Molto e’ stato detto sulla operazione Human Technopole. La redazione di Roars ha posto delle domande che rimangono, come al solito ormai, senza risposta. La Senatrice Elena Cattaneo ha paragonato il presidente del Consiglio al pifferaio magico di Hamelin. Secondo Giorgio Parisi,
“Questo progetto [«Human Technopole»] mi sembra in linea con la rottamazione renziana delle istituzioni esistenti. Si vuole creare qualcosa di nuovo, ma si rischia di cancellare quello che esiste. Forse funziona male, ma continua a funzionare.”.
Ricordiamo infatti che all’epoca della creazione di IIT (2003) c’era stato un certo dibattito sull’opportunità di consegnare ingenti risorse a un nuovo istituto di ricerca con uno stato giuridico (fondazione privata) inedito. L’opnione che ha prevalso, e che prevale tutt’ora, è stata quella di Francesco Giavazzi e Alberto Alesina :
Ha ragione Roberto Perotti : il sistema universitario e della ricerca in Italia non sono riformabili. Serve un cambiamento radicale perché riversare più fondi in questo sistema è come buttarli al vento. […] Facciamo fatica a capire perché colleghi […] parlino di rigore, controlli e incentivi senza rendersi conto che l’unico modo per garantirli è di muoversi all’esterno dell’università italiana di oggi. Vittorio Grilli ci sta provando con l’Iit: è per questo che cerchiamo di aiutarlo mentre tutti i conservatori lo criticano.
A tredici anni di distanza il dibattito e’ stato direttamente abolito e si discute solo di decisioni gia’ prese. E non e’ mai stato fatto un bilancio di IIT (da qualcuno esterno a IIT). Che ha ricevuto dallo Stato 1 miliardo di euro e ne ha spesi poco più della metà (senza mai pubblicare i bilanci) ed ha ricevuto dai privati neppure l’1% di questa somma. Davvero una operazione di successo dell’imprenditoria italiana, che siede da sempre nel Consiglio di Amministrazione, insieme con l’eccellenza scientifica del paese?
Stavo per scrivere qui la mia opinione su Giavazzi, Alesina e Perotti, poi mi è venuto in mente Voltaire e le sue frasi famose sulla tolleranza e sulla difesa della libertà di pensiero e ho deciso (a fatica) di recedere dal mio proposito.
Invece io sono stato consigliato dall’avvocato :-D
Il dramma non è un singolo governo disastroso nelle politiche della ricerca perché in quel caso puoi sempre sperare di liberartene alle successive elezioni, il vero dramma è che si sono succeduti da molti anni governi di vario colore e sono stati tutti disastrosi. Non ho visto funzionare la politica bipartisan così bene in nessun altro settore. La situazione attuale poi è disperante perché dovunque ti giri senti scemenze all’ennesima potenza. Anche chi dovrebbe o vorrebbe rappresentare una alternativa di rinnovamento/ discontinuità dice in tema di ricerca/ università delle banalità rimasticate e dimostra di essere culturalmente subalterno al pensiero unico dominante.
E questo malgrado le 10,000-15,000 visite/giorno su questo sito !
ultimi 3 ministri sono stati rettori…………
Lasciamo perdere i Bocconiani Giavazzi&Perotti ed i migliori ancora dei Bocconiani Alesina. Basta leggerli, anche sommariamente, sia sul Corriere che i loro lavori per farsi un’idea. D’istinto potrei anche concordare sull’inutilità di metter soldi nel sistema della ricerca Italiana, ma nel sistema comprenderei anche e soprattutto l’IIT, istituzione fatta a tavolino, che non può funzionare neanche in teoria ed in effetti i risultati sono lì a dimostrarlo. Veniamo a noi, poveri e semplici Universitari: svolgiamo, più o meno decentemente la funzione didattica e potremmo anche svolgere quella scientifica se non fossimo ingabbiati in un sistema di regole che ci impediscono di lavorare. Lasciati liberi, e con un sistema di governance più snello, forse qualcuno di noi potrebbe anche fare qualcosa. sarebbe già abbastanza che un certo numero di noi potesse fare qualcosa di significativo e tutti gli altri cose dignitose di normale amministrazione, perché questo contribuirebbe a mantenere una diffusione della ricerca sul territorio, dove, a macchia di leopardo, emergerebbe anche qualche eccellenza. Il sistema avrebbe la necessaria diffusione ed omogeneità. Con la filosofia IIT, anche se funzionasse, ma non può, si avrebbe l’eccellenza puntuale e l’impoverimento complessivo del tessuto culturale del Paese. Come si fa a non capire queste cose elementari?
Non si avrà neanche l’eccellenza puntuale. Brevettato idee vecchie, scopiazzate in Usa, là fallite. Almeno da quello che propagandano in tv.
Ad esempio esoscheletri per disabili. Che però hanno molto impatto emotivo, come molta ricerca medica che non serve a un tubo ma fa molta scena ed attrae fondi.
Li lascerei perdere molto volentieri se non avessero ispirato (o anche scritto) le politiche della ricerca e dell’universit’ negli ultimi 15 anni.
Anche certi ‘pensatori’ non sono riformabili.
Non le capiscono perché non le vogliono capire. Con l’ ITT :
1) si creano posti di lavoro senza concorso. Quindi clientelari. Portano voti.
2) si ripianano i debiti di expo.
3) si da denaro fresco alle banche.
4) si pubblicano brevetti che a loro volta portano soldi all’industria e fanno girare denaro anche se non se ne venderà un solo pezzo sul mercato.
In sintesi è un operazione politico finanziaria che va nella direzione di rafforzare chi è ora in sella.
Indubbiamente la creazione dell’IIT è stata un intervento calato dall’alto, privo di una “naturale vocazione” del nuovo istituto a fare ricerca UTILE e dunque appetibile per i partner industriali.
Cosi’ e’ stato creato un carrozzone autoreferenziale, che non risolve i cronici problemi di altri carrozzoni pubblici che avrebbe dovuto sostituire…
Faccio presente che io non sono del tutto contrario alle motivazioni addotte in occasione della sua nascita e qui riportate. E’ vero che l’attuale sistema della ricerca pubblica, frammentato e mal gestito, non avrebbe prodotto risultati proporzionali all’investimento se oggetto di una ulteriore distribuzione a pioggia di risorse.
L’idea di concentrare le risorse su pochi centri di eccellenza, magari gestiti fuori dalla asfissiante burocrazia impostaci dalla gestione pubblica, non mi dispiaceva del tutto.
E’ stata l’attuazione di questo proposito che è risultata fallimentare…
Anche perchè alcuni nuclei di eccellenza, magari privati, in alcuni specifici settori esistevano già ed erano ben individuabili, e si sarebbero potuti finanziare mediante un bando pubblico (aperto a tutti, ma con criteri molto selettivi sulla qualificazioni dei soggetti ammessi a finanziamento).
Sicuramente i soldi spesi in questo modo avrebbero fruttato di più che spargendoli a pioggia su una sessantina di università e su tutti i settori scientifico-disciplinari.
Faccio un esempio nel settore di mia specifica competenza scientifica (Fisica Tecnica, che all’estero si chiama Applied Physics, e si occupa primariamente di energia ed ambiente).
A monte ci sarebbe voluta una scelta “politica” di priorità, per cui, fra tutte le discipline legate a Fisica ed Ingegneria, se ne scelgono solo tre o quattro su cui concentrare le risorse.
Ipotizziamo appunto che le tematiche “energia ed ambiente” fossero state considerate di primaria importanza per il paese (come secondo me sono), per cui il Governo avesse assunto la decisione di finanziare un mega progetto di ricerca in questo settore, aperto a laboratori sia di diritto pubblico che privato (e con un bando congegnato in modo da strizzare l’occhio ai secondi).
Bene , in questo settore sono già attivi in Italia un paio di centri di eccellenza PRIVATI, di cui non faccio i nomi perchè se no sembra che li voglia pubblicizzare. Diciamo solo che uno è a Bellaria, l’altro a Capua. Uno di essi avrebbe vinto il bando, e si sarebbero cosi’ rese disponibili risorse economiche tali da portare un significativo, ulteriore potenziamento del centro, con assunzione di nuovo personale di ricerca ed approntamento di nuovi laboratori, ma con una spesa decisamente inferiore a creare tutto ex-novo a Genova. E nello stesso tempo partendo da una base che è già di eccellenza, e non da zero…
In sostanza, pur sposando la “filosofia” del “pochi ma buoni”, si sarebbe speso assai meglio il denaro pubblico.
Ma questo non è sucesso, è stato invece creato l’IIT, ed a quanto si vede non c’è alcuna intenzione di smantellarlo, ma solo di potenziarlo.
Quindi secondo me è ora che i ricercatori italiani raccolgano la sfida.
Se la ricerca di punta si dovrà fare solo all’IIT, e ce lo han detto e ribadito chiaro e tondo, bene, allora facciamolo funzionare sto IIT.
Riappropriamocene!
Per ottenere questo risultato è necessaria una azione di accerchiamento scientifico e politico ben coordinata. Occorre creare “teste di ponte” all’interno dell’IIT, create dai gruppi di ricerca “davvero al top”. Queste teste di ponte debbono poi agire dall’interno, con una “rivoluzione silenziosa” dei meccanismi di governance dell’istituto, in modo da trasformarlo davvero nella “casa” dove i ricercatori più preparati ed ambiziosi di tutta Italia potranno trovare finanziamenti, spazi e supporto per i loro progetti.
Questo corrisponde anche alla necessità di “delocalizzare” l’IIT, che essendo posizionato all’estremità nord-ovest della penisola, per sua stessa posizione geografica, lo rende poco accessibile ai ricercatori dell’est o del meridione.
Di fatto, si deve far si’ che ciascuna “testa di ponte” si porti poi a casa un pezzo di IIT da installare presso la sede di origine.
Capisco che possa sembrare un po’ una resa, d’altronde nell’immediato mi sembra l’unico modo di non far morire di inedia promettenti ricercatori sparsi per la penisola…
E nel lungo periodo, l’apporto di tali validi ricercatori potrebbe davvero trasformare l’IIT dal carrozzone vuoto ed improduttivo che è adesso in un sistema di selezione e finanziamento dei migliori progetti di ricerca, ovunque essi si originino.
Ovvaimente sono ben aperto ad idee alternative…
Un punto di vista umanistico (non esiste solo l’IIT in questo mondo): l’Italia ha ottime tradizioni filosofiche, filologiche, storiche, linguistiche e letterarie. A cosa serve far morire questi posti? Risparmieremo l’unghia di un pollice e avremo spento cattedre che esistono da centinaia d’anni.
Signori, questa è pura volontà di distruzione, ingiustificabile da qualunque punto di vista.
E se queste materie a qualcuno sembrano inutili, allora è inutile il sapere e mandiamo tutti a fare gli sguatteri a Londra.
sì, aggiungerei con un pizzico di esagerazione ma non troppa: se c’è un settore che può ancora essere trainante e attrattivo anche per studenti e studiosi esteri, in Italia, è proprio quello umanistico; squilibrare le risorse a favore degli ‘scienziati’ duri produrrà solo una maggiore emigrazione all’estero dei nostri giovani cervelli, perché non vedo molti stranieri fare la fila per specializzarsi ne nostri laboratori, nelle nostre cliniche, ecc. ecc.
@indrani maitravaruni: aggiungerei anche il campo giuridico e quello economico.
i Bocconiani di cui sopra non avrebbero fatto un briciolo di carriera, dato che sono tutti economisti, se ai loro tempi i Governi avessero dato tutti i soldi ad un ipotetico IIT di quei tempi
Dentro Human Technopole i soldi per la ricerca economica ci sono. Eccome se ci sono. Uno dei 7 centri sarà diretto da un economista.
@Alberto Baccini:
allora ho sbagliato io; solo che non riesco a trovare la descrizione del progetto o forse esso non rientra negli annunci di Renzi, nel senso che lui si limita solo a dire “faremo, finanzieremo….”
Io l’ho letto qui. http://www.scienzainrete.it/contenuto/articolo/cristina-da-rold/cingolani-ce-lha-fatta-parte-human-technopole/febbraio-2016
@Alberto Baccini: grazie.
stavo pensando che anche se 1 dei 7 centri sarà diretto da un economista, le discipline di diritto ed economia non ci saranno e si andranno ad aggiungere ad una serie di discipline umanistiche (come è stato ricordato sopra, filosofiche, filologiche, storiche, linguistiche e letterarie) ed altre scientifiche (es. veterinaria) che rimarranno fuori ma che, attualmente, costituiscono la maggior parte delle discipline universitarie italiane