Proposta di legge Gallo sull’accesso aperto all’informazione scientifica (DDL n. 1146)
Prosegue l’esame, davanti alla 7ª Commissione permanente (Istruzione pubblica, beni culturali) del Senato, del DDL n. 1146, “Modifiche all’articolo 4 del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112, nonché introduzione dell’articolo 42-bis della legge 22 aprile 1941, n. 633, in materia di accesso aperto all’informazione scientifica”.
Il 29 ottobre 2019 la 7ª Commissione ha tenuto un’audizione informale per ascoltare la posizione dell’Associazione Italiana Editori (AIE).
Sul sito del Senato è disponibile la nota dell’AIE che sintetizza i contenuti dell’audizione.
L’AISA auspica che la 7ª Commissione voglia proseguire le audizioni informali e ascoltare tutti i portatori di interessi compresa la stessa AISA, come è avvenuto presso la Camera dei Deputati.
L’AISA inoltre intende esprimere il proprio dissenso rispetto alla posizione dell’AIE.
L’AIE chiede:
a) Che i periodi di embargo previsti siano portati a 12 mesi per le discipline scientifico tecnico mediche e a 18 mesi per le scienze umane e sociali, per rendere sostenibile la norma per il sistema italiano della ricerca e per il sistema editoriale italiano, in un quadro di assenza di risorse aggiuntive.
b) Che sia cancellato il comma 2 dell’articolo unico del progetto di legge poiché il vincolo introdotto con il nuovo articolo 42-bis della legge sul diritto d’autore, applicandosi solo alle imprese italiane, le indebolirebbe nei confronti di agguerriti concorrenti stranieri e avrebbe quindi effetti negativi sul tessuto industriale del Paese.
L’AISA chiede, all’opposto, che siano mantenuti i termini di embargo previsti dall’attuale testo del DDL nonché il comma 2 dell’articolo unico del medesimo disegno di legge, il quale contiene un’importante modifica della legge sul diritto d’autore (l’inserimento dell’art. 42-bis) che giova al mondo della ricerca e alla società tutta.
Le motivazioni addotte dall’AIE alle sue richieste destano non poche perplessità per le seguenti ragioni.
A) Termini di embargo. L’interpretazione delle raccomandazioni UE (la 2012/417/UE e la 2018/790/UE che sostituisce quella del 2012) appare palesemente distorta. La Commissione UE ha chiaramente raccomandato agli Stati membri di contenere i termini di embargo per la ripubblicazione in accesso aperto. La raccomandazione volta a contenere i termini di embargo non è subordinata ad alcun altro intervento. Piuttosto la Commissione raccomanda di mettere in atto una pluralità di politiche tra le quali la riduzione dei termini di embargo.
Per maggiore chiarezza si riporta di seguito il testo della raccomandazione del 2018:
Gli Stati membri dovrebbero garantire, in conformità con l’acquis dell’UE sul diritto d’autore e i diritti connessi, che a seguito di tali politiche o piani d’azione:
[…]
indipendentemente dal canale di pubblicazione (rivista scientifica, infrastruttura digitale, canali multimediali o nuovi metodi sperimentali di comunicazione scientifica), l’accesso aperto alle pubblicazioni derivanti da ricerche sostenute da finanziamenti pubblici sia concesso non appena possibile, preferibilmente al momento della pubblicazione e comunque non oltre i sei mesi dalla data di pubblicazione (al più tardi entro dodici mesi per le scienze sociali e umane) […]
Peraltro, iniziative internazionali che sono oggetto di ampia discussione nel mondo della ricerca e dell’università – il riferimento è a Plan S – prescrivono addirittura un termine di embargo zero, cioè la ripubblicazione immediata negli archivi ad accesso aperto. I termini di 6 e 12 mesi rappresentano – assieme alla limitazione del campo di applicazione a un genere letterario specifico: l’opera scientifica pubblicata in periodico – già un compromesso tra le ragioni degli editori e quelle di tutti gli altri portatori di interesse nonché dell’interesse pubblico.
B) Modifica della legge sul diritto d’autore. L’aggiunta dell’art. 42-bis, che conferisce all’autore un diritto inalienabile e irrinunciabile di ripubblicazione (più correttamente: di messa a disposizione del pubblico) in accesso aperto delle opere scientifiche pubblicate in periodici, che siano il risultato di ricerche finanziate per una quota pari o superiore al 50 per cento con fondi pubblici, non è una norma che limita la libertà contrattuale delle parti, ma è all’opposto un dispositivo legislativo che restituisce spazio di libertà all’autore scientifico, finanziato con fondi pubblici, che è la parte debole del contratto.
È noto che l’autore scientifico usualmente cede i diritti patrimoniali all’editore senza ricevere alcun compenso, perché è interessato non a guadagnare ma a rendere pubbliche le proprie idee. Se l’autore avesse potere contrattuale, non ci sarebbe bisogno di una norma imperativa come il 42-bis. Sarebbe l’autore stesso a inserire una clausola nel contratto che gli riservi il diritto di ripubblicare in accesso aperto. Non lo può fare, perché l’editore ha maggiore potere contrattuale e può impedire la ripubblicazione in accesso aperto o allungare i termini di embargo. Non a caso la Germania, i Paesi Bassi, la Francia e il Belgio si sono dotati di norme analoghe all’art. 42-bis.
L’AIE in proposito sostiene che in Germania la norma ha indotto la delocalizzazione di un editore. A parte la natura aneddotica dell’argomento, l’AIE non corrobora questa affermazione con nessun dato empirico verificabile (le ragioni che possono aver indotto l’editore tedesco a spostarsi in Polonia potrebbero essere le più svariate: ad esempio, il minor costo del lavoro) e anzi, lo stesso editore, pur dissentendo da Plan S sul cosiddetto open access ibrido, rispetta le disposizioni europee e consente la ripubblicazione in accesso aperto dopo 12 mesi.
Al contrario di quello che sostiene l’AIE termini di embargo ridotti rendono maggiormente competitivo un editore italiano rispetto a editori stranieri che praticassero termini di embargo più lunghi. A parità di reputazione e di qualità dei servizi editoriali, un autore scientifico sceglie l’editore che stabilisce termini di embargo più lunghi o più ridotti?
In Italia il MIUR ha già imboccato la via dell’accesso aperto, attuando, ad esempio, la legge 112/2013 di cui si discute la modifica nell’ultimo bando PRIN 2017 che impone, all’art. 7, l’accesso aperto ai risultati ottenuti e ai contenuti delle ricerche oggetto di pubblicazioni scientifiche “peer-reviewed” nell’ambito del progetto. Politiche di questo genere dovrebbero essere coordinate con la legge sul diritto d’autore, ampliando gli spazi di libertà dell’autore scientifico. In altri termini, se lo Stato impone l’accesso aperto nella forma della ripubblicazione su archivi di quanto già pubblicato in accesso chiuso presso editori, allora all’obbligo – perché non resti lettera morta – deve corrispondere un diritto dell’autore di ripubblicare (mettere a disposizione del pubblico) in accesso aperto.
Inutile rimarcare che il legislatore dovrebbe ascoltare le ragioni di tutti, ma poi scegliere avendo in mente l’interesse pubblico. Non c’è dubbio che l’interesse pubblico muova verso il restringimento dei termini di embargo e la maggiore libertà dell’autore scientifico, quali strumenti per raggiungere il fine di un accesso aperto più ampio alle informazioni scientifiche.
“Peer-reviewed”, accesso aperto al pubblico, rispetto e tutela della proprietà intellettuale (antiplagio), diritti editoriali per gli editori, contratti e clausole, e quant’altro. Non so come si districherà il legislatore o il normatore in questa materia complessa. Ho l’impressione che dimentichino sempre qualcosa. Anzitutto ci si riferisce sempre ad un documento scritto: ma la comunicazione scientifica non funziona soltanto così, anche se verba volant, però poi si appiccicano a qualcosa di scritto. Ma la rapidità dell’informazione o della sua circolazione, orale o scritta, sono fondamentali, soprattutto oggi e soprattutto in certi settori (Commissione Europea: “quanto prima possibile, preferibilmente subito” , questo nel 2012 !!!; “il Senato – con voto unanime in Commissione [che bravi] – aveva allungato i termini dell’embargo a 18 o 24 mesi secondo le discipline”, nel 2013 !!! L’ AIE adesso, propone, bontà sua, “12 / 18 mesi secondo le discipline” !!). Ho scoperto un nuovo virus o simile, o che la ruggine corrode il Mose, o che il ponte sta per crollare e aspetto mesi e anni? In secondo luogo la gestione di un articolo o di un volume si svolge in maniera ben differente, a prescindere dal numero dei contributori. E’ comunque assurdo che un bene intellettuale di un singolo non possa essere gestito secondo gli intendimenti dell’autore, ma che dipenda solo da interessi materiali. Il MIUR cosa vuole imporre, così in astratto, senza tenere conto della realtà che andrebbe cambiata? Mi sa che non solo gli antropologi ma anche altri dovrebbero utilizzare il buon senso del “fare”: il fare di qualsiasi tipo non produce oggetti statici ma processi calati in altri processi (Tim Ingold, Making, trad. it. 2019). Contadini, pastori, artigiani lo sanno per conto loro, da sempre, ma non l’hanno messo per iscritto.