Con sentenza del 3 novembre 2015, la Sezione terza bis del TAR Lazio ha ritenuto illegittima la previsione – contenuta nel DPR 222/2011 – che richiedeva per l’abilitazione di un candidato la maggioranza qualificata dei 4/5 dei commissari, ritenendo sufficiente la maggioranza semplice.

Come afferma il Giudice, risulta infatti, all’evidenza, impossibile pervenire ad un congruo e motivato giudizio negativo per una Commissione a maggioranza convinta del contrario.

Segue il testo.

12407/2015 REG.PROV.COLL.

04972/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4972 del 2015, proposto da:
Marcello Daniele, rappresentato e difeso dagli avv.ti Roberta M. Avola Faraci e Guerino Fares, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Bisagno, 14;

contro

Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’annullamento

del giudizio negativo collegiale espresso dalla Commissione nazionale per l’abilitazione alle funzioni di professore universitario di prima fascia, settore concorsuale 12/G2 – diritto processuale penale, con riguardo alla domanda presentata dal ricorrente per ottenere l’abilitazione alla I fascia di docenza;

del D.P.R. 14 settembre 2011, n. 222, che regola la procedura di abilitazione scientifica nazionale, a norma dell’art. 16 della legge n. 240/2010, nella parte in cui (art. 8, comma 5) prevede che la commissione delibera a maggioranza dei quattro quinti dei suoi componenti;

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata;

Vista l’ordinanza di questa Sezione n. 2866 del 3 luglio 2015, di accoglimento della proposta domanda cautelare, mediante fissazione a breve dell’udienza di trattazione del merito del ricorso, ai sensi dell’art. 55, comma 10, cod. proc. amm.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2015 il dott. Giuseppe Caruso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Con atto notificato il 2 aprile 2015 e depositato il 17 aprile 2015 il prof. Daniele – docente associato di diritto processuale penale presso l’Università di Padova – impugna il giudizio negativo espresso dalla Commissione nazionale per l’abilitazione alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia, settore concorsuale 12/G2 – diritto processuale penale, con riguardo alla sua domanda di abilitazione alla I fascia di docenza. Impugna altresì il presupposto D.P.R. 14 settembre 2011, n. 222, che regola la procedura di abilitazione scientifica nazionale, a norma dell’art. 16 della legge n. 240/2010, nella parte in cui (art. 8, comma 5) prevede che la Commissione delibera a maggioranza dei quattro quinti dei suoi componenti.

Il ricorrente fa presente che la decisione negativa assunta nei suoi riguardi discende dal voto sfavorevole di solo due dei 5 commissari, essendosi invece gli altri tre espressi per il conferimento dell’abilitazione in questione, sicché in definitiva essa è negativa solo in quanto l’art. 8, comma 5, del D.P.R. n. 222/2011 dispone che “la commissione delibera a maggioranza dei quattro quinti dei componenti”.

Deduce il seguente, articolato, motivo unico:

Violazione dell’art. 16 della legge n. 240/2010, in relazione all’art. 17, comma 2, della legge n. 400/1988.

La previsione di una maggioranza dei quattro quinti dei commissari per il conferimento dell’abilitazione non avrebbe alcun riscontro nella legge n. 240/2010, che pure detta i puntuali criteri ai quali il regolamento cui vengono demandate le modalità di espletamento delle procedure abilitative deve conformarsi. In questi ultimi, infatti (v. comma 3, lett. a), dell’art. 16 della legge n. 240/2010), il legislatore si limita a prevedere che l’attribuzione dell’abilitazione avvenga “con motivato giudizio fondato sulla valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche, previa sintetica descrizione del contributo individuale alle attività di ricerca e sviluppo svolte”, senza fare cenno a maggioranze “qualificate”. Anzi, la previsione di queste ultime sarebbe in contrasto con la necessità – espressamente ribadita dal legislatore – che il giudizio collegiale sia “motivato”, giacché esso – quando, come avviene nella fattispecie, i voti negativi sono solo due su cinque – rifletterebbe incongruamente l’opinione della minoranza della Commissione.

Con successive memorie, il ricorrente ha ribadito ed ampliato le sue argomentazioni – sottolineando sia l’assenza di precedenti in materia di maggioranze qualificate per i concorsi universitari, sia la manifesta illogicità del giudizio collegiale reso nei suoi riguardi – e concludendo per l’accoglimento del gravame.

Per l’amministrazione intimata si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato ed ha sostenuto la piena legittimità dei provvedimenti impugnati, chiedendo la reiezione del ricorso.

La causa è stata assunta in decisione nella pubblica udienza dell’8 ottobre 2015.

Il ricorso è fondato.

Come correttamente rilevato dal ricorrente con l’unico motivo di censura dedotto, la legge n. 240/2010 (art. 16, comma 2) ha demandato ad un regolamento c.d. di delegificazione (art. 17, comma 2, della legge n. 400/1988) la disciplina delle “modalità di espletamento delle procedure finalizzate al conseguimento dell’abilitazione”, dettando i dettagliati criteri ai quali esso deve attenersi (art. 16, cit., comma 3).

Detti criteri prevedono (art. 16, cit., comma 3, lett. a), “l’attribuzione dell’abilitazione con motivato giudizio fondato sulla valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche”, senza fare cenno alcuno alla necessità di speciali maggioranze per le deliberazioni assunte al riguardo dalle Commissioni competenti.

Il regolamento emanato in esecuzione delle predetta disposizione di legge (D.P.R. n. 222/2011) ha invece ritenuto di introdurre, per le deliberazioni delle Commissioni, la previsione di una maggioranza qualificata dei quattro quinti dei commissari (art. 8, comma 5).

Siffatta previsione regolamentare, assolutamente innovativa rispetto a tutta la pregressa legislazione in materia di concorsi universitari, risulta in contrasto con quelle di legge sotto due profili:

– in primo luogo, in quanto un’innovazione tanto significativa e contrastante con le regole generali di funzionamento degli organi collegiali avrebbe dovuto essere esplicitamente indicata dal legislatore nei dettagliatissimi criteri che esso ha fornito per l’adozione del regolamento disciplinante la procedura abilitativa;

– in secondo luogo e comunque, perché la previsione di maggioranze qualificate risulta incompatibile con quella – specificamente inserita dal legislatore tra i criteri direttivi per l’adozione del regolamento (art. 16, comma 3, lett. a), della legge n. 240/2010) – secondo cui la Commissione deve in ogni caso (cioè: sia se il giudizio è positivo, sia se è negativo) rendere un “motivato giudizio fondato sulla valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche”. Risulta infatti, all’evidenza, impossibile pervenire ad un congruo e motivato giudizio negativo per una Commissione a maggioranza convinta del contrario.

Per le considerazioni fin qui svolte, deve ritenersi illegittimo l’art. 8, comma 5, del D.P.R. n. 222/2011, secondo il quale la Commissione delibera a maggioranza dei quattro quinti dei componenti, anziché a maggioranza dei componenti, come del resto previsto dalla previgente normativa (v., da ultimo, art. 9, comma 9, del D.Lg.vo n. 164/2006).

Dall’illegittimità della regola di computo della maggioranza discende quella del giudizio negativo reso nella fattispecie dalla Commissione. A favore dell’abilitazione del ricorrente, invero, hanno votato la maggioranza dei commissari (tre su cinque), sicché il giudizio reso collegialmente non può che considerarsi favorevole, con conseguente conseguimento dell’abilitazione a professore di prima fascia da parte dell’interessato.

In definitiva, il ricorso in esame va accolto, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.

Le spese seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati, ai sensi e per gli effetti di cui in motivazione.

Condanna il MIUR al pagamento delle spese di causa a favore del ricorrente, liquidate in € 1.500,00 oltre rimborso del contributo unificato ed accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2015 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Caruso, Presidente, Estensore

Maria Cristina Quiligotti, Consigliere

Ines Simona Immacolata Pisano, Consigliere

 

 

 

 

 
 
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 03/11/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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40 Commenti

  1. Il Consiglio di Stato ha depositato in segreteria il 04/01/2016 sul ricorso
    N. 00014/2016REG.PROV.COLL.

    N. 04512/2015 REG.RIC.
    la sentenza sotto riportata

    Giustizia Amministrativa – Consiglio di stato Tribunali Amministrativi RegionaliGiustizia Amministrativa – Consiglio di stato Tribunali Amministrativi Regionali

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    N. 00014/2016REG.PROV.COLL.

    N. 04512/2015 REG.RIC.

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    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Consiglio di Stato

    in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 4512 del 2015, proposto da
    Pietro Virgadamo, rappresentato e difeso dall’avv. Guido Corso, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, Via Bisagno, 14;

    contro

    Giovanni Bruno;

    nei confronti di

    Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca (in seguito anche solo MIUR), in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, Via dei Portoghesi, 12;

    in punto

    opposizione di terzo contro la sentenza del Consiglio di Stato –VI Sezione, n. 1071/2015, pronunciata tra Giovanni Bruno, il MIUR e altri, concernente valutazione negativa in relazione al conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di I fascia per il settore concorsuale 12/a1 – diritto privato;

    Visti il ricorso per opposizione di terzo;

    Visto l’atto di costituzione in giudizio di mera forma del MIUR;

    Vista l’ordinanza della Sezione n. 2700 del 16 giugno 2015 di accoglimento dell’istanza cautelare e, per l’effetto, di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata;

    Vista la memoria difensiva dell’opponente;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Relatore nell’udienza pubblica del 3 dicembre 2015 il cons. Marco Buricelli e uditi per le parti gli avvocati Corso per Pietro Virgadamo e Nicoli per il MIUR;

    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

    FATTO e DIRITTO

    1. L’opponente, premesso di essere ricercatore confermato di Diritto privato nell’Università LUMSA –sede di Palermo, di avere partecipato alla prima tornata (2012) dei giudizi di idoneità a professore associato, di avere conseguito l’idoneità nel settore concorsuale 12/A1 –Diritto privato e di essere quindi uno dei controinteressati pretermessi al ricorso proposto davanti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio dal prof. Giovanni Bruno il quale, nella medesima selezione, non è stato giudicato idoneo, espone anzitutto che con la sentenza n. 11122 del 2014 il Tar del Lazio ha accolto il ricorso del prof. Bruno contro il giudizio di non idoneità espresso nei suoi confronti dalla Commissione.

    Il giudice di primo grado ha considerato fondato il terzo motivo proposto, con il quale era stata contestata la legittimità della composizione della Commissione che vedeva la presenza, come commissario straniero, di un docente spagnolo ascrivibile però ad altro settore scientifico disciplinare, in quanto docente di derecho mercantil (diritto commerciale).

    La sentenza non ha previsto la caducazione di tutta la procedura del 2012 –prima tornata, relativa alla cattedra di Diritto privato.

    Ha stabilito soltanto la rinnovazione del giudizio emesso nei riguardi del Bruno, ad opera di una diversa Commissione regolarmente formata, con il compito di rivalutare la posizione del solo ricorrente, e con assorbimento degli altri motivi.

    2. Non pago del risultato ottenuto il prof. Bruno ha impugnato la sentenza, chiedendone la riforma, nella parte in cui l’annullamento giurisdizionale ha colpito solo il giudizio espresso nei suoi confronti, anziché caducare l’intera procedura abilitativa del 2012.

    Con la sentenza n. 1071 del 3 febbraio -4 marzo 2015 questa Sezione ha accolto l’appello e ha annullato la sentenza impugnata con rinvio degli atti di causa al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 105 del cod. proc. amm., poiché la sentenza del Tar era stata pronunciata a contraddittorio non integro, essendo stato evocato in giudizio soltanto uno dei soggetti controinteressati.

    In particolare, nella motivazione della decisione questo Consiglio ha considerato che la sentenza impugnata, pur a fronte di un vizio caducatorio dell’intera procedura, ha in modo censurabile limitato l’obbligo di conformazione gravante sull’Amministrazione alla sola posizione del prof. Bruno, anziché far rivalutare da una nuova Commissione, legittimamente composta, la posizione di tutti i partecipanti, idonei e non, alla procedura abilitativa del 2012.

    La Sezione ha giudicato la censura di primo grado, afferente la composizione della Commissione, palesemente fondata e da accogliere per le medesime ragioni divisate dai primi giudici ma, trattandosi di un vizio genetico dell’organo valutatore, gli effetti caducatori dello stesso non possono essere limitati alla posizione del solo ricorrente originario, investendo anche la posizione di tutti gli altri partecipanti alla medesima procedura abilitativa (dichiarati idonei ovvero non idonei all’esito della stessa).

    La sentenza di primo grado ha quindi errato nel limitare alla sola posizione del ricorrente e poi appellante gli obblighi di conformazione da parte della diversa Commissione, regolarmente formata.

    Il Tar avrebbe dovuto disporre che la nuova Commissione rivalutasse le posizioni di tutti i partecipanti alla prima tornata dei giudizi di idoneità.

    La decisione di appello ha considerato, tuttavia, che la sentenza di primo grado è stata pronunciata a contraddittorio non integro, essendo stato evocato in giudizio uno solo dei controinteressati (come risultadall’epigrafe della impugnata sentenza).

    La non integrità del contraddittorio, unitamente all’obbligo di conformazione erga omnes riferito alla decisione da assumere in esito alla rinnovazione del giudizio, impongono la rimessione della causa al giudice di primo grado ex art. 105, comma 1, del cod. proc. amm. , previo annullamento della sentenza impugnata.

    La sentenza aggiunge che il giudice di primo grado, previa integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i partecipanti alla prima tornata (2012), adotterà sentenza di merito (se del caso) di accoglimento del ricorso di primo grado per le medesime assorbenti ragioni già indicate nella motivazione della impugnata sentenza, ma senza in questo caso limitarne gli effetti soggettivi alla originaria parte ricorrente (risultando ragionevole, in considerazione della natura del vizio integralmente caducatorio dedotto, la rinnovazione delle operazioni valutative in confronto di tutti i partecipanti della tornata 2012 della abilitazione).

    In sentenza si prosegue affermando che, data la portata conformativa della decisione di primo grado, appare opportuno che l’Amministrazione universitaria si astenga medio tempore dal far luogo a chiamate in servizio dei soggetti che risultano idonei nella graduatoria di cui alla tornata della procedura abilitativa del 2012, salva ogni ulteriore determinazione dell’Amministrazione universitaria (ivi compreso l’auspicabile esercizio di un’autotutela in annullamento dell’intera tornata abilitativa del 2012, alla stessa stregua di quanto già fatto in relazione alla tornata del 2013).

    3.Quale controinteressato pretermesso Pietro Virgadamo, come detto dichiarato idoneo nella tornata del 2012, si è opposto ex art. 108 cod. proc. amm. alla sentenza d’appello deducendo, sotto due profili distinti, violazione dell’art. 76, comma 4, del cod. proc. amm. e dell’art. 276, comma 2, del cod. proc. civ. – violazione dei princìpi che vincolano il giudice nell’ordine di esame delle questioni.

    Sub I) l’opponente rileva di non avere ragione di dolersi della sentenza impugnata se questa, preso atto della disintegrità del contraddittorio, in relazione alla censura dedotta in primo grado dal ricorrente e al suo accoglimento da parte del Tar, si fosse limitata a rimettere la causa al primo giudice.

    Senonché la Sezione ha ritenuto di premettere alla statuizione conclusiva, fondata sulla constatata disintegrità del contraddittorio (rispetto a tutti i partecipanti alla prima tornata), una valutazione sul merito del ricorso (e quindi sul merito della sentenza del Tar).

    Bene avrebbe fatto il Tar, secondo la Sezione, ad annullare il giudizio viziato dalla composizione illegittima della Commissione.

    Male ha fatto invece a circoscrivere gli effetti dell’accoglimento alla sola posizione del ricorrente Bruno, anziché estenderli erga omnes.

    La sentenza del giudice del rinvio è già scritta.

    Ad avviso dell’opponente, per la Sezione il Tar deve confermare la pronuncia già emessa e annullare le operazioni valutative per vizio di composizione della Commissione. Deve tuttavia estendere gli effetti della sentenza a tutti i partecipanti alla tornata, idonei e non, anziché limitare detti effetti al solo ricorrente: sul presupposto, ovviamente, che il contraddittorio sia integrato nei confronti di tutti costoro.

    Per l’opponente, in questo ragionamento si coglie l’inversione della regola, consacrata nel processo civile dall’art. 276, comma 4, del cod. proc. civ. , al quale l’art. 76, comma 4, del cod. proc. amm. rinvia, secondo la quale le questioni di merito possono essere affrontate solo se le questioni pregiudiziali sono risolte in senso positivo: ma se una di queste, tra le quali vi è l’integrità del contraddittorio, viene risolta in senso negativo, l’esame del merito è precluso, sicché, nel caso qui in esame, la Sezione avrebbe dovuto limitarsi a statuire sulla questione pregiudiziale inerente alla (non) integrità del contraddittorio esimendosi dall’affermare che il giudice di primo grado, previa integrazione del contraddittorio nei riguardi di tutti i partecipanti alla procedura, adotterà sentenza di merito (se del caso) di accoglimento del ricorso di primo grado.

    L’opponente ritiene che la Sezione, una volta accertata la non integrità del contraddittorio, determinata dalla natura del motivo dedotto, che investiva il complesso delle operazioni della Commissione giudicatrice, a partire dal primo verbale, avrebbe dovuto limitarsi ad annullare la sentenza e a rimettere la questione al primo giudice affinchè quest’ultimo, integrato il contraddittorio nei confronti di tutti i partecipanti alla prima tornata, decidesse secondo giustizia anche eventualmente in senso opposto a quanto statuito nel 2014, sulla base delle difese dei controinteressati che in prima battuta erano stati pretermessi.

    In realtà la Sezione si è spinta oltre, impartendo prescrizioni non solo al primo giudice ma anche ai singoli Atenei e al MIUR.

    Di qui la richiesta di annullamento della sentenza n. 1071/2015 per non essersi il giudice d’appello limitato a riformare la sentenza del Tar prendendo atto della disintegrità del contraddittorio, con rimessione della causa al primo giudice senza entrate nel merito (e per avere la Sezione statuito che il giudice di primo grado adotterà una sentenza di merito (se del caso) di accoglimento del ricorso di primo grado per le medesime assorbenti ragioni –relative all’illegittima composizione della Commissione giudicatrice- già indicate nella sentenza impugnata).

    Sub II) l’opponente, muovendo dall’assunto per cui, quando questioni pregiudiziali rilevabili d’ufficio sono più d’una, la giurisprudenza è orientata a dare la precedenza alla questione di più rapida soluzione, criterio questo che il giudice amministrativo segue in modo coerente quando prescinde, nei casi di evidente infondatezza del ricorso nel merito, dalle questioni processuali di una certa complessità, rileva che, a questa stregua, la Sezione avrebbe dovuto affrontare, prima della questione della disintegrità del contraddittorio, la questione, anch’essa pregiudiziale, dell’interesse del prof. Bruno ad appellare.

    Se ciò fosse avvenuto, l’appello avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per carenza d’interesse.

    Il ricorso di primo grado si concludeva infatti con una richiesta in via principale di rinnovazione della valutazione della posizione del ricorrente ai fini della procedura di abilitazione, da parte di una diversa Commissione. Solo in via subordinata era stata chiesta la complessiva riedizione della procedura del 2012 in ragione dei vizi demolitori denunciati.

    Poiché il Tar ha accolto la domanda principale, l’appellante e odierno opposto non aveva alcun interesse ad appellare la sentenza riproponendo la domanda subordinata, sicché il giudice d’appello avrebbe dovuto dichiarare l’appello inammissibile per carenza d’interesse.

    Il prof. Bruno non si è costituito, il MIUR ha svolto una difesa di mera forma, l’esecutività della sentenza impugnata è stata sospesa dalla Sezione con ordinanza n. 2700 del 2015 e, dopo che in prossimità dell’udienza di discussione del ricorso l’opponente ha presentato una densa memoria illustrativa della propria posizione, all’udienza del 3 dicembre 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

    4. L’impugnazione del prof. Virgadamo, il quale ha interesse a opporsi alla sentenza di questa Sezione n. 1071/2015, emessa a conclusione di un giudizio al quale l’opponente, non intimato, era rimasto estraneo, e con la quale è stata prefigurata la rinnovazione delle operazioni valutative nei riguardi di tutti i partecipanti alla tornata 2012, così pregiudicando in modo significativo la posizione del Virgadamo stesso, giudicato idoneo, nella prima tornata (2012), nel settore concorsuale Diritto privato, è fondata e va accolta.

    Per l’effetto la sentenza citata va annullata dato che l’appello del prof. Bruno avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per carenza d’interesse.

    Coglie infatti nel segno l’opponente laddove rileva che:

    -il prof. Bruno, con il ricorso di primo grado, aveva chiesto l’annullamento degli atti impugnati con la rinnovazione della valutazione della posizionedel ricorrente, e aveva domandato anche, in via subordinata, la complessiva riedizione della stessa (valutazione) in ragione dei vizidemolitori sollevati, così operando una graduazione delle domande (su cui v. Cons. Stato, Ad. plen. n. 5 del 2015, p. 8.1. –nozione di graduazione, nella parte in cui si chiarisce che la graduazione dei motivi o delle domande diventa un limite al dovere del giudice di pronunciare per intero sopra di esse e che la graduazione impedisce al giudice di passare all’esame dei motivi subordinati poiché tale volizione equivale a una dichiarazione di carenza di interesse alla loro coltivazione una volta accolta una o più delle doglianze preminenti);

    -la sentenza di primo grado, avendo accolto la domanda principale del prof. Bruno e giudicato fondato il motivo basato sulla composizione illegittima della Commissione giudicatrice, ha disposto in modo corretto che la posizione dell’interessato debba essere riesaminata da parte di una Commissione in diversa composizione, e ciò anche e proprio perché la richiesta di una complessiva riedizione della valutazione, nei confronti di tutti i partecipanti al giudizio d’idoneità della prima tornata (2012) nel settore concorsuale 12/A1 –Diritto privato era stata formulata dal Bruno solo in via subordinata;

    -se il giudice di primo grado ha accolto la domanda principale, il ricorrente non aveva interesse a proporre in appello la domanda subordinata: facendo questo, l’appello è inammissibile per carenza d’interesse;

    -a questo punto entra in gioco un’altra regola, enucleabile dal combinato disposto degli artt. 76, co. 4, c.p.a. e 276, co. 2, c.p.c., che impone di risolvere le questioni processuali e di merito secondo l’ordine logico loro proprio, assumendo come prioritaria la definizione di quelle di rito rispetto a quelle di merito, e fra le prime la priorità dell’accertamento della ricorrenza dei presupposti processuali (nell’ordine, giurisdizione, competenza, capacità delle parti, ius postulandi, ricevibilità, contraddittorio, estinzione), rispetto alle condizioni dell’azione (v. Cons. Stato, Ad. plen. , . 9/2014, p. 8.1.);

    -l’ordine di esame delle questioni pregiudiziali di rito non rientra nella disponibilità delle parti;

    -quando questioni pregiudiziali rilevabili d’ufficio sono più d’una, in linea di principio va data la precedenza alla questione di più agevole soluzione, vale a dire a quella che consente il percorso logico più breve;

    -non rientra però nella disponibilità del giudice anteporre l’esame del merito alle questioni pregiudiziali o accogliere la domanda di merito senza il previo esame delle pregiudiziali che precluderebbero, se plausibili, l’esame del merito;

    -nel caso qui in esame la Sezione è invece entrata nel merito, giudicando fondato il motivo del ricorso di primo grado relativo all’asserita irregolarità della composizione della Commissione giudicatrice e affermando inoltre che, in ragione della natura del vizio denunciato, il riesercizio del potere amministrativo doveva investire le posizioni di tutti i partecipanti alla prima tornata, e quindi il contraddittorio avrebbe dovuto essere esteso a tutti i partecipanti alla procedura per il 2012;

    -senonchè, posto che l’appellante si era visto accolta la domanda principale, e non aveva quindi alcun interesse a vedere esaminata la domanda avanzata in via subordinata, inerente alla rinnovazione del giudizio sull’idoneità nei riguardi di tutti i partecipanti, l’appello avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per carenza d’interesse mancando il presupposto indefettibile di ogni appello che è la soccombenza.

    Da ciò discende, assorbito ogni altro motivo d’impugnazione, l’accoglimento del ricorso e, per l’effetto, l’annullamento della sentenza e la dichiarazione d’inammissibilità dell’appello.

    Le singolarità delle questioni esaminate giustificano in via eccezionale la compensazione delle spese del grado di giudizio tra le parti.

    P.Q.M.

    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta),

    definitivamente pronunciando sull’impugnazione, come in epigrafe proposta, l’accoglie e, per l’effetto, previo annullamento della sentenza impugnata, dichiara inammissibile l’appello del prof. Giovanni Bruno.

    Spese compensate.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

    Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2015 con l’intervento dei magistrati:

    Stefano Baccarini, Presidente

    Roberto Giovagnoli, Consigliere

    Andrea Pannone, Consigliere

    Vincenzo Lopilato, Consigliere

    Marco Buricelli, Consigliere, Estensore

    L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

    DEPOSITATA IN SEGRETERIA

    Il 04/01/2016

    IL SEGRETARIO

    (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

    Come mai,non vorrei sbagliarmi,nè la stampa nè ROARS hanno commentato?
    Ormai è sempre più difficile distinguere ciò che è giusto da ciò che giusto non è.

    • Perché è del 4 gennaio e non sapevo ancora della sentenza. A quanto pare la querelle su diritto privato si è dunque chiusa una volta per tutte (almeno per quanto riguarda gli abilitati). Grazie per la segnalazione.

  2. Commento io cara “domenica”, lascerei stare le categorie del giusto e dell’ingiusto, che sempre più latitano nella nostra giustizia.
    Direi semplicemente che è “meraviglioso” che oggi ci siano gli abilitati di diritto privato da una commissione legittima (ancorché costituita da professori che allegano pubblicazioni effettuate con mondadori) e abilitati di diritto privato da una commissione illegittima.
    Il tutto giustifica il peggio che si possa dire del nostro settore, ridotto ormai ad un refugium peccatorum che fa tremare e rattrista chi un giorno se ne innamorò. Contenta tu, contenti tutti!

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