Scusate, da quello che leggo sembrerebbe che, per i settori bibliometrici, l’aver scritto libri o capitoli di libri su invito non conti assolutamente nulla. L’invito a contribuire in un volume scientifico internazionale mi pare che sia un chiaro segnale di riconoscimento della maturità scientifica. O no?
Io li inserirò tra i “riconoscimenti per attività di ricerca”. Starà poi alla commissione vedere cosa farne
@gab Scusa. Hai ragione. Es. Bando 2016: Si calcolano i dieci anni a partire dal 2016 e si aggiunge 1. Si parte quindi dal 2006. In ogni caso come si calcolano i dieci anni sarà scritto nel bando, almeno si spera.
Assumendo per ipotesi che il numero di interventi sugli articoli di ROARS rappresenti un campione rappresentativo del livello di attenzione della comunità accademica su un particolare argomento, è mia convinzione che lo scopo primario di questi bandi sia…
…tenere le persone occupate in modo che non si occupino di vicende più importanti X)
Noi non dobbiamo vedere il curriculum medio di un associato ora né capire (come il ministero tenta di fare) quale dovrebbe essere. Noi dobbiamo sapere, in media, quale è stato il curriculum di un associato, in media nel corso degli ultimi anni, al momento in cui HA PRESO SERVIZIO COME ASSOCIATO (o abilitato nella scorsa tornata). Vedremo allora che il suo curriculum era, nel momento in cui ha preso servizio, più BASSO rispetto a quello richiesto oggi per candidarsi al posto di associato. E il ministero deve agire di conseguenza non inventarsi parametri a vanvera, poco credibili. Non si può chiedere all’essere umano di essere SUPERMAN, quando i suoi eventuali colleghi associati non lo sono né lo erano quando hanno iniziato a lavorare come associati. Siete d’accordo?
Nell’ordinamento giuridico italiano esiste il “principio di proporzionalità”. Insigni giuristi ne rivendicano l’esistenza e lo riconducono, tra gli altri riferimenti normativi, all’art. all’art. 53 cost., che stabilisce che tutti sono tenuti a concorrere alla spesa pubblica in ragione della loro capacità contributiva; all’art. 36 cost., secondo il quale la retribuzione deve essere proporzionata alla quantità ed alla qualità del lavoro prestato; infine, all’art. 38 cost., ove l’assistenza previdenziale deve essere proporzionata al contributo versato durante il periodo di lavoro. ORA, si vede subito come i criteri siano SPROPORZIONATI (soprattutto quando parlano dei titoli aggiuntivi obbligatori) . Non viene VIOLATO solo il PRINCIPIO DI PROPORZIONALITA’ ma anche il PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA (art. 3 cost.) Vi è infatti un’impressionante DISUGUAGLIANZA tra l’aspirante associato ed l’aspirante ordinario (quest’ultimo può far valere le pubblicazioni degli ultimi 10 anni, l’aspirante associato SOLO quelle degli ultimi 5) e DISUGUAGLIANZA tra l’associato medio già strutturato e l’aspirante associato in termini di REQUISITI richiesti. ERGO, il DECRETO è COSTITUZIONALMENTE ILLEGITTIMO.
L’indicatore al quale ti riferisci è inteso come un indicatore di produttività. Se lo porti da 5 a 10 per gli aspiranti PA, non aumenti il bacino di potenziali candidati ma, semmai, lo riduci. E’ stato fatto per facilitare il compito dei RTDb rispetto ai RTI. Prima c’era l’età accademica a tutelare il più giovane (se era inferiore rinormalizzavi a 10) ora, sembra, non più.
@anto: tieni comunque presente che per le citazioni si considerano 10 anni (che poi diventano 11). Quindi i tuoi lavori del 2006-2011 potranno pesare su 2 indicatori su 3.
@Thor: se ti riferisci al discorso che faccio io, io vengo penalizzato alla grande, tutti i miei articoli vanno dal 2007-201O, solo 2 rientrano nei 5 anni precedenti alla data di oggi: così possono dire che sono scarso in quanto valuteranno solo quelli del quinquennio precedente, ma non è vero che non ho prodotto, vengo penalizzato in maniera disonesta e CRUDELE.
Dopodiché in questi ultimi 5 anni sono usciti solo 2 miei articoli in quanto sono usciti 2 dei miei 3 libri e quindi per dare precedenza ai libri (che grazie a Dio dovrebbero essere considerati negli ultimi 10 anni, se non cambiano le cose) non mi sono occupato degli articoli. Però ho lavorato e la continuità scientifica si vede. Non capisco perché non possa far valere gli articoli (sui quali ho dato il sangue) che vanno dal 2007-2010, questo e’ ipocrita e crudele.
Il mio settore è bibliometrico di quelli che si potrebbero definire disumani. Per tenere il passo devi avere ormai 5 articoli l’anno e non basta se non ottieni molte citazioni. Nella ASN 1.0 a fronte di mediane di oltre 40 articoli in 10 anni, 1500 citazioni e H-index maggiore di 20, c’è una top list di ordinari con 150-200 articoli in 10 anni, da 10000 a 20000 citazioni, H-index da 30 a 60. Questi gruppi possono produrre tutti gli abilitandi che vogliono. Gli altri non contano più. Prima o poi comincerà l’assalto alle varie sedi. Al momento non sta succedendo ma mi aspetto che prima o poi succederà.
Il rischio che in prospettiva i gruppi grossi fagocitino quelli piccoli è molto concreto. Inteso che ciò non sia in larga parte condivisibile, l’unica contromisura (stando in ambito bibliometrico) mi pare sia introdurre il concetto di penalizzazione della multiautorialità. Inutile girarci intorno: se ad un prodotto contribuiscono n persone, ciascuno ha contribuito mediamente per 1/n. Salvo ripartizioni diverse, che però sommate non possono che dare l’unità.
Non vedo questo rischio dei gruppi grossi. I gruppi grossi che pubblicano non perdono tempo per incamerare nuovi adepti. Dopo una certa soglia capita che gli ordinari sono più interessati alla politica. Invece vedo in questa ASN 2.0 una ulteriore spinta a preoccuparsi solo ed esclusivamente a come “ingrassare” il proprio cv con metodo corretti e non. Ma a chi può importare di occuparsi di didattica, di attività istituzionali, di divulgazione e tutte quelle attività che rendono in fondo il nostro lavoro utile alla società. Chi vuole fare carriera deve solo preoccuparsi di produrre e raccogliere citazioni.
P.S. Mi piacerebbe sapere questi docenti ordinari quante autocitazioni avevano. Nella precedente ASN le autocitazioni hanno dato un contributo notevole a molti abilitati. Questa cosa non interessa a nessuno eppure continuo a vedere autocitazioni a sproposito.
Le autocitazioni pesano molto sul breve periodo, dove poche (auto)citazioni posso fare una grande differenza. Soprattutto quelle “mirate” per incrementare l’ h-index. Le autocitazioni non dovrebbero essere demonizzate in generale, sono comunque fisiologiche e testimoniano anche una continuità su un certo filone di ricerca (quelle genuine intendo). Si dovrebbero però “calmierare”, ad esempio, per ogni articolo, facendole saturare ad una certa % del totale delle citazioni (ad es. 20-25%). Si pone poi il problema se considerare le autocitazioni del singolo autore o quelle di tutti gli autori di un dato articolo. Io sarei per quest’ultima soluzione, anche perché rende l’articolo uguale per tutti gli autori (dal punto di vista citazionale).
Io sono del tutto contrario alle autocitazioni. Per comprendere se davvero sono fisiologiche andrebbe letto l’articolo è valutate singolarmente se sono contestuali o campate in aria. Ho sentito personalmente colleghe aggiungere auto-citazioni dopo che l’articolo era stato accettato per non correre il rischio di vedersele contestate in fase di revisione.
E come sempre, si continua con la disparità di trattamento tra bibliometrici e non bibliometrici dove si è sempre più clementi. Si continua a proteggere la scarsa attività in alcuni settori, i soliti settori.
E come sempre, arriva johhny mnemonico con le sue pillole di saggezza.
Che commento mediocre sia per la mancanza di sostanza argomentativa sia per il lessico usato (“scarsa attività” intende produttive? Come per le scarpe o i reggiseni?) sia per l’anonimato.
Come se pubblicare sulla purificazione di una proteina sia un’attività più produttiva di per sé di un saggio su Calvino.
Un altro docente trasformato da libero pensatore in burocrate decerebrato, in atteggiamento prono nei confronti del simulacro? Un “prodotto di eccellenza” dell’università italiana come la mozzarella di bufala campana?
E’ probabile che le soglie saranno basse in modo da avere sufficienti commissari, un numero elevato di candidati ed una larga discrezionalità delle commissioni.
Sono d’accordo: si deve anche considerare che ora il requisito di 2/3 indicatori è obbligatorio per l’abilitazione. Quindi è chiaro che il filtro non può essere (non dovrebbe essere) troppo selettivo.
Limitare agli ultimi 5 anni serve a favorire chi sta facendo incetta di pubblicazioni con i metodi che conosciamo. Le commissioni sapranno/vorranno tenere conto di questo? Come valutare un ricercatore nullafacente quasi cinquantenne che dal 2000 al 2012 ha zero tituli (perché era convinto che avrebbe vinto il concorso alla vecchia maniera) e come per magia si ritrova 35 lavori a 16 autori ciascuno in 4 anni? Che fine ha fatto la tanto osannata continuità? Qualcuno ha scritto che gli abilitati veri sono quelli dell’ASN 2012 (che ci è piovuta in testa senza preavviso) e alcuni dell’ASN 2013. Giudizio crudo, ma anche condivisibile, almeno da parte degli abilitati. Ora con la mercificazione dei nomi sulle pubblicazioni sta per saltare il banco: tutti abilitati e si tornerá agli imbrogli locali. Tanto rumore per nulla.
Chiedo scusa per la crudezza del commento, che tra l’altro riprende un commento già fatto da un altro/a utente.
Siamo come prigionieri in gabbia a cui danno un’unica ciotola di cibo. E ci mettiamo a discutere chi merita di mangiare e chi di patir la fame.
Invece di fare lo sciopero della fame tutti insieme, o di protestare tutti insieme.
La politica è perfettamente riuscita a rompere il concetto di comunità scientifica. Adesso abbiamo:
– gli abilitati e i non abilitati; – chi fa la VQR e chi no – chi fa parte del collegio docenti del dottorato e chi no – chi può esser commissario e chi no
pienamente d’accordo! mi sembra anche di averlo già scritto altrove: finché continuiamo a giocare con le regole stabilite da altri perderemo sempre… come alle slot machines; la banda Bocconi e i sacerdoti della Valutazione e dell’Eccellenza contano sull’innata rissosità interna della corporazione e sull’incapacità di vedere ciò che ci unisce anziché ciò che ci divide; scusate se mi ripeto: http://www.history.ucsb.edu/faculty/marcuse/niem.htm
io non capisco il filtro: se io sono precario/disoccupato dal 2005 in poi e dal 2007-2010 ho fatto molti articoli, dal 2010 a oggi ho scritto libri e zero articoli, perché i libri devono essere contati perché rientrerebbero negli scorsi 10 anni e gli articoli no? Fossi strutturato, capirei, alla fine farebbe perdere tempo ai commissari, ma da disoccupato rivendico la valutazione di ciò che ho fatto. Io QUERELERO’ per falso in atto pubblico: non mi si può dire: “non hai prodotto abbastanza” solo perché hanno scelto di non vedere gli articoli dei 10 anni. NON LI HAI VOLUTI VEDERE E DICHIARI LA SCARSITA’ (FALSA) DEI LAVORI. CE NE SONO POCHI: NON E’ VERO. QUESTO E’ UN REATO: FALSO IN ATTO PUBBLICO.
Conosco associati o ordinari che pubblicano pochissimo o per niente da oltre 15 anni e stanno li a fare il minimo sindacale. Adesso si pretende dagli ultimi arrivati quantità, qualità e velocità!
@TUTTI: Pubblicare è un onere, nel senso che se non hai pubblicazione non puoi essere considerato, questo è ovvio, fino ad ora tutto ok. Ma la domanda è: perché io devo pubblicare oggi 17 giugno 2016 un articolo che tra qualche anno non verrà preso più in considerazione? Mi sto riferendo al filtro dei 5 anni. Faccio un esempio. E’ come se il Ministero dicesse: occorre fare un nuovo manuale di Storia contemporanea, ma limitato agli ultimi 5 anni, dicendo che Facebook esiste ma che NON E’ STATO MAI INVENTATO, ALTRIMENTI SI VA TROPPO INDIETRO RISPETTO AI 5 ANNI. C’è qualcuno che sa darmi una risposta?
Scusate, sono stato assalito da un dubbio per il secondo indicatore relativo ai settori bibliometrici, sul quale sto sentendo interpretazioni diverse. Citazioni ricevute dalla produzione pubblicata negli ultimi 15 anni (per I fascia), e quindi le citazioni ricevute dalle sole pubblicazioni uscite dal 2001 in poi, oppure citazioni ricevute dalla produzione negli ultimi 15 anni, ossia tutte le citazioni ricevute dal 2001 in poi, includenti anche le citazioni relative agli articoli pubblicati prima del 2001? Grazie a chi vorrà darmi gentilmente una risposta.
Ci sono già stati alcuni post a riguardo. Per me l’unica interpretazione sensata è quella di considerare le citazioni ricevute dai lavori pubblicati negli ultimi 10/15 anni. In questo caso, ovviamente, anche le citazioni sono arrivate negli ultimi 10/15 anni. Rileggendo il testo non mi pare ci siano dubbi a riguardo.
Anche io ho lo stesso dubbio.
A mio modo di vedere, ci sono virgole che fanno perdere il senso.
Però, se leggo quanto riportato per i commissari (Allegato E), “il numero di citazioni ricevute dalla produzione scientifica contenuta nella domanda, pubblicata e rilevata dalle banche dati internazionali “Scopus” e “Web of Science” nei quindici anni precedenti”,
credo che sia giusta l’interpretazione di gab.
@gab: purtroppo no, perché sono settore non bibliometrico. E’ come dire ad uno che va in pensione: “scusa, ma ho calcolato solo i contributi versati da te nell’ultimo mese, la tua pensione sarà di 100 euro”, capisci la truffa?
@epsy “Conosco associati o ordinari che pubblicano pochissimo o per niente da oltre 15 anni e stanno li a fare il minimo sindacale. Adesso si pretende dagli ultimi arrivati quantità, qualità e velocità!”
E’ esattamente questo che il MINISTERO deve capire. Qui c’è la violazione del principio di uguaglianza (art. 3 cost.), in relazione allo stessa qualifica, stesso stipendio ma con requisiti diversi. Proprio ieri ho scritto che si deve valutare il curriculum medio che ha permesso di essere giudicato idoneo come associato (prima delle abilitazioni) e poi abilitato. Soprattutto se il candidato un precario, occorre valutare non il suo curriculum come dovrà essere, ma il curriculum medio di chi SI E’ STRUTTRATO NEGLI ULTIMI ANNI, cioè’ NON IL CURRICULUM DESIDERATO, ma il CURRICULUM che ha fatto in modo di rendere quella persona STRUTTURATA. Giusto? @gab: certo, va valutato tutto, semmai si può chiedere, come è previsto, un numero massimo di pubblicazioni, ma non di rinunciare a quello che hai fatto per forza, così ti rimangono solo 2 articoli negli ultimi 5 anni. E se hai prodotto tantissimo prima, poi poco negli ultimi 5 anni perché le riviste erano intasate?
Colleghi che hanno preso l’abilitazione nella scorsa ASN e hanno avuto anche la fortuna di diventare associati, consapevoli dello sforzo necessario per diventare ordinari hanno deciso di ridurre la propria attività (magari producendo meno e meglio) e/o a mettersi a fare altro in attesa che prima o poi cambi qualcosa. In fin dei conti hanno pure ragione, rimettersi a lavorare sodo per raggiungere questi criteri e poi sperare chissà quando di diventare ordinari è un “gioco” su cui è meglio non scommettere.
E’ questo il taglio alto a cui ti riferivi Guseppe (De Nicolao)? Ho fatto un paio di calcoli a spanne. Nel mio SSD sono rimasti 6 ordinari, alcuni di loro sono arrivati da altri SSD ed hanno parametri alti. Calcolando le mediane (usando il metodo ASN1.0) dei loro parametri negli ultimi 15 anni, risultano valori che solo 3 su 16 associati rimasti passano (almeno due parametri). Il resto non può nenache accedere alla ASN. Non ho fatto lo stesso calcolo per i ricercatori ma non mi aspetto molte differenze. Le mediane di oggi sono più del doppio della prima ASN. D’altra parteche senso ha una statistica su 6 valori? Penso che possiamo anche chiudere l’SSD!
Si discute come se al ministero sapessero quello che scrivono. Se lo sapessero, non saremmo a questo punto: i singoli a perdere tempo su alchimie da tardo Quattrocento e le istituzioni alla canna del gas, fortunatamente senza budget per il gas.
Racconto brevemente la mia esperienza sull’ASN. Nella passata ASN non ho presentato domanda. Purtroppo Scopus e WoS non indicizzavano molti dei miei articoli e molte delle citazioni ricevute non erano associate ai miei articoli. Praticamente il mio profilo su Scopus era incompleto. Facendo due conti a mano superavo comunque 2 delle tre soglie per l’abilitazione. Contatto Scopus per segnalare questi problemi e praticamente è iniziato da qual giorno il mio carteggio con gli amministratori del servizio.
Per gli articoli che mancavano, in un caso, ho dovuto io stesso mandare i proceedings per farli valutare dai loro reviewers. In un altro caso ho dovuto pure registrare l’ISSN di un volume dove erano stati pubblicati gli atti e poi sottomettere seguendo la loro procedura tutti gli articoli. Tutto questo per la semplice ragione che scopus non è perfetto e nel passato si perdeva spesso l’indicizzazione di molte conferenze.
Invece per quanto riguarda le citazioni, grazie al prezioso aiuto di Google Scholar, ho dovuto fare un lavoro certosino per segnalare le citazioni presenti in GS ma non in Scopus. Con questa operazione sono riuscito a recuperare oltre 200 citazioni. Non vi dico quante volte mi sono chiesto per quale ragione stavo perdendo tanto tempo per fare questo genere di attività che non mi competeva e che avrei potuto utilizzare lo stesso tempo per dedicarlo alla mia famiglia.
Ora accade che consultando Scopus supero le soglie della prima tornata ma leggendo questo nuovo decreto ho la forte sensazione che non supererò queste nuove soglie.
Ma si può continuare a lavorare in questo modo, senza certezze, senza obiettivi, senza perdere tempo dietro alle citazioni e alle banche date? Ma davvero questo è il lavoro dello scienziato a cui pensavo quando ero un ragazzino?
@epsy: ed è la verità, quello che ho sempre sostenuto: vedete che l’esigenze per l’ASN sono diverse: 1) chi è strutturato, può, volendo rinunciare a progredire 2) chi non è strutturato NON HA SCELTA, DEVE FARE DOMANDA, ALTRIMENTI E’ FUORI. 3) Quindi per una stessa categoria stessi criteri: e’ sbagliato.
Scusate, da quello che leggo sembrerebbe che, per i settori bibliometrici, l’aver scritto libri o capitoli di libri su invito non conti assolutamente nulla.
L’invito a contribuire in un volume scientifico internazionale mi pare che sia un chiaro segnale di riconoscimento della maturità scientifica.
O no?
No
Io li inserirò tra i “riconoscimenti per attività di ricerca”. Starà poi alla commissione vedere cosa farne
@gab
Scusa. Hai ragione. Es. Bando 2016: Si calcolano i dieci anni a partire dal 2016 e si aggiunge 1. Si parte quindi dal 2006. In ogni caso come si calcolano i dieci anni sarà scritto nel bando, almeno si spera.
Assumendo per ipotesi che il numero di interventi sugli articoli di ROARS rappresenti un campione rappresentativo del livello di attenzione della comunità accademica su un particolare argomento, è mia convinzione che lo scopo primario di questi bandi sia…
…tenere le persone occupate in modo che non si occupino di vicende più importanti X)
Noi non dobbiamo vedere il curriculum medio di un associato ora né capire (come il ministero tenta di fare) quale dovrebbe essere.
Noi dobbiamo sapere, in media, quale è stato il curriculum di un associato, in media nel corso degli ultimi anni, al momento in cui HA PRESO SERVIZIO COME ASSOCIATO (o abilitato nella scorsa tornata).
Vedremo allora che il suo curriculum era, nel momento in cui ha preso servizio, più BASSO rispetto a quello richiesto oggi per candidarsi al posto di associato.
E il ministero deve agire di conseguenza non inventarsi parametri a vanvera, poco credibili.
Non si può chiedere all’essere umano di essere SUPERMAN, quando i suoi eventuali colleghi associati non lo sono né lo erano quando hanno iniziato a lavorare come associati.
Siete d’accordo?
Nell’ordinamento giuridico italiano esiste il “principio di proporzionalità”.
Insigni giuristi ne rivendicano l’esistenza e lo riconducono, tra gli altri riferimenti normativi, all’art. all’art. 53 cost., che stabilisce che tutti sono tenuti a concorrere alla spesa pubblica in ragione della loro capacità contributiva; all’art. 36 cost., secondo il quale la retribuzione deve essere proporzionata alla quantità ed alla qualità del lavoro prestato; infine, all’art. 38 cost., ove l’assistenza previdenziale deve essere proporzionata al contributo versato durante il periodo di lavoro.
ORA, si vede subito come i criteri siano SPROPORZIONATI (soprattutto quando parlano dei titoli aggiuntivi obbligatori) .
Non viene VIOLATO solo il PRINCIPIO DI PROPORZIONALITA’ ma anche il PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA (art. 3 cost.)
Vi è infatti un’impressionante DISUGUAGLIANZA tra l’aspirante associato ed l’aspirante ordinario (quest’ultimo può far valere le pubblicazioni degli ultimi 10 anni, l’aspirante associato SOLO quelle degli ultimi 5) e DISUGUAGLIANZA tra l’associato medio già strutturato e l’aspirante associato in termini di REQUISITI richiesti.
ERGO, il DECRETO è COSTITUZIONALMENTE ILLEGITTIMO.
L’indicatore al quale ti riferisci è inteso come un indicatore di produttività. Se lo porti da 5 a 10 per gli aspiranti PA, non aumenti il bacino di potenziali candidati ma, semmai, lo riduci. E’ stato fatto per facilitare il compito dei RTDb rispetto ai RTI. Prima c’era l’età accademica a tutelare il più giovane (se era inferiore rinormalizzavi a 10) ora, sembra, non più.
@anto: tieni comunque presente che per le citazioni si considerano 10 anni (che poi diventano 11). Quindi i tuoi lavori del 2006-2011 potranno pesare su 2 indicatori su 3.
@Thor:
se ti riferisci al discorso che faccio io, io vengo penalizzato alla grande, tutti i miei articoli vanno dal 2007-201O, solo 2 rientrano nei 5 anni precedenti alla data di oggi: così possono dire che sono scarso in quanto valuteranno solo quelli del quinquennio precedente, ma non è vero che non ho prodotto, vengo penalizzato in maniera disonesta e CRUDELE.
Dopodiché in questi ultimi 5 anni sono usciti solo 2 miei articoli in quanto sono usciti 2 dei miei 3 libri e quindi per dare precedenza ai libri (che grazie a Dio dovrebbero essere considerati negli ultimi 10 anni, se non cambiano le cose) non mi sono occupato degli articoli.
Però ho lavorato e la continuità scientifica si vede.
Non capisco perché non possa far valere gli articoli (sui quali ho dato il sangue) che vanno dal 2007-2010, questo e’ ipocrita e crudele.
Il mio settore è bibliometrico di quelli che si potrebbero definire disumani. Per tenere il passo devi avere ormai 5 articoli l’anno e non basta se non ottieni molte citazioni. Nella ASN 1.0 a fronte di mediane di oltre 40 articoli in 10 anni, 1500 citazioni e H-index maggiore di 20, c’è una top list di ordinari con 150-200 articoli in 10 anni, da 10000 a 20000 citazioni, H-index da 30 a 60. Questi gruppi possono produrre tutti gli abilitandi che vogliono. Gli altri non contano più. Prima o poi comincerà l’assalto alle varie sedi. Al momento non sta succedendo ma mi aspetto che prima o poi succederà.
Il rischio che in prospettiva i gruppi grossi fagocitino quelli piccoli è molto concreto. Inteso che ciò non sia in larga parte condivisibile, l’unica contromisura (stando in ambito bibliometrico) mi pare sia introdurre il concetto di penalizzazione della multiautorialità.
Inutile girarci intorno: se ad un prodotto contribuiscono n persone, ciascuno ha contribuito mediamente per 1/n. Salvo ripartizioni diverse, che però sommate non possono che dare l’unità.
Non vedo questo rischio dei gruppi grossi. I gruppi grossi che pubblicano non perdono tempo per incamerare nuovi adepti. Dopo una certa soglia capita che gli ordinari sono più interessati alla politica.
Invece vedo in questa ASN 2.0 una ulteriore spinta a preoccuparsi solo ed esclusivamente a come “ingrassare” il proprio cv con metodo corretti e non. Ma a chi può importare di occuparsi di didattica, di attività istituzionali, di divulgazione e tutte quelle attività che rendono in fondo il nostro lavoro utile alla società. Chi vuole fare carriera deve solo preoccuparsi di produrre e raccogliere citazioni.
P.S. Mi piacerebbe sapere questi docenti ordinari quante autocitazioni avevano. Nella precedente ASN le autocitazioni hanno dato un contributo notevole a molti abilitati. Questa cosa non interessa a nessuno eppure continuo a vedere autocitazioni a sproposito.
Le autocitazioni pesano molto sul breve periodo, dove poche (auto)citazioni posso fare una grande differenza. Soprattutto quelle “mirate” per incrementare l’ h-index.
Le autocitazioni non dovrebbero essere demonizzate in generale, sono comunque fisiologiche e testimoniano anche una continuità su un certo filone di ricerca (quelle genuine intendo).
Si dovrebbero però “calmierare”, ad esempio, per ogni articolo, facendole saturare ad una certa % del totale delle citazioni (ad es. 20-25%).
Si pone poi il problema se considerare le autocitazioni del singolo autore o quelle di tutti gli autori di un dato articolo. Io sarei per quest’ultima soluzione, anche perché rende l’articolo uguale per tutti gli autori (dal punto di vista citazionale).
Io sono del tutto contrario alle autocitazioni. Per comprendere se davvero sono fisiologiche andrebbe letto l’articolo è valutate singolarmente se sono contestuali o campate in aria. Ho sentito personalmente colleghe aggiungere auto-citazioni dopo che l’articolo era stato accettato per non correre il rischio di vedersele contestate in fase di revisione.
E come sempre, si continua con la disparità di trattamento tra bibliometrici e non bibliometrici dove si è sempre più clementi. Si continua a proteggere la scarsa attività in alcuni settori, i soliti settori.
E come sempre, arriva johhny mnemonico con le sue pillole di saggezza.
Che commento mediocre sia per la mancanza di sostanza argomentativa sia per il lessico usato (“scarsa attività” intende produttive? Come per le scarpe o i reggiseni?) sia per l’anonimato.
Come se pubblicare sulla purificazione di una proteina sia un’attività più produttiva di per sé di un saggio su Calvino.
Un altro docente trasformato da libero pensatore in burocrate decerebrato, in atteggiamento prono nei confronti del simulacro?
Un “prodotto di eccellenza” dell’università italiana come la mozzarella di bufala campana?
E’ probabile che le soglie saranno basse in modo da avere sufficienti commissari, un numero elevato di candidati ed una larga discrezionalità delle commissioni.
Sono d’accordo: si deve anche considerare che ora il requisito di 2/3 indicatori è obbligatorio per l’abilitazione. Quindi è chiaro che il filtro non può essere (non dovrebbe essere) troppo selettivo.
Limitare agli ultimi 5 anni serve a favorire chi sta facendo incetta di pubblicazioni con i metodi che conosciamo. Le commissioni sapranno/vorranno tenere conto di questo? Come valutare un ricercatore nullafacente quasi cinquantenne che dal 2000 al 2012 ha zero tituli (perché era convinto che avrebbe vinto il concorso alla vecchia maniera) e come per magia si ritrova 35 lavori a 16 autori ciascuno in 4 anni? Che fine ha fatto la tanto osannata continuità?
Qualcuno ha scritto che gli abilitati veri sono quelli dell’ASN 2012 (che ci è piovuta in testa senza preavviso) e alcuni dell’ASN 2013. Giudizio crudo, ma anche condivisibile, almeno da parte degli abilitati.
Ora con la mercificazione dei nomi sulle pubblicazioni sta per saltare il banco: tutti abilitati e si tornerá agli imbrogli locali. Tanto rumore per nulla.
Chiedo scusa per la crudezza del commento, che tra l’altro riprende un commento già fatto da un altro/a utente.
Siamo come prigionieri in gabbia a cui danno un’unica ciotola di cibo. E ci mettiamo a discutere chi merita di mangiare e chi di patir la fame.
Invece di fare lo sciopero della fame tutti insieme, o di protestare tutti insieme.
La politica è perfettamente riuscita a rompere il concetto di comunità scientifica. Adesso abbiamo:
– gli abilitati e i non abilitati;
– chi fa la VQR e chi no
– chi fa parte del collegio docenti del dottorato e chi no
– chi può esser commissario e chi no
E via così!
pienamente d’accordo! mi sembra anche di averlo già scritto altrove: finché continuiamo a giocare con le regole stabilite da altri perderemo sempre… come alle slot machines; la banda Bocconi e i sacerdoti della Valutazione e dell’Eccellenza contano sull’innata rissosità interna della corporazione e sull’incapacità di vedere ciò che ci unisce anziché ciò che ci divide; scusate se mi ripeto: http://www.history.ucsb.edu/faculty/marcuse/niem.htm
io non capisco il filtro:
se io sono precario/disoccupato dal 2005 in poi e dal 2007-2010 ho fatto molti articoli, dal 2010 a oggi ho scritto libri e zero articoli, perché i libri devono essere contati perché rientrerebbero negli scorsi 10 anni e gli articoli no?
Fossi strutturato, capirei, alla fine farebbe perdere tempo ai commissari, ma da disoccupato rivendico la valutazione di ciò che ho fatto.
Io QUERELERO’ per falso in atto pubblico: non mi si può dire: “non hai prodotto abbastanza” solo perché hanno scelto di non vedere gli articoli dei 10 anni. NON LI HAI VOLUTI VEDERE E DICHIARI LA SCARSITA’ (FALSA) DEI LAVORI. CE NE SONO POCHI: NON E’ VERO.
QUESTO E’ UN REATO: FALSO IN ATTO PUBBLICO.
Conosco associati o ordinari che pubblicano pochissimo o per niente da oltre 15 anni e stanno li a fare il minimo sindacale. Adesso si pretende dagli ultimi arrivati quantità, qualità e velocità!
@TUTTI:
Pubblicare è un onere, nel senso che se non hai pubblicazione non puoi essere considerato, questo è ovvio, fino ad ora tutto ok.
Ma la domanda è: perché io devo pubblicare oggi 17 giugno 2016 un articolo che tra qualche anno non verrà preso più in considerazione? Mi sto riferendo al filtro dei 5 anni.
Faccio un esempio. E’ come se il Ministero dicesse: occorre fare un nuovo manuale di Storia contemporanea, ma limitato agli ultimi 5 anni, dicendo che Facebook esiste ma che NON E’ STATO MAI INVENTATO, ALTRIMENTI SI VA TROPPO INDIETRO RISPETTO AI 5 ANNI.
C’è qualcuno che sa darmi una risposta?
Scusate, sono stato assalito da un dubbio per il secondo indicatore relativo ai settori bibliometrici, sul quale sto sentendo interpretazioni diverse.
Citazioni ricevute dalla produzione pubblicata negli ultimi 15 anni (per I fascia), e quindi le citazioni ricevute dalle sole pubblicazioni uscite dal 2001 in poi, oppure citazioni ricevute dalla produzione negli ultimi 15 anni, ossia tutte le citazioni ricevute dal 2001 in poi, includenti anche le citazioni relative agli articoli pubblicati prima del 2001?
Grazie a chi vorrà darmi gentilmente una risposta.
Ci sono già stati alcuni post a riguardo. Per me l’unica interpretazione sensata è quella di considerare le citazioni ricevute dai lavori pubblicati negli ultimi 10/15 anni. In questo caso, ovviamente, anche le citazioni sono arrivate negli ultimi 10/15 anni. Rileggendo il testo non mi pare ci siano dubbi a riguardo.
Anche io ho lo stesso dubbio.
A mio modo di vedere, ci sono virgole che fanno perdere il senso.
Però, se leggo quanto riportato per i commissari (Allegato E), “il numero di citazioni ricevute dalla produzione scientifica contenuta nella domanda,
pubblicata e rilevata dalle banche dati internazionali “Scopus” e “Web of Science” nei
quindici anni precedenti”,
credo che sia giusta l’interpretazione di gab.
@gab:
purtroppo no, perché sono settore non bibliometrico.
E’ come dire ad uno che va in pensione: “scusa, ma ho calcolato solo i contributi versati da te nell’ultimo mese, la tua pensione sarà di 100 euro”,
capisci la truffa?
Questa osseravazione vale però per qualsiasi intervallo temporale. Perchè 10 anni anzichè 15, o 20, piuttosto che l’intera carriera…?
Grazie Gab.
@epsy
“Conosco associati o ordinari che pubblicano pochissimo o per niente da oltre 15 anni e stanno li a fare il minimo sindacale. Adesso si pretende dagli ultimi arrivati quantità, qualità e velocità!”
E’ esattamente questo che il MINISTERO deve capire.
Qui c’è la violazione del principio di uguaglianza (art. 3 cost.), in relazione allo stessa qualifica, stesso stipendio ma con requisiti diversi.
Proprio ieri ho scritto che si deve valutare il curriculum medio che ha permesso di essere giudicato idoneo come associato (prima delle abilitazioni) e poi abilitato.
Soprattutto se il candidato un precario, occorre valutare non il suo curriculum come dovrà essere, ma il curriculum medio di chi SI E’ STRUTTRATO NEGLI ULTIMI ANNI, cioè’ NON IL CURRICULUM DESIDERATO, ma il CURRICULUM che ha fatto in modo di rendere quella persona STRUTTURATA.
Giusto?
@gab:
certo, va valutato tutto, semmai si può chiedere, come è previsto, un numero massimo di pubblicazioni, ma non di rinunciare a quello che hai fatto per forza, così ti rimangono solo 2 articoli negli ultimi 5 anni. E se hai prodotto tantissimo prima, poi poco negli ultimi 5 anni perché le riviste erano intasate?
Colleghi che hanno preso l’abilitazione nella scorsa ASN e hanno avuto anche la fortuna di diventare associati, consapevoli dello sforzo necessario per diventare ordinari hanno deciso di ridurre la propria attività (magari producendo meno e meglio) e/o a mettersi a fare altro in attesa che prima o poi cambi qualcosa. In fin dei conti hanno pure ragione, rimettersi a lavorare sodo per raggiungere questi criteri e poi sperare chissà quando di diventare ordinari è un “gioco” su cui è meglio non scommettere.
E’ questo il taglio alto a cui ti riferivi Guseppe (De Nicolao)?
Ho fatto un paio di calcoli a spanne. Nel mio SSD sono rimasti 6 ordinari, alcuni di loro sono arrivati da altri SSD ed hanno parametri alti.
Calcolando le mediane (usando il metodo ASN1.0) dei loro parametri negli ultimi 15 anni, risultano valori che solo 3 su 16 associati rimasti passano (almeno due parametri). Il resto non può nenache accedere alla ASN. Non ho fatto lo stesso calcolo per i ricercatori ma non mi aspetto molte differenze. Le mediane di oggi sono più del doppio della prima ASN. D’altra parteche senso ha una statistica su 6 valori?
Penso che possiamo anche chiudere l’SSD!
Si discute come se al ministero sapessero quello che scrivono.
Se lo sapessero, non saremmo a questo punto: i singoli a perdere tempo su alchimie da tardo Quattrocento e le istituzioni alla canna del gas, fortunatamente senza budget per il gas.
Racconto brevemente la mia esperienza sull’ASN. Nella passata ASN non ho presentato domanda. Purtroppo Scopus e WoS non indicizzavano molti dei miei articoli e molte delle citazioni ricevute non erano associate ai miei articoli. Praticamente il mio profilo su Scopus era incompleto. Facendo due conti a mano superavo comunque 2 delle tre soglie per l’abilitazione. Contatto Scopus per segnalare questi problemi e praticamente è iniziato da qual giorno il mio carteggio con gli amministratori del servizio.
Per gli articoli che mancavano, in un caso, ho dovuto io stesso mandare i proceedings per farli valutare dai loro reviewers. In un altro caso ho dovuto pure registrare l’ISSN di un volume dove erano stati pubblicati gli atti e poi sottomettere seguendo la loro procedura tutti gli articoli. Tutto questo per la semplice ragione che scopus non è perfetto e nel passato si perdeva spesso l’indicizzazione di molte conferenze.
Invece per quanto riguarda le citazioni, grazie al prezioso aiuto di Google Scholar, ho dovuto fare un lavoro certosino per segnalare le citazioni presenti in GS ma non in Scopus. Con questa operazione sono riuscito a recuperare oltre 200 citazioni. Non vi dico quante volte mi sono chiesto per quale ragione stavo perdendo tanto tempo per fare questo genere di attività che non mi competeva e che avrei potuto utilizzare lo stesso tempo per dedicarlo alla mia famiglia.
Ora accade che consultando Scopus supero le soglie della prima tornata ma leggendo questo nuovo decreto ho la forte sensazione che non supererò queste nuove soglie.
Ma si può continuare a lavorare in questo modo, senza certezze, senza obiettivi, senza perdere tempo dietro alle citazioni e alle banche date? Ma davvero questo è il lavoro dello scienziato a cui pensavo quando ero un ragazzino?
@epsy:
ed è la verità, quello che ho sempre sostenuto: vedete che l’esigenze per l’ASN sono diverse:
1) chi è strutturato, può, volendo rinunciare a progredire
2) chi non è strutturato NON HA SCELTA, DEVE FARE DOMANDA, ALTRIMENTI E’ FUORI.
3) Quindi per una stessa categoria stessi criteri: e’ sbagliato.