con nome e cognome e anche provenienza identificabile.
una volta chi sbagliava lo mandavano in sardegna … mandiamo Gramellini alì dirigiere La nuova Sardegna se lo è meritato!