«L’esercizio di valutazione è il più grande nel suo genere finora realizzato nel mondo»: questo diceva il comunicato stampa diffuso dall’ANVUR il 17 luglio dell’anno scorso in occasione della pubblicazione degli esiti della VQR. Per replicare a il Giornale che ha definito l’ANVUR “un ente inutile che regala stipendi d’oro“, Fantoni rispolvera le dimensioni della VQR, ma abbassa il tiro definendola «la più grande operazione di valutazione della ricerca mai portata a termine in Europa». Ma qual è la verità: la più grande nel mondo o solo in Europa? O nessuna delle due? Ah, dimenticavamo: Fantoni rivendica anche i «profondi effetti positivi sul nostro sistema universitario» che ne sarebbero seguiti, una rivendicazione che, alla luce delle gravi falle tecniche messe in evidenza da Roars, potrebbe essere persino meno credibile del vanto sulle dimensioni.
Il presidente dell’ANVUR Stefano Fantoni ha replicato all’articolo de Il Giornale che il 18 giugno definiva “un ente inutile che regala stipendi d’oro” con una lettera che ci dà l’occasione di riprendere una questione che la scorsa estate ci sembrò di secondaria importanza, rispetto alla priorità di mostrare le incongruenze delle classifiche VQR.
Fantoni nella sua lettera sostiene che
“l’ANVUR ha condotto la più grande operazione di valutazione della ricerca mai portata a termine in Europa”.
Tale affermazione già ridimensiona le iperboliche affermazioni che accompagnarono l’uscita della VQR. Nel comunicato stampa diffuso il 16 luglio 2013 si leggeva infatti:
“L’esercizio di valutazione è il più grande nel suo genere finora realizzato nel mondo”
Nell’infografica che accompagnò la presentazione si spiegava:
Si tratta del più grande esercizio di valutazione del ricerca nel suo genere mai realizzato a livello internazionale: la VQR ha valutato la qualità della ricerca di 133 strutture, analizzando quasi 200.00 prodotti
Ovviamente, come si può vedere dalla rassegna in calce a questo post, la notizia passò senza che nessuno si prendesse la briga di controllarla su Sole24Ore, La Repubblica, Le Scienze; Il Corriere dell’Università, e fu rilanciata dal Gruppo 2003.
Ora Fantoni afferma che la VQR non è stata la più grande del mondo, ma solo d’Europa. Ma è vero?
Purtroppo no. E’ molto facile mostrarlo: basta trovare un esercizio di valutazione, precedente la VQR, di dimensioni maggiori. Presto fatto: il RAE2008 cioè l’esercizio di valutazione inglese condotto dall’HEFCE nel 2008 ha valutato un numero maggiore di strutture, un numero maggiore di lavori di ricerca, utilizzando per tutti la peer review.
Ecco la tabella che lo dimostra:
Dunque il REF2008 valutò in peer review 215.657 lavori di ricerca conto i 184.878 della VQR; per la precisione il REF2008 sopravanza la VQR di 30.779 o, detto in altro modo, la VQR ha valutato circa il 15% di prodotti in meno del REF2008.
Il REF2008 ha valutato 159 Higher Education Instituions (p. 3 http://www.rae.ac.uk/results/outstore/RAEOutcomeFull.pdf) contro le 133 strutture valutate nella VQR. Quindi anche in questo caso, REF2008 è più grande della VQR.
Quindi nessun record di cui vantarsi e di cui far parlare i giornali.
* Dati stimati da http://www.rae.ac.uk/panels/members/ ** Tabella 3.3 rapporto finale VQR
APPENDICE. Come la stampa italiana ha controllato il comunicato stampa di ANVUR.
Il fatto che sia più o meno grande del RAE/REF inglese conclude i paragoni con l’Europa: gli altri Paesi non fanno esercizi di valutazione di quel tipo perché non sono appropriati ai rispettivi sistemi universitari e non sono consoni con le rispettive politiche nazionali.
Fantoni farebbe piuttosto meglio a chiedersi se:
1) il VQR è stato fatto bene;
2) se è adeguato rispetto al quadro politico-giuridico in vigore per il sistema universitario italiano.
Soprattutto se lo dovrebbero chiedere i responsabili politici e la stessa comunità accademica.
Caro Renzo mi sembrano domande troppo complicate, la cosa è più semplice: bisogna valutare per introdurre il merito e stanare i fannulloni e qualsiasi cosa è meglio di niente. Infatti fino ad ora non c’è stata meritocrazia, la gente è stata tutta nominata dai baroni ma il futuro luminoso è ora alle porte. Ecco lo ha pure spiegato il Ministro Gelmini non ho capito cosa andate cercando.
Avrei un suggerimento:
bene impegnarsi nella “politica della ricerca” ma è anche importante concentrarsi su una attività lavorativa che produca reddito.
Leggetevi anche cosa afferma Valditara sul suo blog de “il fatto quotidiano”. Di nuovo la bufala del 40% di improduttivi.
D’altronde dal relatore della legge Gelmini non ci si aspetta di più se non tutto il campionario che ha accompagnato la retorica che ben conosciamo, sempre e comunque senza alcun riferimento ad un dato controllabile.
Comunque sia, non era necessario fare la VQR per scoprire gli “improduttivi” – su questo non ci piove.
Diciamo che a parlare (bene o male) di classifiche di produttività sono spesso “improduttivi europeisti” e “improduttivi anglofili”.
Queste persone, avendo ricevuto (spesso una sola volta) un mandato di rappresentanza, si sentono “classe dirigente” e quindi al di sopra della “massa che deve produrre”.
Il che va bene, se hanno comunque di che vivere, altrimenti sarebbe meglio si trovassero un lavoro con un reddito digitoso, prima di disquisire sulla “massa che deve produrre”.
“Infatti fino ad ora non c’è stata meritocrazia, la gente è stata tutta nominata dai baroni”: ministro ed ex ministri compresi, vero?, oppure loro sono l’eccezione alla regola, sono nelle sfere superiori dei giusti?
Ministro e CRUI: http://www.unica.it/pub/7/show.jsp?id=26379&iso=-2&is=7
ovviamente l’eccezione ;-)
Beh, nel caso specifico di ;-) direi che non ci sono dubbi.
Nell’alba dubitante ho avuto un sogno. So che nel sogno c’erano più istituzioni, il resto l’ho perduto. No, ora mi ricordo di questo sogno, un brutto sogno premonitore. Un giorno, quando i Valutatori e i Miglioratori della Qualità avranno conquistato TUTTO il mondo [Nota 1], armati delle loro Teorie Astratte (mutuate, in ben due decenni di “dibattito scientifico”, dalle pratiche usate per migliorare la qualità dei bulloni), si scoprirà che in queste Agenzie Indipendenti, che lavoreranno (gratis?) per migliorare e misurare la Qualità, si saranno create delle sacche di “improduttivi” (qualcuno già teme che saranno il quaranta per cento), e saremo costretti a mettere in piedi (di tasca nostra) delle nuove agenzie, per il controllo delle prime …
Tutto questo ricorda l’argomento del terzo uomo, e mostra quanto sia erronea la tendenza a separare dagli Enti Istituzionali la Valutazione del Processo di Miglioramento della loro Qualità (concependo cioè tale Valutazione come se fosse una Istituzione essa stessa) …
Aristotele, infatti, conclude che una tale moltiplicazione degli enti rivela l’inefficacia di una teoria che postuli una tale separazione ..
[Nota 1] Segnalo questa interessante pubblicazione, pubblicata a cura della Banca Mondiale, che, come tutti sanno, ha sempre mostrato un sincero, profondo, efficace interesse per la crescita culturale e sociale dei paesi africani:
“Higher Education Quality Assurance in Sub-Saharan Africa: Status, Challenges, Opportunities, and Promising Practices” (World Bank Working Papers), a cura di Peter Nicolas Materu.
Ricorda qualcosa? A me ricorda il fatto che all’improvviso è diventato essenziale fare didattica usando le “lavagne interattive multimediali” (quando gli edifici scolastici crollano).
Le industrie, come i geni, e come i memi, tendono per natura a propagarsi, anche a costo di sopraffare tutte le altre.
All’industria delle “Lavagne Interattive Multimediali” non interessa se gli edifici scolastici siano solidi o meno.
L’industria che si ispira alla “cultura della valutazione e della qualità”, con metodi doverosamente quantitativi (sic! metodi mutuati dai processi manifatturieri usati nella produzione di bulloni) vorrebbe anch’essa conquistare il mondo. Mi auguro che il potere legislativo e la società civile le saprà resistere. La resistenza inizia anche dalla resistenza alla loro propaganda.
L’industria che si ispira alla “cultura della valutazione e della qualità” non lo fa con metodi “doverosamente quantitativi”, come cerchi di ribadire qui, caro Di Biase. Se è seria, lo fa con metodi che ha affinato lungo decenni e che – per l’appunto – prevedono una diffusa dimestichezza con la cultura che essa stessa promuove.
Per questo in un Paese come l’Italia chi critica l’ANVUR pretendendo il rispetto di un minimo di ragioni di quella cultura non viene compreso.
Chi critica l’ANVUR è schierato con le “sirene del male” che si oppongono alla valutazione.
Sono tre anni di “muro di gomma”: ogni critica, anche la più circostanziata, rimbalza accompagnata da frasi fatte del tipo “meglio una cattiva valutazione che nessuna valutazione”, “ANVUR non potuto fare altro”, la necessità di fare presto per riallinearci al resto del mondo (che va in tutt’altra direzione), lo scaricabarile su norme legislative e regolamenti ministeriali (come se il DM 76 non avesse fattto proprie le folli raccomandazioni medianiche che tutti possono leggere negli antecedenti documenti ANVUR), etc.
“Stiamo lavorando per voi. Non disturbate il manovratore”: questa potrebbe essere una buona sintesi.
Il problema è che così non funziona (nemmeno se il manovratore fosse esperto) e che inoltre i nostri manovratori (principescamente retribuiti) hanno dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio di essere tecnicamente ed eticamente inadeguati al ruolo che ricoprono.
Tecnicamente inadeguati perchè hanno insistito nel perseguire e difendere scelte senza un capo e una coda dopo essere stati pubblicamente avvertiti che stavano correndo verso il baratro. A fronte degli esiti, l’apologia anvuriana non può che fondarsi sul travisamento (le “riviste pazze”: colpa dei docenti che caricano pubblicazioni non scientifiche sulla loro pagina CINECA, https://www.roars.it/fedele-alla-linea/), la minimizzazione e l’omissione.
Inadeguati dal punto di vista etico perchè rilasciano dichiarazioni che travalicano il loro ruolo (“e alcune sedi dovranno essere chiuse”, disse Benedetto senza essere mai più smentito o censurato dai colleghi del direttivo) oppure tollerano che i loro collaboratori invochino una valutazione a base di mobbing e zombizzazioni (https://www.roars.it/mobbing-colleghi-da-zombizzare-e-giustizia-sommaria-le-abilitazioni-secondo-un-esperto-dellanvur/). Queste dichiarazioni degne di un B-movie sono state denunciate ufficialmente come in contrasto con il Codice Etico dell’Agenzia, la quale era tenuta (in base allo stesso Codice) a prendere in esame la denuncia per accertare la possibile violazione. Di tutto ciò si sono perse le tracce.
Quale credibilità dopo tutto questo?
Tutto giusto, caro Giuseppe. Non si era fatto i conti con l’ignavia tecnica ed etica della stessa comunità valutanda, che pertanto riesce a consentire e tollerare quello che sta accadendo.
Quando 2 Ministri Rettori (e un’intera Conferenza di Rettori) non sanno nemmeno che non si può “rinormalizzare” una serie di voti “criterion-based” eventualmente attribuiti male in origine (cfr.: Maturità, VQR sulle Aree), bisogna solo dichiarare Game Over, ed eventualmente provare a scrivere un libricino di “Matematica per Ministri dell’Istruzione”.
Grazie Renzo. Io sono sinceramente turbato dalla vicenda del bonus maturità. Mi sembrava ovvio che i voti non fossero rinormalizzabili mediante dei bonus che fossero “percentile-based”. Per capirlo, bastano elementari nozioni di matematica e statistica (ma forse anche solo di logica). Possibile che al MIUR non ci arrivassero? Alla fine ci è voluta la dimostrazione pratica delle assurdità che ne derivavano (mio figlio Pietro ha scaricato tutti i risultati di maturità ed ha calcolato i bonus per i diversi indirizzi di scuola):
https://www.roars.it/bonus-maturita-un-86-al-professionale-vale-di-piu-di-un-92-al-classico/
Mi ha ricordato un esempio di Lucio Russo (Segmenti e bastoncini) quando racconta la differenza tra dimostrare attraverso i passaggi di un teorema che la somma di due lati di un triangolo è sempre maggiore del terzo lato e “visualizzare” il risultato mediante bastoncini di legno. Ecco, per convincere ministri, rettori, dirigenti ministeriali, sedicenti esperti tocca ricorrere sistematicamente ai “bastoncini”, come se la capacità di ragionamento logico fosse irreparabilmente evaporata. Oppure, capiscono benissimo ma ritengono che il paziente non meriti niente di meglio di intrugli inefficaci e anche dannosi.
Inutile dire che anche le mediane e la penosa vicenda della rinormalizzazione dei voti VQR appartengono alla stessa categoria:
https://www.roars.it/laudace-standardizzazione-crui-dei-voti-vqr-se-la-conosci-la-eviti/
Se è lecito un paragone con l’ambito farmacologico, siamo nelle mani dei Di Bella e dei Vannoni.
Resistere e svergognarli. Tra l’altro questo inarrestabile processo qualitativo ha avuto tra i suoi effetti quello di abbassare ovunque la qualità della didattica e della ricerca.
Ecco. Fantoni sarà anche un grande scienziato e ci può stare, ma, a parte il fatto che un grande scienziato può non essere un grande dirigente, quello che allora appare ridicolo è insistere nel difendere valutazioni che si sono rivelate, attraverso proprio rigorose dimostrazioni scientifiche e logiche, supportate da argomentazioni difficilmente confutabili, gravemente fallaci. Arrivando perfino a definire tali dimostrazioni critiche come “sirene del male”, invece di ammettere umilmente e di fronte a colleghi, ovviamente non stupidi, di aver mancato.
Ma, certo, se si lancia con l’ASN il messaggio che per essere docente in Italia bisogna essere meglio del 50% dei docenti attuali, infangando il lavoro onesto di tanti, questa grande considerazione per il parere dei colleghi non deve esserci.
L’accreditamento dei corsi di dottorato, poi, visti i numeri continuamente decrescenti dei dottorandi e quelli ancora più poveri del loro effettivo impiego soprattutto nell’università, oltre ad essere anch’esso un esercizio fallace (ancora la VQR per i docenti ammessi nei collegi, ad esempio) ricorda molto da vicino la Maria Antonietta che al popolo affamato voleva dare le brioche.
E Maria Antonietta non era neanche una grande scienziata.
“se si lancia con l’ASN il messaggio che per essere docente in Italia bisogna essere meglio del 50% dei docenti attuali,”
In realtà significativamente più del 50%, dal momento che le mediane sono state calcolate in maniera indipendente, mentre ai candidati è richiesto il superamento congiunto
Vero. Perché la regola è di superarne almeno due contemporaneamente (quando non tre, per alcune commissioni).
Quindi il messaggio è peggiore del previsto, e ingiusto per chi è già docente e per chi deve diventarlo o avanzare.
Non so se la vqr sia l’esercizio “più grande nel suo genere”, nel mondo, in Europa o nel quartiere. Non ho capito quale criterio è stato usato.
Se è d’aiuto alla conversazione, un criterio non menzionato nell’articolo è il numero di soggetti valutati. Nel caso della vqr sarebbero stati valutati 61.822 soggetti di ruolo, di cui 54.960 presso le università.
Nella RAE2008 il numero di soggetti valutati è di circa 52.000 fte (anche lì i ricercatori valutati erano solo quelli con contratto a tempo indeterminato).
===
I dati sui soggetti valutati della vqr sono
http://www.anvur.org/rapporto/tabelle/tabella2.13.html
I dati di dettaglio sui ricercatori valutati nel rae08 nelle varie aree sono in questa appendice
http://www.rae.ac.uk/results/outstore/RAEOutcomeAnnexes.pdf
oppure in sintesi
http://www.rae.ac.uk/results/outstore/RAEOutcomeAE.pdf
Argomento inconsistente: nella VQR si valutano i prodotti ad uno ad uno e vengono assemblate queste valutazioni per ottenere i voti delle strutture. Il numero dei soggetti valutati non ha pertanto rilevanza perchè il carico di lavoro dipende in modo lineare dal numero dei prodotti. Tra l’altro, tra gli scopi della VQR non c’è mai stata la valutazione dei soggetti (“Last but not least, l’ANVUR sottolinea che i risultati della VQR non possono e non devono essere utilizzati per valutare i singoli soggetti” Rapporto finale VQR, p. 9). Sarebbe paradossale che, dopo aver ripetuto in tutte le salse che non è in gioco la valutazione dei soggetti, il numero dei soggetti coinvolti diventasse il parametro su cui fondare le comparazioni dimensionali.
Va anche detto che una percentuale elevata dei prodotti della VQR è stata valutata automaticamente tramite i quadrati bibliometrici, rendendo ancora più lontano dal vero il proclama della’ANVUR relativamente all’esercizio più grande in Europa, nel mondo (o nella galassia).
tecnicamente non è un “[A]rgomento inconsistente”, perché non era un argomento né vi era alcun intento di asserire alcunché. Un esempio di argomento sarebbe stato, ad esempio: contrariamente a quanto comunemente si crede, ci sono più ricercatori universitari di ruolo in Italia che in Gran Bretagna. Infatti, considerando le ultime valutazioni della ricerca condotte sui ricercatori di ruolo nei rispettivi paesi, il numero di ricercatori valutati in Italia è stato più elevato, cioé It>Uk. [NB: è solo un esempio di argomento]
===
Per quanto riguarda la validità segnaletica del dato, mettiamola così: ha creato intralci burocratici a un numero più elevato di soggetti tale da essere “un esercizio unico nel suo genere”.
“considerando le ultime valutazioni della ricerca condotte sui ricercatori di ruolo nei rispettivi paesi, il numero di ricercatori valutati in Italia è stato più elevato, c”
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È noto che, a differenza della VQR italiana, nel RAE non è obbligatorio sottoporre a valutazione tutti i ricercatori. Cito un interessante commento di Gianni De Fraja:
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“Le regole del RAE permettevano di scegliere che professori sottoporre alla valutazione, e Leicester aveva adottato una politica inclusiva, sottoponendo (quasi) tutti; altre universita’, invece, avevano sottoposto solo i migliori. Il finanziamento, pero’ si basava sul numero di professori sottoposti, quindi sottoporre un professore “debole” riduce si’ la media per persona, ma aumentando il numero di persone, a Leicester aveva aumentato il finanziamento complessivo. ”
https://www.roars.it/lanvur-la-classifica-degli-atenei-della-vqr-e-la-legge-dellimbuto/comment-page-1/#comment-14237
Caro Lovecchio, andiamo piano a lanciare le solite bufale. In UK gli Accademici (a Tempo Indeterminato + Tempo Determinato tipo i Research Assistants) sono 185.535.
https://www.hesa.ac.uk/
Quanti sarebbero in Italia secondo Lei?
emmenomale che avevo riportato tra parentesi un NB di avvertimento che era “solo un esempio di argomento” e non un argomento. Non volevo aprire una discussione su quello, anzi dapprima volevo fare un esempio con StarTrek ma poi me scappato quello. Sorry.
@Rubele: vale il NB, comunque il numero di accademici (e non di ricercatori, spero apprezzi la differenza) in “full-time equivalent” è secondo i dati raccolti e pubblicati da Eurostat nel 2012 di 99.221 per l’Italia e di 99.612 per la Gran Bretagna. Negli anni precedenti, ad esempio il 2009, i numeri erano 110.314 e 105.684, rispettivamente. E così più o meno anche negli anni precedenti. Spero ciò risponda alla sua domanda e la rassereni sulle “solite bufale”.
Fonte Eurostat: http://appsso.eurostat.ec.europa.eu/nui/show.do?query=BOOKMARK_DS-051858_QID_-7BB6726B_UID_-3F171EB0&layout=TIME,C,X,0;GEO,L,Y,0;SEX,L,Z,0;WORKTIME,L,Z,1;ISCED97,L,Z,2;INDICATORS,C,Z,3;&zSelection=DS-051858WORKTIME,TOT_FTU;DS-051858SEX,T;DS-051858INDICATORS,OBS_FLAG;DS-051858ISCED97,TOTAL;&rankName1=SEX_1_2_-1_2&rankName2=ISCED97_1_2_-1_2&rankName3=WORKTIME_1_2_-1_2&rankName4=INDICATORS_1_2_-1_2&rankName5=TIME_1_0_0_0&rankName6=GEO_1_2_0_1&sortC=ASC_-1_FIRST&rStp=&cStp=&rDCh=&cDCh=&rDM=true&cDM=true&footnes=false&empty=false&wai=false&time_mode=ROLLING&time_most_recent=false&lang=EN&cfo=%23%23%23%2C%23%23%23.%23%23%23
Allora visto che è solo un esempio di argomento non ne facciamo una storia lunga, e do’ anch’io ulteriori riferimenti per chi è interessato ad approfondire sul Regno Unito. La HESA è indubitabilmente il fornitore di informazioni più completo, sicché anche per lo staff si trovano tutti i dati per anno
https://www.hesa.ac.uk/index.php?option=com_pubs&task=show_pub_detail&pubid=1717&Itemid=286
e in particolare in tabelle come “Staff FTE by activity, academic grade and HE institution”.
La tabella 2007/08 è scaricabile gratuitamente. Ecco i numeri:

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Vale la pena ricordare un film molto bello, dedicando questa scena a tutte le valutazioni sbagliate e a tutti i valutatori come J. Evans Prichard:
http://youtu.be/s81k8faP_6o
Strappate!!
Grazie, Lilla. Ogni volta che rivedo questa scena mi viene in mente la VQR.

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“Per comprendere appieno la poesia, dobbiamo … poi porci due domande: uno con quanta efficacia sia stato il fine poetico e due, quanto sia importante tale fine. La prima domanda valuta la forma di una poesia, la seconda ne valuta l’importanza. Una volta risposto a queste domande, determinare la grandezza di una poesia, diventa una questione relativamente semplice. Se segniamo la perfezione di una poesia sull’asse orizzontale di un grafico e la sua importanza su quello verticale, sarà sufficiente calcolare l’area totale della poesia per misurarne la grandezza. Un sonetto di Byron può avere valori alti in verticale, ma soltanto medi in orizzontale, un sonetto di Shakespeare avrà, d’altro canto, valori molto alti in orizzontale e in verticale con un’imponente area totale, che, di conseguenza, ne rivela l’autentica grandezza. Procedendo nella lettura di questo libro, esercitatevi in tale metodo di valutazione, crescendo così la vostra capacità di valutare la poesia, aumenterà il vostro godimento e la comprensione della poesia”.
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Basta mettere sull’asse orizzontale “P” la classe della rivista (“la perfezione”) e su quello verticale “I” le citazioni (“l’importanza”) e avete le regole bibliometriche della VQR:
Più grande e più superba che pria, o no (io penso di no), i referee non li hanno pagati.
A mia richiesta, presidenza@anvur.org risponde “…il Presidente dell’ANVUR, Prof. Stefano Fantoni dispiaciuto per l’inconveniente che si sta verificando, comunica che da informazioni assunte risulta che la causa delle problematiche verificatesi per i ritardati pagamenti è collegata all’assegnazione dei fondi da parte del MIUR al CINECA. Il MIUR ha assicurato che il problema sarà risolto entro la fine di questo anno.”
Avendo pubblicato i risultati in luglio 2013, non sarà troppo presto?
@Lovecchio
non so bene cosa indichino le statistiche che hai linkato, ma direi che quelle citate da Renzo e Giuseppe dovrebbero essere più vicine ai numeri dei riercatori accademici.
Sui ricercatori FT, c’è una tabella EuroStat che differenzia gli impiegati nel privato, in istituzioni pubbliche e in università:
http://epp.eurostat.ec.europa.eu/statistics_explained/index.php/File:Researchers_in_full-time_equivalents_(FTE),_by_institutional_sector,_2012_(1)_YB14.png
In Italia si hanno 45200 ricercatori FTE in università e 16700 in enti pubblici, in UK sono 150600 in università e 7600 negli enti pubblici.
Io non intendevo farla lunga su considerazioni comparative, che so essere sempre più complesse del mero dato numerico: mi interessava “prima facie” combattere la diffusione di bufale. Dopodiché, possiamo anche attorcigliarci sul punto fatto notare (ma ci era ben noto) che in UK non tutti gli “accademici” sono anche ricercatori, mentre in Italia sì. Ripeto, ci è ben noto – ed anzi ne facciamo un motivo di polemica contro i soliti noti – che in UK le Università hanno possibilità di fare contratti “teaching-only” con Lecturers, Senior Lecturers, Readers, e perfino con Professors.
Nei Paesi anglosassoni non vige la regola della consustanziazione di ricerca e didattica nello stesso Corpo, il Corpo dell’Accademico.
@Grisan: “non so bene cosa indichino le statistiche che hai linkato, ma direi che quelle citate da Renzo e Giuseppe dovrebbero essere più vicine ai numeri dei riercatori accademici.”
===
1) come dire: non conosco x, ma so che y>x; complimenti!
=
2) Rubele chiedeva di sapere il numero di “accademici” e non dei ricercatori, e le statistiche Eurostat linkate quello riportano in modo confrontabile per molti paesi. Contare le teste non dovrebbe essere un esercizio complicato.
=
3) FYI, i dati sui ricercatori sono determinati andando a chiedere, a campione, a quelli che potenzialmente potrebbero essere ricercatori nelle varie istituzioni quanto tempo dedicano alla ricerca. I metodi di rilevazione non sono omogenei tra paesi, e comunque è una rappresentazione soggettiva per quanto veritiera. Apparentemente dal calcolo dei ricercatori italiani sono stati tenuti fuori assegnisti e dottorandi che da soli in Italia sono oltre 50 mila e in teoria dovrebbero fare solo ricerca. Ma assumiamo che il dato del numero di ricercatori italiani nelle univerità sia meno di un terzo di quelli britannici. Prendendo i dati OECD sulla spesa (Higher Education Expenditure in R&D in $ PPP) e dividendo per il numero di ricercatori in fte risulta che la spesa per ricercatore in Italia sia più che doppia rispetto a quella in UK. Da qui ci si può interrogare in termini di microeconomia elementare: esiste una relazione negativa tra prezzo di un bene (il ricercatore) e la quantità domandata di quel bene?
I dati su spesa e ricercatori possono essere estratti da http://stats.oecd.org/Index.aspx?DataSetCode=MSTI_PUB#
“Apparentemente dal calcolo dei ricercatori italiani sono stati tenuti fuori assegnisti e dottorandi che da soli in Italia sono oltre 50 mila e in teoria dovrebbero fare solo ricerca. ”
Dunque: 15300 + 12338 = 27638. Per arrivare a oltre 50,000 bisogna moltiplicare per 2.
@Sylos Labini, si confonde i dottorandi con i dottorati o le posizioni messe a concorso.
Il numero di dottorandi per l’a.a. 2011/2012 è di 34302 secondo il MIUR (http://statistica.miur.it/scripts/postlaurea/vpostlaurea.asp). Secondo il manuale di frascati si contano i dottarandi, non i dottorati.
Per quanto riguarda gli assegnisti di ricerca e gli altri destinatari di contratti di collaborazione alla ricerca il dato è rilevabile sempre dalle rilevazioni del personale del Miur (statistca.miur.it ovvero http://statistica.miur.it/scripts/PERS/vpers0.asp) che riporta quanto segue per l’anno 2012:
=
assegni di ricerca 20.078 (di cui 1436 dottorandi);
ricercatori con contratto a tempo determinato 2.488;
contratti di prestazione autonoma per programmi di ricerca 8.035;
borse di studio e di ricerca per laureati 3.092.
==
mi sono mantenuto prudente, perché il numero è più alto di 50 mila.
http://statistica.miur.it/scripts/PERS/vpers0.asp
E’ interessante la scelta del Regno Unito per un confronto…
In ogni caso, da noi un assegno di ricerca costa all’Università (in effetti a chi bandisce l’assegno) 23.100 € all’anno, nettamente meno di metà del costo di un ricercatore con (soli) dieci anni di servizio. Il lordo di un dottorando è 13.000 €/anno (non so quanto sia il costo per l’università, ma dovrebbe differire di poco). Parliamo di 1000 netti al mese (nel 2012 un dottorando a TU Delft prendeva -netto- oltre 2000 € al mese: più di me).
Dunque, come detto più volte qui su ROARS la spesa addizionale per i circa 50.000 assegnisti + dottorandi è una piccola frazione del costo del personale strutturato.
P.S. “A chi bandisce l’assegno” vuol dire che, almeno qui da noi a ingegneria, molti assegni sono banditi sui fondi esterni che -benché mediocri italioti, per usare un’espressione favorita del sommo guru amerikano- riusciamo a procurarci anno dopo anno. E sì, stiamo parlando proprio del famigerato “conto terzi” (i.e. contratti di ricerca).
Avevo avvertito del pericolo di una deriva di questo thread, comunque visto che stiamo discutendo, continuiamo.
Siccome conosco bene gli inghippi dati dalla diversità dei sistemi nazionali (e sicuramente questo vale l’Università e la ricerca), mi limitavo a cercare di limitare la diffusione di valutazione frettolose ed erronee.
Cercavo di avvertire che nemmeno negli uffici di statistica si intendono, o possono intendersi, visto che è all’interno di ogni sistema che continuano a potersi organizzare al meglio anche le rilevazioni statistiche – e ciò pure in presenza di convenzioni internazionali assodate.
Per questo è dalla HESA che mi attendo i dati più completi per il Regno Unito, che poi sono in grado di valutare criticamente secondo le necessità.
Ad esempio, per citare le vostre ultime discussioni, è noto che i dottorandi *non sono Accademici*, né in Italia né in UK, benché siano “ricercatori in fase iniziale” secondo delle “loose definitions” valide a livello EU.
Avevo prima portato l’esempio opposto, di numerosi Accademici UK che non sono ricercatori, in quanto il loro contratto non fissa doveri d’ufficio per la ricerca, ma solo per la didattica. Non è possibile sapere con precisione, tuttavia, quanto sia grande codesto sottoinsieme di Lecturers/Senior Lecturers/Readers/Professors, a causa della estrema varietà dei contratti che, come è noto, ricadono sotto la diretta responsabilità delle singole Università, e che nemmeno la HESA può conteggiare. Sicché poi t’arriva EUROSTAT, e con metodo sbrigativi degni dell’ANVUR ti sconta i numeri in base qualche fattore d’input diverso, e ti applica la definizione di accademico più “continentale”, dove la gente la pensa invece come il Di Biase che interviene qui sotto.
Insomma, calma e gesso, non si aumenti l’entropia in forma di slogan.
Io non ho capito come viene fuori che in UK un ricercatore è pagato meno che in Italia, forse normalizzando sul tasso di esportazione degli spaghetti.
Tutti dicono il contrario, tipo:
https://precaridellaricerca.files.wordpress.com/2007/07/salariricercatori.jpg
e ancora non avevano bloccato gli stipendi.
Peggio mi sento se gli spaghetti li devo cucinare in Italia:
http://www.alfonsofuggetta.org/wordpress/wp-content/uploads/2007/12/salari.jpg
Non è che forse si parlava di parlamentari?
http://falugi66.blog.tiscali.it/files/2011/12/stipendi.png
Rubele osserva che “Nei Paesi anglosassoni non vige la regola della consustanziazione di ricerca e didattica nello stesso Corpo, il Corpo dell’Accademico.”
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Parafrasando un noto aforisma, sarei tentato di dire che “Chi separa la ricerca dalla didattica non possiede né l’una né l’altra”. Ma non cederò a questa tentazione, perché darebbe luogo a una polemica che porterebbe fuori strada.
Aforismi a parte, sa meglio insegnare qualcosa, chi la sa fare. A nessun matematico sarebbe mai venuto in mente di infarcire un libro di testo con la “legge dissociativa dell’addizione” [1]
La didattica è in molti casi l’applicazione della ricerca.
Chi ha avuto la fortuna di avere come insegnanti dei ricercatori di livello, sa bene che essi, anche quando sono disorganizzati, danno alle lezioni quel respiro di autenticità, quella profondità di pensiero, quell’impronta inconfondibile, che ti lasciano un segno per tutta la vita (e che aiutano sia a fare ricerca che a fare didattica). “Nihil recte docetur aut discitur sine exemplo” significa anche questo.
Note.
[1] Cf. http://pensareinmatematica.blogspot.it/p/formazione-primaria.html